Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 169 - Norme applicabili.Norme applicabili.
Si applicano, con riferimento alla data di presentazione della domanda di concordato, le disposizioni degli articoli 45 , 55, 56, 57, 58, 59, 60, 61, 62, 6312. Si applica l'articolo 43, quarto comma, sostituendo al fallimento l'impresa ammessa al concordato preventivo3. [1] Comma modificato dall'articolo 144 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. [2] La Corte costituzionale, con sentenza 18 luglio 1989, n. 408, aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale degli articoli 54, comma terzo, e 55, comma primo, nonchè del presente articolo laddove richiama l'art. 55, nella parte in cui, nelle procedure di fallimento, del debitore e di concordato preventivo, non estendevano la prelazione agli interessi dovuti sui crediti privilegiati delle società o enti cooperativi di produzione e di lavoro, di cui all'art. 2751-bis, n. 5, del c.c., che rispondono ai requisiti prescritti dalla legislazione in tema di cooperazione. [3] Comma aggiunto dall'articolo 7, comma 1, lettera b-bis), del D.L. 27 giugno 2015 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 agosto 2015, n. 132 ; per l'applicazione vedi l'articolo 23, comma 7, del medesimo decreto. InquadramentoL'art. 169 dispone l'applicabilità al concordato preventivo, a far data dalla presentazione della domanda e fino alla chiusura, di alcune norme dettate in materia di fallimento. Segnatamente sono richiamati l'art. 45 e gli artt. da 55 a 63. L'art. 45, in particolare, è valso ad estendere ai creditori concordatari la tutela riservata ai creditori pignoranti nel contesto dell'esecuzione ordinaria, in buona sostanza, travasando pure nell'ambito del concordato preventivo la disciiplina degli effetti del pignoramento di cui agli artt. 2914 e ss. c.c. L'art. 55 si risolve nel «blocco», alla data di presentazione della domanda di concordato, del corso degli interessi, sia convenzionali che legali, sui crediti. Il richiamo dell'art. 56 racchiude il principio dell'applicabilità al concordato della compensazione, sia pure con i dovuti adattamenti. I rimanenti richiami veicolano nel quadro concordatario le norme sul trattamento dei crediti infruttiferi (art. 57), delle obbligazioni (art. 58), dei crediti non pecuniari (art. 59), delle rendite (art. 50) e delle obbligazioni solidali (artt. 61, 62 e 63) Spicca il mancato richiamo di alcune norme; l'omissione trova, tuttavia, agevoli spiegazioni. In particolare, l'inapplicabilità dell'art. 51 rinviene la sua ratio evidente nell'esistenza di disposizioni analoghe e specifiche nell'art. 168; l'omesso rinvio all'art. 52 tiene implicitamente conto dell'assenza, in ambito concordatario preventivo, di una fase di verifica dei crediti. Non è richiamato l'art. 54 sul diritto dei creditori privilegiati nella ripartizione dell'attivo. Peraltro, la giurisprudenza di legittimità ha osservato come l'inapplicabilità della norma implichi che, diversamente da quanto accade nel fallimento, la mancanza nel patrimonio debitorio del bene gravato da privilegio non impedisce l'esercizio del diritto di prelazione, con la conseguenza che il credito va soddisfatto integralmente, giacché il privilegio assume rilevanza esclusivamente come qualità del credito, che, ex art. 2745 c.c., nasce privilegiato in ragione della sua causa secondo le disposizioni di legge, conservando tale qualità per l'intera procedura, sia pure a condizione che il proponente non si sia avvalso della facoltà di cui al novellato art. 160, comma 3, di limitare la soddisfazione dei creditori privilegiati alla sola parte del loro credito, che troverebbe capienza nell'ipotesi di liquidazione del bene gravato (Cass. n. 12064/2013). Richiamo dell'art. 45Il richiamo dell'art. 45 è stato introdotto dal d.lgs. n. 5/2006. La norma sanziona d'inefficacia le formalità necessarie a rendere opponibili gli atti ai terzi, qualora siano eseguite dopo la dichiarazione di fallimento, ergo dopo la presentazione del ricorso per l'accesso al concordato. In precedenza, la giurisprudenza escludeva l'applicabilità della norma anzidetta (Cass. n. 10434/1993). Il richiamo è funzionale a determinare una duplice cristallizzazione: quella del patrimonio del debitore ammesso al concordato, sulla cui consistenza i creditori devono poter confidare ai fini dell'espressione del proprio voto consapevole e informato; quella della situazione debitoria, posto che ciascun creditore deve poter conoscere ab initio i suoi concorrenti e ponderare le proprie opportunità satisfattive. Il richiamo vale anche a completare lo «schermo protettivo» delineato