Decreto legislativo - 2/07/2010 - n. 104 art. 44 - Vizi del ricorso e della notificazioneVizi del ricorso e della notificazione
1. Il ricorso è nullo: a) se manca la sottoscrizione; b) se, per l'inosservanza delle altre norme prescritte nell'articolo 40, vi è incertezza assoluta sulle persone o sull'oggetto della domanda. 2. Se il ricorso contiene irregolarità, il collegio può ordinare che sia rinnovato entro un termine a tal fine fissato. 3. La costituzione degli intimati sana la nullità della notificazione del ricorso, salvi i diritti acquisiti anteriormente alla comparizione, nonché le irregolarità di cui al comma 2 1. 4. Nei casi in cui sia nulla la notificazione e il destinatario non si costituisca in giudizio, il giudice, se ritiene che l'esito negativo della notificazione dipenda da causa non imputabile al notificante, fissa al ricorrente un termine perentorio per rinnovarla. La rinnovazione impedisce ogni decadenza2. 4-bis. Fermo quanto previsto dall'articolo 39, comma 2, la nullità degli atti è rilevabile d'ufficio3. [1] La Corte Costituzionale, con sentenza 26 giugno 2018, n. 132 (in Gazz. uff. 4 luglio 2018, n. 27), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma limitatamente alle parole «salvi i diritti acquisiti anteriormente alla comparizione,». [2] La Corte Costituzionale, con sentenza 9 luglio 2021, n. 148, (in Gazz. Uff. 14 luglio 2021, n. 28), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma, limitatamente alle parole «, se ritiene che l’esito negativo della notificazione dipenda da causa non imputabile al notificante,». [3] Comma aggiunto dall'articolo 1, comma 1, lettera l), del D.Lgs. 15 novembre 2011, n. 195. InquadramentoL'art. 44 disciplina i vizi del ricorso e della notificazione. Per il ricorso i vizi più gravi determinano la nullità dello stesso, non sanabile. In presenza di irregolarità il giudice può ordinare la rinnovazione dell'atto entro un determinato termine. Il Codice del processo amministrativo non disciplina i casi di nullità della notificazione, per i quali valgono le regole processualcivilistiche, ma stabilisce gli effetti di tale nullità, che è sanata dalla costituzione degli intimati. A seguito dell'abrogazione del richiamo all'applicabilità nel processo amministrativo dell' art. 291, primo comma, c.p.c., la nullità della notificazione cui non segue la costituzione degli intimati comporta la possibilità della rinnovazione solo quando il giudice ritiene che l'esito negativo della notificazione dipenda da causa non imputabile al notificante; negli altri casi, il ricorso viene dichiarato inammissibile. I vizi del ricorsoIl Codice conferma, al comma 1 dell'art. 44, i casi di nullità del ricorso già previsti dall'art. 17 reg. proc., che ricorrono: a) se manca la sottoscrizione; b) se, per l'inosservanza delle altre norme prescritte nell'articolo 40, vi è incertezza assoluta sulle persone o sull'oggetto della domanda. Se, invece, il ricorso contiene mere irregolarità, il collegio può ordinare che sia rinnovato entro un termine a tal fine fissato. Con riferimento alle conseguenze della nullità del ricorso, si è evidenziato come la norma non rechi una disciplina specifica, a differenza dell'ipotesi di nullità della notificazione, inducendo quindi l'interprete a colmare la lacuna ricorrendo all'art. 39 (Traina, 592). Segue. Mancanza della sottoscrizioneLa sottoscrizione del ricorso è, ai sensi della lett. g) dell'art. 40 uno degli elementi che il ricorso deve contenere («g) la sottoscrizione del ricorrente, se esso sta in giudizio personalmente, oppure del difensore, con indicazione, in questo caso, della procura speciale»). In giurisprudenza, tuttavia, si è interpretato in senso restrittivo tale sanzione, limitando le ipotesi di nullità a quelle situazioni in cui non sia possibile, neppure indirettamente, individuare la sottoscrizione della parte o del difensore. In tale prospettiva, si è ad esempio ritenuto valido il ricorso che, seppur carente della sottoscrizione del difensore in calce allo stesso, recava una procura ad litem (in calce o a margine) autenticata dal difensore, con sottoscrizione che accedendo direttamente al ricorso è stata ritenuta sufficiente ad integrare il requisito di cui all'art. 40. (Cons. St. V, n. 1508/2009. Nello stesso senso si è ritenuto che la sottoscrizione della procura, essendo la procura alle liti incorporata nell'atto per il quale è conferita, certifica anche la autografia del conferente la procura medesima (Cons. St. V, n. 4147/2015). Analogamente, si è ritenuta sufficiente la sottoscrizione solo sull'originale del ricorso, bastando la sottoscrizione dattiloscritta sula copia del ricorso notificato (Cons. St., n. 9665/2007; T.A.R. Lazio (Latina) I, n. 433/2015; T.A.R. Sicilia (Catania) IV, n. 27/2013; T.A.R. Lazio, II, n. 11486/2019). Viceversa, nei casi più radicali di difetto di sottoscrizione (della parte o di un procuratore), si è ritenuto carente il requisito in oggetto dichiarando la nullità del ricorso, senza possibilità di una sua sanatoria. Di norma, se il collegio rileva un profilo di nullità del ricorso, assegna un termine per presentare memorie su tale questione ai sensi dell'art 73, comma 3, c.p.a. (nel caso, non riscontrando alcuna sottoscrizione del difensore né nella versione analogica, né in quella digitale e neppure nella copia notificata al resistente; T.A.R. Lazio, I, n. 12710/2019). In giurisprudenza la nullità del ricorso è stata quindi dichiarata, in particolare: - in caso di mancanza delle sottoscrizioni dei difensori del ricorrente, come nel caso di ricorso depositato in velina, con conseguente invalidità della costituzione del rapporto processuale, ai sensi dell' art. 17, r.d. n. 642/1907 (oggi sostituito in ordine temporale dall' art. 49 comma 24, l. n. 692009 e dall' art. 44 comma 1 lett. a) c.p.a.) (T.A.R. Lazio (Roma) I, n. 6487/2012); - qualora l'atto è sottoscritto solo dal domiciliatario e non anche dal difensore abilitato, cioè colui che ha ricevuto il mandato. La nullità del ricorso si spiega in ragione del fatto che il semplice domiciliatario non è munito di un titolo idoneo a rappresentare il ricorrente (Cons. St. IV, n. 5054/2014); - qualora il ricorso è stato sottoscritto da un avvocato diverso da colui al quale è stata rilasciata la procura (Cons. St. IV, n. 5054/2014), ovvero da un difensore munito esclusivamente di procura generale alle liti e privo del prescritto mandato speciale, senza possibilità di essere sanata dalla successiva costituzione della parte intimata (T.A.R. Lazio, n. 6787/2014); - in sede di trasposizione del ricorso straordinario in sede giurisdizionale, qualora manchi la firma del ricorso straordinario, non rimediabile attraverso la sottoscrizione dell'atto di costituzione in sede di trasposizione del ricorso (Cons. St. I, n. 