Decreto legislativo - 2/07/2010 - n. 104 art. 68 - Termini e modalita' dell'istruttoria

Gabriele Carlotti

Termini e modalità dell'istruttoria

 

1. Il presidente o il magistrato delegato, ovvero il collegio, nell'ammettere i mezzi istruttori stabiliscono i termini da osservare e ne determinano il luogo e il modo dell'assunzione applicando, in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura civile.

2. Per l'assunzione fuori udienza dei mezzi di prova è delegato uno dei componenti del collegio, il quale procede con l'assistenza del segretario che redige i relativi verbali. Il segretario comunica alle parti almeno cinque giorni prima il giorno, l'ora e il luogo delle operazioni.

3. Se il mezzo istruttorio deve essere eseguito fuori dal territorio della Repubblica, la richiesta è formulata mediante rogatoria o per delega al console competente, ai sensi dell'articolo 204 del codice di procedura civile.

4. Il segretario comunica alle parti l'avviso che l'istruttoria disposta è stata eseguita e che i relativi atti sono presso la segreteria a loro disposizione.

Note operative

Tipologia di atto Termine Decorrenza
Provvedimento di assunzione dei mezzi di prova, ordinanza presidenziale o collegiale Nei termini stabiliti con il provvedimento di ammissione dei mezzi di prova Secondo quanto stabilito dal provvedimento giurisdizionale
Ordinanza di assunzione di mezzi di prova fuori udienza Almeno 5 giorni prima il segretario comunica il giorno, l'ora e il luogo delle operazioni Secondo quanto stabilito nel provvedimento giurisdizionale

Inquadramento

La disposizione in commento detta le regole generali sui termini e le modalità dell'istruttoria. Insieme all' art. 65 c.p.a. (al cui commento si rinvia), la previsione compendia le regole che, nella previgente normativa, erano distribuite tra molti articoli.

Riguardata dalla prospettiva della teoria generale del processo, la disposizione conferma la tradizionale assenza, nel giudizio amministrativo, di una disciplina strutturata della fase istruttoria, considerata eventuale (fatta eccezione per i documenti, tipiche prove precostituite sempre presenti, stante la natura essenzialmente «cartolare» del processo amministrativo), a differenza di quanto si verifica nel rito civile, in cui il giudice istruttore è, invece, istituzionalmente investito del governo della fase di ammissione e di assunzione della prova ed è provvisto di ampi e autonomi poteri.

Inoltre la previsione conferma la contitolarità dei poteri istruttori in capo al presidente (o al magistrato da questi delegato) e al collegio, sebbene a quest'ultimo siano riservate alcune prerogative (come la decisione in ordine alla verificazione e alla consulenza tecnica d'ufficio). Inoltre, sia il presidente sia il collegio possono delegare specifici compiti istruttori a un magistrato.

Nell'articolo in rassegna si tratteggia, in pochi commi, la disciplina dell'ammissione e dell'assunzione dei mezzi istruttori, nonché della chiusura dell'istruttoria, abbozzando in tal modo una fisionomia trifasica, ancorché non nitidamente né rigidamente  scandita, della fase istruttoria. Nel giudizio amministrativo, peraltro, non sempre le sottofasi dell'ammissione e dell'assunzione del mezzo istruttorio sono logicamente e processualmente distinte; anzi, le due fasi tendono a coincidere nel caso dei documenti. La disposizione in commento riguarda, pertanto, in via principale i mezzi di prova costituendi e quelli da assumere fuori dell'udienza.

Onde colmare le riferite lacune della disciplina processualamministrativistica, l'articolo in esame opera un rinvio innominato alle disposizioni del codice di procedura civile (da individuarsi negli artt. 202, 203, 204, 205, 206, 207, 208 e 209 c.p.c.), le quali, dunque, si applicano direttamente, seppur nei limiti della compatibilità, replicando così, nello specifico ambito istruttorio, il medesimo meccanismo di cui all' art. 39 c.p.a. (sul rinvio esterno). La circostanza che il richiamo delle norme processualcivilistiche sia stato effettuato nei limiti della compatibilità trova spiegazione nella considerazione dell'accennata fisionomia «destrutturata» («liquida») della fase istruttoria del giudizio amministrativo, della ricordata assenza della figura del giudice istruttore e dell'inammissibilità di alcuni mezzi istruttori propri del processo civile (come l'interrogatorio formale e il giuramento).

