Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 213 - Chiusura della liquidazione 1 2 .
Prima dell'ultimo riparto ai creditori, il bilancio finale della liquidazione con il conto della gestione e il piano di riparto tra i creditori, accompagnati da una relazione del comitato di sorveglianza, devono essere sottoposti all'autorita', che vigila sulla liquidazione, la quale ne autorizza il deposito presso la cancelleria del tribunale e liquida il compenso al commissario. Dell'avvenuto deposito, a cura del commissario liquidatore, e' data comunicazione ai creditori ammessi al passivo ed ai creditori prededucibili con le modalita' di cui all'articolo 207, quarto comma, ed e' data notizia mediante inserzione nella Gazzetta Ufficiale e nei giornali designati dall'autorita' che vigila sulla liquidazione3. Gli interessati possono proporre le loro contestazioni con ricorso al tribunale nel termine perentorio di venti giorni, decorrente dalla comunicazione fatta dal commissario a norma del primo comma per i creditori e dalla inserzione nella Gazzetta Ufficiale per ogni altro interessato. Le contestazioni sono comunicate, a cura del cancelliere, all'autorita' che vigila sulla liquidazione, al commissario liquidatore e al comitato di sorveglianza, che nel termine di venti giorni possono presentare nella cancelleria del tribunale le loro osservazioni. Il tribunale provvede con decreto in camera di consiglio. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 26. Decorso il termine senza che siano proposte contestazioni, il bilancio, il conto di gestione e il piano di riparto si intendono approvati, e il commissario provvede alle ripartizioni finali tra i creditori. Si applicano le norme dell'articolo 117, e se del caso degli articoli 2495 e 2496 del codice civile. [1] Articolo modificato dall'articolo 149, comma 1, lettere a) e b), del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 e successivamente sostituito dall'articolo 18, comma 4, del D.Lgs. 12 settembre 2007 n.169, con la decorrenza indicata nell'articolo 22 del medesimo D.Lgs. 169/2007. [2] La Corte costituzionale, con sentenza 14 aprile 2006, n. 154, aveva dichiarato l'illegittimita' costituzionale del secondo comma, nella parte in cui faceva decorrere, nei confronti dei "creditori ammessi", il termine perentorio di venti giorni per proporre contestazioni avverso il piano di riparto, totale o parziale, dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della notizia dell'avvenuto deposito del medesimo in cancelleria, anziche' dalla comunicazione dell'avvenuto deposito effettuata a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento ovvero con altra modalita' prevista dalla legge. [3] Comma modificato dall' articolo 17, comma 1, lettera bb), del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179. Per l'applicazione del presente comma vedi quanto disposto dai commi 4 e 5 del medesimo articolo 17. InquadramentoLa procedura di liquidazione coatta amministrativa si chiude con le seguenti modalità alternative: - ripartizione finale dell'attivo; - concordato. L'art. 213 l.fall. non prevede un formale provvedimento di chiusura della procedura di liquidazione coatta amministrativa. Invero la procedura giunge a compimento — in mancanza di contestazioni da parte degli interessati — trascorso il termine di venti giorni decorrente, per i creditori, dalla comunicazione effettuata dal commissario liquidatore e, per gli altri interessati, dall'inserzione nella G.U., della notizia dell'avvenuto deposito presso la cancelleria del tribunale del bilancio finale della liquidazione, con il conto della gestione e il piano di riparto tra i creditori. Ove viceversa sussistano contestazioni, è la sentenza passata in giudicato con la quale si decide sulle stesse che determina la chiusura della procedura. Le disposizioni successive contenute negli artt. 214 e 215, l.fall., prevedono, poi, il concordato quale modalità — alternativa a quella stabilita dall'art. 213, l.fall. — di cessazione della procedura di liquidazione coatta amministrativa. In tale ipotesi, il concordato si configura come l'accordo tra debitore e creditori che, nel rispetto della par condicio creditorum e sotto il controllo di legalità e convenienza dell'Autorità giudiziaria, è volto ad evitare la prosecuzione della