2889/2011; T.A.R. Liguria II, n. 182/2011); - se manca l'autografia da parte del difensore della sottoscrizione del ricorrente, in presenza di una contestazione circa l'autenticità della firma (T.A.R. Marche, n. 3369/2011). Anche nel caso in cui manca la sottoscrizione della parte, che sta in giudizio personalmente, se ne deve ricavare la nullità dell'atto. Tali principi valgono anche nel caso di ricorso straordinario, dove è stato ritenuto motivo di nullità del ricorso la mancanza di sottoscrizione da parte del ricorrente (Cons. St., I, parere n. 1933/2019). Con riferimento al processo amministrativo telematico, dopo alcuni iniziali orientamenti secondo i quali il ricorso privo di firma digitale doveva considerarsi nullo (T.A.R. Campania, n. 1694/2017; T.A.R. Calabria I, 9 febbraio 2017, n. 50, pur rilevando che nel caso di specie sussistevano i presupposti per la rimessione in termini in considerazione delle comprensibili e oggettive incertezze riscontrabili), il giudice amministrativo ha successivamente espresso il diverso orientamento secondo cui nel processo amministrativo telematico il mancato deposito digitale o l'assenza della firma digitale non danno luogo a inesistenza, abnormità o nullità degli atti, ma solo a una situazione di irregolarità. Di conseguenza, il giudice amministrativo deve ordinare alla parte che ha redatto, notificato o depositato un atto in formato cartaceo di regolarizzarlo in formato digitale nel termine perentorio all'uopo fissato (Cons. St. IV, n. 1541/2017). In caso di ricorso notificato privo di firma digitale, sussiste una situazione di irregolarità sanabile, con conseguente possibilità, ai sensi dell’art. 44, comma 2, di rinnovare la notifica (Cons. St, Ad. Plen., n. 6/2022). E’ altresì sanabile il ricorso sottoscritto digitalmente con firma in formato CAdES in luogo dell’obbligatorio formato PAdes (Cons. St.V , n. 4193/2018). Segue. Incertezza assolutaAi sensi dell'art. 44 comma 1, lett. b), perché il ricorso giurisdizionale sia nullo deve esservi incertezza assoluta sulle persone o sull'oggetto della domanda. Il riferimento della lett. b) alla incertezza assoluta va letto in stretta correlazione con i contenuti del ricorso di cui all'art. 40, e individua le conseguenze della loro mancanza, restringendo le ipotesi di nullità a quei contenuti funzionali (e indispensabili) a consentire al giudice di individuare le persone ricorrenti e l'oggetto della domanda. Conseguentemente, non ogni violazione dell'art. 40 comporta la nullità del ricorso̧ quest'ultima occorre solo se, per effetto di tali difformità, si produce un'incertezza sulle persone o sull'oggetto.
Con il termine assoluta, si intende un'incertezza non altrimenti superabile. Conseguentemente, ritengono non integrare una ipotesi di nullità i casi in cui manchino alcuni elementi identificativi, quali residenza o domicilio della parte, ovvero gli estremi identificativi (data o numero di protocollo) dell'atto impugnato, qualora l'identità del soggetto o dell'atto sia comunque ricavabile all'interno del ricorso (Villata-Bertonazzi, 441), se non addirittura se sia evincibile da riferimenti diversi dal contenuto del ricorso (Caringella, Manuale, 344). Tale principio trova conferma nella giurisprudenza che ha ritenuto sussistente una incertezza assoluta sulle persone o sull'oggetto della domanda (da identificare nel «petitum» e nella «causa petendi»), qualora difetti ogni elemento che, nel contesto dell'intero ricorso, consenta comunque di individuare il contenuto dell'azione proposta (di annullamento e/o di accertamento e condanna). Non è invece sufficiente, a tal fine, la mera incertezza, che invece deve essere assoluta, ossia invincibile anche con la più diligente disamina, da parte del giudice, del materiale portato alla sua cognizione con il ricorso, e quindi dal suo complessivo esame, comprensivo dell'indicazione dell'atto o provvedimento amministrativo che s'impugna e, comunque, degli atti dalla cui illegittimità si desume la responsabilità dell'Amministrazione (Cons. St. IV, n. 5177/2012). Ne segue che non può dichiararsi la nullità del ricorso per indeterminatezza, qualora dall'analisi complessiva del suo contenuto risultano sufficientemente indicati gli elementi costitutivi dell'azione proposta (Cons. St. VI, n. 4899/2016; T.A.R. Roma III, 3 febbraio 2021, n. 1396). In applicazione di detto principio si è ritenuto che: - anche in assenza di una puntuale indicazione dell'atto impugnato, l'identificazione dell'oggetto della domanda e degli atti impugnati debba essere operata non in maniera formalistica, con riferimento a quanto risulta nell'epigrafe del ricorso bensì in senso sostanziale, tenuto conto cioè dell'effettiva volontà del ricorrente come evincibile dall'esame complessivo dell'atto, ovvero da quanto esposto in fatto, dalle motivazioni di diritto a fondamento della domanda e dalle conclusioni rassegnate nel ricorso. Sulla base di tale principio, si è ritenuto non sussistente l’incertezza sull’atto impugnato se il ricorrente deposita una copia del provvedimento impugnato unitamente al ricorso, ivi richiamandone anche il contenuto (T.A.R. Lazio (Roma) II, n. 1976/2015); analogamente, si è ritenuta ritualmente proposta una domanda di risarcimento consequenziale alla richiesta di annullamento dell’atto, se tale volontà emerge dal contenuto complessivo del ricorso introduttivo, senza che rilevi il fatto che l’epigrafe del ricorso e le conclusioni non vi facessero riferimento (Cons. St., VI, n. 12/2018). - la discordanza tra il nominativo del legale rappresentante della ricorrente indicato nell'epigrafe del ricorso ed il nominativo indicato nella procura alle liti rilasciata a margine del ricorso stesso non influisce sull'ammissibilità di questo, qualora la firma apposta in calce alla procura (nella specie, di sufficiente leggibilità) corrisponde al nominativo del legale rappresentante ivi riportato. In tal caso, invero, può concludersi per la validità della predetta procura, dovendo ritenersi che il nominativo riportato nell'epigrafe del ricorso costituisca mero errore materiale; la corrispondenza tra nominativo del legale rappresentante indicato nella procura e firma apposta in calce alla stessa (e autenticata dal difensore), infatti, consente nel caso di specie di identificare con sufficiente certezza colui che si è fatto attore in nome della società, in modo da rendere possibile al giudice ed alle altre parti l'accertamento della sua legittimazione e dello jus postulandi del difensore (T.A.R. Lazio (Latina) I, 25 luglio 2012 n. 600); - la sola assenza nell'epigrafe del ricorso delle parti necessarie non ne determina l'inammissibilità qualora, non essendo tale sanzione espressamente prevista dal Codice, le parti nei cui confronti l'impugnativa è stata proposta sono agevolmente