In dettaglio, il comma 1 indica le regole essenziali sull'ammissione dei mezzi istruttori; il comma 2 disciplina l'assunzione fuori udienza di detti mezzi; il comma 3 indica le modalità da seguire nel caso in cui i mezzi istruttori debbano essere assunti fuori del territorio della Repubblica. Infine, il comma 4 dispone, a garanzia del contraddittorio processuale e al fine di consentire l'ulteriore corso del giudizio, che dell'avvenuta esecuzione dei mezzi istruttori sia data comunicazione alle parti a cura della segreteria.

La disciplina previgente e quella contenuta nel codice di procedura civile

La disposizione, come già osservato, ripropone parte del materiale normativo che, nella precedente disciplina, era contenuto negli ormai abrogati artt. 29,30,32 e 35 del r.d. 17 agosto 1907, n. 642, i quali, rispettivamente, disponevano, tra l'altro, che:

- il presidente o la sezione, nell'ammettere i mezzi istruttori, dovessero stabilire i termini da osservare e i modi della relativa assunzione, applicando, per quanto possibile, le disposizioni del codice di procedura civile;

- per l'esecuzione dei mezzi istruttori fosse delegato uno dei componenti della sezione, con l'assistenza del segretario, incaricato della redazione dei relativi verbali;

- se il luogo di esecuzione del mezzo istruttorio si fosse trovato al di fuori del territorio della Capitale, la sezione avrebbe potuto delegare uno dei consiglieri di prefettura o un magistrato, assistito da un segretario;

- se il mezzo istruttorio si fosse dovuto eseguire fuori dall'Italia, la richiesta si sarebbe dovuta presentare nelle forme diplomatiche;

- il consigliere delegato per l'assunzione di mezzi istruttori dovesse far notificare alle parti l'avviso del giorno, dell'ora e del luogo delle operazioni, almeno cinque giorni prima dell'inizio di queste ultime;

- dopo la notificazione alle parti e alla amministrazione, a cura del segretario, dell'avvenuta esecuzione dell'istruttoria, i relativi atti rimanessero nella segreteria a loro disposizione.

Nel comma 1 della disposizione in commento viene ribadita, anche per il giudizio amministrativo, la distinzione delle due fasi del subprocedimento probatorio, ossia l'ammissione e l'assunzione dei mezzi di prova. Il medesimo comma stabilisce poi che, per l'ammissione e l'assunzione dei mezzi istruttori (ivi inclusa la determinazione dei relativi termini, del luogo e delle modalità dell'assunzione), si applicano in quanto compatibili le disposizioni del codice di procedura civile.

Come sopra accennato, le disposizioni del codice di procedura civile implicitamente richiamate dalla disposizione in esame sono gli artt. 202,204,205,206,207,208 e 209 c.p.c. (non anche l' art. 203 c.p.c., manifestamente incompatibile con la struttura del giudizio amministrativo), i quali, rispettivamente, prevedono che:

- quando dispone mezzi di prova, il giudice istruttore, se non può assumerli nella stessa udienza, stabilisce il tempo, il luogo e il modo dell'assunzione; se questa non si esaurisce nell'udienza fissata, il giudice ne differisce la prosecuzione ad un giorno successivo e prossimo ( art. 202 c.p.c.);

- le rogatorie dei giudici italiani alle autorità estere per l'esecuzione di provvedimenti istruttori sono trasmesse per via diplomatica; quando la rogatoria riguardi cittadini italiani residenti all'estero, il giudice istruttore delega il console competente, che provvede a norma della legge consolare; le parti possono rivolgere al giudice delegante, direttamente o a mezzo del giudice delegato, istanza per la proroga del termine ( art. 204 c.p.c.);

- il giudice che procede all'assunzione dei mezzi di prova, anche se delegato, pronuncia con ordinanza su tutte le questioni che sorgono nel corso della stessa ( art. 205 c.p.c.);

- le parti possono assistere personalmente all'assunzione dei mezzi di prova ( art. 206 c.p.c.);

- dell'assunzione dei mezzi di prova si redige processo verbale sotto la direzione del giudice; le dichiarazioni delle parti e dei testimoni sono riportate in prima persona e sono lette al dichiarante; il giudice, quando lo ritiene opportuno, nel riportare le dichiarazioni descrive il contegno della parte e del testimone ( art. 207 c.p.c.);

