Codice di Procedura Penale art. 72 bis - Definizione del procedimento per incapacità irreversibile dell'imputato 1

Irma Conti

Definizione del procedimento per incapacità irreversibile dell'imputato1

1. Se, a seguito degli accertamenti previsti dall’articolo 70, risulta che lo stato mentale dell’imputato è tale da impedire la cosciente partecipazione al procedimento e che tale stato è irreversibile, il giudice, revocata l’eventuale ordinanza di sospensione del procedimento, pronuncia sentenza di non luogo a procedere o sentenza di non doversi procedere, salvo che ricorrano i presupposti per l’applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca.2

[1] Articolo inserito dall’art. 1, comma 22,  l. 23 giugno 2017, n.103.  Ai sensi dell’art. 1 comma 95, l. n. 103, cit., la  stessa legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (G.U. n. 154 del 4 luglio 2017).  

[2] La Corte cost., con sentenza 7 aprile 2023, n. 65 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 72-bis, comma 1, del codice di procedura penale, nella parte in cui si riferisce allo stato «mentale», anziché a quello «psicofisico» e ha dichiarato , in via consequenziale, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l'illegittimità costituzionale dell'art. 70, comma 1, c.p.p., nella parte in cui si riferisce all'infermità «mentale», anziché a quella «psicofisica»; l'illegittimità costituzionale dell'art. 71, comma 1, c.p.p., nella parte in cui si riferisce allo stato «mentale», anziché a quello «psicofisico»; l'illegittimità costituzionale dell'art. 72, comma 1, c.p.p., nella parte in cui si riferisce allo stato «di mente», anziché a quello «psicofisico», e, nel comma 2, nella parte in cui si riferisce allo stato «mentale», anziché a quello «psicofisico».

Inquadramento

L’articolo in commento, inserito dalla l. n. 103/2017, si coordina con la modifica apportata, dalla stessa legge, all'art. 71. Tale modifica legislativa, avendo limitato per quest’ultimo l’ambito di applicazione ai soli casi di incapacità reversibile, ha imposto l'introduzione contestuale di una specifica norma da applicare allorquando la malattia abbia assunto caratteri di irreversibilità.

Nozione

La necessità, già avvertita in numerosi casi, di trovare una soluzione ai casi in cui la malattia di cui risulti affetto l'imputato/indagato sia tale da non poter più consentire un recupero della capacità processuale, ha indotto il legislatore a distinguere i casi in cui sia possibile in futuro celebrare il processo da quelli in cui tale possibilità non sia rinvenibile e prevedere per questi ultimi una specifica disciplina. A seguito della riforma (l. n. 103/2017), quindi, in caso di patologia irreversibile il giudice dovrà limitarsi a pronunciare sentenza senza sospendere ulteriormente il procedimento.

L'irreversibilità riguarda qui casi di incapacità che, a causa della gravità delle condizioni si  sostanzia nella impossibilità di una sua regressione che potrebbe consentire di far riacquistare la capacità processuale. Il suo accertamento dovrà essere effettuato attraverso la perizia avente ad oggetto un giudizio prognostico che va operato secondo la miglior scienza e formulato con estremo rigore e formulato solo quando appare evidente che non vi siano possibilità di recupero. L'irreversibilità può essere originaria o sopravvenuta e, in tal caso, accertata in una delle verifiche disposte ai sensi dell'art. 72.

Come evidenziato nel commento all'art. 70 c.p.p., l'art. 72-bis, comma 1, c.p.p. è stato dichiarato incostituzionale nella parte in cui si riferisce allo stato «mentale», anziché a quello «psicofisico».

In particolare, la Consulta (Corte cost. n. 69/2023) ha statuito che il processo non dovrà svolgersi non solo quando una malattia sia definibile in senso clinico come psichica, ma anche quando sia presente qualunque altro stato di infermità che renda non sufficienti o non utilizzabili le facoltà mentali (coscienza, pensiero, percezione, espressione) dell'imputato, in modo tale da impedirne una effettiva partecipazione al processo. Pertanto, l'infermità di cui al primo comma dell'art. 70 c.p.p. non deve essere intesa come una malattia strettamente “mentale”, quanto “psicofisica”, ossia una malattia che vada ad intaccare «coscienza, pensiero, percezione, espressione» dell'imputato, non consentendogli un'effettiva partecipazione al processo.

Definizione procedimento

A seguito dell’accertamento dell’irreversibilità della malattia di cui è affetto l’imputato/indagato, si impone al giudice il dovere di pronunciare sentenza che non riguarderà il merito ma dovrà essere o di non luogo a procedere (425) o di non doversi procedere (529). Nella stessa il giudice dovrà limitarsi dare atto della ragione per la quale viene emessa la sentenza ed individuata nella irreversibile mancanza di capacità processuale e, quindi, nell'impossibilità di una futura celebrazione del giudizio a suo carico.

Deroga

In presenza di condizioni di pericolo tali da integrare i presupposti per la applicazione di una misura di sicurezza il giudice non potrà pronunciare sentenza e ciò al fine di evitare una conseguenza giuridicamente pregiudizievole per l’imputato riconosciuto incapace di partecipare al procedimento. L’insopprimibile esigenza della difesa sociale nei confronti di soggetti pericolosi da un lato ed il principio, ampiamente consolidato (Cass. V, n. 43489/2015), per il quale, tutte le volte che dalla pronunzia di una sentenza possa derivare una conseguenza giuridicamente pregiudizievole per l’imputato gli deve essere garantito il pieno esercizio del diritto di difesa dall’altro, ha imposto una deroga alla norma in esame. Nei confronti di un soggetto socialmente pericolo, quindi, non potrà pronunciarsi sentenza anche se manifesti una incapacità processuale irreversibile. Va da sé che in tal caso il giudice sarà tenuto ad applicare la disciplina di cui all’art. 71 nella parte in cui dispone la sospensione dello stesso procedimento a tutela del pieno esercizio del diritto di difesa dello stesso imputato, altrimenti pregiudicato dalla sua impossibilità di intervenire coscientemente sull’adozione di quelle decisioni a lui contrarie ancorchè connesse ad un esito apparentemente a lui favorevole.

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