Decreto legislativo - 2/07/2010 - n. 104 art. 55 - Misure cautelari collegiali

Roberto Chieppa

Misure cautelari collegiali

 

1. Se il ricorrente, allegando di subire un pregiudizio grave e irreparabile durante il tempo necessario a giungere alla decisione sul ricorso, chiede l'emanazione di misure cautelari, compresa l'ingiunzione a pagare una somma in via provvisoria, che appaiono, secondo le circostanze, più idonee ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso, il collegio si pronuncia con ordinanza emessa in camera di consiglio.

2. Qualora dalla decisione sulla domanda cautelare derivino effetti irreversibili, il collegio può disporre la prestazione di una cauzione, anche mediante fideiussione, cui subordinare la concessione o il diniego della misura cautelare. La concessione o il diniego della misura cautelare non può essere subordinata a cauzione quando la domanda cautelare attenga a diritti fondamentali della persona o ad altri beni di primario rilievo costituzionale. Il provvedimento che impone la cauzione ne indica l'oggetto, il modo di prestarla e il termine entro cui la prestazione va eseguita.

3. La domanda cautelare può essere proposta con il ricorso di merito o con distinto ricorso notificato alle altre parti.

4. La domanda cautelare è improcedibile finché non è presentata l'istanza di fissazione dell'udienza di merito, salvo che essa debba essere fissata d'ufficio.

5. Sulla domanda cautelare il collegio pronuncia nella prima camera di consiglio successiva al ventesimo giorno dal perfezionamento, anche per il destinatario, dell'ultima notificazione e, altresì, al decimo giorno dal deposito del ricorso. Le parti possono depositare memorie e documenti fino a due giorni liberi prima della camera di consiglio.

6. Ai fini del giudizio cautelare, se la notificazione è effettuata a mezzo del servizio postale, il ricorrente, se non è ancora in possesso dell'avviso di ricevimento, può provare la data di perfezionamento della notificazione producendo copia dell'attestazione di consegna del servizio di monitoraggio della corrispondenza nel sito internet delle poste. E' fatta salva la prova contraria.

7. Nella camera di consiglio le parti possono costituirsi e i difensori sono sentiti ove ne facciano richiesta. La trattazione si svolge oralmente e in modo sintetico.

8. Il collegio, per gravi ed eccezionali ragioni, può autorizzare la produzione in camera di consiglio di documenti, con consegna di copia alle altre parti fino all'inizio della discussione  1.

9. L'ordinanza cautelare motiva in ordine alla valutazione del pregiudizio allegato e indica i profili che, ad un sommario esame, inducono ad una ragionevole previsione sull'esito del ricorso.

10. Il tribunale amministrativo regionale, in sede cautelare, se ritiene che le esigenze del ricorrente siano apprezzabili favorevolmente e tutelabili adeguatamente con la sollecita definizione del giudizio nel merito, fissa con ordinanza collegiale la data della discussione del ricorso nel merito. Nello stesso senso può provvedere il Consiglio di Stato, motivando sulle ragioni per cui ritiene di riformare l'ordinanza cautelare di primo grado; in tal caso, la pronuncia di appello è trasmessa al tribunale amministrativo regionale per la sollecita fissazione dell'udienza di merito  2.

11. L'ordinanza con cui è disposta una misura cautelare fissa la data di discussione del ricorso nel merito. In caso di mancata fissazione dell'udienza, il Consiglio di Stato, se conferma in appello la misura cautelare, dispone che il tribunale amministrativo regionale provveda alla fissazione della stessa con priorità. A tal fine l'ordinanza è trasmessa a cura della segreteria al primo giudice.

12. In sede di esame della domanda cautelare il collegio adotta, su istanza di parte, i provvedimenti necessari per assicurare la completezza dell'istruttoria e l'integrità del contraddittorio.

13. Il giudice adito può disporre misure cautelari solo se ritiene sussistente la propria competenza ai sensi degli articoli 13 e 14; altrimenti provvede ai sensi dell'articolo 15, comma 4 3.

Note operative

Tipologia di atto Termine Decorrenza
Camera di consiglio Prima camera di consiglio successiva al ventesimo giorno dal perfezionamento, anche per il destinatario, dell'ultima notificazione e, altresì, al decimo giorno dal deposito del ricorso.
Memorie e documenti 2 giorni liberi prima della camera di consiglio
Perdita di efficacia delle misure cautelari in caso di difetto di giurisdizione o vizio di incompetenza 30 giorni dopo la pubblicazione del provvedimento che dichiara il difetto di giurisdizione o dell'ordinanza che regola la competenza

Inquadramento

La proposizione di un ricorso è priva di effetto sospensivo sull'atto che si contesta e la sospensione può essere disposta dal giudice amministrativo nell'ambito della fase cautelare del giudizio, a domanda di parte e sulla base di determinati presupposti (fumus boni iuris e periculum in mora). Gli elementi essenziali della tutela cautelare sono due: la strumentalità e la provvisorietà.

La tutela cautelare è connaturata alla natura stessa del processo, perché, "la necessità di servirsi del processo per ottener ragione non deve tornare a danno di chi ha ragione" (Calamandrei e  Chiovenda, richiamati da Celotto, che ricorda come la giustizia amministrativa conosce la tutela cautelare fin dalla sua nascita, fin dall’art. 12 della l. 5992 del 1889: “I ricorsi in via contenziosa non hanno effetto sospensivo. Tuttavia, la esecuzione dell'atto o del provvedimento può essere sospesa per gravi ragioni, con decreto motivato dalla quarta sezione sopra istanza del ricorrente”).

La tutela cautelare è connaturata alla natura stessa del processo, perché, "la necessità di servirsi del processo per ottener ragione non deve tornare a danno di chi ha ragione" (Calamandrei e  Chiovenda, richiamati da Celotto, che ricorda come la giustizia amministrativa conosce la tutela cautelare fin dalla sua nascita, fin dall’art. 12 della l. 5992 del 1889: “I ricorsi in via contenziosa non hanno effetto sospensivo. Tuttavia, la esecuzione dell'atto o del provvedimento può essere sospesa per gravi ragioni, con decreto motivato dalla quarta sezione sopra istanza del ricorrente”).

Gli elementi essenziali della tutela cautelare sono due: la strumentalità e la provvisorietà.

La fase cautelare del processo amministrativo ha rappresentato la più rilevante espressione dello ius praetorium nell'ordinamento vigente.

Basti pensare che, pur in assenza di mutamenti normativi (intervenuti solo con la legge n. 205/2000 e poi con il Codice), l'istituto delle misure cautelari è stato oggetto di un profondo processo evolutivo sempre più teso a garantire l'effettività della tutela giurisdizionale, di cui la fase cautelare costituisce un momento essenziale, come affermato dalla Corte Costituzionale e dalla Corte di Giustizia.

Tale processo evolutivo ha registrato un netto consolidamento con l'entrata in vigore del Codice, che contiene una compiuta disciplina della tutela cautelare nel Titolo II del Libro II.

In particolare con l'art. 55 sono state introdotte le seguenti novità:

- la previa presentazione di istanza di fissazione dell'udienza per la discussione del merito è stata elevata a condizione di procedibilità dell'azione cautelare, salvo che per i casi di fissazione d'ufficio dell'udienza di merito;

- l'ordinanza con cui è disposta una misura cautelare fissa la data di discussione del ricorso nel merito in primo grado;

- sono stabiliti nuovi termini del procedimento cautelare: la camera di consiglio è la prima successiva al ventesimo giorno dal perfezionamento, anche per il destinatario, dell'ultima notificazione e, altresì, al decimo giorno dal deposito del ricorso;

- le parti possono depositare memorie e documenti fino a due giorni liberi prima della camera di consiglio; le parti possono costituirsi anche alla camera di consiglio, ma senza presentare memorie. In via eccezionale, può essere autorizzata la tardiva presentazione di documenti, ma non di memorie:

- ai fini del giudizio cautelare, se la notificazione è effettuata a mezzo del servizio postale, il ricorrente, se non è ancora in possesso dell'avviso di ricevimento, può provare la data di perfezionamento della notificazione producendo copia dell'attestazione di consegna del servizio di monitoraggio della corrispondenza nel sito internet delle poste. È fatta salva la prova contraria;

- è generalizzato il meccanismo, in passato presente nel solo rito ex art. 23-bis ( l. n. 1034/1971) l. T.A.R., in base al quale il giudice, in sede di esame della domanda cautelare, può limitarsi a fissare la trattazione di merito del ricorso quale meccanismo idoneo a risolvere in tutto o in parte le esigenze poste a base della richiesta cautelare.; non vi è termine per la fissazione dell'udienza di merito, che deve essere sollecita;

- nel nuovo sistema di inderogabilità della competenza è necessaria la verifica della sussistenza della competenza quale presupposto per la concessione della misura cautelare.