complessa procedura di liquidazione coatta amministrativa. Secondo quanto disposto dell'art. 213, comma 1, l.fall. «prima dell'ultimo riparto ai creditori, il bilancio finale della liquidazione con il conto della gestione e il piano di riparto tra i creditori, accompagnati da una relazione del comitato di sorveglianza, devono essere sottoposti all'autorità, che vigila sulla liquidazione, la quale ne autorizza il deposito presso la cancelleria del tribunale e liquida il compenso al commissario ». Prima dell'ultimo riparto ai creditori, il commissario liquidatore redige dunque: - il bilancio finale di liquidazione; - il conto della gestione, allegato al bilancio di liquidazione; - il piano di riparto, allegato al bilancio di liquidazione. Tali documenti, unitamente alla relazione del comitato di sorveglianza, sono sottoposti al vaglio dell'autorità amministrativa di vigilanza. Secondo la giurisprudenza di merito, la disciplina dell'art. 213, l.fall. concerne non solo il piano di riparto finale, ma anche i riparti parziali (Trib. Milano 12 giugno 2006, n. 6939). L'autorità amministrativa di vigilanza, dopo aver verificato la correttezza formale e sostanziale dei documenti prodotti, autorizza il deposito del bilancio finale di liquidazione, con il conto della gestione e il piano di riparto nonché della relazione del comitato di sorveglianza presso la cancelleria del Tribunale e liquida il compenso al commissario, anche prima dell'approvazione del piano di riparto. Disciplina penaleAnche se questi atti si presentano nella forma quali vere e proprie comunicazioni dirette al pubblico ed ai creditori, per esse non è applicabile il regime penale dettato dagli artt. 2621 c.c. e 2622 c.c., trattandosi di bilanci afferenti non già a società, bensì ad attività pubblicistica proveniente da pubblico ufficiale. Per l'eventuale violazione del principio di veridicità si applicano invece le norme del codice penale sul falso ideologico (art. 479 c.p.), mentre per l'attività gestoria è ipotizzabile l'applicabilità della normativa specifica contenuta nella legge fallimentare (art. 228 e ss. l.fall.), nonché la fattispecie criminosa del peculato, nei termini dianzi precisati. Le formalità conseguenti. Secondo quanto disposto dall'art. 213, comma 2, l.fall., «dell'avvenuto deposito, a cura del commissario liquidatore, è data comunicazione ai creditori ammessi al passivo ed ai creditori prededucibili nelle forme previste dall'art. 26, comma 3, ed è data notizia mediante inserzione nella G.U. e nei giornali designati dall'autorità che vigila sulla liquidazione». Con il d.l. n. 179/2012, «Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese» (convertito in legge n. 221/2012, il c.d. «decreto sviluppo-bis»), è stato parzialmente modificato l'art. 213, comma 2, l.fall., prevedendo che detta comunicazione debba essere effettuata con le modalità di cui al novellato art. 207, comma 4 (e non più nelle forme di cui all'art. 26, comma 3, l.fall.) e così: - tutte le comunicazioni sono effettuate all'indirizzo di posta elettronica certificata indicato dai creditori; - ove i creditori non avessero fornito l'indirizzo di posta elettronica certificata ovvero non avessero comunicato la variazione dello stesso, o ancora nei casi di mancata consegna per cause imputabili al destinatario, le comunicazioni andranno eseguite mediante deposito in cancelleria; - troverà, peraltro, applicazione l'art. 31-bis l.fall., introdotto dal medesimo d.l. n. 179/2012, in forza del quale, in pendenza della procedura e per il periodo di due anni dalla chiusura della stessa, il commissario liquidatore è tenuto a conservare i messaggi di posta elettronica certificata inviati e ricevuti; - in ogni caso, la comunicazione effettuata con le modalità indicate dalla legge equivarrà a notificazione. Del deposito è, altresì, data notizia mediante inserzione nella G.U. e nei giornali designati dall'autorità che vigila sulla liquidazione. Le contestazioni e le impugnazioni del bilancioSecondo quanto disposto dall'art. 213, comma 3, l.fall., «gli interessati possono proporre le loro contestazioni con ricorso al tribunale nel termine perentorio di venti giorni, decorrente dalla comunicazione fatta dal commissario a norma del primo comma per i creditori e dalla inserzione nella G.U. per ogni altro interessato. Le contestazioni sono comunicate, a cura del cancelliere, all'autorità che vigila sulla liquidazione, al commissario liquidatore e al comitato di sorveglianza, che nel termine di venti giorni possono presentare nella cancelleria del tribunale le loro osservazioni. Il tribunale provvede con decreto in camera di consiglio. