Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 209 - Formazione dello stato passivo.

Domenica Capezzera

Formazione dello stato passivo.

 

Salvo che le leggi speciali stabiliscano un maggior termine, entro novanta giorni dalla data del provvedimento di liquidazione, il commissario forma l'elenco dei crediti ammessi o respinti e delle domande indicate nel secondo comma dell'articolo 207 accolte o respinte, e lo deposita nella cancelleria del luogo dove l'impresa ha la sede principale. Il commissario trasmette l'elenco dei crediti ammessi o respinti a coloro la cui pretesa non sia in tutto o in parte ammessa a mezzo posta elettronica certificata ai sensi dell'articolo 207, quarto comma. Col deposito in cancelleria l'elenco diventa esecutivo12.

Le impugnazioni, le domande tardive di crediti e le domande di rivendica e di restituzione sono disciplinate dagli articoli 98 , 99 , 101 e 103 , sostituiti al giudice delegato il giudice istruttore ed al curatore il commissario liquidatore345.

[ Il presidente del tribunale nomina un giudice per l'istruzione e per i provvedimenti ulteriori. Sono osservate le disposizioni degli artt. da 98 a 103, in quanto applicabili, sostituiti al giudice delegato il giudice istruttore e al curatore il commissario liquidatore. ]6

Restano salve le disposizioni delle leggi speciali relative all'accertamento dei crediti chirografari nella liquidazione delle imprese che esercitano il credito.

[1] Comma sostituito dall' articolo 17, comma 1, lettera aa), del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179convertito, con modificazioni, in legge 17 dicembre 2012, n. 221 . Per l'applicazione del presente comma vedi quanto disposto dai commi 4 e 5 del medesimo articolo 17.

[2] La Corte costituzionale con sentenza 20 maggio 1987, n. 181, aveva dichiara l'illegittimità costituzionale del presente comma, nel testo precedente la sostituzione, nella parte in cui non prevedeva che l'imprenditore individuale o gli amministratori della società o della persona giuridica soggetti ad amministrazione straordinaria siano sentiti dal commissario con riferimento alla formazione dell'elenco indicato nello stesso art. 209 legge fallimentare.

[3] Comma sostituito dall' articolo 18, comma 2, del D.Lgs. 12 settembre 2007 n.169 , con la decorrenza indicata nell' articolo 22 del medesimo D.Lgs. 169/2007 .

[4] La Corte costituzionale, con sentenza 2 dicembre 1980, n. 155, aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma, nel testo precedente la sostituzione, nella parte in cui prevedeva che il termine per le opposizioni dei creditori in tutto o in parte esclusi decorra dalla data del deposito, nella cancelleria del tribunale del luogo dove l'impresa in liquidazione coatta amministrativa ha la sede principale, dell'elenco dei crediti ammessi o respinti, formato dal commissario liquidatore, anzichè non dalla data di ricezione delle raccomandate con avviso di ricevimento, con le quali il commissario liquidatore dà notizia dell'avvenuto deposito ai creditori le cui pretese non sono state in tutto o in parte ammesse.

[5] La Corte costituzionale, con sentenza 29 aprile 1993, n. 201, aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma, nel testo precedente la sostituzione, nella parte in cui prevedeva che il termine di 15 giorni per proporre l'impugnazione dei crediti ammessi decorre dalla data del deposito in Cancelleria, da parte del Commissario liquidatore, dell'elenco dei crediti medesimi, anzichè da quella di ricezione della lettera raccomandata con avviso di ricevimento, con la quale lo stesso Commissario deve dare notizia dell'avvenuto deposito ai singoli interessati.

[6] Comma soppresso dall' articolo 18, comma 2, del D.Lgs. 12 settembre 2007 n.169 , con la decorrenza indicata nell' articolo 22 del medesimo D.Lgs. 169/2007 per effetto della sostituzione degli originari commi secondo e terzo nell'attuale secondo comma.

