Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 164 - Decreti del giudice delegato 1 .

Salvo Leuzzi

Decreti del giudice delegato1.

 

I decreti del giudice delegato sono soggetti a reclamo a norma dell'articolo 26.

[1] Articolo sostituito dall'articolo 141 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5.

Inquadramento

La norma, dal tenore lapidario, si limita, per un verso a confermare la titolarità, da parte del giudice delegato, del potere di emettere atti sotto forma di decreti, per altro (concomitante) verso, a sancire la reclamabilità di questi ultimi.

I provvedimenti che il g.d. è chiamato ad emettere, in ambito concordatario, attengono a funzioni eterogenee, ora tutorie, ora decisorie.

Segnatamente, il ruolo di controllo del g.d. sull'attività del commissario giudiziale, di quello liquidatore e del debitore in concordato, trova la propria ragion d'essere nell'assenza istituzionale, in questo ambito concorsuale, di un ufficio di vigilanza in capo ai creditori e nella permamente necessità di assicurare l'allineamento e la coerenza degli atti del debitore medesimo al piano collegato alla proposta. Sotto tal profilo, nel «ventaglio» dei decreti correlati in senso lato alla funzione di controllo vengono in risalto le autorizzazioni, con le quali vengono rimossi, a beneficio del commissario giudiziale, i limiti a compimento degli atti di straordinaria amministrazione (mutui, transazioni, compromessi, alienazioni di beni immobili, concessioni di ipoteche o di pegno, fideiussioni, rinunzie alle liti, ricognizioni di diritti di terzi, cancellazioni di ipoteche, restituzioni di pegni, accettazioni di eredità e donazioni). L'autorizzazione è prevista dall'art. 167, comma 2, sotto pena di inefficacia dell'atto nei confronti dei creditori anteriori al concordato; l'autorizzazione è contemplata dall'art. 163, comma 2, n. 4, norma in forza della quale, su proposta del commissario giudiziale, il giudice delegato può disporre che le somme riscosse vengano investite secondo quanto previsto dall'art. 34, comma 1.

D'indole decisoria, oltre che di notevole importanza, sono, invece, i provvedimenti del g.d. afferenti la conduzione dell'adunanza dei creditori, nel cui quadro il magistrato è preposto a dirigere la discussione sulla proposta nonché le fondamentali operazioni di voto, decidendo su ogni questione che sorga al riguardo e risolvendo, in via provvisoria, le contestazioni a norma dell'art. 176. È sempre il g.d., in sede di adunanza a delibare i crediti ai fini dell'ammissione al voto; è ancora il g.d. ad accertare l'esito delle votazioni, per riferire al tribunale sul raggiungimento o meno delle maggioranze.

Decisori sono anche i decreti di liquidazione del compenso allo stimatore e, in genere, agli eventuali coadiutori del commissario giudiziale.

In un'ulteriore prospettiva assumono rilievo anche atti di natura certificatoria che, sempre con decreto, il g.d. è chiamato a compiere e che vanno dalla sottoscrizione del processo verbale di adesione alla proposta di concordato (art. 178, comma 2), alla annotazione sotto l'ultima scrittura dei libri contabili.

Reclamabilità dei decreti del g.d.

L'art. 1, d.lgs. n. 5/2006 ha soppresso il comma 2 dell'art. 164, che disponeva «Il decreto del tribunale che decide sul reclamo non è soggetto a gravame». La finalità perseguita è di evidente armonizzazione con il paradigma procedimentale tratteggiato dall'art. 26: il procedimento del reclamo endoconcordatario degli atti del giudice delegato si modella, invero, sul reclamo endofallimentare, disciplinato da quest'ultima norma, salve le particolarità connesse alla procedura di concordato preventivo. Ne deriva che la problematica della ulteriore impugnabilità del provvedimento emesso all'esito del reclamo viene a porsi in termini del tutto analoghi all'art. 26 (v. commento).

Il riferimento ai decreti del giudice delegato finisce per escludere dalla reclamabilità gli atti meramente interlocutori, ossia privi di rilevanza esterna: si tratta degli atti di impulso e comunicazione rivolti al tribunale e funzionali a sollecitarne e propiziarne l'intervento.