evincibili dai provvedimenti e dagli atti oggetto della domanda di annullamento, dal concreto dispiegarsi delle censure introdotte nonché, ancora, dalla predisposizione delle relate di notificazione avvenute ad opera del procuratore (T.A.R. Trentino-Alto Adige Trento) I, 5 gennaio 2016 n. 11). In senso contrario, si è ravvisata una ipotesi di nullità del ricorso ai sensi dell'art. 44, lett. b) in caso di mancanza della procura al difensore, ritenuta suscettibile di generare una incertezza assoluta sulle persone, dal momento che impedisce di individuare pienamente il ricorrente dal punto di vista dell'identità e della sua effettiva volontà di agire in via giurisdizionale. È stato ritenuto nullo il ricorso in ottemperanza in assenza di una specifica procura ad litem, dovendosi considerare priva di efficacia nel giudizio di ottemperanza la procura già rilasciata al difensore ai fini del giudizio di cognizione, stante l'autonomia tra i due giudizi (T.A.R. Sicilia (Catania) II, 25 maggio 2016 n. 1386). Con riguardo all'oggetto del ricorso, si è ritenuto affetto da nullità insanabile il ricorso in appello perché privo della completa individuazione delle censure di fatto mosse all'impugnata sentenza, non bastando, infatti, dedurre genericamente un vizio, ma bisogna indicare tutte le circostanze dalle quali possa desumersi che il vizio denunciato effettivamente sussista (Cons. St. IV, 22 novembre 2006, n. 6846, nel caso di specie l'atto risultava privo di una o più pagine centrali contenenti il completamento dell'esposizione delle specifiche circostanze di fatto utilizzate a sostegno del gravame e nel fascicolo d'ufficio non vi erano copie integrali (anche libere) dell'atto stesso). Secondo talune posizioni, sarebbe annoverabile tra le cause di nullità del ricorso anche quella per incertezza assoluta sul tribunale adito, argomentando sulla base dell' art. 163, comma 3, n. 1, c.p.c., applicabile ai sensi della norma di rinvio di cui all'art. 39 (Gallo, 133). Con riferimento all'omessa specifica indicazione del Tar adito nel ricorso di primo grado, si è ritenuto che non costituisce né causa di nullità neppure ragione di irregolarità del ricorso introduttivo, avuto riguardo al caso in cui l'individuazione del Tar Lazio-Roma quale autorità giurisdizionale amministrativa competente a conoscere della controversia era comunque deducibile in modo agevole da una serie di elementi contenuti nel ricorso (quali, ad esempio, le indicazioni nella intestazione dell'atto introduttivo e nelle pagine seguenti delle disposizioni che riguardano l'accesso ai documenti amministrativi, materia che ai sensi dell'art. 133, n. 6), del c.p.a. è devoluta alla giurisdizione esclusiva dei Tar) (Cons. St. VI, n. 2863/2016). Con riguardo alle conseguenze della nullità, ai sensi dell'art. 44, comma 4-bis, è rilevabile d'ufficio e, in base all'art. 35, comma 1, determina l'inammissibilità del ricorso. Nel silenzio della norma si è dibattuto se le conseguenze della nullità fossero da individuare nel codice di procedura civile, giusto il rinvio di cui all'art. 39 (Police, 199; Villata-Bertonazzi, 440), ovvero non attribuire alcun effetto al ricorso nullo, secondo il regime tipico della nullità. Sembra prevalere quest'ultima posizione, che ritiene pertanto superata la disciplina previgente (art. 24 reg. proc.) che ammetteva la sanatoria del ricorso nullo per effetto della comparizione delle parti intimate (Traina, 592; Caringella,Manuale, 344). Si è peraltro ritenuto che possa configurarsi una nullità parziale, siccome relativa alle sole parti mancanti, se quelle esistenti sono sufficienti a sostenere il ricorso in relazione a taluni vizi dell'atto (Caringella,Manuale, 344; De Nictolis,Proc. amm., 645). Segue. IrregolaritàSi tratta di una fattispecie residuale, prevista dall'art. 44, c. 2, che consente di rimediare a taluni vizi formali dell'atto che, diversamente dalle ipotesi di nullità, non incidono sulla validità del medesimo. In dottrina si è ricondotto il concetto di irregolarità a quello di difformità dalla fattispecie astratta che non incide sulla funzionalità dell'atto (Gallo, 444), criticando la previsione – e anche auspicandone un'abrogazione – sul rilievo che se l'atto ha comunque raggiunto il suo scopo, non ci sarebbe la necessità di rinnovarlo (Villata, Bertonazzi, 444). La norma in questione attribuisce al Collegio la possibilità di regolarizzare l'atto, ordinandone la rinnovazione entro un termine a tal fine indicato. Si è ritenuta integrare un'ipotesi di irregolarità e non di nullità il mancato deposito digitale o l'assenza della firma digitale, con la conseguenza che il giudice amministrativo deve ordinare alla parte che ha redatto, notificato o depositato un atto in formato cartaceo di regolarizzarlo in formato digitale nel termine perentorio all'uopo fissato. Infatti, un ricorso redatto non come documento informatico con sottoscrizione digitale, ma in forma cartacea non diverge in modo così radicale dallo schema normativo di riferimento da dover essere considerato del tutto inesistente e, altresì, non può essere ritenuto nullo per la mancanza di una espressa previsione di nullità per difetto della forma e della sottoscrizione digitale. (Cons. St. IV, n. 1541/2017). Vizi della notificazione del ricorso e rinnovazioneIn caso di nullità della notificazione del ricorso (o anche irregolarità del ricorso), la costituzione degli intimati sana il vizio, salvi i diritti acquisiti anteriormente alla comparizione (art. 44, comma 3). In termini generali, la nullità della notificazione si verifica in seguito alla violazione delle formalità o delle disposizioni di legge relative alla persona del destinatario o la persona alla quale può essere consegnata la copia dell'atto nei casi tassativamente indicati. In giurisprudenza si è affermato il principio per cui, ai sensi dell' art. 160 c.p.c., norma di principio pacificamente applicabile anche nel processo amministrativo, ai sensi del rinvio cd. esterno di cui all' art. 39 c.p.a., la notificazione può essere ritenuta nulla soltanto se non sono osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia, o se vi è incertezza assoluta sulla persona a cui è fatta o sulla data, salva l'applicazione degli articoli 156 e 157 (Cons. St., V, n. 505/2017). La disposizione si fonda, in termini generali, sull'orientamento consolidato per cui, in presenza di un collegamento tra la persona al quale l'atto è stato consegnato e quella che avrebbe dovuto riceverlo in base alla legge, la nullità è suscettibile di essere sanata, qualora quest'ultima si costituisca in giudizio. Si tratta, in altre parole, del principio del raggiungimento dello scopo, di cui all' art. 156, comma 3, c.p.c. (per cui la nullità «non può mai essere pronunciata, se l'atto ha raggiunto il suo scopo»). La costituzione