I caratteri della tutela cautelare: strumentalità e provvisorietà

Prima di illustrare il processo evolutivo della tutela cautelare nella giurisdizione amministrativa e le successive novità normative, è opportuno sottolineare come due siano gli elementi essenziali della tutela cautelare: la strumentalità e la provvisorietà.

L'azione cautelare è strettamente collegata con la domanda principale ed è diretta ad evitare che nel tempo necessario ad ottenere una sentenza di merito il ricorrente possa subire pregiudizi gravi e irreparabili.

In questo senso va intesa la strumentalità delle misure cautelari, che possono essere dirette a conseguire una anticipazione della tutela ottenibile con la sentenza definitiva.

Una misura cautelare idonea a far conseguire qualcosa di più del massimo ottenibile con la sentenza perderebbe il carattere della strumentalità.

Ad esempio, una misura cautelare con cui si consentisse di edificare, a fronte di un vizio del difetto di motivazione dell'impugnato diniego di rilascio del permesso di costruire, non sarebbe corretta, in quanto tale vizio può condurre al riesercizio del potere con adeguata motivazione, ma non comporta di per sé l'accertamento della fondatezza della pretesa di edificare.

La tutela cautelare non può assicurare utilità superiori diverse rispetto a quelle conseguibili con la pronuncia di meritoCons. St. Ad. plen. , 5 settembre 1984, n. 17.

Le misure cautelari, inoltre, devono assicurare incidentalmente gli effetti della decisione del ricorso, nel senso che devono stabilire un assetto provvisorio, e non definitivo di tali interessi.

Tenuto conto che l'effetto di tali misure viene meno al momento della pronuncia della sentenza, il carattere della provvisorietà impone al giudice di non determinare in sede cautelare effetti irreversibili.

Ad esempio, la giurisprudenza ha evidenziato che il potere di statuire in merito all'efficacia del contratto è esercitabile dal giudice amministrativo anche in sede cautelare, deponendo in tal senso sia l'atipicità del contenuto delle misure cautelari di cui all'art. 55, comma 1, sia la naturale finalizzazione della misura cautelare ad anticipare in via interinale l'adozione delle misure adottabili con la decisione definitiva. A conferma di ciò, depone il disposto dell'art. 125, comma 4, che, nell'assunto della generale idoneità della misura della sospensione dell'aggiudicazione a riverberarsi sul dispiegarsi degli effetti del contratto nelle more stipulato, stabilisce, in via di eccezione, che, solo con riguardo alle controversie relative alle infrastrutture strategiche, la sospensione dell'aggiudicazione non comporta la caducazione del contratto già stipulato. L'apprezzamento giudiziale relativo all'incidenza della sospensione dell'aggiudicazione sull'efficacia della statuizione contrattuale deve essere effettuato, anche in sede cautelare, sulla base dei parametri di cui agli artt. 121 e 122 del codice del processo amministrativo (Cons. St. V, ord. n. 4677/2011).

I presupposti della tutela cautelare

I presupposti della tutela cautelare sono il fumus boni iuris e il periculum in mora.

Al riguardo, va premesso che in precedenza il riferimento normativo era limitato al solo periculum (danno grave e irreparabile), ma non era stato inteso in termini letterali dalla giurisprudenza, che aveva sempre ritenuto necessaria anche la sussistenza del fumus (prognosi sull'esito favorevole del ricorso, benché nei limiti del giudizio sommario cautelare).

Quando già la giurisprudenza aveva condotto la tutela cautelare nel processo amministrativo ben al di là della mera sospensione dell'atto impugnato, è intervenuta la l. n. 205/2000, con cui è stato riscritto l'art. 21 della l. T.A.R. ed è stata ridisciplinata la fase cautelare, in parte codificando quel diritto pretorio formatosi in anni di giurisprudenza amministrativa.

L'art. 21 della l. T.A.R. ha poi fatto riferimento ora ad entrambi i presupposti: il periculum («pregiudizio grave e irreparabile derivante dall'esecuzione dell'atto impugnato») e il fumus («profili che, ad un sommario esame, inducono a una ragionevole previsione sull'esito del ricorso»). Entrambi i presupposti (confermati dall'art. 55, comma 9) devono essere oggetto di specifica motivazione ed è ormai in via di superamento la prassi, che consentiva al G.A. di emettere ordinanze cautelari non motivate.

Con riferimento al periculum l'art. 55 fa riferimento al pregiudizio grave e irreparabile durante il tempo necessario a giungere alla decisione sul ricorso con una lieve differenza rispetto all' art. 700 c.p.c. che usa i termini «pregiudizio imminente e irreparabile».

Il pregiudizio può essere anche di natura non patrimoniale e non basta che sia grave ma deve essere anche irreparabile.

La gravità va valutata sia in termini assoluti che relativi, mentre l'irreparabilità consiste nell'impossibilità, o comunque con nella notevole difficoltà, di rimediare alle conseguenze derivanti dall'esecuzione del provvedimento o dall'omissione della p.a.

Deve escludersi la mera possibilità di chiedere ed ottenere il risarcimento del danno escluda il requisito della irreparabilità del pregiudizio, perché altrimenti si finirebbe per negare quasi sempre la tutela cautelare essendo in astratto sempre risarcibile il danno.

Il requisito del fumus boni juris concerne un giudizio sulla probabilità di accoglimento del ricorso nei limiti della delibazione dello stesso che può avvenire in sede cautelare («i profili che, ad un sommario esame, inducono ad una ragionevole previsione sull'esito del ricorso»).

Gli originari limiti della tutela cautelare

La previsione di poteri cautelari del giudice amministrativo è stata a lungo racchiusa in poche righe dirette a prevedere la possibilità da parte del giudice di sospendere l'esecuzione dell'atto o del provvedimento «per gravi ragioni» ( art. 39 r.d. n. 1054/1924 — T.U. Cons. Stato e, in precedenza, art. 12 della l. n. 5992/1889 e art. 36 del r.d. n. 642/1907); anche con la legge Tar, i presupposti per la sospensione dell'atto impugnato erano limitati alla sussistenza di «danni gravi e irreparabili» derivanti dall'esecuzione dello stesso (originaria versione dell' art. 21 della l. n. 1034/1971).

L'unica tipica misura cautelare era, quindi, la c.d. «sospensiva», con cui l'atto impugnato veniva appunto sospeso, in deroga al principio generale secondo cui la proposizione del ricorso non ha effetto sospensivo sull'atto oggetto impugnato.

L'utilità della sospensione dell'atto impugnato si aveva solo quando quell'atto era idoneo a pregiudicare una posizione di vantaggio già acquisita dal ricorrente, in quanto la sospensiva consentiva, benché in via temporanea, la riespansione di tale posizione.

Di conseguenza, la tutela cautelare nel processo amministrativo è stata inizialmente utilizzata solo in relazione ad interessi oppositivi ed al fine di conservare lo status quo in attesa della pronuncia di merito. La sospensione degli effetti del provvedimento impugnato, incidente su un'originaria posizione di diritto soggettivo, costituiva l'unica misura cautelare che il giudice amministrativo concedeva e tale impostazione risultava coerente con un giudizio, il cui oggetto era individuato unicamente nell'atto impugnato, senza alcuna attenzione alla pretesa dedotta in giudizio.

L'inadeguatezza di tale tutela si è resa evidente in relazione agli interessi pretensivi, che in sostanza risultavano privi della tutela cautelare, che, come già detto, costituisce un elemento essenziale della tutela giurisdizionale.

Le prime aperture della giurisprudenza

Per evitare l'inconveniente di una tutela cautelare limitata alle posizioni di interesse legittimo oppositivo, la giurisprudenza riconobbe l'ammissibilità della tutela cautelare in presenza dei c.d. provvedimenti negativi con effetti positivi, quali il diniego di rinnovo di concessione, il diniego dalla dispensa dal servizio militare e i provvedimenti di esclusione da prove concorsuali, in considerazione della compatibilità della natura «conservativa» della tutela cautelare con provvedimenti, seppur negativi, aventi effetti innovativi.

La sospensione dell'esclusione da una gara o da un concorso determinava così l'automatica ammissione con riserva.