Esemplificativamente è stato reputato irreclamabile il decreto del g.d. ex art. 179, del quale si sono evidenziate la connotazione non decisoria e non incidente su diritti soggettivi (con conseguente mancanza radicale dell'interesse ad agire del reclamante) e la natura di mero presupposto della decisione collegiale prevista all'esito dell'udienza camerale nella quale pienamente si esplica il contraddittorio (Trib. Bergamo 21 gennaio 2010, in Fall. 2010, 1325, con nota di Pellegrinelli).

Non reclamabili sono stati ritenuti anche i decreti di liquidazione di acconti sul compenso definitivo spettante al commissario giudiziale, per mancanza del requisito della definitività e della decisorietà (Trib. Roma 12 settembre 2008, in Fall., 2009, 368).

I decreti di ammissione al voto o di esclusione dal voto, emessi all'udienza di adunanza dei creditori nella procedura di amministrazione controllata, sono immediatamente reclamabili al Tribunale ex artt. 188, ultimo comma, e 26 l.fall., per il rinvio operato dall'art. 188 all'art. 164 e da questo all'art. 26, nel termine di dieci giorni dalla loro comunicazione (Cass. n. 3879/1995).

In tema di concordato preventivo, il provvedimento con il quale il giudice delegato respinga le istanze di trasferimento di beni aggiudicati all'asta, per essere state presentate nei termini offerte di aumento del sesto, non può considerarsi atto abnorme o estraneo alla tipologia degli atti processuali né sottratto ai poteri del giudice delegato dopo la sentenza di omologazione, ma, avendo esso carattere decisorio, è reclamabile al Tribunale ai sensi degli artt. 26 e 164 l.fall. e non direttamente ricorribile per Cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. (Cass. n. 12236/1992).

È inammissibile il ricorso straordinario per cassazione proposto, ex art. 111 Cost., avverso i provvedimenti del giudice delegato alla procedura di concordato preventivo che impartiscano direttive generali per una corretta gestione della procedura stessa nella sua fase liquidatoria indicando i criteri da adottare nella graduazione dei crediti in sede di ripartizione, dovendosi, avverso tali atti, esperire il rimedio del reclamo ex artt. 26 e 164 l.fall. (nell'affermare il principio di diritto che precede, la S.C. ha, così, dichiarato inammissibile il ricorso avverso un provvedimento del g.d. che aveva qualificato nullo un accordo transattivo, intervenuto in sede di omologazione del concordato tra uno dei creditori ed il debitore, avente ad oggetto il riconoscimento, in favore del primo, di un privilegio convenzionale, ed aveva, conseguentemente, disposto che il liquidatore giudiziale procedesse alla ripartizione dell'attivo ritenendo l'accordo stesso «tamquam non esset», sulla base dell'assunto che, all'autonomia privata, è del tutto preclusa la facoltà di costituire privilegi non previsti dalla legge, ovvero di ampliarne l'efficacia e l'estensione) (Cass. n. 805/2001).

Il terzo soltanto in via indiretta e di fatto risente gli effetti delle direttive impartite dal giudice delegato della procedura di concordato preventivo al liquidatore giudiziale, sicché detto terzo non ha interesse giuridicamente rilevante a proporre reclamo — ai sensi degli art. 26 e 164 l.fall. — avverso il decreto del detto giudice, il quale esaurisce la sua efficacia diretta nella sfera giuridica del medesimo liquidatore e la sua efficacia indiretta o riflessa nella sfera giuridica dei soggetti (già) coinvolti nella procedura concorsuale, ossia dei creditori e del debitore, senza «toccare» direttamente o indirettamente la sfera giuridica di coloro coi quali il liquidatore entrerà in rapporto in applicazione delle direttive contestate (Trib. Roma 13 febbraio 1997).

Il decreto con cui il giudice delegato, nell'esercizio dei poteri conferitigli dalla sentenza di omologazione del concordato preventivo, ingiunga il versamento di somme ha carattere decisorio, in quanto incide sui diritti soggettivi dell'intimato, con attitudine ad acquistare autorità di giudicato. Tale natura decisoria implica che il reclamo contro tale decreto del giudice delegato, ai sensi degli art. 26 e 164 l.fall., è proponibile nel termine di 10 giorni dalla comunicazione, in applicazione delle regole di cui agli art. 737 ss. c.p.c. (rese operanti per i provvedimenti decisori dalla declaratoria di parziale illegittimità del citato art. 26, di cui alle sent. della Corte cost. n. 42 del 1981, Corte cost. n. 303/1985 e Corte cost. n. 55/1986) e che, inoltre, il provvedimento emesso sul reclamo dal tribunale medesimo è impugnabile con ricorso in cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. (Cass. n. 5809/1989).