sanante riguarda la sola ipotesi di nullità della notificazione e non già quella della inesistenza (posto che già opera la decadenza). La norma, nel riferirsi alla costituzione «degli intimati», richiede implicitamente che una intimazione, seppure irregolare, debba essere avvenuta. (T.A.R. Sicilia (Catania) IV, 6 dicembre 2013, n. 2925). In giurisprudenza, si è ravvisata una ipotesi di inesistenza della notifica — non suscettibile di sanatoria – quando la notificazione sia del tutto mancata, ovvero qualora manchi il collegamento fra il destinatario dell'atto e il luogo o la persona, irregolarmente indicati sul plico dell'atto come destinatari della notifica stessa (cfr. Cons. St. VI, n. 2211/2012; Cons. St. IV, n. 5046/2014). Si è ritenuta inesistente la notifica dell'atto di appello fatta direttamente alla parte presso la segreteria del Tar, in quanto, in tal caso, non sussiste nessuna astratta possibilità perché la parte stessa possa venire ordinariamente in possesso del plico (Cons. St., n. 5046/2014). Per ciò che concerne l'individuazione del luogo di notificazione, assume rilievo il luogo di dimora abituale del destinatario, riguardo al quale le risultanze anagrafiche hanno un valore meramente presuntivo. E' stato precisato in giurisprudenza che la notificazione eseguita, ai sensi dell'art. 140 c.p.c. nel luogo di residenza del destinatario risultante dai registri anagrafici, è nulla soltanto nell'ipotesi in cui questi si sia trasferito altrove e il notificante ne abbia conosciuto, ovvero con l'ordinaria diligenza avrebbe potuto conoscerne, l'effettiva residenza, dimora o domicilio, dove è tenuto ad effettuare la notifica. Deve pertanto ritenersi valida la notificazione eseguita presso la residenza anagrafica del destinatario dell'atto, ancorché quest'ultimo dimori stabilmente altrove, qualora al notificante non possa addebitarsi la inosservanza dell'obbligo di ordinaria diligenza nell'accertamento della effettiva residenza del destinatario della notifica, (Cass. II, n. 30952/2017). Con riguardo ai vizi della notifica che possono essere sanati ai sensi del comma 3, la giurisprudenza non effettua distinzioni, ammettendo che qualsiasi vizio della notifica del ricorso giurisdizionale, quand'anche rientri nelle ipotesi di nullità previste dall' art. 11, l. 21 gennaio 1994, n. 53, è sanato dalla rituale costituzione del resistente ovvero del contro interessato (T.A.R. Molise I, 12 giugno 2015, n. 258). Il principio sancito dall' art. 156, terzo comma, c.p.c., in forza del quale il conseguimento dello scopo cui l'atto è preordinato ne sana la nullità, trova dunque piena applicazione nel processo amministrativo. Conseguentemente, non può essere idoneamente eccepita l'inammissibilità del ricorso per difetto di notificazione allorquando la parte si sia costituita in giudizio anche soltanto all'asserito fine di eccepire la nullità della notificazione medesima, essendo la costituzione la dimostrazione da parte dell'intimato di essere in grado, per fatto volontario, di esercitare il diritto di difesa (Cons. St. IV, n. 2591/2013; Cons. St. V, n. 5897/2012). Analogamente si è così ritenuto che sana l'erroneità della notifica del ricorso incidentale, ai sensi dell'art. 44, comma 3, la produzione da parte del ricorrente di una memoria che esplicitamente si riferisce alle contestazioni contenute nel ricorso incidentale stesso (T.A.R. Lombardia (Brescia) II, 16 dicembre 2010, n. 4849). Viceversa, in assenza di costituzione, la mancata notifica del ricorso a mani proprie del pubblico dipendente presso l'ufficio dove svolge la propria attività lavorativa, determina la nullità della notificazione e la mancata regolare instaurazione del contraddittorio (nel caso, l'atto era stato notificato ad un addetto alla ricezione atti dell'ufficio presso cui lavorava), con conseguente esigenza di rinnovazione della notifica (Cons. St., V, n. 7165/2019). In caso di sanatoria, per costituzione della parte intimata, il comma 3, fa «salvi i diritti acquisiti anteriormente alla comparizione». Tale inciso – che come si dirà infra, è stato oggetto di una pronuncia di illegittimità costituzionale da Corte cost. n. 132/2018– introduceva una clausola di salvezza che consentiva alla parte resistente di eccepire fatti estintivi o impeditivi o modificativi medio tempore verificatisi, tra cui l'intervenuta decadenza dall'impugnazione. Di fatto, per avere una efficacia sanante, la costituzione dell'intimato deve intervenire prima del decorso del termine di decadenza per l'esercizio dell'azione. La locuzione contenuta nell'art. 44 comma 3, in base alla quale si fanno espressamente salvi, «i diritti acquisiti anteriormente alla comparizione» è stata interpretata nel senso che l'effetto di sanatoria derivante dalla costituzione in giudizio dell'amministrazione intimata non operasse più ex tunc, come in passato, ma ex nunc, cosicché restavano ferme le eventuali decadenze già maturate, in danno del notificante, prima della costituzione in giudizio del destinatario della notifica (T.A.R. Liguria II, n. 1164/2013). In giurisprudenza si è interpretata tale espressione come riferita sia ai diritti «sostanziali», sia a quelli «processuali», come ad esempio l'intervenuta decadenza dall'impugnazione. In forza di tale diritto, posto che il rapporto processuale si perfeziona con la notificazione all'Amministrazione ed al controinteressato e che la sanatoria del vizio opera ex nunc, la parte intimata irritualmente potrà (espressamente, o comunque difendendosi nel merito) rinunciare al proprio diritto di eccepire, ma non anche disporre del diritto all'eccezione spettante all'altra parte (nel caso in esame, il controinteressato), che resta salvo se la costituzione è tardiva. Pertanto, l'operatività ex nunc (e non ex tunc) dell'effetto di sanatoria, determinava dunque che in caso di costituzione dell'amministrazione intimata, avvenuta dopo la scadenza del termine di legge per la proposizione dell'azione di annullamento, questa non operasse retroattivamente, né faceva venir meno la possibilità di eccepire l'inammissibilità del ricorso (in questo senso, la costituzione in giudizio una volta spirato il termine decadenziale entro il quale la notificai avrebbe dovuto essere eseguita, non sana la nullità del ricorso) (Cons. St. VI, n. 219/2015). Isolata è rimasta, invece, la tesi per cui, la disposizione di cui al comma 3, si riferisce solo ai diritti sostanziali, con esclusione di quelli processuali e, quindi, della decadenza dall'impugnazione del provvedimento amministrativo (Cons. St., VI, n. 3260/2014). La legittimità della scelta di riconoscere operatività ex nunc – e non ex tunc – della sanatoria, che caratterizza il processo amministrativo, è stata posta in discussione con ordinanza del 18 novembre 2016, da Tar