- se non si presenta la parte su istanza della quale deve iniziarsi o proseguirsi la prova, il giudice istruttore la dichiara decaduta dal diritto di farla assumere, salvo che l'altra parte presente non ne chieda l'assunzione; la parte interessata può chiedere al giudice, nell'udienza successiva, la revoca dell'ordinanza che ha pronunciato sulla sua decadenza dal diritto di assumere la prova; il giudice dispone la revoca con ordinanza, quando riconosca che la mancata comparizione sia stata cagionata da causa non imputabile alla stessa parte ( art. 208 c.p.c.);

- il giudice istruttore dichiara chiusa l'assunzione quando sono eseguiti i mezzi ammessi o quando, dichiarata la decadenza, non vi siano altri mezzi da assumere, oppure quando egli ravvisi superflua, per i risultati già raggiunti, l'ulteriore assunzione ( art. 209 c.p.c.).

La valutazione di compatibilità con il processo amministrativo di siffatte disposizioni deve esser fatta, tenendo presenti due circostanze, ossia, per un verso, la più volte segnalata assenza in tale giudizio di una figura assimilabile al giudice istruttore del rito civile, e per altro verso, il materiale normativo già contenuto nella disposizione in commento (rispetto al quale, dunque, non può operare l'applicazione in via integrativa delle previsioni del codice di procedura civile).

L'ammissione dei mezzi di prova

Si è osservato che nella disposizione in commento si rinviene una distinzione tra l'ammissione e l'assunzione dei mezzi di prova, ancorché le due fasi – seppure logicamente e giuridicamente differenziate — nel processo amministrativo tendano a sovrapporsi (nel senso che, di norma, l'assunzione implica l'avvenuta ammissione, la quale sovente non è oggetto di un autonomo provvedimento giurisdizionale). Peraltro, la disposizione in rassegna, sebbene lo specifico profilo non sia esplicitato chiaramente, si riferisce all'assunzione delle sole prove costituende, ossia a quelle che si formano nel giudizio. Tale impostazione – che corrisponde a quella seguita dalle richiamate disposizioni del codice di procedura civile – è convincente e condivisibile, posto che per le prove costituite (come, ad esempio, i documenti, formati fuori e prima del giudizio) l'assunzione si compendia nella loro produzione o esibizione.

In ogni caso, ai fini dell'ammissione il giudice deve valutare, per un verso, se sussistano i presupposti, previsti dalla legge, per la valida acquisizione di un mezzo istruttorio e, per altro verso, se il medesimo mezzo sia rilevante per l'accertamento dei fatti della causa, ossia se esso sia pertinente e non superfluo.

I titolari dei poteri istruttori

Come accennato, il comma 1 ribadisce che, nel giudizio amministrativo, non esiste un unico responsabile dell'istruttoria processuale, atteso che i relativi poteri sono attribuiti al presidente (o al magistrato da questi delegato) e al collegio. Un ruolo strumentale è svolto dal segretario al quale spettano le verbalizzazioni (comma 3) e le comunicazioni (comma 5).

Quanto ai termini da osservare, bisogna ricordare che, in via generale, quelli stabiliti dal giudice amministrativo sono perentori, salvo diversa previsione ( art. 52, comma 1, c.p.a.), con la conseguenza che la loro inosservanza può dar luogo a decadenza dalla facoltà di assunzione del mezzo istruttorio richiesto dalla parte (v. l' art. 208 c.p.c.) e, comunque, a responsabilità per i soggetti tenuti al rispetto di detti termini (ivi inclusi gli ausiliari del giudice). Sennonché — in disparte la considerazione che i predetti termini devono ritenersi prorogabili (con istanza da presentare prima della scadenza), quando sia necessario, con un provvedimento dello stesso soggetto che li abbia originariamente fissati (in questo senso un'indicazione si trae dall' art. 67, comma 3, c.p.a.) – occorre segnalare che la giurisprudenza amministrativa ritiene che, in ambito istruttorio, l' art. 52 c.p.a. sia derogato dal comma 1 della disposizione in commento (che rinvia al codice di procedura civile e, dunque, all' art. 152 c.p.c. che qualifica i termini stabiliti dal giudice come ordinatori, salvo espressa e contraria previsione di legge).