La reclamabilità dei provvedimenti del tribunale

La legge tace sulla reclamabilità dei provvedimenti del tribunale, emessi nell'ambito della procedura di concordato preventivo. Il silenzio dell'art. 164 sembra rappresentare un addentellato testuale forte nel senso della irreclamabilità, sebbene l'art. 26 preveda, in ambito fallimentare, che in difetto di uno specifico mezzo di impugnazione per il singolo provvedimento, siano impugnabili con il rimedio generale reclamo alla Corte d'Appello anche i provvedimenti del tribunale.

In tal senso, avverso il decreto del tribunale pronunciato su reclamo contro un provvedimento del giudice delegato, non può essere proposto reclamo alla corte d'appello bensì unicamente ricorso per cassazione per violazione di legge ex art. 111 Cost. qualora lo si consideri di natura definitiva (App. Milano IV, 22 aprile 2010).

Altro avviso ermeneutico afferma la reclamabilità, o per applicazione diretta dell'art. 26, o in applicazione analogica di esso o facendo riferimento alla regola generale dell'art. 739 c.p.c., esistendo ormai un principio generale di reclamabilità degli atti degli organi delle procedure concorsuali (Filocamo).

Rimane l'evidenza che, in materia concordataria, il tribunale emette essenzialmente atti tipici, per i quali è prevista sovente una specifica impugnazione, quando non ne è evidenziata la non impugnabilità. Esemplificativamente: la declaratoria di inammissibilità della proposta di concordato è disposta con decreto non soggetto a reclamo (art. 162, comma 2); la sentenza dichiarativa di fallimento, che può conseguirne, è impugnabile con il reclamo ex art. 18, attraverso il quale possono farsi valere anche i motivi attinenti alla ammissibilità della proposta di concordato.

Anche il decreto di apertura della procedura di concordato preventivo è espressamente indicato come non soggetto a reclamo (art. 163, comma 1). Anche l'eventuale disposta pubblicazione del decreto di ammissione (art. 166), in quanto provvedimento accessorio al decreto di ammissione, sembra partecipare della sua non reclamabilità.

Ed inoltre, la fissazione di un limite di valore al di sotto del quale non è necessaria l'autorizzazione del g.d. per il compimento degli atti del commissario giudiziale eccedenti l'ordinaria amministrazione (art. 167, comma 3), è un provvedimento di norma inserito nel decreto di ammissione ex art. 163, dal quale mutua la non reclamabilità, che mantiene quand'anche venga emesso in via autonoma.

Il decreto di revoca dell'ammissione al concordato (art. 173) può accompagnarsi, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui agli artt. 1 e 5, all'emanazione della sentenza dichiarativa di fallimento, come tale reclamabile ex art. 18. Gli eventuali vizi del procedimento di revoca si fanno valere con l'impugnazione della sentenza di fallimento, coerentemente con quanto accade se la sentenza di fallimento fa seguito ad una valutazione di inammissibilità della domanda di concordato.

L'omologazione del concordato è adottata con decreto motivato non soggetto a gravame (art. 180, comma 3), mentre la non omologazione implica l'eventuale dichiarazione (su istanza del creditore o su richiesta del p.m., accertati i presupposti di cui agli artt. 1 e 5) del fallimento del debitore. In quest'ultimo caso, le contestazioni avverso la mancata omologa saranno veicolati nel giudizio di impugnazione contro la sentenza di fallimento.

Appare sottratto al reclamo anche il decreto di liquidazione del compenso al commissario giudiziale, per il quale l'art. 165 richiama l'art. 39, che in riferimento al compenso al curatore fallimentare dichiara espressamente il relativo provvedimento non reclamabile.

L'ipotesi più significativa in cui le norme non escludono espressamente la reclamabilità dei provvedimenti del tribunale, e non indicano un altro mezzo di impugnazione, sia l'omologazione del concordato, con decreto motivato, dopo lo svolgimento dell'istruttoria ritenuta necessaria, in caso di opposizioni alla omologazione (art. 180, commi 4, 5 e 6).