Veneto, che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale per violazione degli artt. 3,24,76,111,113 e 117 comma 1 della Costituzione, dell'art. 44, comma 3, c.p.a. nella parte in cui, alla stregua del diritto vivente e del tenore testuale della medesima, impedisce la sanatoria retroattiva della nullità della notificazione in presenza della costituzione in giudizio della parte intimata avvenuta successivamente allo scadere del termine perentorio di impugnazione del provvedimento amministrativo. In particolare, l'ordinanza prospetta due differenti questioni di costituzionalità: a) la prima, con riferimento all' art. 76 Cost., incentrata sull'eccesso di delega della norma rispetto al criterio delegante della “effettività della tutela” richiamato dall' art. 44, comma 1, della l. n. 69/2009. Sul punto il giudice evidenzia che la disposizione con cui il legislatore delegato ha innovativamente limitato l'operatività dell'efficacia sanante della costituzione dell'Amministrazione intimata in caso di nullità della notificazione facendo “salvi i diritti acquisiti anteriormente alla comparizione,” e quindi con efficacia ex nunc, diversamente da quanto avveniva prima del codice del processo amministrativo ed avviene tutt'ora nel processo civile, non possa essere qualificato da nessun punto di vista come un coerente sviluppo o un completamento delle scelte espresse dal legislatore delegante, dato che si pone in espresso contrasto con la finalità di adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza delle giurisdizioni superiori, di coordinarle con le norme del codice di procedura civile in quanto espressione di princìpi generali e di assicurare il principio di effettività della tutela giurisdizionale. Il giudice remittente ritiene che il principio di conservazione di cui è espressione il principio processuale del raggiungimento dello scopo costituisce un principio generale, il contrasto con i principi ed i criteri direttivi della delega non sembra neppure poter essere giustificato, come è avvenuto con la recente sentenza della Corte Costituzionale 31 gennaio 2014, n. 18, relativa alla disposizione di cui all'art. 44, comma 4 (v. infra il par. “La rinnovazione della notifica per errore scusabile”), con riferimento agli elementi di specialità propri del processo amministrativo, caratterizzato da brevi termini perentori per la sua introduzione, e dall'assenza dell'istituto della contumacia. Infatti, nel caso del comma 3, la sanatoria della notificazione nulla si produce solo per effetto della spontanea e volontaria costituzione in giudizio dell'Amministrazione intimata, per la quale, al fine di far rilevare la nullità della notificazione, è sufficiente non comparire rendendo operante la disposizione di cui al comma 4, e provocando la declaratoria di inammissibilità del ricorso la cui notificazione sia nulla per errore imputabile al ricorrente. b) la seconda questione è posta con riferimento agli artt. 3,24,111,113 e 117, primo comma, Cost. e riguarda la manifesta irragionevolezza della soluzione processuale prescelta dal codice. Al riguardo il giudice non condivide l'affermazione secondo cui la salvezza dei diritti acquisiti anteriormente sarebbe funzionale a tutelare l'interesse pubblico al consolidamento degli effetti dei provvedimenti amministrativi (come ritenuto da Cons. St., VI, n. 219/2015), dato che a ciò è preordinata la previsione di un termine di decadenza per l'impugnazione che però in questi casi è rispettato, trattandosi di fattispecie nelle quali la notificazione del ricorso è tempestiva, viene eseguita in un modo non corretto, ma raggiunge lo scopo al quale è destinata a seguito della volontaria costituzione in giudizio dell'Amministrazione intimata. Il collegio osserva che, nel caso della sanatoria ex tunc, non sono compromesse le garanzie difensive di nessuna delle parti. La sanatoria infatti non si produce se la parte intimata non si costituisce in giudizio facendo valere in tal modo, in rito e con effetti preclusivi rispetto all'esame nel merito del ricorso, il vizio della notificazione (viceversa, la notifica, il cui scopo è quello di rendere la controparte edotta della controversia, benché nulla, è sanata solo con la spontanea e volontaria costituzione in giudizio dell'Amministrazione che in tal modo accetta il contraddittorio). Di fatto, rileva il giudice, la sanatoria ex nunc, in un processo come quello amministrativo caratterizzato da brevi termini di decadenza, non è idonea a sanare il vizio nella maggior parte dei casi, con grave nocumento dei diritti di difesa della parte ricorrente, privata del diritto d'azione per un errore che ha un rilievo solo formale una volta che si sia volontariamente e spontaneamente costituita in giudizio (TAR Veneto, II, 18 novembre 2016, n. 1281). Con sentenza n. 132, pubblicata il 28 giugno 2018, la Corte costituzionale accoglie il primo profilo di censura sopra riferito, ritenendo la questione fondata con riferimento al parametro di cui all'art. 76 Cost (e assorbendo il secondo profilo di censura; Corte cost., n. 132/2018). In particolare, dopo aver ricordato il limitato margine di discrezionalità che l'art. 44 della legge delega n. 69/2009 concedeva per il riordino normativo del processo amministrativo (“ al fine di adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori”, e “di coordinarle con le norme del codice di procedura civile in quanto espressione di princìpi generali”), rileva come la disposizione censurata sia in violazione dei criteri direttivi ivi contenuti: i) i giudici rilevano in primo luogo il contrasto con l'art. 156, terzo comma, c.p.c., che prevede la sanatoria ex tunc della nullità degli atti processuali per raggiungimento dello scopo, dovendosi considerare tale principio “indubbiamente di carattere generale”, anche considerando la giurisprudenza della Corte di cassazione formatasi con riferimento alla notificazione degli atti processuali civili, la stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato, antecedente all'entrata in vigore del codice, relativa proprio alla nullità della notificazione del ricorso (ritenuta “granitica” nel attribuire effetti ex tunc alla sanatoria, nonché con la propria giurisprudenza (cita al riguardo la sentenza n. 97/1967 con cui ha dichiarato l'illegittimità costituzionale, per violazione dell'art. 3 Cost., dell'art. 11, terzo comma, del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611 (Approvazione del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato), nei limiti in cui escludeva la sanatoria, con effetti ex tunc, della nullità della notificazione degli atti introduttivi (di tutti i giudizi), nonostante la costituzione in giudizio dell'amministrazione statale a mezzo dell'Avvocatura dello Stato), secondo cui la sanatoria per raggiungimento dello scopo e