Decreto legislativo - 2/07/2010 - n. 104 art. 119 - Rito abbreviato comune a determinate materie

Raffaele Tuccillo

Rito abbreviato comune a determinate materie

 

1. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano nei giudizi aventi ad oggetto le controversie relative a:

a) i provvedimenti concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture nonché i provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche, salvo quanto previsto dagli articoli 120 e seguenti1;

b) i provvedimenti adottati dalle Autorità amministrative indipendenti, con esclusione di quelli relativi al rapporto di servizio con i propri dipendenti;

b-bis) i provvedimenti adottati dall'Agenzia per la cybersicurezza nazionale2;

c) i provvedimenti relativi alle procedure di privatizzazione o di dismissione di imprese o beni pubblici, nonché quelli relativi alla costituzione, modificazione o soppressione di società, aziende e istituzioni da parte degli enti locali;

c-bis) i provvedimenti adottati nell'esercizio dei poteri speciali inerenti alle attività di rilevanza strategica nei settori della difesa e della sicurezza nazionale e nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni 3;

d) i provvedimenti di nomina, adottati previa delibera del Consiglio dei ministri;

e) i provvedimenti di scioglimento degli organi di governo degli enti locali e quelli connessi, che riguardano la loro formazione e il loro funzionamento 4;

f) i provvedimenti relativi alle procedure di occupazione e di espropriazione delle aree destinate all'esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità e i provvedimenti di espropriazione delle invenzioni adottati ai sensi del codice della proprietà industriale;

g) i provvedimenti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive;

h) le ordinanze adottate in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e i consequenziali provvedimenti commissariali;

i) il rapporto di lavoro del personale dei servizi di informazione per la sicurezza, ai sensi dell'articolo 22, della legge 3 agosto 2007, n. 124;

l) le controversie comunque attinenti alle procedure e ai provvedimenti della pubblica amministrazione in materia di impianti di generazione di energia elettrica di cui al decreto legge 7 febbraio 2002, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2002, n. 55, comprese quelle concernenti la produzione di energia elettrica da fonte nucleare, i rigassificatori, i gasdotti di importazione, le centrali termoelettriche di potenza termica superiore a 400 MW nonché quelle relative ad infrastrutture di trasporto ricomprese o da ricomprendere nella rete di trasmissione nazionale o rete nazionale di gasdotti 5;

m) i provvedimenti della commissione centrale per la definizione e applicazione delle speciali misure di protezione, recanti applicazione, modifica e revoca delle speciali misure di protezione nei confronti dei collaboratori e testimoni di giustizia.

m-bis) le controversie aventi per oggetto i provvedimenti dell' Agenzia nazionale di regolamentazione del settore postale di cui alla lettera h) del comma 2 dell'articolo 37 della legge 4 giugno 2010, n. 96, compresi quelli sanzionatori ed esclusi quelli inerenti ai rapporti di impiego 6,

m-ter) i provvedimenti dell'Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua istituita dall'articolo 10, comma 11, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 1067;

m-quater) le azioni individuali e collettive avverso le discriminazioni di genere in ambito lavorativo, previste dall'articolo 36 e seguenti del decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 198, quando rientrano, ai sensi del citato decreto, nella giurisdizione del giudice amministrativo8;

m-quinquies) gli atti e i provvedimenti adottati in esecuzione di una decisione di recupero di cui all'articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 20159.

m-sexies) i provvedimenti di espulsione dello straniero adottati dal Ministro dell'interno ai sensi degli articoli 9, comma 10, primo periodo, e 13, comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e quelli adottati ai sensi dell'articolo 3 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 15510.

m-septies) l'autorizzazione unica di cui agli articoli 52-bis e seguenti del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, per le infrastrutture lineari energetiche, quali i gasdotti, gli elettrodotti, gli oleodotti e le reti di trasporto di fluidi termici, ivi inclusi le opere, gli impianti e i servizi accessori connessi o funzionali all'esercizio degli stessi, i gasdotti e gli oleodotti necessari per la coltivazione e lo stoccaggio degli idrocarburi, nonché rispetto agli atti riferiti a tali infrastrutture inerenti alla valutazione ambientale strategica, alla verifica di assoggettabilità e alla valutazione di impatto ambientale e a tutti i provvedimenti, di competenza statale o regionale, indicati dall'articolo 27 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonché agli atti che definiscono l'intesa Stato-regione11.

m-octies) i provvedimenti che si assumono lesivi di diritti sindacali del singolo militare o dell'associazione professionale a carattere sindacale tra militari che lo rappresenta12.

m-novies) i provvedimenti relativi alle procedure di risanamento e risoluzione delle controparti centrali di cui al regolamento (UE) 2021/2313.

2. Tutti i termini processuali ordinari sono dimezzati salvo, nei giudizi di primo grado, quelli per la notificazione del ricorso introduttivo, del ricorso incidentale e dei motivi aggiunti, nonché quelli di cui all'articolo 62, comma 1, e quelli espressamente disciplinati nel presente articolo.

3. Salva l'applicazione dell'articolo 60, il tribunale amministrativo regionale chiamato a pronunciare sulla domanda cautelare, accertata la completezza del contraddittorio ovvero disposta l'integrazione dello stesso, se ritiene, a un primo sommario esame, la sussistenza di profili di fondatezza del ricorso e di un pregiudizio grave e irreparabile, fissa con ordinanza la data di discussione del merito alla prima udienza successiva alla scadenza del termine di trenta giorni dalla data di deposito dell'ordinanza, disponendo altresì il deposito dei documenti necessari e l'acquisizione delle eventuali altre prove occorrenti. In caso di rigetto dell'istanza cautelare da parte del tribunale amministrativo regionale, ove il Consiglio di Stato riformi l'ordinanza di primo grado, la pronuncia di appello è trasmessa al tribunale amministrativo regionale per la fissazione dell'udienza di merito. In tale ipotesi, il termine di trenta giorni decorre dalla data di ricevimento dell'ordinanza da parte della segreteria del tribunale amministrativo regionale, che ne dà avviso alle parti.

4. Con l'ordinanza di cui al comma 3, in caso di estrema gravità ed urgenza, il tribunale amministrativo regionale o il Consiglio di Stato possono disporre le opportune misure cautelari. Al procedimento cautelare si applicano le disposizioni del Titolo II del Libro II, in quanto non derogate dal presente articolo.