Il procedimento

Il procedimento è modellato sulla disciplina del reclamo endofallimentare di cui all'art. 26, non a caso incisivamente richiamato dall'art. 164: «I decreti del giudice delegato sono soggetti a reclamo a norma dell'art. 26».

Legittimati a proporre il reclamo, stando all'ampiezza della formula dell'art. 26, comma 2 – che fa cenno residualmente a «chiunque vi abbia interesse» – sono senz'altro il commissario giudiziale, al pari del debitore, il creditore così come l'assuntore, il comitato dei creditori (ove costituito, in ipotesi di concordato con cessione dei beni ex art. 182).

In tema di concordato preventivo, il P.m. non è legittimato a proporre reclamo, ai sensi degli artt. 26 e 164 della l.fall., avverso il decreto di liquidazione delle competenze professionali spettanti ai difensori del liquidatore e della procedura per l'attività prestata nel giudizio di risoluzione del concordato, non essendo detta legittimazione ricollegabile né al suo intervento nella procedura, il quale, pur essendo previsto dall'art. 162 della l.fall. a garanzia dell'interesse generale al corretto ingresso e svolgimento della procedura esdebitatoria, non costituisce espressione di un potere d'azione, tale da abilitarlo all'impugnazione ai sensi degli artt. 70, primo comma, n. 1 e 72, primo comma, c.p.c. né all'art. 740 c.p.c., non trattandosi di decreto emesso all'esito di un procedimento camerale nel quale sia richiesto il suo parere, né infine all'art. 11, quinto comma, della legge n. 319/1980, non essendo la funzione del difensore equiparabile a quella degli ausiliari del giudice (Cass. n. 7953/2010).

Altre pronunce della Suprema Corte hanno affermato che nel procedimento per l'ammissione al concordato preventivo, il P.m. non è legittimato a proporre reclamo avverso il provvedimento di liquidazione dei compensi in favore del consulente tecnico, nominato dal giudice delegato, sia perché, a seguito della modifica introdotta con il d.l. 14 marzo 2005, n. 35 (conv. con modif. in l. 14 maggio 2005, n. 80), non gli è più riconosciuto il potere di intervento necessario nel procedimento in questione, sia perché non è applicabile l'art. 11, quinto comma, della legge 8 luglio 1980, n. 319, in quanto incompatibile con la disposizione speciale contenuta nell'art. 26 l.fall. (applicabile alla procedura concordataria ex art. 164 l.fall.) che indica con precisione tutti i soggetti legittimati all'impugnazione dei provvedimenti di reclamo del giudice (Cass. n. 16136/2011 e Cass. n. 17764/2012; in senso contrario, con riferimento a decreto del giudice delegato al concordato preventivo di liquidazione di compenso al c.t.u. v., tuttavia, Cass. n. 16396/2007).

Ancorché non espressamente richiamato, è ritenuto applicabile il comma 2 dell'art. 25 in punto di incompatibilità del giudice delegato che ha emesso il provvedimento impugnato a comporre il collegio che decide sul reclamo (Filocamo).

Del pari, sebbene anch'esso non richiamato, si ritiene applicabile ai reclami ex art. 164, l'art. 36-bis, in forza del quale non sono soggetti alla sospensione feriale i termini previsti per la proposizione dei reclami ex artt. 26 e 36. L'opinione poggia sull'identità di ratio e, specularmente, sull'irragionevolezza di un'eventuale diversità di trattamento tra le fattispecie del reclamo endoconcordatario e del reclamo endofallimentare (Maffei Alberti).

L'art. 91 c.p.c. sul regime delle spese giudiziali è applicabile anche ai provvedimenti emessi in esito al reclamo ex art. 26 (Cass. n. 19979/2008). Proprio il richiamo che la norma in commento fa all'art. 26, induce a ritenere che tale principio si estenda anche ai provvedimenti resi in esito ai reclami ex art. 164.

Regime impugnatorio

Alla medesima stregua dell'art. 26, l'art. 164 tace sul regime delle impugnazioni dei provvedimenti reclamati, come pure di quelli esclusi dalla sfera della reclamabilità.

Il d.lgs. n. 5/2006 ha eliminato l'originario comma 2 dell'articolo in commento, che esplicitamente sanciva l'irreclamabilità del decreto del tribunale che decide sul reclamo.