Fu poi la Corte costituzionale ad estendere, per le controversie patrimoniali nel pubblico impiego allora attribuite alla giurisdizione esclusiva del G.A., la tutela cautelare all'adozione di tutti i provvedimenti d'urgenza necessari ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione di merito ( Corte cost., n. 190/1985).

La tutela cautelare è stata poi pacificamente ammessa anche in caso di ricorsi avverso l'inerzia (il silenzio) della p.a.

Le ordinanze propulsive

Successivamente le spinte verso una maggiore attenzione verso la pretesa sostanziale dedotta in giudizio hanno dato un ulteriore impulso all'evoluzione della tutela cautelare con l'introduzione delle c.d. «ordinanze propulsive», con cui il giudice amministrativo ordina all'amministrazione di riesercitare il proprio potere, anche solo riesaminando la questione controversa (c.d. remand).

Viene in tal modo superata una concezione della tutela cautelare incentrata sulla sola sospensione degli atti impugnati e viene riconosciuta l'ammissibilità di misure cautelari di contenuto positivo.

Tuttavia, non vi era unanimità sull'ammissibilità delle c.d. ordinanze propulsive, in quanto il riesercizio del potere, stimolato dall'ordinanza cautelare, nel determinare l'eliminazione del provvedimento impugnato e la sua sostituzione con un diverso atto, inciderebbe in via definitiva ed irreversibile ricorso pendente (che diventerebbe improcedibile), esorbitando dai limiti connaturati al processo cautelare, preordinato esclusivamente ad assicurare la conservazione delle ragioni del ricorrente nelle more del giudizio di merito.

Tali preoccupazioni sono poi scomparse: l'eventuale nuovo provvedimento, se favorevole al ricorrente ed emesso in mera esecuzione dell'ordinanza, necessiterebbe comunque di una conferma in sede di merito e, se negativo, può ora essere impugnato con lo strumento dei motivi aggiunti, senza alcuna improcedibilità del ricorso.

Devono ritenersi ammesse, stante il vigente principio dell'atipicità della tutela cautelare, scolpito dall' art. 3 della l. n. 205/2000, le misure cautelari propulsive consistenti nell'ordine, rivolto all'amministrazione, di esercitare nuovamente una determinata potestà, onde pervenire all'adozione di un atto, emendato dai vizi riscontrati in sede di cognizione giurisdizionale ( Cons. St. V, n. 833/2007). Soluzione poi confermata anche alla luce del Codice dalla giurisprudenza, che ha ritenuto che anche se il Codice del processo amministrativo non fa alcuna espressa menzione, né all'art. 55 e né aliunde, all'istituto del c.d. «accoglimento della domanda cautelare ai fini del riesame», vale a dire della prassi processuale con cui il giudice amministrativo accompagna la sospensione, nelle more, dell'atto impugnato con l'ordine all'Amministrazione di riesaminare la situazione alla luce dei motivi di ricorso, nello stesso Codice non si ravvisano neppure espliciti divieti in tal senso, e talvolta possono anche sussistere ragioni di opportunità a tale riguardo; in ogni caso, l'ordinanza per «il riesame» determina solo l'effetto di obbligare la Pubblica amministrazione a rideterminarsi formalmente, ma lascia intatta la sfera di autonomia sostanziale e la responsabilità della stessa, per cui non dà luogo ad un'inibitoria assoluta consentendo l'adozione di una nuova decisione confermativa ovvero di una determinazione comunque non satisfattiva del privato; di conseguenza, se è vero che la pronuncia cautelare lascia comunque impregiudicato il contenuto finale del provvedimento amministrativo successivo, un'ordinanza di sospensione «ai fini del riesame» non può neppure costituire, di per sé, un formalistico elemento di illegittimità dei successivi provvedimenti di contenuto confermativi ( Cons. St. IV, n. 2475/2014).

Le misure cautelari atipiche

Il definitivo abbandono di una concezione meramente conservativa della tutela cautelare è stato sancito con la previsione, introdotta dalla legge n. 205/2000, di misure atipiche «più idonee ad assicurare gli effetti della decisione».

In tal modo la tutela cautelare è stata svincolata dall'esclusivo riferimento alla sospensione dell'atto impugnato e le misure cautelari sono lasciate alla determinazione del giudice, che può anche ingiungere il pagamento di una somma.

L'art. 55 fa riferimento alla «emanazione di misure cautelari, compresa l'ingiunzione a pagare una somma in via provvisoria, che appaiono, secondo le circostanze, più idonee ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso».

Con riferimento ai provvedimenti negativi è oggi quindi ammissibile la concessione da parte del giudice amministrativo di misure cautelari che impongono all'amministrazione l'obbligo di adottare un provvedimento provvisorio dal contenuto predeterminato dal giudice e tali misure assumono il carattere della strumentalità rispetto a quello che si può ottenere con la sentenza finale, in quanto è oggi ammessa la condanna dell'amministrazione al rilascio di un determinato provvedimento (v. art. 30).

A conclusione di tale processo evolutivo la tutela cautelare nel processo amministrativo è stata resa autonoma dalle disposizioni processualcivilistiche.

Anche la giurisprudenza ha affermato ciò, evidenziando che, alla luce dei principi di uguaglianza e della effettività della tutela giurisdizionale il giudice amministrativo può dare la piena tutela giurisdizionale, anche cautelare a norma dell' art. 21 l. n. 1034/1971, che va interpretato quale fonte normativa del generale potere cautelare esercitabile dal giudice amministrativo in relazione a qualsiasi controversia devoluta alla sua giurisdizione esclusiva, cosicché non si applicano nel processo amministrativo gliartt. 186-tere633 c.p.c. in quanto le disposizioni di tale codice sono applicabili solo se si presenti la necessità di colmare eventuali lacune (nel caso inesistenti) mediante l'analogia (Cons. St. Ad. plen., n. 1/2000).

Giudizio cautelare e incidente di legittimità costituzionale

Durante la fase cautelare può capitare che il ricorrente chieda la tutela, anche cautelare, contro un provvedimento che si assuma emanato in base a norme incostituzionali.

Si tratta di definire in questi casi i rapporti tra incidente di legittimità costituzionale e giudizio cautelare.

In apparenza, si determina un conflitto insanabile in cui, quale che sia la decisione che si accoglie, si consuma comunque uno strappo alle regole: se il giudice rigetta la domanda cautelare applica la legge sospettata di incostituzionalità; se accoglie la domanda cautelare disapplica la legge, in contrasto con la struttura accentrata del controllo di legittimità costituzionale; se sospende semplicemente il giudizio senza somministrare la tutela finisce per vanificare le esigenze sottese all'esistenza stessa del giudizio cautelare, volto ad evitare che la durata del processo vada a danno del ricorrente che ha ragione (Chieppa – Giovagnoli, Manuale, 50).

Si profila allora per il giudice amministrativo “una tensione drammatica tra contrapposti doveri [...] perché pregiudizialità costituzionale vuol dire sindacato accentrato, dunque sospensione del giudizio a quo in attesa della pronuncia della Corte, mentre giudizio cautelare vuol dire periculum in mora, dunque lotta del ricorrente che ha ragione contro il tempo” (Baccarini).

La Corte costituzionale è costante nel ritenere inammissibile la questione di legittimità costituzionale per difetto di rilevanza qualora essa venga sollevata dopo l'adozione del provvedimento cautelare. Si afferma che, in tal caso, la rimessione alla Corte è tardiva in relazione al giudizio cautelare ormai concluso e prematura in relazione al giudizio di merito, in ordine al quale il collegio, in mancanza della fissazione della relativa udienza di trattazione, è privo di potestas decidendi ( Corte cost. 22 luglio 1976, n. 186, Corte cost. 20 dicembre 1993, n. 451; Corte cost. 23 dicembre 1993, n. 457, secondo la quale però, se il giudizio di merito è già pendente, il problema della rilevanza deve ritenersi risolto).

Per evitare, tuttavia, che la legge sospettata di incostituzionalità possa precludere definitivamente la tutela cautelare mortificando le esigenze di tutela immediata ad esse sottese — il che si tradurrebbe in una palese violazione di fondamentali principi costituzionali (artt. 24 e 113 Cost.), o sovranazionali ( art. 6 e 13 CEDU) — la giurisprudenza, nel tentativo di conciliare il carattere accentrato del controllo di costituzionalità delle leggi con il principio di effettività della tutela giurisdizionale, ha sperimentato due soluzioni.