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'art. 26». Nel termine perentorio di venti giorni — decorrente, per i creditori ammessi, dalla comunicazione fatta dal commissario e, per ogni altro interessato, dall'inserzione nella Gazzetta Ufficiale — tutti i soggetti interessati possono, dunque, opporsi al bilancio finale della liquidazione (con il conto della gestione) e al piano di riparto proponendo le proprie contestazioni. A seguito della sentenza n. 154 del 14 aprile 2006 della Corte costituzionale — pronunciatasi sulla legittimità costituzionale dell'art. 213 — il decreto correttivo n. 169/2007 ha previsto che la comunicazione ai creditori dell'avvenuto deposito del bilancio finale di liquidazione, del conto della gestione e del piano di riparto dovesse essere effettuata nelle forme di cui all'art. 26 l.fall. e che il termine per le contestazioni decorresse da tale comunicazione e non più dall'inserzione in G.U. della notizia del deposito (tale pubblicazione, quindi, vale ora solo per gli altri interessati «indeterminati»). La comunicazione ai creditori dell'avvenuto deposito del bilancio finale di liquidazione, del conto della gestione e del piano di riparto dovrà dunque essere effettuata, con le modalità di cui all'art. 207, comma 4 ovvero mediante posta elettronica certificata. Le contestazioni sono effettuate con ricorso dinanzi al tribunale e comunicate dal cancelliere agli organi della procedura (autorità che vigila sulla liquidazione, commissario liquidatore e comitato di sorveglianza) i quali, nel termine di venti giorni, possono presentare le loro osservazioni sulle predette contestazioni. Sono legittimati attivi alla presentazione delle contestazioni, il debitore, i soci della società sottoposta a liquidazione coatta amministrativa ed i creditori, mentre sono privi di legittimazione attiva l'autorità amministrativa ed il comitato di sorveglianza, benché gli stessi possano presentare osservazioni in merito al ricorso. Nel procedimento di contestazione del bilancio finale della liquidazione, del rendiconto di gestione e del piano di riparto legittimato passivo è il solo commissario liquidatore. A seguito della presentazione delle predette contestazioni, si instaura un vero e proprio giudizio di cognizione che si svolge con le formalità e secondo la disciplina contenuta nel codice di procedura civile. Quanto alla legittimazione processuale, con il provvedimento di apertura della procedura e la conseguente nomina dei suoi organi, la legittimazione processuale, attiva e passiva, si radica nel commissario liquidatore in relazione ai rapporti giuridici che ne formano oggetto. Ciò a prescindere dalla validità intrinseca del predetto provvedimento e finché tale provvedimento non venga rimosso dalla stessa amministrazione ovvero annullato, dichiarato nullo o giuridicamente inesistente con pronuncia giurisdizionale passata in giudicato che renda non più proseguibile la procedura e che avrà, dunque, effetti ex nunc. Sussiste, in riferimento ai rapporti patrimoniali, una legittimazione processuale suppletiva dei soggetti sottoposti alla procedura, e ciò in deroga alla legittimazione esclusiva spettante di regola agli organi di quest'ultima, ma soltanto nel caso di inattività e disinteresse di detti organi; là dove, invece, gli organi della procedura si siano attivati, detta legittimazione non sussiste e la relativa carenza può essere rilevata d'ufficio (Cass. S.U., n. 27346/2009). Qualora, viceversa sia decorso, senza contestazioni, il termine di venti giorni dal ricevimento da parte dei creditori della comunicazione di cui all'art. 213 l.fall. ovvero dall'inserzione nella G.U. della notizia dell'avvenuto deposito in cancelleria del bilancio finale della liquidazione (unitamente al conto della gestione e al piano di riparto) e della relazione del commissario liquidatore, il bilancio finale di liquidazione, il conto della gestione e il piano di riparto si considerano approvati. Sulla base degli