5. Quando almeno una delle parti, nell'udienza discussione, dichiara di avere interesse alla pubblicazione anticipata del dispositivo rispetto alla sentenza, il dispositivo è pubblicato mediante deposito in segreteria, non oltre sette giorni dalla decisione della causa. La dichiarazione della parte è attestata nel verbale d'udienza.

6. La parte può chiedere al Consiglio di Stato la sospensione dell'esecutività del dispositivo, proponendo appello entro trenta giorni dalla relativa pubblicazione, con riserva dei motivi da proporre entro trenta giorni dalla notificazione della sentenza ovvero entro tre mesi dalla sua pubblicazione. La mancata richiesta di sospensione dell'esecutività del dispositivo non preclude la possibilità di chiedere la sospensione dell'esecutività della sentenza dopo la pubblicazione dei motivi.

7. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche nei giudizi di appello, revocazione e opposizione di terzo.

 

[1] Lettera inizialmente modificata dall'articolo 1, comma 1, lettera a), del D.L. 5 ottobre 2018, n. 115,  come corretto con Errata Corrige pubblicata in (in Gazz. Uff., 8 ottobre 2018, n. 234). Successivamente a norma del Comunicato del Ministero della Giustizia 6 dicembre 2018 (in Gazz. Uff. 6 dicembre 2018, n. 284), il predetto D.L. 115/2018 non è stato convertito in legge nel termine di sessanta giorni. Lettera da ultimo modificata dall’articolo 1, comma 649, lettera a) della legge 30 dicembre 2018, n. 145.

[2] Lettera inserita dall'articolo 7-bis, comma 1, lettera a), del D.L. 8 agosto 2025, n. 116, convertito con modificazioni, dalla Legge 3 ottobre 2025, n. 148.

[3] Lettera inserita dall' articolo 3, comma 6, del D.L. 15 marzo 2012, n. 21, convertito con modificazioni in Legge 11 maggio 2012, n. 56 .

[10] Lettera aggiunta dall'articolo 16, comma 1, del D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, convertito con modificazioni dalla Legge 13 aprile 2017, n. 46 e successivamente modificata dall'articolo 1, comma 2, del D.L. 5 ottobre 2023, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla Legge 1° dicembre 2023, n. 176.

[11] Lettera aggiunta dall'articolo 50-bis, del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito con modificazioni dalla Legge 11 settembre 2020, n. 120.

Note operative

Tipologia di atto Termine Decorrenza
Ricorso di primo grado (notificazione) Termine e decorrenza previsti per l'esercizio delle singole azioni introdotte con il ricorso senza dimezzamento (60 giorni per l'azione di annullamento).
Deposito del ricorso e degli altri atti processuali (ricorso incidentale, motivi aggiunti) 15 giorni (salve proroghe ex art. 45, 30 o 60 giorni) Momento in cui l'ultima notificazione dell'atto si è perfezionata anche per il destinatario (possibilità di depositare prima con obbligo di produrre successivamente la prova del perfezionamento della notificazione).
Ricorso incidentale (notificazione) Termine e decorrenza previsti per l'esercizio delle singole azioni introdotte con il ricorso senza dimezzamento (60 giorni per l'azione di annullamento). Data di notificazione del ricorso principale (per i soggetti intervenuti il termine decorre dall'effettiva conoscenza della proposizione del ricorso principale).
Motivi aggiunti Termini e decorrenza sono gli stessi previsti per il ricorso e, quindi, sono quelli previsti per l'esercizio delle singole azioni introdotte con il ricorso (60 giorni per l'azione di annullamento)
Costituzione delle parti intimate 30 giorni (salve proroghe ex art. 45, 45 o 75 giorni) Dal perfezionamento nei propri confronti della notificazione del ricorso
Regolamento di competenza e decisioni sulla competenza V. i termini del rito ordinario e applica il dimezzamento. Si ritiene non soggetto a dimezzamento, per espressa previsione dell'art. 16, il solo termine per notificare il regolamento di competenza (30 giorni dalla notificazione o 60 giorni dalla pubblicazione dell'ordinanza).
Atto di intervento (deposito) fino a 15 giorni prima dell'udienza.
Camera di consiglio per la trattazione della domanda cautelare Prima camera di consiglio successiva al decimo giorno dal perfezionamento, anche per il destinatario, dell'ultima notificazione e, altresì, al quinto giorno dal deposito del ricorso.
Udienza di merito fissata con ordinanza all'esito dell'udienza cautelare Prima udienza utile decorsi trenta giorni dal deposito dell'ordinanza.
Memorie e documenti per la camera di consiglio cautelare 1 giorno libero Prima della camera di consiglio
Comunicazione decreto di fissazione di udienza 30 giorni Prima dell'udienza
23 giorni Su accordo delle parti, se l'udienza di merito è fissata a seguito di rinuncia alla definizione autonoma della domanda cautelare
Produzione di documenti 20 giorni liberi Prima dell'udienza
Produzione di memorie 15 giorni liberi Prima dell'udienza
Repliche scritte 10 giorni liberi Prima dell'udienza
Redazione sentenza 23 giorni Dalla data della decisione della causa.
Pubblicazione anticipata dispositivo (a richiesta di parte) 7 giorni Dalla decisione della causa
Comunicazione alle parti costituite del deposito della sentenza 3 giorni Dal deposito
Perenzione 6 mesi (oltre all'eventuale periodo feriale)
Appello cautelare (notificazione) 30 giorni Dalla notificazione dell'ordinanza
60 giorni Dalla pubblicazione dell'ordinanza
Appello avverso sentenze o dispositivi di sentenza (notificazione) 30 giorni Dalla notificazione della sentenza o del dispositivo
3 mesi Dalla pubblicazione della sentenza o del dispositivo
Appello (deposito) 15 giorni Dall'ultima notificazione del ricorso
Motivi (in caso di impugnazione del dispositivo) 30 giorni Dalla notificazione della sentenza
3 mesi Dalla pubblicazione della sentenza o del dispositivo
Appello incidentale (notificazione) 30 giorni Dalla notificazione della sentenza o, se anteriore, entro 30 giorni dalla prima notificazione nei suoi confronti di altra impugnazione
Appello incidentale (deposito) 15 giorni Dall'ultima notificazione
Appello incidentale tardivo (notificazione) 30 giorni Dalla data in cui si è perfezionata nei suoi confronti la notificazione dell'impugnazione principale
Appello incidentale tardivo (deposito) 5 giorni Dalla notificazione
  Termini relativi al rito speciale PNRR (art. 12-bis d.l. 16 giugno 2022, n. 68, convertito con modificazione dalla l. 5 agosto 2022 n. 108)  
Tipologia di atto Termine Decorrenza
Udienza di discussione

In caso di accoglimento dell’istanza cautelare dinanzi al Tar, prima udienza successiva alla scadenza del termine di 30 giorni dalla data di deposito dell’ordinanza di accoglimento dell’istanza cautelare.