dall'art. 168 l.fall., posto che le formalità postume rispetto al ricorso d'avvio saranno sempre inidonee a incidere sulla sfera patrimoniale del debitore. L'applicazione pure al concordato dell'art. 45 si palesa, inoltre, in linea con il disposto del comma 2 dell'art. 167 l.fall., che, nel prevedere che gli atti di straordinaria amministrazione compiuti senza l'autorizzazione del giudice delegato sono inefficaci nei confronti dei creditori anteriori, pone, al pari della norma ora in commento, una limitazione all'opponibilità degli atti in funzione della tutela delle ragioni dei creditori concordatari. Richiamo dell'art. 55L'art. 55 disciplina gli effetti della procedura sui debiti pecuniari, sancendo la sospensione del corso degli interessi convenzionali o legali sui crediti chirografari e stabilendo la sorte dei crediti condizionali. In virtù della norma non vanno riconosciuti al creditore chirografario interessi successivi alla presentazione della domanda di concordato. Il decorso degli interessi è sospeso fino alla definitività del decreto di omologazione. L'esigenza sottesa alla norma è quella di fissare l'entità e la consistenza della massa passiva, nell'ottica di preservare la posizione del debitore, che in caso contrario potrebbe veder vanificata, da aggravi crescenti, la prospettiva esdebitatoria intrapresa. Gli interessi continuano, peraltro, a decorrere sui crediti garantiti da pegno, ipoteca o privilegio, tanto speciale che generale. Il rinvio all'art. 55, peraltro, implicitamente comprende anche quello all'art. 54, comma terzo, che prevede l'estensione del diritto di prelazione anche agli interessi maturati sul capitale, nei limiti contemplati dagli artt. 2778 c.c. per il pegno e 2885 c.c. per l'ipoteca. Non era, di contro, richiamato l'art. 2749 c.c., che regola l'estensione agli interessi del privilegio. Tre interventi della Corte costituzionale hanno, peraltro, ridefinito (e riequilibrato) il quadro normativo applicabile. Innanzitutto, sono stati dichiarati illegittimi, per violazione degli artt. 3 e 36 Cost., gli artt. 55, comma 1, richiamato dall'art. 169, e 54, comma 3, nella parte in cui non estendevano il privilegio agli interessi dovuti sui crediti privilegiati di lavoro nella procedura di concordato preventivo del datore di lavoro nonché la normativa risultante dal combinato disposto degli artt. 59 e 169, nella parte in cui escludeva la rivalutazione dei crediti di lavoro per il periodo successivo alla domanda di concordato preventivo (Corte cost. n. 300/1986). Gli artt. 55, comma 1, 54, comma 3, e 169, sono stati, inoltre, dichiarati incostituzionali nella parte in cui non estendevano il privilegio agli interessi dovuti sui crediti delle cooperative di produzione e lavoro nel periodo successivo alla dichiarazione di fallimento o alla ammissione della impresa al concordato preventivo (Corte cost. n. 408/1989). Infine, è stata dichiarato illegittimo l'art. 54, comma 3, nella parte in cui non richiamava anche nel fallimento l'estensione del diritto di prelazione agli interessi prevista dall'art. 2749 c.c. per i crediti muniti di privilegio generale o speciale (Corte cost., n. 162/2001). Per quanto concerne i crediti di lavoro, il meccanismo della rivalutazione previsto dall'art. 429, comma 3, c.p.c. opera indipendentemente dalle regole degli artt. 1218 e 1224 c.c. in tema di colpa debitoria, di guisa che è irrilevante la mancanza di colpa del predetto datore di lavoro nel ritardo dei pagamenti (Cass. n. 3155/1992). La regola non si applica, peraltro, ai crediti derivanti da rapporto di agenzia, (Cass. n. 7256/1996). Ciò detto, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che il principio della cristallizzazione dei crediti risarcitori ha una portata interna alla procedura concorsuale (Cass. n. 6953/2008). Di non poco momento il principio, a suo tempo espresso, secondo cui, nel concordato con cessione dei beni, indipendentemente dalla forma della vendita, gli interessi sul credito ipotecario maturano sino alla vendita del bene (Cass. n. 14912/2000). Sempre in sede di legittimità è stato evidenziato, già da tempo, che la sospensione del corso degli interessi sui crediti chirografari opera anche a favore dei soci illimitatamente responsabili in riferimento ai loro debiti personali, con decorrenza dalla data della domanda presentata dalla società (Cass. n. 584/1995 e Cass. n. 10875/1994). Nello specifico la Suprema Corte ha, poi, ritenuto che gli interessi convenzionali, muniti di titolo di prelazione, su un credito ipotecario, nel caso in cui al concordato preventivo segua il fallimento di una società ed a questo consegua il fallimento