La prima consiste nel concedere la sospensiva, disapplicando la legge sospettata di incostituzionalità, rinviando al giudizio di merito la rimessione della questione di legittimità costituzionale (Cons. St., Ad. plen., ord. 20 dicembre 1999, n. 2; Cons. Giust. amm., ord. 20 giugno 2001, n. 458).

La seconda consiste, invece, nella scomposizione del giudizio cautelare in due fasi: nella prima fase si accoglie la domanda cautelare “a termine”, fino alla decisione della questione di costituzionalità contestualmente sollevata; nella seconda fase, all'esito del giudizio di costituzionalità, si decide “definitivamente”, tenendo conto, per valutare se sussiste il fumus boni iuris, della decisione della Corte costituzionale, sulla domanda cautelare (Cons. St. VI, n. 7879/2011 ).

Tra le due soluzioni possibili, appare preferibile la seconda, perché è quella che meno si allontana dai principi su cui si fonda il nostro sistema di giustizia costituzionale: essa evita, infatti, che il giudice a quo possa disapplicare “definitivamente” la legge, sottraendosi contestualmente anche all'obbligo, di cui all' art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, di sollevare la questione di costituzionalità (Chieppa – Giovagnoli, Manuale, 50).

Tale soluzione, del resto, risulta anche in linea con quella accolta dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione Europea in ordine alla questione, per alcuni versi analoga, dei rapporti tra giudizio cautelare e questione pregiudiziale ai sensi dell' art. 267 TFUE sulla validità di un atto comunitario.

La Corte di giustizia ha riconosciuto al giudice nazionale, nei casi di urgenza, il potere, di sospendere “interinalmente” l'esecuzione di un provvedimento amministrativo nazionale emanato in attuazione di un regolamento comunitario della cui legittimità dubiti, a condizione che: a) sollevi contestualmente la questione pregiudiziale per l'accertamento della validità del regolamento; b) rinvii la definizione del giudizio cautelare all'esito della decisione della Corte di giustizia sulla questione pregiudiziale ( Corte giustizia U.E. 19 giugno 1990, C-213/89, Factotame; Id. 21 febbraio 1991, Zuckerfabrik, C-143/88 e C-92/89; Id., 9 novembre 1995, C-465/93, Atlanta).

Anche l'iter procedimentale delineato dalla Corte di giustizia è, quindi, nel senso dell'articolazione bifasica del giudizio cautelare: il giudice nazionale non può sospendere e rinviare al merito la pregiudiziale di validità, ma deve rimettere subito la questione alla Corte e concedere la misura cautelare in via meramente provvisoria, fino alla decisione della questione pregiudiziale.

Nonostante le innegabili diversità, questa fattispecie presenta anche alcune significative affinità con le situazioni nella quali viene in rilievo il rapporto tra processo cautelare e incidente di costituzionalità. In entrambi i casi, infatti, il giudice a quo, per concedere la tutela cautelare e apprestare una tutela giurisdizionale effettiva per i diritti dei singoli, esercita un potere di disapplicazione “provvisoria” (ora della norma comunitaria, ora della legge incostituzionale), rimettendo contestualmente la questione di validità al giudice cui il controllo di quelle norme sospettate di illegittimità spetta in via esclusiva (la Corte di giustizia in un caso, la Corte costituzionale nell'altro) (Chieppa – Giovagnoli, Manuale, 50).

Anche la Corte costituzionale, infine, con riferimento a questioni di legittimità sollevate in sede cautelare, ha, in più occasioni, osservato che la potestas iudicandi non può ritenersi esaurita quando la concessione della misura cautelare, come nella specie, è fondata, quanto al fumus boni iuris, sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dovendosi in tal caso la sospensione dell'efficacia del provvedimento impugnato ritenere di carattere provvisorio e temporaneo fino alla ripresa del giudizio cautelare dopo l'incidente di legittimità costituzionale ( Corte cost. n. 444/1990, n. 367/1991; n. 30/1995; n. 359/1995; n. 183/1997, n. 4/2000).

La tesi secondo cui il giudice può concedere il provvedimento d'urgenza fondandosi sulla Costituzione, senza sospendere il processo ma disapplicando direttamente la legge, è sostenuta anche dalla dottrina. Gli argomenti addotti a sostegno di questa posizione possono essere così sintetizzati:

a) il procedimento cautelare ha ad oggetto non l'esistenza, ma l'apparenza del diritto e si limita ad un giudizio di probabilità e di verosimiglianza (Calamandrei): esso quindi può avere ad oggetto anche una situazione soggettiva il cui accertamento è soggetto a pregiudizialità costituzionale;

b) i giudici sono soggetti soltanto alla legge, ai sensi dell' art. 101 Cost., ed anzitutto alla legge costituzionale; dunque, ogni volta che l'indipendenza dei giudice è messa in pericolo dalla soggezione ad una legge incostituzionale, il giudice ha il potere-dovere di evitarlo, in via generale — nei giudizi di merito — mediante l'incidente di legittimità costituzionale, in via eccezionale — nei procedimenti cautelari — mediante la preventiva disapplicazione della legge incostituzionale;

c) la legge incostituzionale è nulla e, quindi, vi è l'obbligo di disapplicarla per tutti tranne che per il giudice. Ora, dato che nel nostro ordinamento non vi è una unica nozione di giudice — perché si può essere giudici a certi fini e non ad altri — deve ritenersi che nel procedimento cautelare non vi sia giurisdizione in senso stretto, perché manca il giudicato che è una delle caratteristiche essenziali della giurisdizione in senso oggettivo. In questo procedimento, pertanto, non vi è giurisdizione ai fini dell' art. 23 della legge n. 87/1953 e, quindi, non vi è l'obbligo di sollevare sempre e comunque la questione di legittimità costituzionale e di non disapplicare la legge (Zagrebelsky);

d) il sindacato di costituzionalità non è monopolio esclusivo della Corte costituzionale, considerato che i giudici ordinari e speciali danno luogo ad un sindacato di validità con effetti inter partes allorché reputino manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata da una della parti e dunque applichino la norma che ne è oggetto. Competendo alla Corte soltanto il sindacato accentrato con effetti erga omnes, la disapplicazione nel giudizio cautelare della legge di dubbia costituzionalità non rappresenta allora un elemento di rottura del sistema (Vuolo, Baccarini, Crisafulli);

e) prima dell'entrata in funzione della Corte Costituzionale, i giudici, in base al comma 2 della VII disp. transitoria della Costituzione, potevano disapplicare la legge incostituzionale; ma ciò che si poteva fare prima lo si deve poter fare anche oggi che la tutela della costituzionalità delle leggi è più piena, mentre allora era qualcosa di provvisorio e limitato (Borré);

f) nel processo amministrativo anche la proposizione dell'istanza di regolamento preventivo di giurisdizione non preclude l'esame della domanda di sospensione del provvedimento impugnato ai sensi dell' art. 30 l. n. 1034/71: se dunque anche il giudice eventualmente carente di giurisdizione è abilitato a somministrare la tutela cautelare, a fortiori, tale potere dovrebbe essere riconosciuto al giudice che promuove un incidente di costituzionalità (Baccarini);

g) il divieto che grava sul giudice di applicare e disapplicare le leggi ritenute incostituzionali può valere pienamente solo per il giudizio di merito che — esso sì — ha tempo per attendere l'esito della pregiudiziale di costituzionalità e non anche per il giudizio cautelare nell'ambito del quale prevalgono i valori costituzionali sanciti dagli artt. 24, comma 1, Cost. e 101, comma 2, Cost., che, nell'imporre al giudice di pronunciare immediatamente sulle domande cautelari con soggezione esclusiva alla legge anche costituzionale, enucleano la regola speciale della disapplicabilità interinale delle leggi incostituzionali (Baccarini). Né è fondato il timore di favorire in tal modo “derive anarchiche” mediante il sindacato diffuso, poiché la sospensione del provvedimento, e con esso della legge, è solo interinale e preordinata alla risoluzione della questione di legittimità da parte della Corte, che è l'unico orano giurisdizionale che può dichiarare l'incostituzionalità con effetto erga omnes (Baccarini).

Non si ritiene invece corretto disporre la sospensione dell'atto emanato in base ad una legge incostituzionale senza sollevare questione di costituzionalità o rinviando l'esame della questione di costituzionalità al merito del giudizio, in quanto in questi casi il giudice disapplica direttamente la legge in violazione della regola del sindacato accentrato sulla costituzionalità delle leggi e senza alcun carattere di temporaneità della misura rispetto ad un giudizio di costituzionalità non ancora pendente.