In caso di accoglimento dell’istanza cautelare per effetto di riforma del provvedimento di primo grado da parte del CDS, 30 giorni decorrenti dalla data di ricevimento dell’ordinanza da parte della segreteria del Tar che ne dà avviso alle parti
 
Redazione della sentenza V. rito in materia di procedure di affidamento dei contratti pubblici.   
Altri termini processuali Dimezzati (v. rito abbreviato).  

Inquadramento

L'art. 119, nel riprendere in parte il contenuto dell' art. 23-bis l. 6 dicembre 1971, n. 1034 (Lipari), disciplina il rito abbreviato che si applica al contenzioso avente ad oggetto le materie tassativamente elencate al primo comma della disposizione.

Tra le controversie indicate sono comprese quelle relative ai provvedimenti concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture, che trovano, tuttavia, la loro regolamentazione primaria negli artt. 120 ss., con la conseguenza che la normativa in esame si applica solo in quanto non diversamente previsto dalle norme ad essa dedicate, come emerge dalla clausola di salvezza posta alla lett. a, del primo comma dell'art. 119 «salvo quanto previsto dagli articoli 120 e seguenti».

Si tratta di un rito diretto a garantire una rapida definizione della controversia e, quindi, caratterizzato da una rapida scansione dei termini processuali (De Nictolis). Più in particolare: il secondo comma della disposizione prevede e disciplina il dimezzamento dei termini processuali e le relative deroghe; è poi prevista la possibilità di una rapida definizione del merito nel caso in cui il ricorso presenti profili di periculum e di fumus; la pubblicazione anticipata del dispositivo rispetto alla motivazione se vi è istanza di parte in tal senso; il dimezzamento dei termini per il deposito della sentenza e per la proposizione dell'appello. Le norme contenute nell'art. 119 trovano applicazione anche ai giudizi di appello, revocazione e opposizione di terzo. Il rito si caratterizza come speciale rispetto a quello ordinario, per la rapida scansione dei tempi processuali, con una generalizzata previsione di termini dimezzati.

Ambito di applicazione

Come emerge dall'esame del quarto comma della disposizione il rito abbreviato comune si applica ai soli giudizi che si svolgono dinanzi al Consiglio di Stato e al Tar; pertanto, non trova applicazione non solo per quelle fasi del processo amministrativo che si svolgono davanti a giudici diversi da Tar e Consiglio di Stato, come il regolamento di giurisdizione dinanzi alla Corte di Cassazione, ma anche ai giudizi che vedono la pubblica amministrazione come parte davanti al giudice ordinario o ad arbitri. Per quanto concerne il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica deve considerarsi che, a differenza di quanto espressamente previsto per il rito appalti, lo stesso rimane esperibile per quanto concerne le procedure rientranti in una delle materie indicate. L'alternatività del ricorso straordinario si riscontra con il processo dinanzi agli organi della giustizia amministrativa e prescinde dal tipo di rito, ordinario o speciale, applicabile, salva espressa esclusione da parte del legislatore. Il codice non chiarisce se il rito speciale debba trovare applicazione per quanto concerne i momenti di raccordo tra ricorsi amministrativi e ricorso giurisdizionale (trasposizione del ricorso straordinario in sede giurisdizionale e silenzio rifiuto sul ricorso gerarchico). Muovendo dalla considerazione che il rapporto processuale in caso di trasposizione si instaura con il deposito del ricorso in sede giurisdizionale, è stato osservato che, anche nel rito previsto dall'art. 119, il termine di sessanta giorni per la trasposizione, previsto dall'art. 48, è dimezzato a trenta giorni (e nello stesso termine andrà effettuata la notifica dell'avviso alle parti).

In ogni caso, la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che il rito abbreviato, pur essendo applicabile a un numero rilevante di materie, ha carattere eccezionale, con la conseguenza che l'elenco di cui all'art. 119, comma 1, è tassativo e non suscettibile di applicazione analogica ( T.A.R. Veneto, n. 6/2016; Cons. St. IV, n. 4131/2013; Cons. St. IV n. 6240/2019). Ai fini dell'applicabilità del rito è inoltre irrilevante la condotta delle parti e del giudice di primo grado, essendo doverosa l'applicazione delle disposizioni processuali ( Cons. St. Ad. plen., n. 10/2011), salva rimessione in termini per errore scusabile per la parte che abbia fatto affidamento sul comportamento del giudice, ove ne ricorrano i presupposti ( Cons. St. Ad. plen., n. 32/2012).

L'ambito applicativo oggettivo della disciplina comprende non solo i provvedimenti, ma anche gli atti endoprocedimentali autonomamente lesivi e gli atti di secondo grado, quali gli atti di annullamento o di revoca dei provvedimenti indicati all'art. 119.

Nel caso in cui il ricorso rechi una pluralità di domande connesse fra di loro e soggette a riti diversi, per la sua definizione si applica, ai sensi dell'art. 32, il rito ordinario, salvo che taluna delle domande connesse sia soggetta al rito previsto dall'art. 119 o dall'art. 120 che si estende anche alle altre domande in astratto soggette ad altri riti ( Cons. St. VI, n. 3999/2011; Cons. St. III, n. 5416/2020). L'estensione del rito abbreviato per connessione è prevista dal legislatore solo in caso di impugnazione dei provvedimenti connessi con unico ricorso.

In ogni caso, il riferimento all'espressione provvedimenti compresa nella maggior parte delle lettere del primo comma dell'art. 119 e la stessa ratio della disposizione, da rapportarsi ad esigenze acceleratorie, comportano che il rito non sia applicabile alle controversie meramente risarcitorie proposte in relazione agli appalti pubblici o ad altra controversia indicata nell'elenco in esame (Cons. St. IV, n. 3514/2021).