L'indirizzo giurisprudenziale testé richiamato è stato di recente ribadito da Cons. St. III, n. 3020/2016, secondo cui, nel processo amministrativo, il termine assegnato dal giudice per gli incombenti istruttori è meramente ordinatorio e non perentorio, non potendo trovare applicazione la generale previsione dell' art. 52 comma 1, c.p.a., bensì la sola disposizione speciale del successivo art. 68 c.p.a. sui termini dell'istruttoria, che rinvia alle disposizioni del codice di procedura civile e, tra queste, all' art. 152, primo comma, c.p.c., secondo cui i termini possono essere stabiliti dal giudice anche a pena di decadenza, soltanto se la legge lo permette espressamente (in termini anche Cons. St. III, n. 1515/2014). Nel medesimo senso, Tar Sicilia (Catania) IV, n. 2638/2021, secondo cui, nel processo amministrativo, la documentazione richiesta alla P.A., anche se depositata oltre il termine assegnato dall'ordinanza per gli incombenti istruttori, è del tutto ammissibile e utilizzabile, ai fini processuali. Identico principio è stato enunciato (Cons. St. III, n. 3020/2016) con riferimento alla relazione del commissario straordinario, anche se depositata oltre il termine assegnato dall'ordinanza collegiale per gli incombenti istruttori.

La forma e il contenuto dei provvedimenti che dispongono mezzi istruttori

Nella disposizione in esame non è chiarito quale debba essere la forma dei provvedimenti istruttori. Occorre, però, osservare che l'art. 36, comma 1, stabilisce, in via generale, che il giudice provveda con ordinanza in tutti i casi in cui non definisca, nemmeno in parte, il giudizio. Prevede lo stesso art. 36, al comma 2, che il giudice pronunci sentenza non definitiva, quando decida solo su alcune questioni controverse, al contempo adottando provvedimenti istruttori per l'ulteriore corso della causa. Non può, tuttavia, in assoluto escludersi che i provvedimenti istruttori presidenziali possano anche esser resi in forma di decreto. Quest'ultimo, invero, può ritenersi adatto ai provvedimenti istruttori assunti, monocraticamente, dal presidente della sezione (o dal magistrato delegato) prima della trattazione collegiale; inoltre, e in ogni caso, l'eventuale vizio di forma non potrebbe mai dar luogo a invalidità di sorta del relativo provvedimento, vigendo il generale principio della prevalenza, sulla forma, della sostanza della decisione giurisdizionale.

Sulla vigenza, anche nel rito amministrativo, della regola della prevalenza della sostanza sulla forma dei provvedimenti, quale espressione di un principio processuale di carattere generale, si vedano, tra i molti precedenti, Cons. St. IV, n. 362/2015 e Cons. St. IV, n. 4463/2014.

Il contenuto dei vari provvedimenti istruttori sarà di volta in volta adattato al mezzo di prova da assumere in concreto. Invero, la disposizione in esame fissa unicamente gli elementi indispensabili, ossia i termini, il luogo e le modalità dell'assunzione, l'eventuale delega al componente del collegio per l'assunzione da eseguirsi fuori dell'udienza. Una volta rispettato tale contenuto essenziale, sarà infatti compito del giudice inserire gli altri elementi motivazionali imposti dal modello legale di riferimento o ritenuti appropriati in relazione allo specifico mezzo istruttorio da assumere.

L'assunzione dei mezzi di prova: in udienza e fuori udienza

Dalla lettura combinata dei primi due commi della disposizione in commento si evince che l'assunzione dei mezzi di prova può avvenire in udienza o fuori dell'udienza. Più in particolare, il comma 1 disciplina in via generale l'assunzione dei mezzi di prova, mentre il comma 2 detta le regole specifiche per l'assunzione che avvenga fuori dell'udienza. In entrambi i casi trova applicazione anche l' art. 202 c.p.c. là dove è stabilito che, quando l'assunzione non si esaurisca nell'udienza fissata, il giudice ne deve differire la prosecuzione ad un giorno prossimo, in ossequio al principio di celerità del giudizio.