la sua applicabilità alla notificazione degli atti introduttivi sono “princìpi introdotti nel sistema degli atti processuali attraverso ampia elaborazione che ha posto in evidenza la funzione dell 'atto ai fini dello svolgimento e giusta definizione del processo”, e cioè “princìpi generali immanenti alla ratio degli atti processuali”. La Corte, pertanto ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 44, comma 3, limitatamente alle parole “salvi i diritti acquisiti anteriormente alla comparizione”. Si tratta di un principio che assume rilievo anche con riferimento alla notifica dell'atto di appello (Corte cost., n. 132/2018), nonché dei motivi aggiunti (cfr. Cons. St., IV, n. 6919/2019, per un caso di nullità della notifica dei motivi aggiunti, in quanto non notificati a mezzo P.E.C., ma presso la segreteria del T.A.R., ritenuto tuttavia sanato per effetto dell'avvenuta conoscenza da parte delle parti resistenti) . Con riguardo alla notificazione dell'appello si è ritenuto che, quand'anche l'atto processuale in discussione non è stato recapitato dalla resistente Amministrazione al difensore dell'attuale appellante, nel senso che non è stato indicato il nominativo del medesimo, ma il gravame risulta comunque notificato al domicilio eletto come assunto dall'appellante principale unitamente al procuratore costituito per la difesa nel giudizio definito con la sentenza impugnata e tale circostanza è idonea a far ritenere che lo scopo della notificazione perseguito dalle disposizioni di cui ai citati art. 22 della legge n. 1034/71 e 37 del R.d. n.1054/1924 sia stato raggiunto (Cons. St. IV, n. 5773/2013). Quindi, sebbene la modalità ordinaria di instaurazione del contraddittorio con la controparte costituita segue il principio della notificazione presso il procuratore della parte, ciònon osta –in difetto di espressa previsione di legge comminatoria della sanzione della nullità- all'applicazione dei principi generali della sanatoria degli atti processuali e del raggiungimento dello scopo (Cons. St., IV, n. 1185/2019, secondo cui, nel caso di specie, l'atto aveva raggiunto pienamente il suo scopo - ossia di instaurare il contraddittorio con le altre parti del giudizio sui nuovi motivi di impugnazione - in ragione del fatto che le altre parti erano già costituite in giudizio, nonché, soprattutto, in ragione del fatto che il contraddittorio si è esplicato in assoluta pienezza, avendo tutte le parti ampiamente contraddetto, nel merito, su tutti gli aspetti della controversia). La rinnovazione della notifica per errore scusabile Nel regime previgente, se il vizio della nullità della notificazione non viene sanato, si riteneva in passato che l'ordine di rinnovazione della notificazione fosse possibile solo in caso di errore, ritenuto dal giudice scusabile. Tuttavia, l' art. 46, comma 24, della l. n. 69 del 2009 ha stabilito che «Il primo comma dell' articolo 291 del codice di procedura civile si applica anche nei giudizi davanti ai giudici amministrativi e contabili» (si ricorda che l' art. 291, comma 1, c.p.c. (Contumacia del convenuto) prevede che «Se il convenuto non si costituisce e il giudice istruttore rileva un vizio che importi nullità nella notificazione della citazione fissa all'attore un termine perentorio per rinnovarla. La rinnovazione impedisce ogni decadenza.»). Quindi, l'applicazione dell' art. 291 c.p.c. al processo amministrativo comportava che ogni vizio di nullità della notificazione non dava mai luogo ad una pronuncia di inammissibilità del ricorso, ma imponeva un ordine del giudice di rinnovazione della notificazione, con esclusione di decadenze immediate. Ad esempio, un tipico vizio di nullità, costituito dalla erronea notificazione del ricorso in appello ad un Ministero presso l'Avvocatura distrettuale dello Stato, anziché presso l'Avvocatura generale, in passato determinava l'inammissibilità del ricorso, mentre, dopo la novella del 2009, ai sensi dell' art. 291, comma 1, c.p.c., in caso di notificazione nulla, ma non inesistente, avvenuta entro il termine di decadenza, va disposto l'ordine di rinnovazione della notificazione entro un termine perentorio, come del resto stabilito dalla Cassazione in casi analoghi. (Cass. I, n. 5212/08; Cass. n. 15062/06). Tale soluzione non valeva, tuttavia, nei casi di inesistenza della notificazione (notificazione avvenuta presso un luogo non avente alcun tipo di relazione o collegamento con l'intimato), in quanto la mancanza del suddetto rapporto impedisce di riconoscere nell'atto la rispondenza al modello legale della sua categoria e, conseguentemente, rende inapplicabile la sanatoria e la rinnovazione della notificazione ai sensi dell' art. 291 c.p.c. (Cass., sez. lav., n. 6237/2005; Cass. n. 15807/2008). Il Codice, con l'art. 44, c. 4, ha ulteriormente innovato il sistema, re-introducendo una differenziazione rispetto al codice di procedura civile. Si è infatti abrogato il richiamato art. 46, comma 24 della legge n. 69/2009, limitatamente alle parole «amministrativi e» ed è stato previsto che nei casi in cui sia nulla la notificazione e il destinatario non si costituisca in giudizio, il giudice, se ritiene che l'esito negativo della notificazione dipenda da causa non imputabile al notificante, fissa al ricorrente un termine perentorio per rinnovarla (come si dirà più avanti, tale limitazione relativa alla non imputabilità dell'esito negativo al notificante, è oggi venuta meno per effetto della sentenza della Corte cost., 9 luglio 2021, n. 148 che ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità costituzionale del comma 4, limitatamente alle parole «se ritiene che l'esito negativo della notificazione dipenda da causa non imputabile al notificante»). Nel sistema del Codice, quindi, è esplicitamente previsto che «la rinnovazione impedisce ogni decadenza» (con riguardo al periodo transitorio, che va dall'entrata in vigore della legge n. 69/2009, che ha reso applicabile al processo amministrativo l' art. 291, primo comma, c.p.c. all'entrata in vigore del Codice, deve ritenersi che restano validi gli ordini di rinnovazione della notificazione, nel frattempo disposti dai giudici, mentre dovrebbe essere possibile disporre comunque la rinnovazione delle notificazioni nulle effettuate in tale periodo). La rinnovazione della notificazione quindi, nell'originaria previsione codicistica, non era, tuttavia, possibile in ogni ipotesi di nullità, ma solo quando l'esito negativo della notificazione dipendeva da causa non imputabile al notificante; la norma fa riferimento alla sola nullità con la conseguenza che non dovrebbe mai essere possibile la rinnovazione della notificazione inesistente, ad eccezione dei casi di errore scusabile (art. 37). Nel caso di notifica ai controinteressati che hanno la qualifica di militari in