Il rito abbreviato si applica, invece, se la domanda di risarcimento del danno è proposta congiuntamente alla domanda di annullamento del provvedimento ( T.A.R. Basilicata, n. 370/2014). Pertanto, la giurisprudenza ha evidenziato che la riconducibilità della domanda nell'esclusivo alveo dell'azione di condanna al risarcimento in forma specifica per danni verificatisi in un procedimento ablatorio, mediante restituzione del bene nelle originarie condizioni, e al ristoro del danno conseguente all'illegittima sottrazione all'ordinario utilizzo del bene a seguito dell'occupazione, comporta l'inapplicabilità al giudizio del rito abbreviato di cui all'art. 119, comma 1, lett. h), non venendo in rilievo l'impugnazione di alcuno dei provvedimenti in esso indicati ( Cons. St. V, n. 5551/2016).

Provvedimenti concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture e di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche sportive

La disposizione contiene una formulazione parzialmente differente da quella di cui all'art. 120, comma 1, facendo riferimento ai provvedimenti e non agli atti, ma dal diverso tenore letterale delle espressioni linguistiche utilizzate non sembrano derivare effetti pratici specifici. Occorre in ogni caso segnalare che l'applicabilità ai giudizi in questione della disciplina di cui all'art. 119 è subordinata all'assenza di una diversa previsione normativa da parte del legislatore negli artt. 120 ss.

 L'art. 1 del d.l. 5 ottobre 2018, n. 115, recante “Disposizioni urgenti in materia di giustizia amministrativa, di difesa erariale e per il regolare svolgimento delle competizioni sportive”, modificando il comma 1, lett. a), della disposizione ha esteso il rito di cui all'art. 119 anche ai provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche.

Tuttavia, tale decreto legge non è stato convertito dalle Camere e la modifica non è quindi più in vigore. Con l'art. 1, comma 649, lett. a), della l. 30 dicembre 2018, n. 145, recante “Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021”, è stata nuovamente prevista l'applicabilità del rito abbreviato ai citati provvedimenti.

Sulle differenze tra il rito appalti e il rito speciale comune si veda commento sub art. 120.

Provvedimenti adottati da autorità indipendenti

Il legislatore ha escluso dall'ambito applicativo del rito le controversie sui provvedimenti relativi al rapporto di servizio con i dipendenti delle autorità.

L'art. 119, nella parte in cui sottrae al dimezzamento dei termini i provvedimenti delle Autorità indipendenti relativi al rapporto di servizio con i propri dipendenti, fa riferimento solo alle controversie fra il datore di lavoro e il lavoratore per questioni relative ai rispettivi diritti e obblighi inerenti al rapporto di lavoro e non anche alla controversia promossa da un terzo, estraneo al rapporto, avverso l'atto di assunzione di un dipendente dell'autorità (Cons. St. III, n. 5879/2015).

Nell'ordinamento giuridico interno manca una disciplina generale sulle autorità amministrative indipendenti che ne consenta un'agevole individuazione, né a una definizione può pervenirsi per il tramite dell'art. 133, comma 1, lett. l), che si limita a indicare alcune autorità al fine di stabilire la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (De Nictolis). Occorre ovviamente considerare che l'art. 119 si applica ai provvedimenti delle Autorità indipendenti nelle ipotesi in cui il giudice amministrativo abbia giurisdizione su di essi, ma può trovare applicazione anche per autorità differenti da quelle indicate all'art. 133, comma 1, lett. l). Gli elementi idonei a qualificare le Autorità sono da analizzare in modo casistico e riguardano: l'indipendenza formale e sostanziale dal potere esecutivo; l'autonomia organizzativa, finanziaria e contabile; la mancanza di controlli; la non soggezione alle direttive o all'indirizzo del potere esecutivo; la garanzia di autonomia dei componenti.

In giurisprudenza si è osservato che le Autorità amministrative indipendenti si caratterizzano per la loro piena indipendenza di giudizio e di valutazione la quale non va intesa come forma di esonero dall'applicazione della disciplina di carattere generale riguardante le pubbliche amministrazioni, ma comporta che, tranne i casi espressamente previsti dalla legge, il potere esecutivo non può esercitare la tipica funzione di indirizzo e coordinamento, nel senso che non può influire sull'esercizio dei poteri tecnico discrezionali spettanti all'Autorità ( Cons. St. IV, n.4231/2013).

Si ritengono rientranti nel novero delle Autorità indipendenti: la Consob, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, l'Anac, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, la Commissione di garanzia per l'attuazione della legge sul diritto di sciopero, l'Autorità per i servizi di pubblica utilità, il Garante per la protezione dei dati personali. Permangono in dottrina e in giurisprudenza dubbi su alcune amministrazioni. Occorre osservare che l'art 133, comma 1, lett. l), in tema di giurisdizione elenca delle Autorità, ma non le qualifica espressamente come Autorità amministrative indipendenti, mentre l'art. 119 per il rito speciale fa espresso riferimento alle Autorità amministrative indipendenti. L'art. 133, inoltre, non è esaustivo di tutte le Autorità amministrative indipendenti, mentre include enti per i quali è dubbia la qualificazione come Autorità indipendente. Ne discende che non vi è parallelismo né coincidenza tra l'art. 119, lett. b) e l'art. 133 lett. l). Si deve, quindi, ritenere che il rito abbreviato riguardi anche Autorità non comprese nell'art. 133, ove sui loro atti il giudice amministrativo abbia una giurisdizione di legittimità e, per converso, non riguardi quelle Autorità che, pur elencate nell'art. 133, lett. l), non siano qualificabili come Autorità indipendenti.

Occorre ancora precisare che, nel caso dell'Anac: qualora gli atti da questa emessi vengano impugnati in connessione con atti della procedura di affidamento, si applicherà il rito appalti previsto dagli artt. 120 ss.; nel caso in cui vengano impugnati autonomamente si applicherà il rito speciale di cui all'art. 119 (T.A.R. Lazio (Roma), n. 5019/2016).

La disposizione deve ritenersi applicabile anche ai provvedimenti adottati dall'Autorità garante per la concorrenza e per il mercato previsti dall'art. 37-bis del d.lgs. 6 settembre 2006, n. 205, codice del consumo, aventi ad oggetto l'accertamento della vessatorietà delle clausole, la cui impugnazione è riservata alla giurisdizione del giudice amministrativo.