Vedi anche il commento all'art. 29 e, in particolare, il par. «Il contrasto con la Costituzione: l'atto amministrativo emanato sulla base di una legge incostituzionale.».

La cauzione

Il giudice amministrativo può subordinare la concessione della misura cautelare (o il diniego) alla prestazione di una cauzione (anche mediante fideiussione), qualora dalla decisione sulla domanda cautelare derivino effetti irreversibili.

In caso di concessione della misura cautelare, l'irreversibilità degli effetti va riferita agli effetti della misura cautelare concessa, anche se il suo carattere di provvisorietà, descritto in precedenza, dovrebbe escludere la produzione di effetti irreversibili.

È, quindi, preferibile seguire la tesi, secondo cui la nozione di irreversibilità non deve intendersi in modo rigoroso, anche perché si porrebbe in contraddizione con il carattere interinale e strumentale della tutela cautelare (Freni, 648).

In caso di diniego, invece, l'irreversibilità deve essere riferita all'esecuzione del provvedimento (Follieri, 488).

La cauzione non può essere imposta però quando la richiesta cautelare attenga ad interessi essenziali della persona quali il diritto alla salute, alla integrità dell'ambiente, ovvero ad altri beni di primario rilievo costituzionale.

La cauzione si atteggia, quindi, tanto a misura cautelare tipica, non necessariamente legata a controversie patrimoniali, quanto a «controcautela» anch'essa tipica, quando venga posta a carico di chi ottenga una misura cautelare principale per l'eventuale risarcimento dei danni e per le spese (Sica, 230).

Le modalità procedurali di imposizione della cauzione, l'oggetto e i termini entro cui prestarli sono rimessi del tutto alla decisione del giudice amministrativo e non sono disciplinati dal Codice.

Il procedimento cautelare nel Codice

Con l'entrata in vigore del Codice, il processo cautelare ha per la prima volta una sua compiuta disciplina, contenuta nel Titolo II del Libro II.

Con il Codice il processo cautelare è stato disciplinato in modo da garantire una posizione di equilibrio tra le parti, rafforzando la garanzia del contraddittorio e, al contempo, salvaguardando le esigenze di tempestività della tutela cautelare.

Per tale procedimento — strutturato su una fase collegiale ordinaria, sempre passibile di anticipazione presidenziale monocratica — è stata introdotta un'articolata e armonica disciplina, per la prima volta completa.

Segue. Azione cautelare e domanda di fissazione di udienza

La previa presentazione dell'istanza di fissazione dell'udienza per la discussione del merito è stata elevata a condizione di procedibilità dell'azione cautelare, salvo che per i casi di fissazione d'ufficio dell'udienza di merito.

Ai sensi dell'art. 55, comma 4 la domanda cautelare è improcedibile finché non è presentata l'istanza di fissazione dell'udienza di merito, salvi i casi in cui il ricorso deve essere definito senza che sia necessaria la presentazione della domanda di fissazione d'udienza.

Dunque, se per decidere il merito della causa non è necessaria la domanda di fissazione d'udienza, questa non è necessaria neanche per la trattazione della domanda cautelare. Il Codice ha voluto in tal modo evitare che ci siano sospensive accolte senza che sia poi possibile, mancando la domanda di fissazione d'udienza, decidere il merito della causa.

Si ricorda che la domanda di fissazione d'udienza non è necessaria nei casi in cui il Codice precisa che l'udienza deve essere fissata «d'ufficio» e, dunque: a) nel rito appalti ex art. 120, atteso che, ai sensi del comma 6, l'udienza di trattazione della causa deve essere fissata «d'ufficio» con assoluta priorità, anche se non è stata chiesta la sospensione cautelare del provvedimento impugnato; b) in tutte le cause che sono decise in camera di consiglio e non in pubblica udienza, con l'unica eccezione delle camere di consiglio per la decisione sulla domanda cautelare. Infatti, ai sensi dell' art. 87, comma 3, c.p.a., la camera di consiglio deve essere fissata «d'ufficio» alla prima udienza utile successiva al trentesimo giorno decorrente dalla scadenza del termine di costituzione delle parti intimate. Tali cause sono: — il giudizio in materia di silenzio; — il giudizio in materia di accesso ai documenti amministrativi; — i giudizi di ottemperanza; — i giudizi in opposizione ai decreti che pronunciano l'estinzione o l'improcedibilità del giudizio. Alle ipotesi sub a) e b), espressamente previste dal Codice, si aggiungono, in via interpretativa: c) i ricorsi proposti avverso l'atto di esclusione dalle competizioni elettorali ex art. 129, avendo il Codice espressamente previsto che l'udienza deve essere fissata nel termine di tre giorni dal deposito di ricorso, senza avvisi da parte della Segreteria e senza possibilità per le parti di chiedere il rinvio (comma 5); d) i ricorsi proposti avverso l'esito delle operazioni elettorali, sia perché il Codice ha previsto (artt. 130, comma 2, lett. a, e 131, comma 2) che l'udienza deve essere fissata dal 12 Presidente in via d'urgenza, sia perché il ricorso deve essere prima depositato in Segreteria e il presidente fissa con decreto l'udienza e poi ordina la notifica del gravame. Nelle ipotesi sub a), c) e d) è l'interesse pubblico a richiedere un'immediata definizione della causa, che prescinde dalla volontà del ricorrente (v. Istruzioni alle segreterie delle sezioni giurisdizionali del consiglio di stato e dei tribunali amministrativi regionali riguardanti alcuni aspetti applicativi del codice del processo amministrativo).

Ai fini della procedibilità dell'istanza cautelare, in applicazione del disposto dell'art. 55 comma 4 c.p.a., l'istanza di fissazione dell'udienza di merito deve provenire dalla parte che ha chiesto la tutela cautelare, rientrando detta richiesta nella disponibilità esclusiva della parte, la quale solamente può valutare se farla calendarizzare o (implicitamente) rinunciarvi, e non anche quindi da una parte diversa dal ricorrente, benché tale eventuale istanza ex art. 71 c.p.a. sia idonea a conseguire il risultato e a impedire (purché tempestiva) il decorrere e il maturare della perenzione annuale (Cons. St., III, decr. n. 36/2025).

Segue. I termini del procedimento cautelare

La principale novità introdotta sul rito cautelare ordinario, che è quello collegiale, va individuata nella fissazione di nuovi termini a garanzia dell'effettivo esercizio del diritto di difesa delle parti, idonei a consentire che la trattazione della domanda cautelare si svolga in condizioni di parità tra le parti davanti ad un giudice, che è posto nelle condizioni di avere una piena conoscenza dei fatti e delle tesi difensive.

In precedenza le istanze cautelari erano trattate alla prima camera di consiglio utile dopo il decorso di dieci giorni dalla notificazione del ricorso e le difese scritte potevano essere prodotte fino alla stessa camera di consiglio.

Tenendo conto del dimezzamento dei termini nel rito ex art. 23-bis l. Tar ( l. n. 1034/1971) e dell'eventuale abbreviazione dei termini, che poteva essere disposta dal giudice, la difesa delle parti resistenti era spesso compressa in spazi temporali molto limitati e lo stesso giudice si poteva trovare a dover esaminare nella stessa giornata della camera di consiglio memorie e documentazione prodotta dalle parti.

Inoltre, la data di svolgimento della camera di consiglio dipendeva anche dai tempi del deposito del ricorso, dovendo le parti resistenti verificare la data di avvenuto deposito e la conseguente fissazione della camera di consiglio.

Il Codice ha previsto che sulla domanda cautelare il collegio pronuncia alla prima camera di consiglio utile, dopo che siano decorsi venti giorni dal perfezionamento dell'ultima sua notificazione ai soggetti intimati, nonché dieci giorni dal suo deposito presso la segreteria del giudice adito.

Il criterio automatico di individuazione della data della camera di consiglio (ossia la prima udienza in calendario dopo la scadenza di ambo i predetti termini) non rende necessaria una specifica comunicazione della data di trattazione dell'istanza cautelare alle parti costituite, le quali ne acquisiscono diretta cognizione sin dal momento della loro costituzione in giudizio, mediante verifica ex actis delle date di deposito dell'istanza cautelare e della sua notificazione alle altre parti, nonché confrontando tali date con il calendario delle udienze dell'ufficio giudiziario.