Come sopra rilevato, non risulta invece compatibile con la struttura del giudizio amministrativo né con l'organizzazione, anche geografica, della Giustizia amministrativa l' art. 203 c.p.c. che detta la disciplina – incentrata su un meccanismo di delega tra giudici istruttori — per l'assunzione dei mezzi di prova da assumersi fuori della circoscrizione del tribunale (ordinario). Sul punto si presenta, difatti, esaustiva (senza che ricorra, dunque, alcuna necessità di applicare le previsioni del rito civile) la regola del comma 2 della previsione in esame, secondo cui, per l'assunzione fuori udienza (a prescindere dal luogo del territorio della Repubblica in cui avvenga tale assunzione), è delegato uno dei componenti del collegio giudicante. A contrarioil comma 2 esclude che l'assunzione fuori udienza possa essere disposta dal presidente della sezione, a meno che non sia anche presidente del collegio delegante (richiedendo, per l'appunto, la norma che sia delegato un magistrato del collegio). Il comma 2 non impone che il magistrato delegato dal collegio coincida soggettivamente con il magistrato relatore, sebbene questa sia la situazione che si verifica con la maggiore frequenza.

Prevede, inoltre, il comma 2 che, in caso di assunzione dei mezzi di prova fuori dell'udienza, il segretario deve comunicare alle parti, almeno cinque giorni prima, il giorno, l'ora e il luogo in cui saranno compiute le operazioni e tale comunicazione ha l'evidente finalità di consentire alle parti di partecipare all'assunzione del mezzo istruttorio.

Nel giudizio amministrativo i casi di assunzione di mezzi istruttori fuori dell'udienza sono infrequenti e, in genere, riguardano soprattutto le ispezioni di luoghi e cose.

L'assunzione fuori dal territorio della Repubblica

Per la disciplina dei mezzi di prova da assumersi fuori del territorio della Repubblica il comma 3 della disposizione in rassegna stabilisce che la richiesta deve essere formulata mediante rogatoria o per delega al console competente e rinvia espressamente all' art. 204 c.p.c. In particolare, quest'ultimo prevede che le rogatorie dei giudici italiani alle autorità estere per l'esecuzione di provvedimenti istruttori siano trasmesse per via diplomatica e che, nei casi in cui la rogatoria riguardi cittadini italiani residenti all'estero, il giudice (istruttore) debba delegare il console competente che provvede a norma della legge consolare ( d.p.r. 5 gennaio 1967, n. 200, poi abrogato dall’art. 79 del d.lg. 3 febbraio 2011, n. 71, decreto che reca attualmente la disciplina dell’ordinamento consolare). A ben vedere, si è in presenza di una forma particolare di assunzione in via delegata di un mezzo istruttorio, dovuta alla circostanza che la giurisdizione, in quanto espressione di sovranità, non si estende oltre i confini territoriali dello Stato. I confini territoriali della Repubblica marcano, infatti, il limite oltre il quale non può esercitarsi alcuna potestà autoritativa pubblica e, conseguentemente, deve escludersi che il giudice civile italiano possa recarsi personalmente all'estero per assumere un mezzo di prova, fatte salve le ipotesi in cui ciò sia consentito dai Regolamenti unionali in materia (v. infra). Sicché l'assunzione dei mezzi di prova al di fuori della Repubblica costituisce una forma di assunzione obbligatoriamente delegata (va segnalato, tuttavia, che la normativa internazionale e sovranazionale prevede che in alcuni casi il giudice dello Stato richiedente l'assunzione del mezzo istruttorio, al ricorrere di determinate condizioni, possa assistere all'assunzione nel territorio dello Stato destinatario della richiesta; v. infra).

La disciplina dell'attività istruttoria da compiere all'estero non è unicamente contenuta nel comma in esame, giacché, nei rapporti tra la Repubblica italiana e gli altri Stati, viene in rilievo pure la normativa internazionale e quella unionale. L'accordo internazionale più rilevante in materia è la Convenzione dell'Aja del 18 marzo 1970, ratificata e resa esecutiva in Italia con la l. 24 ottobre 1980, n. 745; il regolamento europeo al quale far riferimento era il Reg. CE 28 maggio 2001, n. 1206, sulla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell'assunzione delle prove all'estero in materia civile e commerciale: tale regolamento, nei rapporti tra gli Stati membri (fatta eccezione per la Danimarca), si applica in luogo della Convenzione dell'Aja.  Successivamente il suddetti regolamento, ad eccezione dell'art. 6, è stato abrogato, a decorrere dal 1° luglio 2022, dal Reg. UE 25 novembre 2020, n. 1783, che, a decorrere dal 1° luglio 2022, disciplina la materia.