Anche l'impugnazione degli atti della Banca d'Italia soggiace alla dimidiazione dei termini previsti per il deposito del ricorso dall'art. 119 con la conseguenza che è irricevibile il ricorso proposto per l'annullamento di provvedimenti della Banca d'Italia e depositato oltre il termine di quindici giorni, trattandosi di provvedimento di un'autorità amministrativa indipendente preposta all'espletamento di funzioni di vigilanza e controllo sul settore sensibile del credito e del risparmio (Cons. St. VI, n. 6754/2011).

Procedure di privatizzazione o dismissione

La norma si riferisce a una pluralità di atti e procedimenti: la privatizzazione e la dismissione di imprese pubbliche; la privatizzazione e la dismissione di beni pubblici; la costituzione, la modificazione e l'estinzione di aziende, società, istituzioni da parte degli enti locali.

Per privatizzazione si può intendere la trasformazione del regime della impresa o del bene dal diritto pubblico al diritto privato, come può avvenire in ipotesi di sdemanializzazione del bene pubblico o nella trasformazione dell'impresa pubblica in società per azioni. In linea teorica, l'espressione privatizzazione va intesa in senso ampio, con riferimento sia alla privatizzazione puramente formale sia a quella sostanziale (che si realizza mediante l'ingresso di privati nella titolarità dell'impresa).

Anche la cartolarizzazione degli immobili appartenenti allo Stato e agli enti pubblici disciplinata dal d.l. 25 settembre 2001 n. 351, convertito nella l. 23 novembre 2001 n. 410, è compresa nel più vasto ambito delle procedure di privatizzazione o di dismissione di imprese o beni pubblici e rientra nell'ambito applicativo dell'art. 119, comma 1, lett. c), ( T.A.R. Puglia (Lecce), n. 751/2014).

Il lemma «dismissione» è da intendersi con riferimento alla vendita dell'impresa o del bene pubblico con cambiamento della titolarità dello stesso.

Nell'ipotesi di dismissione del patrimonio pubblico la dimidiazione dei termini processuali, prevista dall'art. 119, trova applicazione solo per le procedure che espressamente il legislatore disciplina per la dismissione di specifici beni o di classi di beni pubblici, e non per un singolo bene al di fuori di tali procedure legalmente tipizzate atteso che, diversamente ritenendo, ogni asta effettuata per la vendita di beni di proprietà pubblica configurerebbe una dismissione di beni pubblici, venendo con ciò meno la ratio sottesa all'instaurazione di un processo celere, dato che non ogni compravendita di beni pubblici si regge su esigenze di urgenza e di organico intervento espresso in un programma di risanamento del bilancio dell'ente interessato; inoltre l'art. 119, incidendo in via di eccezione e restrittivamente su una disciplina giuridica che dà concreta attuazione a diritti fondamentali del cittadino ( art. 24 Cost.), non può che essere interpretato in senso restrittivo e quindi, in linea di principio, applicato alle procedure espressamente disciplinate dal legislatore per la dismissione di beni pubblici ( Cons. St. V, n. 4905/2012). In generale, la disposizione è stata ritenuta applicabile sia in ipotesi di programmi generali di dismissione sia con riferimento agli atti attuativi di tali programmi che alla vendita di beni pubblici ( Cons. St. V, n. 2814/2008). È stata anche ritenuta l'applicabilità del rito al procedimento di qualificazione degli immobili come di pregio ( Cons. St. Ad. plen., n. 32/2012).

La controversia avente ad oggetto la costituzione, da parte di un'Università, di una società di engineering totalmente partecipata, inizialmente, dall'Università medesima, mediante scissione di una precedente società a totale partecipazione universitaria non è soggetta al rito abbreviato, in quanto si è al di fuori sia della procedura di affidamento di incarico di progettazione – lett. a) –, che postula un ruolo dell'ente pubblico come stazione appaltante e non come operatore economico, sia dell'attività tecnico-amministrativa connessa, non essendovi una connessione immediata e diretta tra la costituzione della società e il ruolo di stazione appaltante ovvero di operatore economico dell'Università. La vicenda societaria esula anche dal campo di applicazione della lett. e) dell'art. 119 atteso che non si tratta di costituzione di una società da parte di un ente locale, ma da parte di un'Università e non vi è stata procedura di privatizzazione in quanto da una società a totale partecipazione pubblica sono derivate due società parimenti a totale partecipazione pubblica e non vi è stata dismissione di imprese o beni pubblici ( Cons. St. Ad. plen., n. 10/2011).

Spettano alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto l'attività unilaterale prodromica alla vicenda societaria, considerata dal legislatore di natura pubblicistica, con cui un ente pubblico delibera di costituire una società (provvedendo anche alla scelta del socio) o di parteciparvi o di procedere ad un atto modificativo o estintivo della società medesima o di interferire, nei casi previsti dalla legge, nella vita della stessa; spettano, invece, alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie aventi ad oggetto gli atti societari a valle della scelta di fondo di utilizzo del modello societario, le quali restano interamente soggette alle regole del diritto commerciale proprie del modello recepito, dal contratto di costituzione della società, alla successiva attività della compagine societaria partecipata con cui l'ente esercita, dal punto di vista soggettivo e oggettivo, le facoltà proprie del socio (azionista), fino al suo scioglimento. Né è ravvisabile una ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in quanto non vi è nella legge alcuna norma in tal senso. Infatti, i provvedimenti relativi alle procedure di privatizzazione o di dismissione di imprese o beni pubblici, nonché quelli relativi alla costituzione, modificazione o soppressione di società, aziende e istituzioni da parte degli enti locali, sono soggette al rito abbreviato di cui all'art. 119, comma 1, let. c), senza che ciò implichi che la cognizione di tutte le relative controversie sia riservata dalla legge al giudice amministrativo; la disposizione citata non contiene norme sulla giurisdizione e quindi non modifica i normali criteri di riparto, limitandosi a dettare particolari regole di procedura per la trattazione di tali giudizi (T.A.R. Sicilia (Palermo), n. 2153/2016).

Esercizio di poteri nell'attività di rilevanza strategica

Con l' art. 3, comma 6, del d.l. 15 marzo 2012, n. 21, convertito in l. 11 maggio 2012, n. 56, il legislatore ha esteso l'applicazione del rito comune anche ai provvedimenti adottati nell'esercizio di poteri speciali inerenti alle attività di rilevanza strategica nei settori della difesa e della sicurezza nazionale e nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni.