La giurisprudenza aveva, peraltro, elaborato, nel solco dell'approccio alla problematica delle impugnazioni avverso il decreto che decide su reclamo ex art. 26, una distinzione tra due categorie di provvedimenti, ordinatori e decisori, ritenendo ammissibile l'impugnazione avverso il decreto del tribunale che decide sul reclamo ex art. 164 nella forma del ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. in tutti i casi in cui il provvedimento reclamato, avendo carattere decisorio, andava ad incidere sui diritti soggettivi (come ad esempio laddove il g.d. liquida il compenso allo stimatore nominato affinché assista il commissario giudiziale nella valutazione dei beni, a norma dell'art. 172, comma 2); ogni ulteriore impugnazione era reputata inammissibile nei casi di provvedimenti meramente tutori o endoprocedimentali (come ad esempio nel caso del provvedimento del g.d. che autorizza il compimento di atti di straordinaria amministrazione, ex art. 167, comma 2, o di quelli adottati ai sensi dell'art. 176 nonché nel caso in del provvedimento del g.d. che esclude un credito dalla votazione o, al contrario, lo ammette provvisoriamente in tutto o in parte ai soli fini del voto o del calcolo delle maggioranze) Esemplificativamente, In tema di concordato preventivo, le istruzioni date dal giudice delegato al liquidatore in ordine al comportamento da tenere, a seguito di impugnazione della sentenza di omologazione, esauriscono la loro efficacia nei rapporti tra gli organi della procedura; esse rappresentano, quindi, un atto interno intrinsecamente inidoneo a risolvere, con efficacia nei confronti del debitore, il contrasto in ordine alla sussistenza del potere — dovere del liquidatore di procedere alla liquidazione dei beni prima del passaggio in giudicato della sentenza che ha omologato il concordato; pertanto, poiché il provvedimento del giudice delegato è privo di efficacia decisoria, il decreto emesso dal tribunale su reclamo non è impugnabile con ricorso straordinario per cassazione (Cass. n. 15833/2001).

La soppressione del comma 2 dell'art. 164 mantiene pienamente d'attualità la distinzione tra provvedimenti decisori e ordinatori, nel senso che i provvedimenti di contenuto decisorio ed eventualmente non reclamabili emessi dal giudice delegato, i provvedimenti di contenuto decisorio del tribunale per i quali non sia prevista una diversa impugnazione e i provvedimenti emessi su reclamo qualora incidano su diritti soggettivi dovrebbero essere ulteriormente impugnabili a mezzo del ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., mentre i provvedimenti di contenuto meramente ordinatorio possono essere posti in discussione unicamente con il reclamo, se non escluso.

Sono stati ritenuti ammissibili i ricorsi avverso la liquidazione del compenso al commissario giudiziale (Cass. n. 22010/2007), avverso il decreto su reclamo relativo alla liquidazione del compenso allo stimatore (Cass. n. 16136/2011) nonché contro il provvedimento con cui il tribunale accolga o rigetti il reclamo proposto contro un decreto emesso dal giudice delegato in tema di vendita dei beni del debitore, nella fase esecutiva di un concordato preventivo per cessione dei beni omologato dal medesimo tribunale, dovendosi estendere il regime di ricorribilità applicabile, a norma degli artt. 617 e 618 c.p.c., per i provvedimenti del giudice dell'esecuzione non altrimenti impugnabili (Cass. n. 5993/2011 e Cass. n. 8966/2014).

Il provvedimento con il quale il giudice delegato alla procedura di concordato preventivo autorizzi la stipula di uno dei negozi indicati dall'art. 167 comma 2, l.fall. non ha natura decisoria, in quanto fermo restando che nella procedura in questione l'imprenditore non viene privato del potere di gestire e disporre dei propri beni, ma incontra soltanto un limite all'esercizio di tale potere, rimovibile mediante l'autorizzazione del giudice delegato, quel provvedimento si inquadra esclusivamente nell'ambito dei poteri del giudice delegato, strumentali all'espletamento delle sue funzioni tutorie, di controllo e di direzione della procedura ed è intrinsecamente ed essenzialmente carente di contenuto e portata decisoria sui diritti soggettivi degli eventuali interessati. Pertanto, anche il provvedimento con il quale il Tribunale pronunci sul reclamo proposto contro i provvedimento del giudice delegato ai sensi dell'art. 164 l.fall. è privo di contenuto decisorio ed ha natura di provvedimento di volontaria giurisdizione, non ricorribile per Cassazione ex art. 111 Cost. (Cass. n. 4260/1995)