Riguardo a tali fonti si pose un’importante questione in dottrina (Gioia). Ed invero, sia la Convenzione dell'Aja sia il Regolamento CE n. 1206/2001 erano applicabili «in materia civile e commerciale», ma le due fonti non chiarivano quale fosse l'esatto significato della locuzione. Peraltro, mentre nel sistema italiano, nella «materia civile e commerciale« non rientrerebbero le controversie di diritto amministrativo, nei sistemi di common law tali liti sono sicuramente incluse nel campo di applicazione dei predetti provvedimenti. Del resto, il giudice amministrativo si occupa, ormai, anche di cause di risarcimento del danno per responsabilità civile della pubblica amministrazione, la cui riconducibilità alla materia civile è indiscutibile. E, d'altra parte, l'art. 63, comma 5, consente al giudice amministrativo di assumere tutti i mezzi di prova previsti dal codice di procedura civile. La questione non risulta ancora puntualmente risolta e, peraltro, sembra  ancora convincente la tesi (Saravalle) — riferita alla Convenzione dell'Aja – secondo cui la qualificazione della materia va effettuata a prescindere dal giudice davanti al quale la causa sia stata proposta e anche dalla natura del processo, dovendosi unicamente valutare il petitum e la causa petendi. Ove seguita, questa tesi conduce sicuramente all'applicabilità delle predette fonti (internazionali e sovranazionali) anche a molte controversie attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

La via della delega consolare può essere percorsa soltanto quando il mezzo istruttorio richiesto concerna cittadini italiani residenti all'estero. Il console è un funzionario dell'amministrazione degli affari esteri ed è tenuto (in questo caso su ordine del giudice) ad applicare le leggi italiane nei confronti di concittadini, oltre alle convenzioni internazionali sull'attività consolare.

La delega al console competente è disposta dal giudice con ordinanza, nella quale è stabilito anche il termine per la relativa assunzione. Sarà poi onere della parte interessata all'acquisizione del mezzo istruttorio attivarsi perché il pubblico ministero trasmetta il provvedimento giurisdizionale di delega al console competente onde questi possa provvedere tempestivamente all'assunzione. Una volta ricevuta la delega, l'autorità consolare comunicherà alle parti il luogo, l'ora e le modalità dell'assunzione. Il console verbalizzerà l'assunzione e tale verbale sarà trasmesso al giudice italiano delegante.

Nell'ipotesi di assunzione del mezzo istruttorio fuori della Repubblica si applica la legge processuale dello Stato estero secondo il criterio della lex fori.

Nei casi in cui trovi applicazione il Reg. CE n. 1206/2001 (ora il Reg. UE 25 novembre 2020, n. 1783)  il giudice italiano può trasmettere direttamente la sua richiesta, ora anche attraverso un sistema informatico decentrato, sicuro e affidabile, basato su una soluzione interoperabile quale e-CODEX., redatta sulla base di un apposito formulario, all'autorità competente dell'altro Stato membro, senza bisogno di far ricorso alla rogatoria. Sono previsti tassativamente i casi in cui l'autorità dell'altro Stato membro può rifiutare di esperire l'istruttoria. Una particolarità della disciplina è che il giudice italiano può richiedere di assistere personalmente o tramite delegati all'assunzione del mezzo di prova, ove tale richiesta sia compatibile con la legge dello Stato membro dell'autorità giudiziaria richiedente. L'autorità giudiziaria richiedente (per ipotesi, quella italiana) può inoltre designare, in conformità del proprio diritto nazionale, altre persone, quali, per esempio, periti; analogamente può essere consentita la presenza delle parti e dei difensori.

Va osservato, però, che anche la Convenzione dell'Aja ammette la presenza del giudice (che ne abbia fatta richiesta) all'assunzione, all'estero, del mezzo istruttorio qualora tale assistenza sia stata autorizzata dall'autorità competente straniera.

Gli incidenti istruttori e l'assistenza delle parti alla assunzione delle prove

Deve intendersi richiamato dalla disposizione in commento, in quanto compatibile con il processo amministrativo, anche l' art. 205 c.p.c., secondo il quale il giudice che procede all'assunzione dei mezzi di prova, anche se delegato, provvede su tutte le questioni che sorgano durante l'assunzione medesima. Il presidente e il collegio dispongono infatti di tutti i poteri necessari a risolvere gli incidenti istruttori che possano insorgere; analogo potere spetta anche al magistrato delegato, fatti salvi gli eventuali limiti contenuti nella delega.