Inquadramento

La norma più rilevante in materia di accertamento del passivo è quella contenuta nell'art. 209, l.fall., che è stato oggetto di intervento del Decreto correttivo 12.09.2007, n. 169 che, più precisamente, ne ha sostituito i commi 2 e 3 con un'unica disposizione in base alla quale «le impugnazioni, le domande tardive di crediti e le domande di rivendica e di restituzione sono disciplinate dagli artt. 98, 99, 101 e 103 l.fall., sostituiti al giudice delegato il giudice istruttore ed al curatore il commissario liquidatore».

Alla formazione dello stato passivo hanno diritto di partecipare gli amministratori dell'impresa o il titolare dell'impresa (Corte cost., n. 181/1987); nella prassi ciò avviene solo dopo la stesura dello stato passivo al fine di esaminarne le risultanze ed eventuale documentazione ed apportarne eventuali modifiche, prima del relativo deposito. Peraltro le osservazioni dell'impresa non sono vincolanti.

Elenco dei crediti e dei diritti mobiliari

Salvo che le leggi speciali non stabiliscano un termine maggiore, entro novanta giorni dal provvedimento di liquidazione, il commissario liquidatore deve formare l'elenco dei crediti ammessi o respinti e delle domande di rivendicazione, restituzione e separazione su cose mobili possedute dall'impresa accolte o respinte. Il commissario trasmette l'elenco dei creditori ammessi o respinti (solo) a coloro la cui pretesa non sia in tutto o in parte ammessa a mezzo pec e contestualmente provvede al suo deposito in cancelleria. Tale deposito rende esecutivo l'elenco, mantenendo a sua volta, stante la sua provenienza da organo non giurisdizionale, natura di atto amministrativo, impugnabile ex art. 98, l.fall. (cfr. Cass. IV, n. 26359/2011).

Per le procedure che interessano soggetti bancari, è previsto l'ulteriore onere di deposito in Banca d'Italia nonché una forma di pubblicità integrativa che prevede la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale di un avviso dell'avvenuto deposito dello stato passivo (cfr. art. 86, comma 8, d.lgs. n. 385/1993TUB). Peraltro, in tali casi lo stato passivo andrà depositato nei trenta giorni successivi alla scadenza del periodo entro il quale possono essere presentate domande di insinuazione da parte dei creditori sia presso la Banca d'Italia, sia presso il Tribunale competente (cfr. Cass. n. 372/1991). Ovviamente lo stato passivo deve contenere l'indicazione analitica di tutti i crediti ammessi e la somma a ciascuno riconosciuta, con specificazione dei diritti di prelazione spettanti e l'ordine dei privilegi (cfr. Cass. I, n. 17888/2004, secondo cui il mancato espresso riferimento nell'art. 209 al riconoscimento delle eventuali cause di prelazione nello stato passivo depositato dal commissario liquidatore non implica che i crediti possano esservi iscritti senza rango). Si ritiene peraltro che i crediti non debbano necessariamente essere inseriti in ordine cronologico, né l'elenco deve essere motivato.

In questo senso si è pronunciata anche la Cassazione secondo la quale: «il diritto di difesa del creditore è sufficientemente tutelato dal diritto di opposizione allo stato passivo che dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione il cui oggetto non è costituito dalla verifica delle ragioni di mancato accoglimento della domanda di inserimento nello stato passivo, bensì nell'accertamento della fondatezza della pretesa fatta valere con la domanda di ammissione» (Cass. n. 9163/2005) in dottrina Bonsignori, 226; contra Tedeschi, 601. È prassi tuttavia che lo stato passivo sia formato per categorie omogenee di creditori, preparato in forma sintetica, spesso accompagnato da note esplicative, tese a chiarire le ragioni dell'operato del commissario liquidatore.

La giurisprudenza ha avuto modo di affermare «il carattere definitivo ed immutabile (salvo che a seguito di ricorso al giudice) dello stato passivo una volta depositato, trattandosi di una caratteristica che discende dalle esigenze proprie della procedura concorsuale e non è affatto incompatibile con la natura amministrativa di un atto che il legislatore vuole suscettibile di eventuale modifica solo per effetto di un successivo intervento giurisdizionale, entro i limiti e con le forme previste per tale intervento» (cfr. Cass. S.U., n. 25174/2008).