stessi, il commissario potrà quindi procedere alle ripartizioni finali tra i creditori e provvedere alla chiusura della procedura. Nello stesso senso opera la sentenza passata in giudicato che decide delle contestazioni, rappresentando anch'essa un atto di chiusura della liquidazione. Le contestazioni concernenti l'esistenza, entità e qualità dei crediti ammessi, in una procedura di liquidazione coatta amministrativa, sono proponibili soltanto con l'impugnazione dello stato passivo, ai sensi dell'art. 100 l.fall., che l'art. 209 stessa legge richiama, e non anche con l'opposizione al piano di riparto, ai sensi dell'art. 213 l.fall., con cui le contestazioni ammissibili sono limitate all'ordine di distribuzione delle somme (App. Milano 6 luglio 2011). Il deposito delle somme non riscosse ed il residuo attivoLa disciplina della liquidazione coatta amministrativa rinvia alla normativa in tema di fallimento. Si ritiene, pertanto, applicabile l'art. 117, l.fall., nella parte riguardante l'ipotesi di mancata riscossione di somme da parte dei creditori aventi diritto, secondo quanto contenuto nel piano di riparto. In tal caso, nell'ipotesi in cui i creditori non si presentino per la riscossione ovvero siano irreperibili, le somme agli stessi dovute sono depositate sul conto corrente, intestato alla procedura, aperto presso un ufficio postale o presso una banca scelti dal commissario liquidatore. Decorsi cinque anni dal deposito, le somme non riscosse dagli aventi diritto e i relativi interessi, possono essere richieste dagli altri creditori rimasti insoddisfatti. La disposizione in commento non chiarisce modalità e termini per la presentazione dell'istanza che si ritiene debba essere formulata, entro cinque anni dall'approvazione del progetto finale di liquidazione, all'autorità di vigilanza affinché provveda alla distribuzione delle somme non riscosse a favore esclusivamente dei creditori rimasti insoddisfatti. Le somme non riscosse, se non richieste da altri creditori rimasti insoddisfatti, sono versate, a cura del depositario, all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, con decreti del Ministro dell'Economia e delle Finanze, ad apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero della Giustizia. Diversa è l'ipotesi in cui, a seguito del soddisfacimento di tutti i creditori ammessi al passivo, sussista un residuo attivo. A differenza di quanto accade nell'ambito del fallimento — potendosi, in tal caso, fare ricorso alla restituzione del residuo attivo al fallito, fatti salvi i diritti dei terzi alla rivendicazione di alcuni beni facenti parte del patrimonio attivo fallimentare — il problema è di non pronta soluzione nel caso della procedura di liquidazione coatta amministrativa posto che, ove si applicasse analogicamente la disciplina prevista per il fallimento, il commissario liquidatore finirebbe per restituire il residuo attivo a se stesso. Più correttamente, il commissario liquidatore deve, a seguito del soddisfacimento di tutti i creditori ammessi al passivo concorsuale, assumere il sostanziale ruolo di liquidatore dell'impresa, procedendo a liquidare il patrimonio residuo per la soddisfazione dei creditori non soddisfatti nell'ambito della procedura concorsuale e operando, così unitamente ad una liquidazione fallimentare, anche una liquidazione di tipo civilistico. Tale ricostruzione risponde alla duplice finalità della liquidazione coatta amministrativa: liquidazione del patrimonio secondo le regole fallimentari, prima, e liquidazione dell'ente secondo le norme civilistiche, poi. Ne consegue che, sussistendo un residuo attivo, il commissario liquidatore è chiamato ad un riparto supplementare a favore dei creditori che non abbiano fruito del riparto concorsuale. Tale riparto sembrerebbe, dunque, essere qualificabile come riparto finale, in occasione del quale il commissario deve predisporre il conto della propria gestione, eseguendo tutto ciò che la legge richiede in occasione della chiusura della procedura. Solo a seguito del pagamento dei crediti dei creditori non soddisfatti nella procedura concorsuale, il commissario liquidatore potrà affrontare il problema ulteriore di una ripartizione a soci o di una devoluzione a terzi del residuo attivo rinveniente dalla liquidazione. BibliografiaV. sub art. 212. |