Nel processo amministrativo, la domanda cautelare deve essere trattata alla prima camera di consiglio utile decorsi gli appositi termini dalla notifica e dal deposito del ricorso, con la conseguenza che la segreteria del giudice amministrativo non è tenuta ad inviare alle parti una comunicazione concernente la fissazione della stessa giacché, essendo noto il calendario delle udienze e delle camere di consiglio, il ricorrente è in grado sin dal momento del deposito del suo ricorso di conoscere la data in cui sarà discussa la domanda cautelare (Cons. St. III, n. 1300/2014).

In questo modo è dato agli intimati un adeguato termine a difesa, costituito da un più ampio spazio temporale decorrente dalla notificazione (venti giorni) e dalla necessità che anche rispetto al deposito trascorre un periodo minimo (dieci giorni).

Con il doppio termine si evita che il ricorrente possa depositare il ricorso alla scadenza dei venti giorni e ottenere una fissazione della camera di consiglio anche per il giorno o i giorni immediatamente successivi, «cogliendo di sorpresa» le parti resistenti, altrimenti costrette a verificare di continuo l'avvenuto deposito.

Dovendo decorrere almeno dieci giorni dal deposito, tale effetto sorpresa non è possibile e, a seconda della data di deposito, la camera di consiglio si svolgerà tra il ventesimo e il quarantesimo giorno dalla notificazione del ricorso; in presenza di un immediato deposito, la camera di consiglio potrà essere fissata anche il ventunesimo giorno dalla notificazione; mentre se il ricorrente deposita l'atto alla scadenza del termine di trenta giorni, la camera di consiglio sarà fissata dopo il quarantesimo giorno dalla notificazione.

A seguito dell'entrata in vigore del processo amministrativo telematico, l'art. 7, comma 4, del d.l. 31 agosto 2017, n. 168 ha previsto che a decorrere dal 1° gennaio 2017 e sino (in origine) al 1° gennaio 2018 per i giudizi introdotti con i ricorsi depositati, in primo o in secondo grado, con modalità telematiche deve essere depositata almeno una copia cartacea del ricorso e degli scritti difensivi, con l'attestazione di conformità al relativo deposito telematico; si è posto allora il problema delle conseguenze della violazione del deposito della copia cartacea del ricorso anche ai fini dell'esame della domanda cautelare.

A tale questione la soluzione data dal Consiglio di Stato è stata quella secondo cui il deposito della copia cartacea d'obbligo da parte del ricorrente è condizione per l'inizio del decorso del termine dilatorio di 10 giorni liberi a ritroso dall'udienza camerale (ovvero 5 nei casi di termini dimidiati), di cui all' art. 55, comma 5, c.p.a., con conseguente impossibilità che, prima dell'inizio di tale decorso sia fissata detta udienza, ovvero, comunque, che, in caso di fissazione comunque avvenuta, il ricorso cautelare sia trattato e definito in un'udienza camerale anteriore al completo decorso del medesimo termine (Cons. St. VI, n. 919/2017).

L'obbligo del deposito della copia cartacea è stato dapprima prorogato al 1° gennaio 2019 e poi con la legge 1 dicembre 2018, di conversione del d.l. 4 ottobre 2018 n. 113, le parole «e sino al 1º gennaio 2019» sono state soppresse con l'effetto di confermare a regime l'obbligo del deposito della copia cartacea.

Successivamente l'art. 4 (Disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia amministrativa) del d.l. n. 28/2020 ha abrogato in toto il comma 4 dell'art. 7 d.l. 168/2016 eliminando quindi l'obbligo di deposito della copia cartacea, che non è più vigente.

Il Codice garantisce il diritto di difesa e di conoscenza degli atti da parte del giudice, anche mediante l'introduzione di un termine (fino a due giorni liberi prima della camera di consiglio) per il deposito di memorie e documenti.

Trattandosi di un termine a ritroso, non vi è ulteriore anticipazione in caso di scadenza di sabato, come prescritto dall'art. 52 dello stesso Codice; ad esempio in caso di camere di consiglio fissate di martedì, il deposito di memorie e documenti può, quindi, avvenire fino alla giornata del sabato.

Nel rito abbreviato tutti i termini sono dimezzati e quindi la camera di consiglio potrà svolgersi dopo che siano decorsi dieci giorni dal perfezionamento dell'ultima sua notificazione ai soggetti intimati, nonché cinque giorni dal suo deposito presso la segreteria del giudice adito, mentre il deposito di memorie e documenti potrà avvenire fino a un giorno libero prima della camera di consiglio (per le camere di consiglio fissate nella giornata di martedì, il termine scade comunque nella giornata del sabato, non dovendo la scadenza essere anticipata al giorno antecedente non festivo).

Dopo tale termine è ancora ammessa fino all'udienza la costituzione in giudizio delle parti, ma in tal caso esse devono svolgere le proprie difese in forma orale, potendo essere autorizzate solo per gravi ed eccezionali ragioni al deposito di documenti, ma non di scritti difensivi.

Nel processo amministrativo è inutilizzabile il documento depositato oltre i termini perentori sanciti dall'art. 55, comma 5 (due giorni liberi prima della camera di consiglio) e non sussistono neppure le gravi ed eccezionali ragioni in presenza delle quali il Collegio può, ex art. 55 comma 8, c.p.a., autorizzare la produzione in camera di consiglio del documento, in quanto questo è stato formato dalla parte, sicché il ritardo è addebitabile in via esclusiva ad essa, e non è stata nemmeno fornita copia del provvedimento alla controparte prima dell'inizio della discussione (Cons. St. V, n. 4635/2012).

In definitiva, la fase cautelare viene oggi disciplinata in base a termini, leggermente più ampi, idonei a consentire l'effettivo svolgimento del contraddittorio; avendo le parti alcuni giorni in più rispetto al passato, è ragionevole porre degli sbarramenti temporali alla produzione di atti e documenti, ottenendo la duplice finalità di consentire una piena conoscenza degli atti in capo alle parti e in capo al giudice.

È stato, inoltre, previsto che, ai fini del giudizio cautelare, se la notificazione è effettuata a mezzo del servizio postale, il ricorrente, se non è ancora in possesso dell'avviso di ricevimento, può provare la data di perfezionamento della notificazione producendo copia dell'attestazione di consegna del servizio di monitoraggio della corrispondenza nel sito internet delle poste. È fatta salva la prova contraria.

Segue. La completezza dell'istruttoria e l'integrità del contraddittorio

Ulteriore novità è costituita dalla espressa previsione, secondo cui, in sede di esame della domanda cautelare il collegio adotta, su istanza di parte, i provvedimenti necessari per assicurare la completezza dell'istruttoria e l'integrità del contraddittorio.

Con tale formulazione è stata data una parziale risposta a chi chiedeva il potenziamento dei poteri istruttori del giudice relatore; tale richiesta formulata dai professori universitari nel corso dei lavori della Commissione presso il Consiglio di Stato non è stata accolta nel senso dell'introduzione di un vero e proprio giudice istruttore.

Ci si è limitati a potenziare da un lato la delegabilità dei poteri istruttori presidenziali e, sotto il profilo qui in rilievo, a prevedere che l'esame del fascicolo ai fini cautelari possa costituire l'occasione di esaminare anche le istanze istruttorie di parte o per ordinare l'integrazione del contraddittorio.

Segue. La verifica della sussistenza della competenza quale presupposto per la concessione della misura cautelare

Il Codice non ha innovato sui presupposti per la concessione della misura cautelare, se non per un unico, ma rilevante, aspetto, costituito dalla necessaria verifica della sussistenza della competenza da parte del giudice.

Il Codice prevede che il giudice adito possa disporre misure cautelari solo se ritiene sussistente la propria competenza; altrimenti il giudice non provvede sulla domanda cautelare e richiede d'ufficio, con ordinanza, il regolamento di competenza, indicando il tribunale che reputa competente

Il nuovo regime dell'inderogabilità della competenza territoriale è stato introdotto anche per porre rimedio al fenomeno del c.d. forum shopping, che ha spesso caratterizzato il processo cautelare di primo grado: la derogabilità della competenza, abbinata al potere di disporre misure cautelari da parte del giudice incompetente, aveva a volte determinato che i ricorrenti fossero indotti a cercare il Tribunale amministrativo regionale, favorevole alle proprie tesi, per ottenere una misura cautelare.

Nel testo elaborato dalla Commissione speciale istituita presso il Consiglio di Stato, il regime ordinario della competenza territoriale era derogabile ed era previsto che il giudice potesse disporre misure cautelari solo se riteneva sussistente la propria competenza.

Il Governo aveva poi trasmesso alle Camere un testo, in cui la competenza territoriale restava derogabile, ma poteva essere rilevata d'ufficio in sede di esame della domanda cautelare.