Vi è stata prassi diffusa per cui il commissario liquidatore procedeva in via automa alla modifica dello stato passivo, anche dopo il suo deposito, ciò sembrando possibile quale espressione del potere di autotutela che compete alla pubblica amministrazione (trattandosi nel caso di specie di un provvedimento di natura amministrativa, sebbene soggetto a verifica e controllo in sede giurisdizionale, in caso di opposizione). Sul piano pratico, in tal modo indubbiamente i tempi nell'interesse dei creditori vengono accelerati o comunque semplificati, rispetto al riconoscimento del credito per le vie giudiziali. Sebbene tale prassi avesse chiare giustificazioni pratiche, tuttavia, non pare che la stessa sia formalmente corretta, come già rilevato da un giudice di merito (cfr. Trib. Grosseto, 22 marzo 2000) e di fatto confermato, come visto, dalle Sezioni Unite nel 2008.

Ammissione con riserva

Discussa è la questione dell'ammissibilità, nell'ambito della procedura di liquidazione coatta, della ammissione del credito con riserva.

Parte della dottrina tende ad escludere ogni forma di riserva facendo leva sui seguenti argomenti: la mancanza di un preciso riferimento nel testo dell'art. 209; l'omesso richiamo, da parte dell'art. 209, alle ipotesi di ammissione con riserva (ora trattate all'art. 96, ultimo comma, l.fall.); la struttura del procedimento, che non contempla l'udienza dei creditori per la verifica; l'impossibilità di frazionare in due tempi le funzioni del commissario (Ragusa Maggiore-Costa, 748;

Alcune decisioni hanno considerato legittima l'applicazione dell'istituto, ritenendo necessario l'esperimento dell'opposizione nel caso di ammissione con riserva formulata in modo da ingenerare incertezza in ordine al riconoscimento del credito (Trib. Milano, 21 maggio 1998; Trib. Torino, 10 giugno 1992; Cass. n. 2399/1973).

Vi è, poi, una tesi intermedia che ha affermato che il commissario può adottare provvedimenti di ammissione con riserva dei crediti condizionali, ma non anche con riserva di presentazione dei documenti giustificativi (Trib. Foggia, 1 febbraio 1994); in dottrina Bonsignori, 228.

A favore dell'ammissibilità devono considerarsi, da un lato, il fatto che la riforma della Legge fallimentare ha mantenuto le ipotesi di ammissione con riserva (art. 96), pur accordando al curatore il ruolo di formare lo stato passivo (art. 95), e ciò comporrebbe il superamento dell'obiezione fondata sulla incompatibilità tra il ruolo del commissario e l'ammissione con riserva. Dall'altro, che il d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, che ha riordinato la disciplina della riscossione delle entrate dello Stato e degli enti pubblici (v. artt. 87, 88, d.p.r. n. 602/1973), ha previsto che nel caso in cui il debitore sia fallito o in liquidazione coatta la domanda deve essere presentata dal commissario incaricato della riscossione sulla base del ruolo (art. 87) e il credito tributario, qualora sia contestato, deve essere ammesso al passivo con riserva, che dovrà poi essere sciolta dal commissario (art. 88, comma 3).

Rimedi contro il ritardo del commissario liquidatore

Per quanto concerne l'individuazione della natura del termine di novanta giorni previsto per la formazione dello stato passivo, alcuni autori (Del Vecchio, 238) ritengono che debba considerarsi ordinatorio ed altri invece che abbia natura perentoria (Pajardi — Paluchowski, 730; Bonsignori 149).

Nella prassi il deposito dello stato passivo avviene con notevole ritardo, con grave pregiudizio per la tutela dei diritti dei creditori, giacché, secondo l'orientamento prevalente, fino al deposito resterebbe sospesa la possibilità per i creditori di adire l'Autorità giudiziaria per l'accertamento dei loro diritti.