I provvedimenti di nomina previa delibera del Consiglio dei Ministri

La disposizione, a differenza della let. f) dell' art. 23-bis della l. n. 1034/1971, non contiene più il riferimento alla l. n. 400/1988, con la conseguenza che deve ritenersi sufficiente la previa delibera del Consiglio dei ministri a prescindere dalla fonte normativa che preveda il potere di nomina. Il rito si applica sia all'impugnazione dei provvedimenti di nomina che agli atti preparatori, connessi e di secondo grado, quali atti di modifica, integrazione, revoca e annullamento della nomina.

I provvedimenti di scioglimento degli organi di governo degli enti locali e i provvedimenti connessi

La disposizione è stata modificata per effetto del d.lgs. n. 58/2012, il quale ha così chiarito che rientrano nel relativo ambito applicativo i provvedimenti di scioglimento di organi di governo di enti locali (la previsione non sembra quindi interessare lo scioglimento degli organi regionali), nonché quelli connessi concernenti la formazione e il funzionamento di tali organi (tra i quali rientra la nomina di organi straordinari che sostituiscono interinalmente quelli sciolti).

La norma fa esclusivo riferimento ai provvedimenti finali di scioglimento, ma si ritiene che la stessa sia applicabile anche agli atti intermedi del procedimento di scioglimento in quanto autonomamente lesivi e agli atti di secondo grado quali quelli di autotutela (De Nictolis). La disposizione si applica agli atti connessi a quelli di scioglimento, quali le nomine degli organi straordinari che sostituiscono gli organi sciolti.

Il processo speciale disciplinato dall'art. 119 non si applica alla impugnazione della revoca del presidente del Consiglio comunale da parte del medesimo consiglio. Si tratta di una controversia che non può essere ricondotta né alla categoria giuridica dello scioglimento dell'ente locale né ai connessi provvedimenti relativi al funzionamento o alla formazione degli organi successivi allo scioglimento. Peraltro, avuto riguardo alla specialità della norma, la quale introduce una deroga ai termini previsti in genere dal codice per la proposizione dei ricorsi innanzi al giudice amministrativo, essa è di stretta interpretazione e, come tale, non è suscettibile di interpretazione estensiva (T.A.R. Sicilia (Catania), n. 1304/2011).

Occupazione ed espropriazione

L'art. 119, lett. f), prevede l'applicabilità del rito speciale ai provvedimenti relativi alle procedure di occupazione e di espropriazione delle aree destinate all'esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità, nonché ai provvedimenti di espropriazione delle invenzioni adottati in base al codice della proprietà industriale.

Per quanto concerne le espropriazioni immobiliari, la norma riprende l' art. 53, del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327. Sono soggette al rito speciale anche le impugnazioni aventi ad oggetto la dichiarazione di pubblica utilità ( Cons. St. IV, n. 5200/2006), nonché le domande dirette a ottenere la restituzione di un terreno di proprietà privata ( Cons. St. IV, n. 1823/2014). Ferma l'applicabilità del rito anche all'acquisizione coattiva sanante ( Cons. St. IV, n. 3245/2016 e T.A.R. Campania, n. 1945/2021), questo non è applicabile nel caso in cui in sede giudiziaria non sia in contestazione la legittimità in sé del provvedimento di acquisizione, ma si controverta in modo esclusivo sui connessi profili risarcitori ( Cons. St. VI, n. 4123/2011; anche T.A.R. Sicilia (Catania), n. 2014/2016). Allo stesso modo, è pertanto esclusa dall'applicabilità del rito la domanda con cui il ricorrente radichi un'azione di condanna sull'assunto del carattere illecito della protratta occupazione dei fondi senza titolo (T.A.R. Sicilia (Palermo), n. 2842/2015).

Per le controversie relative a procedure di occupazione e di espropriazione delle aree destinate all'esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità, sia per quel che concerne la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera, che costituisce a tutti gli effetti il primo atto della procedura espropriativa, sia per quel che riguarda il decreto costitutivo di servitù coattiva in sanatoria ex art. 42-bis D.P.R. n. 327/2001, trova applicazione la previsione dell'art. 119, comma 2, del D.Lgs. n. 104/2010 e, dunque, tutti i termini processuali ordinari sono dimezzati (Cons. St. V, n. 2726/2019).

La domanda di retrocessione nell'ambito della procedura di espropriazione per pubblica utilità non interseca né il procedimento espropriativo né quello realizzativo dell'opera pubblica e pertanto non può essere soggetta alla dimidiazione dei termini processuali previsti dall'art. 119; il presupposto applicativo dell'istituto è che il procedimento realizzativo si sia completato senza interessare il fondo espropriato del quale si chiede la retrocessione ( Cons. St. IV, n. 4131/2013). Non è neanche applicabile la disposizione per la controversia avente ad oggetto una variante al vecchio piano regolatore generale operata per renderlo compatibile con il piano di assetto del territorio, nonché la successiva approvazione del piano degli interventi, ossia l'approvazione di strumenti urbanistici tesi all'inserimento, nel contesto pianificato, di un'importante opera pubblica ( Cons. St. IV, n. 2569/2014).

Per quanto concerne le invenzioni industriali, la norma riprende il contenuto dell' art. 142, comma 5, del d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30, codice della proprietà industriale. La previsione si raccorda con le disposizioni in tema di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo di cui all'art. 133, comma 1, lett. g) e h).

Provvedimenti del CONI o delle federazioni sportive

La disposizione sottopone al rito abbreviato l'impugnazione dei provvedimenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle federazioni sportive ( Cons. St. VI, n. 3002/2013). Il regime processuale accelerato non si applica all'azione risarcitoria collegata all'adozione dei provvedimenti resi nell'ordinamento sportivo ( Cons. St. VI, n. 5998/2012).

Ordinanze per situazioni di emergenza

La disposizione sottopone al rito abbreviato le ordinanze adottate in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell' art. 5, comma 1 l. n. 225/1992. Nell'ambito di applicazione della normativa di cui all'art. 119, comma 1, lett. h) del D.Lgs. n. 104/2010 non rientrano tutti quei provvedimenti che, pur adottati dal commissario straordinario sulla base dei poteri conferitigli in virtù dell'emergenza, sono finalizzati ad attuare misure di prima riparazione e ricostruzione di quanto danneggiato da una calamità e non risultano volti a fronteggiare la medesima, assicurando i beni primari della vita, della sicurezza e della salute dei cittadini e la messa in sicurezza dei beni pubblici e privati (Cons. St. III n. 1937/2020).