Del pari è applicabile al processo amministrativo la regola dettata dall' art. 296 c.p.c., quale diretto corollario del principio del contraddittorio, in ordine alla possibilità per le parti (costituite) di assistere personalmente all'assunzione dei mezzi di prova. Occorre, però, segnalare che, nel rito amministrativo, la disposizione va riferita alle prove da assumere in udienza pubblica, quand'anche assunte in concreto fuori dell'udienza; nel caso, invece, di mezzi di prova da assumere in camera di consiglio trova applicazione l' art. 87, comma 3, ultimo periodo, c.p.a., secondo cui in camera di consiglio sono sentiti unicamente i difensori che ne facciano richiesta (fermo restando che il giudice può, tuttavia, consentire la presenza personale delle parti anche in camera di consiglio, quando ne ravvisi l'utilità). Sulle parti grava, invece, un preciso onere di essere presenti all'assunzione allorquando sia disposto un mezzo istruttorio che postuli la loro partecipazione personale (si pensi al caso dell'ispezione corporale o a quello dell'interrogatorio libero). Con l'autorizzazione del giudice, le parti potranno anche intervenire, formulare osservazioni o sottoporsi, a domanda, a interrogatorio libero.

La decadenza dall'assunzione. Il compimento e la conclusione dell'istruttoria

Si applica anche al processo amministrativo la disciplina sulla decadenza dell'assunzione del mezzo istruttorio contenuta nell' art. 208 c.p.c. In base a tale disposizione, qualora la parte su istanza della quale deve iniziarsi o proseguirsi la prova non si presenti nel data e nel luogo stabiliti, il giudice la dichiara decaduta dal diritto di farla assumere, salvo che l'altra parte presente non chieda comunque l'assunzione del mezzo istruttorio. La parte interessata può però chiedere al giudice, nell'udienza successiva, la revoca dell'ordinanza che abbia pronunciato la sua decadenza dal diritto di assumere la prova e il giudice dispone la revoca, sempre con ordinanza, quando riconosca che la mancata comparizione sia stata cagionata da causa non imputabile alla stessa parte.

La decadenza si configura unicamente in relazione ai mezzi istruttori da assumersi a richiesta di parte o in relazione ai quali, comunque, sussista un onere di attivazione della parte interessata all'assunzione (tanto si verifica, ad esempio, con riferimento all'onere della parte di curare la spedizione per via diplomatica di una ordinanza recante una rogatoria a un'autorità straniera). La decadenza dichiarata dal giudice di primo grado spiega effetti preclusivi anche in secondo grado (con riferimento allo specifico mezzo di prova).

Il giudice dichiara la decadenza con ordinanza e assumerà la forma dell'ordinanza anche il provvedimento di revoca della dichiarazione di decadenza.

La decadenza si verifica automaticamente al ricorrere delle condizioni previste dell' art. 208 c.p.c., ma occorre che essa sia dichiarata, anche d'ufficio, dal giudice, a meno che la controparte non insista per l'assunzione. Difatti, una volta ammesso il mezzo di prova, anche la parte che non lo abbia richiesto potrebbe avere interesse alla relativa assunzione. La regola costituisce dunque una specifica declinazione del principio del contraddittorio (nella fase istruttoria).

La revoca dell'ordinanza dichiarativa della decadenza può essere disposta dal giudice soltanto in presenza di un'oggettiva inimputabilità alla parte della mancata comparizione e non anche quando l'assenza sia dovuta a mera negligenza.