servizio, si è dichiarata la nullità della notifica se non eseguita secondo la speciale disposizione di cui all'art. 146 c.p.c., (che richiede che le notifiche svolte a mezzo posta debbano essere effettuate a mani proprie). La mancata declaratoria in rito di tale nullità costituisce un vizio che qualunque controinteressato può sollevare con l'azione di revocazione, di cui all'art. 395 c.p.c., della decisione assunta proprio per difetto del contraddittorio (T.A.R. Roma, (Lazio), I, 13 ottobre 2017, n. 10341). Con riferimento alla erronea notifica del ricorso all'amministrazione statale intimata, siccome eseguita alla stessa presso la sede reale, anziché presso l'Avvocatura che la rappresenta ex lege (ovvero in caso di notifica presso l'Avvocatura Generale anziché presso quella distrettuale dove ha sede il giudice adito o viceversa), si è ritenuto imputabile alla parte l'errore di diritto, rappresentato dalla violazione dell'obbligo di eseguire la notificazione del ricorso ad una Amministrazione difesa dall'Avvocatura dello Stato La sanabilità della notifica doveva dunque essere esclusa se derivava da causa imputabile al notificante (Cons. St. IV, n. 5046/2014). Ciò si verifica quando il notificante, ad esempio, abbia notificato il ricorso in appello al Consiglio di Stato presso l'Avvocatura distrettuale dello Stato e non presso l'Avvocatura Generale (come richiede la norma di cui all' art. 10, comma 2, l. n. 103/1979). La nullità deriva, in tale ipotesi, da un errore imputabile alla parte, anche in considerazione del fatto che la nullità della notifica dell'appello effettuata presso l'Avvocatura distrettuale è affermata da un indirizzo giurisprudenziale risalente e consolidato (Cons. St., VI, n. 107/2011; v. anche Cons. St. IV, n. 4090/2015). Anche nel caso inverso (ossia qualora il ricorso fosse stato notificato presso l'Avvocatura Generale dello Stato in luogo dell'Avvocatura distrettuale nella cui circoscrizione siede il Tribunale Amministrativo adito) il ricorso era inammissibile, trattandosi di un errore procedurale concernente non già l'identificazione dell'organo amministrativo legittimato a stare in giudizio, ma l'individuazione dell'Avvocatura dello Stato competente a ricevere la notifica (T.A.R. Umbria, I, 3 giugno 2016, n. 476). Tale invalidità può essere sanata solo se si costituisce in giudizio l'Amministrazione intimata con il supporto dell'Avvocatura (Cons. St. IV, n. 4062/2015; Cons. St. III, n. 3917/2015). La compatibilità con la Costituzione di tale impostazione, che si basava sulla necessaria mancanza di imputabilità alla parte notificante della nullità della notifica, ai fini della sua rinnovazione,, è stata oggetto di due pronunce della Corte cotituzionale, l'ultima delle quali in ordine di tempo, ne ha sancito l'illegittimità. In un primo momento, la Corte costituzionale, ha dichiarato non fondata, con riferimento all'art. 76 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 44, comma 4, c.p.a. ai sensi del quale, nei casi in cui sia nulla la notificazione del ricorso e il destinatario non si costituisca in giudizio, il giudice, solo se ritiene che l'esito negativo della notificazione dipenda da causa non imputabile al notificante, fissa al ricorrente un termine perentorio per rinnovarla. La Corte ha ritenuto che la norma di cui all'art. 291, comma 1 (che come detto in caso di contumacia consente la rinnovazione della notifica nulla della citazione senza subordinarla alla condizione di non imputabilità al notificante dell'esito negativo della stessa) non sia espressiva di un principio generale del processo, come tale compatibile anche con il giudizio amministrativo e a questo, quindi, naturaliter riferibile. Invero, osserva il giudice, la peculiare struttura di tale giudizio è di per sé ostativa all'applicabilità della richiamata regola processualcivilistica, atteso che nel giudizio amministrativo, caratterizzato da brevi termini perentori per la sua introduzione e dall'assenza dell'istituto della contumacia, vige l'opposto principio per cui, ai fini della regolare instaurazione del rapporto processuale, il ricorso deve essere ritualmente notificato entro il prescritto termine di decadenza all'amministrazione resistente (ed almeno a un controinteressato) (Corte cost., n. 18/2014). Il pacifico orientamento del Consiglio di Sato che dichiarava l'inammissibilità del ricorso nei casi di notifica dell'appello, proposto nei confronti di Amministrazioni statali e di enti pubblici patrocinati dall'Avvocatura dello Stato, eseguita presso l'Avvocatura dello Stato del distretto in cui ha sede il Tribunale che emesso la sentenza appellata e non presso l'Avvocatura generale dello Stato, con sede in Roma, è stato oggetto di remissione alla Corte costituzionale da Cons. St, V, ord. 20 aprile 2020, n. 2489. Il collegio ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 44, comma 4, c.p.a., limitatamente alle parole «se ritiene che l'esito negativo della notificazione dipenda da causa non imputabile al notificante », in relazione agli artt. 3,24,76,111,113 e 117, comma 1, Cost., e ai principi generali in materia di equo processo, anche ai sensi dell'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, in base alla circostanza per cui un errore nella notifica, avente natura meramente formale a seguito di una sua rinnovazione, si traduce in un ostacolo procedurale che preclude definitivamente alla parte l'accesso alla giustizia, impedendole di portare la propria posizione davanti ad un giudice. Tale effetto, priva la parte del bene della vita al quale aspirava con la domanda giudiziale, in assenza di un giusto equilibrio tra gli interessi pubblici e privati in gioco. La Corte costituzionale, con sentenza n. 148/2021, ha dichiarato fondate le questioni sollevate dal Consiglio di Stato in riferimento ai parametri di cui agli artt. 3, 24 e 113 Cost., e ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 44, comma 4, c.p.a., limitatamente alla locuzione “se ritiene che l'esito negativo della notificazione dipenda da causa non imputabile al notificante” (Corte cost., n. 148/2021). In particolare, la Corte rileva come la norma censurata sacrifichi in modo irragionevole l'esigenza di preservare gli effetti sostanziali e processuali della domanda e conduce ad esiti sproporzionati rispetto all'obiettivo che persegue. L'impossibilità di procedere alla rinnovazione della notifica disposta dalla norma censurata, unitamente al termine di decadenza che impedisce l'impugnativa dell'atto asseritamente lesivo, produce la perdita definitiva del diritto di azione, così facendo derivare da un vizio esterno all'atto, la definitiva impossibilità di far valere nel giudizio la situazione sostanziale. Inoltre, la Corte di legittimità non ravvisa alcuno specifico interesse, diverso da quello