In tema di giurisdizione si rinvia all'art. 133, comma 1, lett. p), il quale, a differenza dell'art. 119, contiene il riferimento al contenzioso sulla complessiva gestione del ciclo dei rifiuti, ipotesi non descritta dalla norma in esame.

Rapporto di lavoro del personale dei servizi segreti

La disposizione sottopone al rito abbreviato il rapporto di lavoro del personale dei servizi di informazione per la sicurezza ai sensi dell' art. 22 l. n. 124/2007. Il rito trova applicazione nelle ipotesi in cui il rapporto di lavoro si svolge in regime di diritto pubblico e vi sia la giurisdizione del giudice amministrativo.

Il contenzioso in materia di energia

Sono soggette al rito abbreviato ai sensi della lett. l), del primo comma dell'art. 119 le controversie comunque attinenti alle procedure e ai provvedimenti della pubblica amministrazione in materia di impianti di generazione di energia elettrica di cui al d.l. n. 7/2002 convertito in l. n. 55/2002, comprese quelle concernenti la produzione di energia elettrica di fonte nucleare, i rigassificatori, i gasdotti di importazione, le centrali termoelettriche di potenza termica superiore a 400MW, nonché quelle relative ad infrastrutture di trasporto ricomprese o da ricomprendere nella rete di trasmissione nazionale o rete nazione di gasdotti.

Il rito speciale abbreviato riguarda solo i provvedimenti relativi a impianti con potenza superiore a 400 MW termici, mentre per quelli con potenza pari o inferiore si applica il rito processuale ordinario. Invece, la parallela norma attributiva di giurisdizione esclusiva al giudice amministrativo (art. 133, comma 1, lett. o) non delimita più la giurisdizione in base alla potenza dell'impianto.

Le misure di proitezione per collaboratori e testimoni di giustizia

In base all'art. 119, comma 1, lett. m), sono soggette al rito abbreviato le controversie relative ai provvedimenti della commissione centrale per la definizione e applicazione delle speciali misure di protezione, recanti applicazioni, modifica e revoca delle speciali misure di protezione nei confronti dei collaboratori di giustizia ( Cons. St. III, n. 628/2014). La norma, nel prevedere un rito abbreviato per le controversie relative ai provvedimenti della commissione centrale per la definizione e applicazione delle speciali misure di protezione, recanti applicazione, modifica e revoca delle speciali misure di protezione nei confronti dei collaboratori e testimoni di giustizia, correttamente menziona solo i provvedimenti della suddetta Commissione, in quanto materia di interessi legittimi a fronte dell'esercizio di poteri discrezionali da parte del predetto organo del Ministero dell'Interno. Altra materia è quella costituita da quegli atti con i quali il Servizio Centrale di Protezione, e non la Commissione, calcola le somme da detrarre che sono frutto di debiti che il testimone o il collaboratore hanno maturato con l'Amministrazione e che coinvolgono diritti soggettivi i quali, secondo l'ordinario riparto della giurisdizione, ed in carenza di una previsione di giurisdizione esclusiva, competono al giudice ordinario, atteso, peraltro, che rispondono alle logiche dell'attività esecutiva di recupero dei crediti dell'amministrazione e non formano oggetto di interessi legittimi (T.A.R. Lazio (Roma), n. 11115/2020).

I provvedimenti dell'Agenzia nazionale di regolamentazione del settore postale

Con l' art. 2, comma 2, lett. a), del d.lgs. n. 58/2011, il legislatore ha sottoposto al rito speciale anche le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti dell'Agenzia nazionale di regolamentazione del servizio postale di cui all' art. 37, comma 2, lett. h), della l. n. 96/2010, compresi quelli sanzionatori. Si tratta di una previsione idonea a comprendere tutti i provvedimenti emessi dall'autorità nello svolgimento delle funzioni di regolamentazione.

Sono escluse le controversie attinenti al rapporto di impiego. La previsione si accompagna alla giurisdizione esclusiva prevista dall'art. 133, comma 1, lett. z-bis) e si aggiunge alla lett. b) dell'art. 119 che prevede il rito abbreviato sui provvedimenti delle Autorità amministrative indipendenti. La ragione giustificativa dell'apposita previsione sembra potersi indicare nei dubbi teorici sulla possibilità di qualificare come Autorità indipendente, l'Agenzia nazionale di regolamentazione del settore postale. Deve tuttavia rilevarsi che, in forza dell' art. 21, comma 13, del d.l. n. 201/2011, l'Agenzia nazionale di regolamentazione del servizio postale è stata soppressa e le sue competenze sono state attribuite all'Autorità garante delle comunicazioni sui cui provvedimenti è prevista l'applicabilità del rito abbreviato ai sensi della lettera b) dell'art. 119, oltre alla giurisdizione esclusiva ai sensi dell'art. 133, comma 1, lett. l).

I provvedimenti dell'Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua

Con l' art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 195/2011, il legislatore ha sottoposto al rito speciale anche i provvedimenti adottati dall'Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua istituita dall' art. 10, comma 1, del d.l. n. 70/2011 convertito dalla l. n. 106/2011. Tuttavia, in forza dell' art. 21, comma 13, del d.l. n. 201/2011, l'Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua è stata soppressa e le sue competenze sono state attribuite all'Autorità dell'energia elettrica e il gas, sui cui provvedimenti è prevista l'applicabilità del rito abbreviato ai sensi della lettera b) dell'art. 119, oltre alla giurisdizione esclusiva ai sensi dell'art. 133, comma 1, let. l), e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

Le azioni avverso la discriminazione di genere in ambito lavorativo

Con l' art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 195/2011, il legislatore ha sottoposto al rito speciale anche le azioni individuali e collettive avverso le discriminazioni di genere in ambito lavorativo previste dall' art. 36 ss. del d.lgs. n. 198/2006, quando rientrano nella giurisdizione del giudice amministrativo.