È stato ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione avverso il decreto di apertura della procedura (Cass. n. 10783/1996) nonché avverso il decreto del g.d. che impartisce direttive generali sulla fase di liquidazione (Cass. n. 23271/2006) o avverso il decreto del g.d., antecedente all'omologazione, che autorizza il debitore al compimento di atti disposizione di beni di sua proprietà (Cass. n. 474/2011), trattandosi, in quest'ultimo caso, di provvedimento, con funzioni meramente integrative dei poteri negoziali del debitore medesimo – il quale in questa fase conserva l'amministrazione dei propri beni e l'esercizio dell'impresa – che non decide su diritti soggettivi e non pregiudica il diritto dell'interessato a far valere le proprie ragioni in sede contenziosa, impugnando direttamente l'atto negoziale (Cass. n. 15074/2011). È stato reputato, parimenti, inammissibile il ricorso per cassazione proposto ex art. 111 Cost. avverso il decreto del tribunale fallimentare che, in sede di esecuzione del concordato, si sia pronunciato su di una questione attinente alla misura di un credito da soddisfare, in quanto tale provvedimento, non potendo avere ad oggetto questioni decise con la sentenza di omologazione, le quali devono trovare la loro soluzione in sede contenziosa nelle forme ordinarie, non è idoneo a pregiudicare in modo definitivo e con carattere decisorio i diritti soggettivi delle parti (Cass. n. 3921/2009).

L'inammissibilità del ricorso in cassazione attinge anche il provvedimento con cui il giudice delegato, nella fase anteriore all'omologazione, ha disposto il versamento a mani del commissario giudiziale della somma apportata da un terzo, secondo la previsione di pagamento di cui alla proposta e sotto condizione dell'omologazione stessa (Cass. n. 5315/2011) nonché il decreto del tribunale di chiusura della procedura, ritenuto un mero atto esecutivo (Cass. n. 23272/2006).

Esulano dall'alveo del reclamo, esponendosi ad una vera e propria actio nullitatis, i provvedimenti adottati dal g.d. in mancanza di una specifica attribuzione e destinati ad incidere su diritti soggettivi di carattere giurisdizionale (Bertacchini-Gualandi-Pacchi S.-Pacchi G.-Scarselli, 444). È esemplificativamente il caso in cui l'accertamento sull'esistenza del credito e sul suo ammontare, anziché agevolarsi ex art. 176 di un autonomo giudizio ordinario celebrato in separata sede, sia stato svolto dal g.d., al di fuori delle sue competenze.

In particolare, si è osservato in giurisprudenza che i provvedimenti del giudice delegato che decidono controversie relative all'esistenza, entità e natura dei crediti vantati nei confronti del debitore concordatario debbono essere considerati «abnormi», dunque non reclamabili dinnanzi al tribunale ai sensi degli art. 164 e 26 l.fall. (Trib. Sulmona 17 giugno 1999). Il decreto con il quale il giudice delegato in un concordato preventivo ordina ad un terzo locatario la riconsegna di un immobile facente parte dei beni ceduti ai creditori, integra un provvedimento decisorio incidente su diritti soggettivi, emesso oltre i limiti dei poteri conferiti dalla legge al predetto giudice. Tale provvedimento non è suscettibile di reclamo al tribunale fallimentare e può essere impugnato soltanto col ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. (salva l'azione di nullità contro il provvedimento medesimo) (Cass. n. 3934/1981).

Mette in conto, peraltro, evidenziare che, una volta esauritasi, con il decreto di omologazione, la procedura di concordato preventivo, tutte le questioni che hanno ad oggetto diritti pretesi da singoli creditori o dal debitore e che attengono all'esecuzione del concordato, danno luogo a controversie che sono del tutto sottratte al potere decisionale del giudice delegato e costituiscono materia di un ordinario giudizio di cognizione, da promuoversi, da parte del creditore o di ogni altro interessato, dinanzi al giudice competente (Cass. n. 16598/2008; Cass. n. 23271/2006).

Bibliografia

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