di un socio illimitatamente responsabile della medesima società, ed il credito sia anteriore all'instaurazione della prima delle tre procedure e vantato dall'istituto di credito mutuante nei confronti del socio illimitatamente responsabile, decorrono fino al 31 dicembre dell'anno in cui è stata presentata la domanda di concordato – e non fino al 31 dicembre dell'anno in cui viene dichiarato il fallimento del socio debitore ipotecario – in quanto la disciplina della misura degli interessi, data dalla combinazione degli artt. 169, 55 e 54, c. 3, e 2855 c.c., si applica con riferimento all'indicata presentazione della domanda di concordato, assumendo rilievo l'originario stato d'insolvenza della società e non potendo, rispetto ad essa, distinguersi i creditori in rapporto all'origine personale o sociale dei rispettivi crediti (Cass. n. 18312/2007, in Fall. 2008, 549, con nota di Bellomi). Per quanto concerne gli interessi sulle somme dovute a titolo di IVA e non versate, si è ritenuto che l'ammissione del debitore al concordato preventivo con cessione dei beni non determina la sospensione della decorrenza degli interessi a far tempo dalla data di ammissione alla procedura stessa, talché detti interessi rimangono dovuti anche per il periodo successivo alla sentenza di omologazione del concordato (Cass. n. 22881/2005). Il richiamo dell'art. 55 comporta l'applicabilità al concordato preventivo della disciplina fallimentare dei crediti condizionali. In particolare, si è osservato che partecipano alla procedura – per effetto del richiamo della norma evocata contenuto nell'art. 169 – pure i crediti condizionali e quelli gravati da un patto di preventiva escussione di un obbligato principale (Cass. n. 9736/1990). Del resto, il diritto di partecipare all'adunanza di cui all'art. 174 fa capo ai creditori sul presupposto dell'esistenza e non dell'esigibilità del credito; inoltre, il concordato è obbligatorio, ai sensi e per gli effetti dell'art. 184, indipendentemente dalla sussistenza di termini o di condizioni. Richiamo dell'art. 56L'art. 56 prevede il diritto dei creditori di compensare con i loro debiti verso il fallito i crediti che essi vantano verso lo stesso, anche se non scaduti prima della dichiarazione di fallimento, ergo prima della presentazione della domanda di concordato. La disposizione sottende una finalità di riequilibrio delle posizioni potenziali, posto che parrebbe sperequativo imporre al debitore del concordato di pagare il proprio debito, salvo attendere gli esiti (intrinsecamente aleatori) della procedura e i relativi riparti per acquisire una porzione sovente esigua dell'importo del proprio credito. La Suprema Corte ha recentemente precisato che, nel concordato preventivo, la compensazione determina, in virtù degli artt. 56 e 169 l.fall., una deroga alla regola del concorso ed è ammessa pure quando i presupposti di liquidità ed esigibilità, ex art. 1243 c.c., maturino dopo la data di presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo, purché il fatto genetico delle rispettive obbligazioni sia sempre anteriore a detta domanda (v. Cass. n. 825/2015). È significativamente sedimentato nella giurisprudenza di legittimità, ad ogni buon conto, il principio della non compensabilità tra crediti liquidi ed esigibili anteriori all'inizio della procedura e contrapposte ragioni di credito sorte nel corso di essa, stante la cristallizzazione dei crediti anteriori ex artt. 188 e 168, e il venir meno del requisito dell'esigibilità richiesto dall'art. 1243 c.c. (Cass. n. 280/2001; Cass. n. 2539/1998; Cass. n. 7194/1997; Cass. n. 18437/2010, in Fall. 2011, 30, con nota di Bosticco). Si è ritenuta la non operatività della compensazione nell'ipotesi in cui il debitore abbia conferito ad una banca un mandato all'incasso di un proprio credito, attribuendole la facoltà di compensare il relativo importo con lo scoperto di un conto corrente da lui intrattenuto con la medesima banca (Cass. n. 10548/2009). Del resto, a differenza della cessione di credito, il mandato all'incasso non determina il trasferimento del credito in favore del mandatario, ma l'obbligo di quest'ultimo di restituire al mandante la somma riscossa, e tale obbligo non sorge al momento del conferimento del mandato, ma soltanto all'atto della riscossione del credito, con la conseguenza che, qualora quest'ultima debba aver luogo dopo la presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo, non vengono in rilievo i presupposti per la compensazione. Viceversa, qualora la convenzione relativa all'anticipazione su ricevute regolata in conto contenga una clausola attributiva del «diritto di