La giurisprudenza, quindi, ha cercato di porre rimedio a questa situazione riconoscendo ai creditori e all'impresa posta in liquidazione, in caso di ingiustificato ritardo da parte del commissario, la possibilità di far valere la responsabilità del commissario stesso La società, più precisamente, potrà ricorrere prima all'Autorità di vigilanza, poi, in via giurisdizionale al giudice amministrativo (Cass. n. 372/1991).

Rinvio alla disciplina del fallimento

L'art. 209, comma 2, l.fall., prevede che le impugnazioni, le domande tardive di crediti e le domande di rivendica e di restituzione sono disciplinate dalle norme che governano tali fasi nel fallimento: gli artt. 98, 99, 101 e 103, l.fall.

Ciò, come evidente, consente di equiparare sotto il profilo della tutela dei diritti soggettivi, i creditori all'interno della liquidazione coatta a quelli all'interno del fallimento, e di attribuire al commissario liquidatore e al curatore lo stesso ruolo in tali rispettivi procedimenti (Trib. Salerno, 11 gennaio 2010, per cui «La nuova disciplina in materia di procedure concorsuali introdotta con il d.lgs. n. 5/2006, applicabile anche alle impugnazioni e alle domande tardive di credito nella formazione dello stato passivo della liquidazione coatta amministrativa (art. 209, comma 2, l.fall.), attribuisce al curatore e al commissario liquidatore, sebbene terzo rispetto al debitore e rappresentante della massa dei creditori concorsuali, tutti i poteri spettanti alla parte nei confronti della quale viene fatto valere il diritto del creditore, ivi compreso quello di eccepire i fatti estintivi del rapporto obbligatorio».

Disciplina delle domande tardive.

L'applicazione integrale alla liquidazione coatta della disciplina del fallimento in materia comporta alcuni problemi interpretativi e applicativi, primo tra tutti la qualificazione delle domande come tardive.

Come noto, sono considerate tardive ai sensi dell'art. 101, l.fall. (modificato, da ultimo, dal «Decreto Sviluppo bis»), richiamato dall'art. 209, comma 2, l.fall., le domande di ammissione (o di restituzione o rivendicazione di beni) trasmesse al curatore oltre il termine di trenta giorni prima dell'udienza per la verifica del passivo e non oltre quello di dodici mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo. Solo in caso di procedura complessa il Tribunale, con la sentenza dichiarativa del fallimento, può prorogare il termine di dodici mesi fino a diciotto. Fino a che non sono concluse tutte le ripartizioni dell'attivo le domande tardive vengono ammesse anche se sono trascorsi i termini di cui sopra, a condizione che l'istante provi che il ritardo non è dipeso da causa a lui non imputabile.

Se è noto che la fase di accertamento del credito, nell'ambito della procedura di liquidazione coatta, ha connotati «amministrativi», mentre nell'ambito della procedura del fallimento è una fase giurisdizionale, l'applicazione «letterale» dell'art. 101, l.fall. condurrebbe a ritenere tempestivamente sottoposte all'esame del giudice istruttore nominato dal Tribunale tutte le domande tardive, con una evidente disparità di trattamento rispetto alle domande insinuate ed esaminate nella prima fase, amministrativa, di accertamento del passivo. Per questa ragione si ritiene che le insinuazioni tardive, ovvero quelle pervenute dopo il deposito dell'elenco dei creditori formato dal commissario liquidatore ex art. 209 l.fall., in una prima fase, debbano essere trattate processualmente come le tempestive, dovendosi ravvisare l'intento del legislatore nel garantire una tutela giurisdizionale esclusivamente nella seconda fase di riesame dell'accertamento del passivo.