Tale testo aveva subito, anche in sede di parere delle Commissioni parlamentari, dure critiche per l'introduzione di una ibrida ipotesi di rilevabilità di ufficio dell'eccezione di incompetenza (non inderogabile) però solo in presenza di istanza cautelare e per la commistione tra poteri delle parti e poteri d'ufficio, peraltro dipendenti dalla sola scelta della parte di proporre domanda cautelare.

In risposta a tali osservazioni, nella versione definitiva del Codice è stata scelta la strada di rendere sempre inderogabile la tutela cautelare (v. il commento agli artt. 13 e seguenti) e, di conseguenza, la necessaria verifica della competenza quale presupposto per la concessione di misure cautelari si inserisce ora in un sistema, opinabile ma coerente, costituito appunto dalla inderogabilità della competenza territoriale.

Il sistema della competenza, che si avvicina molto a quello della giurisdizione, è completato dalla previsione, secondo cui le pronunce sull'istanza cautelare rese dal giudice dichiarato incompetente perdono comunque efficacia dopo trenta giorni dalla data di pubblicazione dell'ordinanza che regola la competenza, fermo restando che le parti possono sempre riproporre le istanze cautelari al giudice dichiarato competente.

Inoltre, per evitare un vuoto nella tutela cautelare nelle more della decisione del Consiglio di Stato e dopo l'ordinanza del T.A.R. dichiaratosi incompetente, è consentito alle parti di riproporre le istanze cautelari al tribunale amministrativo regionale indicato come competente nell'ordinanza, il quale decide in ogni caso sulla domanda cautelare, fermo quanto appena detta sulla sorte delle misure cautelari adottate da un giudice poi dichiarato incompetente.

È stato rilevato che l'impressione complessiva che si trae dal nuovo sistema è che rispetto ad alcuni aspetti patologici di abuso della tutela cautelare e del c.d. forum shopping, la risposta sia stata eccessiva nel generalizzare l'inderogabilità della competenza, con il rischio di un allungamento dei tempi del contenzioso derivante dalla soluzione delle questioni di competenza, proponibili fino alla definizione del giudizio di merito, rilevabili d'ufficio e oggetto di eventuali motivi in appello, che, se fondati, determinano la regressione del giudizio in primo grado (Chieppa, Il processo amministrativo dopo il correttivo al Codice, Milano, 2012, 398).

Va segnalato che il T.A.R. Campania aveva dubitato della legittimità costituzionale dell'art. 15, comma 5, e dell'art. 16, comma 1, nella parte in cui inibiscono al giudice adito di pronunciarsi sull'istanza cautelare, sia pure nelle more della pronuncia del giudice dichiarato competente sulla controversia, per contrasto con l' art. 24, comma 1, e con l'art. 111, comma 1, Cost. ( T.A.R. Campania, I, ord. 18 novembre 2010, n. 800). Secondo il T.A.R., la tutela cautelare è garanzia essenziale e strumento necessario per l'effettivo soddisfacimento dei diritti e degli interessi legittimi che costituiscono l'oggetto del giudizio, evitando che il tempo necessario per la definizione della causa determini un pregiudizio grave e irreparabile per le pretese sostanziali della parte che ha ragione, per cui la tutela cautelare richiede sempre risposte immediate e non ammette interruzioni; pertanto, la preclusione imposta al collegio adito, costretto dalla legge a negare la giustizia cautelare per un mero profilo di incompetenza territoriale, risulterebbe contrario ai principi costituzionali di effettività e di tempestività della tutela giurisdizionale e del giusto processo (questione connessa con la q.l.c. costituzionale proposta con la stessa ordinanza in relazione all'ampliamento della competenza funzionale inderogabile in materia di rifiuti; sul punto vedi il commento all'art. 135).

I dubbi di costituzionalità sulla nuova disciplina sono stati fugati dal giudice delle leggi, che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 13, comma 4, e 15, comma 2, del Codice, censurati, in riferimento agli artt. 24 e 111 Cost., nella parte in cui inibiscono al giudice adito di pronunciarsi su istanze cautelari, nelle more della pronuncia del giudice competente sulla controversia, rilevando che l'eventuale accoglimento della questione prospettata — che consentirebbe alla parte di adire un giudice incompetente in violazione di qualsiasi criterio di riparto della competenza individuato e di ottenere da questi una pronuncia cautelare — comporterebbe la lesione, tra gli altri, dei parametri costituzionali menzionati (Corte cost. n. 182/2014).

Con riguardo alla delibazione da parte del g.a. della sussistenza della propria competenza per territorio, dalla lettura congiunta dell'art. 15, comma 5 (secondo cui ove non riconosca la propria competenza il tribunale non decide sulla domanda cautelare), e degli artt. 55, comma 13 (secondo cui il giudice può disporre misure cautelari solo se ritiene sussistente la propria competenza) e 62, comma 4 (secondo cui, nell'appello cautelare, l'incompetenza territoriale, anche se la questione non è stata dedotta dalle parti, è sempre rilevata d'ufficio) del cod. proc. amm., pare doversi ricavare la regola che, relativamente alla fase cautelare, deve essere accertata, in via preliminare e prioritaria rispetto ad ogni altra questione, la competenza territoriale del giudice adito T.A.R. Veneto III, 13 dicembre 2010, n. 6455.

Segue. Tutela cautelare e profili di giurisdizione

L'art. 10, nel prevedere l'ammissibilità del regolamento preventivo di giurisdizione, stabilisce al comma 2 che nel giudizio sospeso possono essere chieste misure cautelari, ma il giudice non può disporle se non ritiene sussistente la propria giurisdizione.

È stato evidenziato che il citato art. 10, comma 2 può ritenersi riferibile al solo caso di conflitto positivo di giurisdizione, mentre non è applicabile al diverso caso di conflitto negativo sulla giurisdizione, in conseguenza del quale, per effetto della combinazione degli istituti che governano il processo amministrativo ed il processo civile, il ricorrente rischierebbe di trovarsi completamente privo di tutela cautelare (Freni, 622).

La pronuncia, da parte del giudice amministrativo, sull'istanza incidentale di sospensione del provvedimento impugnato con il giudizio principale, non rende inammissibile il regolamento preventivo di giurisdizione, proposto con riguardo a tale giudizio, ancorché nell'ordinanza che abbia provveduto sull'istanza cautelare sia stata delibata la questione di giurisdizione (Cass. S.U., n. 584/2014). Inoltre, il provvedimento cautelare emesso dal giudice amministrativo (al pari di quello emesso dal giudice ordinario) non assume carattere decisorio e non incide in via definitiva sulle posizioni soggettive dedotte in giudizio, essendo destinato a perdere efficacia per effetto della sentenza definitiva di merito, sicché esso, pur quando coinvolge posizioni di diritto soggettivo, non statuisce su di esse con la forza dell'atto giurisdizionale idoneo ad assumere autorità di giudicato, neppure sul punto della giurisdizione (Cass. S.U., n. 21677/2013).

Il rapporto tra la fase cautelare e la definizione del giudizio nel merito

Il già descritto carattere strumentale della tutela cautelare richiede un continuo legame tra le misure cautelari e la definizione del giudizio nel merito.

Tuttavia, non può essere ignorato che nel processo amministrativo la tutela cautelare abbia spesso assunto una rilevanza eccezionale ed impropria, in quanto, a causa delle difficoltà oggettive nell'ottenere una tempestiva pronuncia nel merito, le parti hanno cercato nella cautela una definizione anticipata degli interessi in gioco o anche soltanto uno strumento per conseguire una anticipata fissazione dell'udienza di merito.

Si tratta senza dubbio di una patologia del processo amministrativo che tuttavia si è cronicizzata a tal punto da giustificare l'adozione di misure cautelari ben oltre i limiti enunciati in precedenza ed a volte anche in sostituzione delle scelte discrezionali riservate all'amministrazione. Che si sia trattato di una patologia lo dimostra anche il fatto che nel processo cautelare davanti al Giudice Ordinario, pur in presenza di un altrettanto preoccupante arretrato e di lunghi tempi di giudizio, la percentuale di richieste e di concessioni di misure cautelari è senz'altro inferiore a quella presente nel processo amministrativo.