incamerare» le somme riscosse in favore della banca (c.d. patto di compensazione), la banca è titolare del diritto di «compensare» il proprio debito per il versamento al cliente delle somme riscosse con il proprio credito scaturente da operazioni regolate nel medesimo conto corrente, a nulla rilevando che detto credito sia anteriore alla ammissione alla procedura concorsuale ed il correlativo debito, invece, posteriore (Cass. n. 17999/2011; Cass. n. 7194/2011, in Fall. 1998, 56, con nota di Tarzia). Altri rinviiL'art. 57 concerne i crediti infruttiferi, che sono ammessi al passivo per l'intera somma se non scaduti alla data di presentazione della domanda di concordato. Peraltro, ad ogni singola ripartizione saranno detratti gli interessi composti in ragione del cinque per cento all'anno per il tempo che decorre dalla data di mandato di pagamento fino al giorno della scadenza del credito. Si è innestata in ambito concordatario la regola dell'art. 58 relativa ai titoli obbligazionari e ai titoli di debito, la quale prevede che i crediti da essi derivanti sono ammessi al passivo per il loro valore nominale, detratti i rimborsi già effettuati. Nel caso sia previsto un premio da estrarre a sorte, il suo valore attualizzato è distribuito tra tutti i titoli con diritto al sorteggio. Per i crediti non pecuniari, l'art. 59 dispone che se hanno ad oggetto una prestazione in danaro determinata con riferimento ad altri valori (es. una valuta estera) o una prestazione diversa dal danaro, concorrono secondo il loro valore alla data della dichiarazione di fallimento, quindi alla data del deposito del ricorso per l'accesso alla procedura concorsuale minore. L'art. 60 descrive la sorte delle rendite perpetue e delle rendite vitalizie nell'ambito del concorso ed ai fini perciò dell'insinuazione al passivo nel fallimento e mutatis mutandis nella massa debitoria del concordato: la rendita perpetua viene riscattata mediante pagamento della somma pari alla capitalizzazione della rendita annua sulla base dell'interesse legale, come disposto dall'art. 1866 c.c.; la rendita vitalizia comporterà il riferimento ad una somma equivalente al suo valore capitale al momento della dichiarazione di fallimento o della domanda di concordato. Gli artt. 61, 62 e 63 contengono la disciplina della partecipazione al concorso dei crediti contrassegnati dalla presenza di più coobbligati, tanto nel caso sia uno di essi a fallire, quanto nel caso falliscano entrambi, sia nell'ipotesi in cui il pagamento parziale o totale da parte del coobbligato sia avvenuto prima del fallimento, sia nell'ulteriore caso in cui tale pagamento avvenga successivamente. Lo «schema» non è molto divaricato dalla disciplina generale di cui agli artt. 1292 e ss. Secondo il testo dell'art. 61, il soggetto creditore di più coobbligati in solido tra loro concorre nel fallimento di coloro che sono falliti per l'intero credito, anche se essi sono più di uno fino a quando non è totalmente soddisfatto. La ragione sta in ciò, che il legislatore ha inteso assicurare al titolare della pretesa più possibilità di partecipare al concorso nell'ottica di agevolarne l'integrale soddisfacimento. Nel caso in cui il creditore di più coobbligati, di cui alcuni falliti, abbia ricevuto dopo il fallimento un pagamento parziale, fruisce della regola per cui, il coobbligato che abbia pagato in parte prima del fallimento può esercitare il suo regresso, ma solo dopo che il creditore sia stato soddisfatto per l'intero credito, non apparendo equo che i coobbligati si disputino l'incidenza definitiva del pagamento, quando ancora il creditore non è stato soddisfatto integralmente. L'art. 62 prevede le regole della partecipazione al concorso nel caso in cui il coobbligato solidale abbia pagato prima del fallimento. In questo caso il creditore può insinuare al passivo soltanto il suo credito residuo ed il coobbligato può far valere a sua volta il diritto al regresso. L'art. 63 dispone, infine, che in ipotesi di coobbligato o fideiussore del fallito che abbia un diritto di pegno o di ipoteca sui beni di quest'ultimo, vale la regola secondo la quale il coobbligato ha diritto di essere ammesso al privilegio ipotecario pignoratizio nel passivo del fallimento, ma la somma ricavata dalla vendita del bene che fornisce la garanzia, deve essere assegnata al creditore originario in deduzione della somma a questi dovuta, e ciò quindi si deve ritenere anche se il credito di questi non sia privilegiato. BibliografiaApice, Compensazione e procedure concorsuali, in Fall. 1997; Bonsignori, Concordato preventivo, in Comm. 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