Debbono ritenersi applicabili anche al giudizio amministrativo, perché implicate dalla logica processuale, le norme dettate dall' art. 209 c.p.c., secondo cui il giudice «dichiara chiusa» l'assunzione quando siano stati eseguiti i mezzi di prova ammessi e non ve ne siano altri da assumere o quando il giudice ravvisi la superfluità di assumere tutti i mezzi di prova ammessi, tenuto conto dei risultati già raggiunti. Sebbene infatti nel processo amministrativo non sia previsto che il giudice adotti un'espressa dichiarazione di chiusura dell'istruttoria, nondimeno la fase istruttoria del giudizio cesserà, implicitamente, nelle medesime ipotesi contemplate dall' art. 209 c.p.c. Peraltro occorre tener conto della diversità strutturale tra il processo civile e quello amministrativo: in quest'ultimo, come più volte ricordato, non esiste una fase istruttoria autonomamente disciplinata come nel processo civile e, tanto meno, è contemplata la figura del giudice istruttore. Sicché la fase istruttoria, ove vi sia stata, si chiude, di fatto, con la (fine della) discussione della causa avanti al collegio. Quest'ultimo, peraltro, dispone di un'ampia discrezionalità in materia istruttoria e, quindi, può accadere che, anche dopo essersi ritirato in camera di consiglio per la decisione, il collegio decida di rimettere la causa sul ruolo, con ordinanza, qualora ritenga che sia necessario integrare il materiale probatorio acquisito.

Il comma 4 della disposizione in rassegna prevede inoltre che il segretario comunichi alle parti (costituite) l'avviso che l'istruttoria disposta è stata eseguita e che i relativi atti sono a disposizione delle parti presso la segreteria. Tale regola discende dal principio del contraddittorio, dal momento che solo la conoscibilità degli esiti della compiuta istruttoria consente alle parti di esercitare in maniera consapevole il loro diritto di difesa.

Va precisato che la comunicazione del segretario si riferisce all'esecuzione del singolo mezzo di prova esperito dal giudice e, quindi, essa non segna in senso proprio la fine della fase istruttoria, ben potendo il giudice eventualmente disporre altri incombenti.

La verbalizzazione dell'assunzione dei mezzi di prova

Al segretario spetta anche, in via ordinaria, la verbalizzazione dell'assunzione dei mezzi di prova, sebbene la disposizione in commento accenni a tale attività solo con riferimento ai mezzi di prova assunti fuori dell'udienza; in tal senso dispone anche il comma 2 dell’art. 11 disp. att. c.p.a.. Non vi è dubbio, tuttavia, che il segretario sia tenuto a documentare, tramite la redazione del verbale, anche quanto avvenga in udienza. Deve ritenersi applicabile anche alla verbalizzazione quanto disposto dal codice di procedura civile, in forza del generale rinvio contenuto nel comma 1 della disposizione in rassegna. Segnatamente, con riguardo alla verbalizzazione, occorre far riferimento all' art. 207 c.p.c., secondo cui dell'assunzione dei mezzi di prova è redatto processo verbale sotto la direzione del giudice, le dichiarazioni rese dalle parti sono riportate in prima persona e lette al dichiarante e il giudice, nel riportare le dichiarazioni delle parti, può anche descriverne il contegno.

Attraverso la redazione del verbale la prova costituenda può quindi entrare nel fascicolo della causa.

Attualmente sia il verbale sia il fascicolo delle liti (introdotte a decorrere dal 1° gennaio 2017) sono completamente digitalizzati.

Al pari di ogni atto pubblico il verbale, redatto e sottoscritto dal segretario (pubblico ufficiale nell'esercizio delle funzioni), fa piena prova fino a querela di falso di quanto indicato dall' art. 2700 c.c., ossia di quanto il segretario attesti essere avvenuto in sua presenza.

Il contenuto del verbale è disciplinato dall' art. 126 c.p.c., secondo cui esso deve contenere l'indicazione delle persone intervenute e delle circostanze di luogo e di tempo nelle quali gli atti documentati siano stati compiuti; deve inoltre contenere la descrizione delle attività svolte e delle rilevazioni fatte, nonché le dichiarazioni ricevute. Il verbale è sottoscritto dal cancelliere (dal segretario, nel rito amministrativo) e, se vi sono altri intervenuti, il cancelliere (o il segretario), quando la legge non dispone altrimenti, dà loro lettura del verbale medesimo (va tenuto presente che il verbale d'udienza deve essere sottoscritto anche dal giudice a norma dell' art. 130 c.p.c.).

Bibliografia

Gioia, Cooperazione fra Autorità Giudiziarie degli Stati CE nell'assunzione delle prove in materia civile e commerciale, in Nuove leggi civ. comm., 2001, 6; Saravalle, La Convenzione dell'Aja sull'assunzione di prove all'estero, in Dir. comm. internaz., 1987, 490.

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