Si segnala a tal proposito il provvedimento assunto in camera di consiglio dalla terza sezione civile del Tribunale di Firenze secondo cui avviare un intero procedimento di insinuazione (con tanto di deposito di progetto, da parte del commissario liquidatore, e fissazione di udienza di discussione delle domande tardive innanzi al giudice designato) appare ultroneo, finendo con l'assicurare alle domande tardive di credito una tutela maggiore rispetto a quelle tempestive; secondo tale corte, il riferimento fatto dall'art. 209 l.fall. all'art. 101 deve essere interpretato «come rinvio di ‘metodo' e non letterale». Per tale ragione la predetta corte ha disposto che le domande tardive di credito e le domande di rivendicazione prevenute in cancelleria dopo il deposito (nella stessa cancelleria) dell'elenco dei creditori formato dal commissario liquidatore debbano essere preventivamente valutate dal commissario liquidatore e che solo ove la relativa determinazione del commissario liquidatore venga impugnata, si debba procedere dal presidente del Tribunale alla designazione del giudice istruttore.

La domanda proposta tardivamente deve essere nuova (cfr. Cass. I, n. 21241/2010), «salvo che il petitum esigibile non sia stato richiesto per intero con l'insinuazione tempestiva per un impedimento giuridico o di fatto, nel qual caso non è configurabile la formazione del giudicato interno impeditivo della insinuazione tardiva per la parte non richiesta originariamente» (Cass. n. 10783/1999).

Rapporto tra impugnazioni e insinuazione tardiva

Non è semplice stabilire quale rimedio abbia a disposizione il creditore il cui credito non sia stato ammesso per intero.

L'insinuazione tardiva può essere proposta solo ove non si traduca in una opposizione allo stato passivo già formato, e, quindi, non tenda a censurare le determinazioni (positive o negative) assunte dal commissario liquidatore (Trib. Padova, 12 aprile 2002).

Qualora, pertanto, il creditore abbia proposto domanda di ammissione al passivo o formulato le osservazioni di cui all'art. 207 dovrà opporsi, ai sensi dell'art. 98, l.fall., perché il provvedimento di esclusione, assunto anche implicitamente dal commissario, avrebbe valore di rigetto (Cass. n. 25301/2013, Cass. n. 2476/2003).

Se, viceversa un creditore non risulta iscritto nell'elenco depositato (e ciò si verifica nel caso di mancata comunicazione ai sensi dell'art. 207 oppure in caso di mancata presentazione dell'istanza prevista al successivo art. 208) non può proporre opposizione, mancando un provvedimento da impugnare, né potendosi l'omessa inserzione nell'elenco considerare un provvedimento implicito di esclusione, bensì potrà solo insinuarsi tardivamente (Cass. n. 15102/2001; Cass. n. 5770/1996).

In giurisprudenza è stata ritenuta inammissibile la dichiarazione tardiva di credito avanzata all'udienza di trattazione di altra insinuazione tardiva in precedenza proposta, sottraendosi altrimenti al commissario liquidatore lo spatium deliberandi, intercorrente tra la notifica del ricorso e l'udienza stessa, per esaminare la domanda e stabilire se contestarla o meno; ciò in considerazione delle peculiarità della procedura e della formazione dello stato passivo, caratterizzata da una prima fase, avente natura amministrativa, che può culminare, se il commissario non si oppone ed il giudice lo ritiene, nell'ammissione al passivo del credito con semplice decreto di tale giudice, mentre se insorgono contestazioni il giudice designato assume le vesti di giudice istruttore ed il giudizio prosegue con le forme del rito ordinario, per cui lo stesso credito non può più essere ammesso con decreto, dovendo su di esso pronunciarsi con sentenza il collegio (Cass. n. 17295/2009).

Bibliografia

Bonsignori, Legge fallimentare. Liquidazione coatta amministrativa, Bologna, 1974; Del Vecchio, La liquidazione coatta amministrativa (in generale delle assicurazioni e delle banche), Milano, 1998 Pajardi – Palucosky, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 2008. Ragusa Maggiore G. - Costa C. (diretto da), Le procedure concorsuali. Procedure concorsuali minori, Torino, 2001.

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