Già con la riforma introdotta dalla legge n. 205/2000 venne rafforzato il carattere strumentale della tutela cautelare, come dimostra la previsione di alcune disposizioni quali:

- la possibilità di definire il giudizio nel merito in sede di decisione della domanda cautelare;

- la priorità nella fissazione della data di trattazione del ricorso nel merito in caso di accoglimento della richiesta cautelare;

- la fissazione della data di discussione del merito alla prima udienza successiva alla scadenza del termine di trenta giorni dalla data di deposito dell'ordinanza, pronunciata in sede cautelare nei giudizi speciali di cui all' art. 4 della legge n. 205/2000, qualora si ritenga ad un primo esame che il ricorso evidenzi l'illegittimità dell'atto impugnato e la sussistenza di un pregiudizio grave ed irreparabile, dovendo ricorrere invece i presupposti dell'estrema gravità ed urgenza per la concessione di misure cautelari.

Il legislatore del 2000 ampliò le misure di tutela cautelare, concedibili da parte del giudice amministrativo e nel contempo rafforza il carattere strumentale di tale fase rispetto al giudizio di merito, sede naturale della finale definizione degli interessi in gioco.

Come rimedio al rischio che il decorso del tempo possa recare danno al ricorrente, il legislatore ha in sostanza da un lato potenziato le misure cautelari e dall'altro ha introdotto vari strumenti con cui anticipare la decisione del merito.

Il Codice ha confermato tale tendenza, prevedendo che:

- con l'ordinanza con cui è disposta una misura cautelare viene fissata la data di discussione del ricorso nel merito in primo grado;

- con la generalizzazione del meccanismo, in passato presente nel solo rito ex art. 23-bis l. Tar, in base al quale il giudice, in sede di esame della domanda cautelare, può limitarsi a fissare la trattazione di merito del ricorso quale meccanismo idoneo a risolvere in tutto o in parte le esigenze poste a base della richiesta cautelare.; in questo caso non vi è termine per la fissazione dell'udienza di merito, che deve essere sollecita;

- con l'ampliamento dei casi di definizione del giudizio in esito alla udienza cautelare (v. art. 60).

Tutela cautelare e disposizioni speciali

In alcuni casi il legislatore è intervenuto con specifiche disposizioni speciali a dettare un regime parzialmente diverso per la tutela cautelare.

L'intento è stato sempre quello di limitare la tutela cautelare per ragioni di pubblico interesse e tali disposizioni devono essere attentamente vagliate sotto il profilo della costituzionalità, tenuto conto che la tutela cautelare è una componente indefettibile della tutela giurisdizionale di cui all' art. 24 Cost.

In materia di appalti, con il d.lgs. n. 50/2016 è stato previsto che nella decisione cautelare, il giudice tiene conto di quanto previsto dagli articoli 121, comma 1, e 122, e «delle esigenze imperative connesse a un interesse generale all'esecuzione del contratto, dandone conto nella motivazione» (si rinvia al commento agli artt. 121 e 122).

Si tratta di una disposizione analoga a quella già vigente per le controversie relative alle infrastrutture strategiche (art. 125), per le quali, oltre alla previsione della possibilità di dichiarare inefficace il contratto solo in caso di gravi violazioni, è stato confermato il particolare regime della tutela cautelare, che impone di tenere conto delle probabili conseguenze del provvedimento per tutti gli interessi che possono essere lesi, nonché del preminente interesse nazionale alla sollecita realizzazione dell'opera, e, ai fini dell'accoglimento della domanda cautelare, si valuta anche la irreparabilità del pregiudizio per il ricorrente, il cui interesse va comunque comparato con quello del soggetto aggiudicatore alla celere prosecuzione delle procedure.

Per la estensione dell’ambito di applicazione dell’art. 125 v. il commento a tale ultima disposizione.

Si ricorda che un ulteriore rito speciale era stato introdotto dall' art. 20 del d.l. 29 dicembre 2008, n. 185, conv. in l. 28 gennaio 2009, n. 2, per le controversie relative ai progetti facenti parte del Quadro Strategico Nazionale, ritenuti prioritari per lo sviluppo economico del territorio. Il legislatore aveva in questo stabilito un susseguirsi di strettissimi termini processuali, riducendo a 30 giorni anche quello per la notificazione del ricorso e limitando la tutela in alcuni casi al solo risarcimento del danno per equivalente, con espressa esclusione della caducazione del contratto; sia il d.lgs. n. 53/2010 si il Codice, nell'abrogare il citato articolo 20, comma 8, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, ne fanno salva l'applicabilità «limitatamente agli interventi previsti nel citato articolo 20, per i quali siano già stati nominati i relativi commissari o vengano nominati entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore» del d.lgs. n. 53/2010 ( art. 15, comma 4, del decreto legislativo 20 marzo 2010, n. 53, richiamato espressamente dall'art. 4, comma 1, n. 41), delle Norme di coordinamento e abrogazione del Codice). Tale previsione comporta la sopravvivenza del rito speciale per alcune controversie e consente di tenere sempre salvo il contratto, a prescindere dalla gravità del vizio, con possibile contrasto con il diritto dell'Unione europea.

Altre disposizioni speciali sono:

- il comma 13-bis dell' art. 1, l. 13 dicembre 2010, n. 220, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2011)» (legge finanziaria 2011), aggiunto dall' art. 25, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, recante «Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria», convertito in l. 15 luglio 2011, n. 111, secondo cui nei «giudizi riguardanti l'assegnazione di diritti d'uso delle frequenze, la gara e le altre procedure di cui ai commi da 8 al 13, incluse le procedure di cui all' articolo 4 del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2011, n. 75.... la tutela cautelare è limitata al pagamento di una provvisionale»;

- l'art. 9 (Interventi di estrema urgenza in materia di vincolo idrogeologico, di normativa antisismica e di messa in sicurezza degli edifici scolastici e dell'Alta formazione artistica, musicale e coreutica —Afam) del decreto legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164. — Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive (Sblocca Italia), che, al comma 2-sexies, ha previsto che «Costituiscono esigenze imperative connesse a un interesse generale ai sensi dell' articolo 121, comma 2, del codice del processo amministrativo, di cui all'allegato 1 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, quelle funzionali alla tutela dell'incolumità pubblica. Nei casi di procedure ad evidenza pubblica avviate o da avviarsi, in quelli conseguenti alla redazione di verbale di somma urgenza per interventi conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza, nonché nei casi di cui al comma 1 del presente articolo, il tribunale amministrativo regionale, nel valutare l'istanza cautelare, può accoglierla unicamente nel caso in cui i requisiti di estrema gravità e urgenza previsti dall'articolo 119, comma 4, del citato codice di cui all'allegato 1 al decreto legislativo n. 104 del 2010 siano ritenuti prevalenti rispetto alle esigenze di incolumità pubblica evidenziate dalla stazione appaltante. Nei casi di cui al presente comma, il tribunale amministrativo regionale fissa la data di discussione del merito del giudizio ai sensi del medesimo articolo 119, comma 3, del codice di cui all'allegato 1 al decreto legislativo n. 104 del 2010»;

- l'art. 95 (Tutela giurisdizionale) del d.lgs. 16 novembre 2015, n. 180 — Attuazione della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/Cee del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE), n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio, che prevede che «1. La tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo è disciplinata dal Codice del processo amministrativo. Alle controversie aventi ad oggetto i provvedimenti adottati ai sensi del presente decreto si applicano gli articoli 119, 128, 133 e 135 del medesimo Codice. 2. Nei giudizi avverso le misure di gestione della crisi si presume fino a prova contraria che la sospensione dei provvedimenti della Banca d'Italia o del Ministro dell'economia e delle finanze sarebbe contraria all'interesse pubblico; nei medesimi giudizi non si applicano gli articoli 19 e 63, comma 4, del Codice del processo amministrativo. 3. Quando il giudice lo ritiene necessario per tutelare gli interessi dei terzi in buona fede che hanno acquistato azioni, altre partecipazioni, diritti, attività o passività di un ente sottoposto a risoluzione a seguito del ricorso agli strumenti di risoluzione o dell'esercizio dei poteri di risoluzione, l'annullamento del provvedimento lascia impregiudicati gli atti amministrativi adottati o i negozi posti in essere dalla Banca d'Italia o dai commissari speciali, sulla base del provvedimento annullato. Resta fermo il diritto al risarcimento del danno subito e provato, nei limiti stabiliti dalle norme vigenti. 4. Fermo restando il potere di cui all'articolo 67, il giudice presso il quale pende un qualsiasi giudizio del quale sia parte un ente sottoposto a risoluzione ne dispone la sospensione su istanza della Banca d'Italia per un periodo congruo al perseguimento degli obiettivi di cui all'articolo 21.».

Bibliografia

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