cui il termine di decadenza già persegue, correlato alla previsione censurata e idoneo a giustificare la conseguenza riferita. Con riferimento all'articolo 76 Cost., invece, la Corte non ritiene fondate le questioni promosse, posto che – ribadendo quanto già affermato con le citate sentenze n. 18 del 2014 e n. 132 del 2018 -, l'art. 291, primo comma, c.p.c. (il quale prevede l'istituto della rinnovazione della notificazione del ricorso, che impedisce ogni decadenza) non è espressione di un principio generale del processo, come tale riferibile anche al giudizio amministrativo (in base al criterio di cui al comma 1 dell'art. 44 della citata legge delega n. 69 del 2009, che prevede il coordinamento con le norme del codice di rito in quanto “espressione di principi generali”). Va annullata con rinvio al primo giudice, la sentenza del TAR con cui si è dichiarato inammissibile il ricorso per nullità della notificazione del ricorso introduttivo, in considerazione della sentenza della Corte costituzionale n. 148 del 9 luglio 2021, con cui è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 44, comma 4, c.p.a. nella parte in cui subordinava la possibilità di rinnovazione della notifica nulla, in caso di mancata costituzione del soggetto intimato, all'assenza di una causa imputabile al notificante (Cons. St., IV, n. 8303/2021). È quindi oggi possibile essere ammessi a rinnovare la notifica anche nei casi di nullità della notifica ritenuti imputabili alla parte notificante. Tra questi, come visto, ricadono le ipotesi in cui la notifica è eseguita presso il domicilio reale anziché presso l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato, nel cui distretto ha sede l'organo giurisdizionale competente (Cons. St. VI, n. 1654/2022; Cons. St. III, n. 692/2022; T.A.R. Lombardia III, n. 910/2022; T.A.R. Campania V, n. 1941/2022). In tali casi, inoltre,l'eventuale costituzione dell'Amministrazione intimata ha un'efficacia sanante sul difetto di notifica (T.A.R. Lazio, 20 ottobre 2016, n. 10466; T.A.R. Latina (Lazio) I, 16 luglio 2014 n. 595); T.A.R. Roma (Lazio) III 12 marzo 2014 n. 2795). La rinnovazione può essere ordinata anche con decreto presidenziale, in attuazione del principio di ragionevole durata del processo, fissando il termine perentorio per la rinnovazione da parte dell'appellante della notificazione del ricorso, ritenuta nulla in quanto eseguita per l'amministrazione intimata, e non costituita, presso l'Avvocatura distrettuale dello Stato, anziché presso l'Avvocatura Generale dello Stato. Ciò in analogia con la disciplina dell'art. 93, c. 2, c.p.a., relativa alla notificazione in appello con esito negativo, a causa del trasferimento del domiciliatario che non sia stato formalmente notificato alle altre parti non costituite (Cons. St. VII, decreto 15 febbraio 2023, n. 161). Un'altra ipotesi di rinnovazione della notifica può determinarsi nei casi di errore del vettore postale o dell'agente incaricato della notifica, o in ragione di circostanze comunque non imputabili al ricorrente. Si è ritenuto necessario disporre la rinnovazione della notifica qualora dall'esame delle cartoline di ritorno risulti non inviata la comunicazione di avvenuta notifica con raccomandata al destinatario (come previsto dall' art. 7, comma 6, l. n. 890/1982), non essendo sufficiente a completare l'iter della notifica la consegna al portiere dello stabile in assenza del destinatario (T.A.R. Lazio, 14 giugno 2017, n. 7005). La recente riforma del processo civile (approvata con il con il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 ed entrata in vigore il 28 febbraio 2023) modifica anche l'art. 139, comma 4, c.p.c. (applicabile al processo amministrativo in base all'art. 39, comma 2), prevedendo che se la copia dell'atto da notificare è consegnata al portiere o al vicino, l'ufficiale giudiziario ne dà atto, specificando le modalità con le quali ne ha accertato l'identità, nella relazione di notificazione e dà notizia al destinatario dell'avvenuta notificazione dell'atto, a mezzo di lettera raccomandata, vendo pertanto meno l'esigenza si far sottoscrivere la ricevuta da parte del portiere o del vicino. Nell'ipotesi di organizzazione complessa, il giudice ha ritenuto sussistenti i presupposti per disporre la rinnovazione della notifica, ai sensi dell'art. 44, qualora il ricorso in luogo di essere notificato presso il sindaco del Comune di Roma sia stato notificato al Capo dell'Avvocatura Comunale, ciò anche in considerazione del fatto che quest'ultimo, in ragione delle competenze specifiche, era il più idoneo a coglierne la natura e la valenza giuridica (Cons. St. VI, n. 2630/2017). In tema di notificazione telematica, si è ritenuto che la PEC da utilizzare per la rituale partecipazione del ricorso alle Amministrazioni pubbliche sia quella tratta dall'elenco tenuto dal Ministero della Giustizia, di cui all'art. 16, comma 12, del D.L. n. 179/2012 (exart. 14, comma 2, del D.P.C.S. 28 luglio 2021). Nel caso in cui il ricorrente ha invece proceduto a eseguire la notifica presso un indirizzo PEC diverso (nel caso, quello risultante dal registro I.P.A.), i giudici hanno nondimeno riconosciuto l'errore scusabile, anche in considerazione della oscillante giurisprudenza, concedendo al ricorrente di poter rinnovare la notifica del ricorso all'Amministrazione intimata, evocandola in giudizio questa volta mediante una rituale partecipazione del ricorso all'indirizzo corretto (Cons. St., III, n. 7170/2019). Deve disporsi la rinnovazione della notifica del ricorso ai fini della compiuta integrazione del contraddittorio, in considerazione del fatto che la notifica nei confronti del controinteressato, presso la sede legale risultante dalla visura camerale, non è andata a buon fine, in quanto, nelle more del giudizio, essa ha trasferito la propria sede legale, sostituendo anche il proprio rappresentante legale (nei confronti del quale il ricorrente aveva parimenti provveduto alla notifica) (T.A.R. Lazio, 10 marzo 2017, n. 3405). Con il primo correttivo al Codice (d.lgs. 15 novembre 2011, n. 195) è stato aggiunto all'art. 44 il comma 4- bis per chiarire che la nullità degli atti processuali può essere rilevata anche d'ufficio dal giudice adito e non solo su eccezione di parte. Secondo la relazione governativa, la ragione di tale introduzione si fonda sulla circostanza per cui “nel processo amministrativo, diversamente dal processo civile, è immanente il riflesso dell'interesse pubblico che connota il potere delle amministrazioni e che — in armonia con l'intrinseca indisponibilità negoziale dell'interesse legittimo, in ciò radicalmente diverso dal diritto soggettivo — fonda, tra le altre, la previsione della inderogabilità della competenza per territorio”. 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