Ferma l'applicabilità del rito speciale, per quanto concerne le disposizioni sostanziali, quali i presupposti dell'azione, la legittimazione processuale, i poteri del giudice, le sanzioni a carico degli autori delle discriminazioni e l'onere della prova, occorre fare riferimento alle disposizioni contenute nel d.lgs. n. 198/2006. In particolare, con riferimento alla legittimazione, è prevista, oltre alla possibilità di agire del soggetto leso: un'azione collettiva in capo a soggetti considerati esponenziali, quando la discriminazione assume carattere collettivo e non sono individuabili i destinatari diretti (nel caso di discriminazione di genere, sono legittimati ad agire i consiglieri o le consigliere di parità regionale o nazionale); una forma di sostituzione processuale in quanto taluni soggetti esponenziali (i consiglieri o le consigliere di parità provinciali e regionali in caso di discriminazione di genere) possono agire in giudizio a tutela dell'interesse del singolo che conferisca la delega; un meccanismo di intervento in giudizio.

Il legislatore ha previsto delle specifiche procedure di conciliazione esperibili in caso di proposizione delle azioni in questione che, tuttavia, hanno carattere facoltativo, come emerge dall' art. 39 del d.lgs. n. 198/2006, per la discriminazione individuale, e dall' art. 37 del d.lgs. n. 198/2006, per la discriminazione collettiva.

Le peculiarità della tipologia di giudizio si ripercuotono sulle pronunce adottabili dall'autorità giudiziaria che possono consistere nella condanna al risarcimento del danno, anche non patrimoniale, nell'ordinare all'autore della discriminazione la cessazione del comportamento pregiudizievole, nell'adozione di ogni ulteriore provvedimento idoneo a rimuovere gli effetti delle discriminazioni accertate, compreso l'ordine di definizione e attuazione da parte del responsabile di un piano di rimozione delle stesse, ai sensi dell' art. 37 del d.lgs. n. 198/2006.

L'inottemperanza alla decisione del giudice in caso di azione collettiva, oltre a forme di tutela penale e alla revoca dei benefici ai sensi dell' art. 41 del d.lgs. n. 198/2006, comporta il pagamento di una somma di denaro a titolo di astreinte di 51 euro per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione del provvedimento da versarsi sul fondo di cui all' art. 18 del d.lgs. n. 198/2006.

Gli atti adottati in esecuzione di decisioni di recupero

Il legislatore ha poi inserito con l' art. 49, comma 1, della l. n. 234/2012, come modificata dall' art. 35, comma 3, della l. n. 122/2016, l'applicabilità del rito abbreviato anche agli atti e ai provvedimenti adottati in esecuzione di una decisione di recupero di aiuti di stato illegittimamente concessi, ai sensi dell'art. 16 reg Ue 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015. In particolare, la disposizione europea prevede che, in caso di decisioni negative relative a casi di aiuti di stato illegali, la Commissione assume una decisione con la quale impone allo Stato membro di adottare tutte le misure necessarie per recuperare l'aiuto dal beneficiario, salvo che il recupero sia in contrasto con un principio generale del diritto dell'Unione. Il terzo comma del regolamento prevede ancora che il recupero deve essere effettuato senza indugio secondo le procedure previste dalla legge dello Stato interessato, a condizione che consentano l'esecuzione immediata ed effettiva della decisione della Commissione. A tal fine gli Stati interessati sono tenuti ad adottare tutte le misure necessarie disponibili nei rispettivi ordinamenti giuridici, comprese le misure provvisorie. Il legislatore interno ha così deciso di sottoporre le controversie in questione al rito abbreviato, prevedendo altresì la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell'art. 133, lett. z-sexies.

Legittimati ad agire sono tutti i soggetti interessati che si ritengono pregiudicati dal mancato rispetto degli obblighi procedurali posti dall' art. 108, par. 3, TFUE. Dalla disposizione derivano due principali obblighi procedurali: l'obbligo per gli stati membri di informare previamente la commissione dei progetti diretti a istituire nuovi aiuti o a modificare aiuti esistenti (obbligo di notifica); l'obbligo per gli stati membri di non dare corso alla esecuzione degli aiuti di stato prima che la Commissione abbia adottato una decisione finale sulla loro compatibilità con il mercato interno.

La legittimazione passiva spetterà all'amministrazione concedente l'aiuto illegale in qualità di parte resistente. Sarà poi necessario notificare il ricorso ad almeno uno dei beneficiari della misura contestata, ove evincibile dall'atto impugnato, in veste di controinteressato, con necessità di integrazione del contraddittorio per gli eventuali altri.

Le azioni astrattamente proponibili dall'interessato sono varie. In linea generale, lo schema classico di iniziativa dinanzi al giudice amministrativo prevede l'impugnazione del provvedimento amministrativo concedente con cui è concesso l'aiuto illegale al fine di ottenerne l'annullamento. L'azione di annullamento deve essere proposta nel termine decadenziale ordinario decorrente dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza dell'atto impugnato o dal giorno della scadenza del suo termine di pubblicazione imposto dalla legge, ai sensi dell'art. 41.

Oltre all'azione di annullamento avverso l'atto con cui è concesso l'aiuto illegale, il ricorrente può esperire dinanzi al giudice amministrativo ulteriori rimedi sfruttando il sistema aperto di domande attualmente previsto dal codice del processo amministrativo..

La concreta tipologia di azioni esperibili dipende dal fatto che l'aiuto illegale sia stato già versato o meno al beneficiario. Ove l'aiuto illegale, benché istituito, non sia ancora stato concretamente percepito dal beneficiario, appare sufficiente, al fine di impedirne l'erogazione, l'esercizio dell'azione di annullamento, con il relativo effetto demolitorio, eventualmente affiancata dalla richiesta di una misura cautelare di sospensione del pagamento.

Nell'ipotesi in cui l'aiuto di stato sia stato concesso in tutto o in parte al beneficiario, oltre all'azione di annullamento, appare opportuno, al fine di conseguire un effetto utile, esperire anche una domanda volta a imporre all'amministrazione interessata il recupero dell'aiuto di stato illegale. Tale domanda si ritiene possa essere inquadrata nella categoria dell'azione di condanna codificata dall'art. 30, in relazione all'art. 34, comma 1, lett. c), in base al quale il giudice nei limiti della domanda può condannare l'amministrazione all'adozione delle misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio. Nel caso di specie, la richiesta del ricorrente è diretta a ottenere la condanna dell'amministrazione al recupero dell'aiuto illegale concesso al beneficiario.

Un'ulteriore azione esperibile innanzi al giudice amministrativo è la condanna dell'autorità concedente l'aiuto al risarcimento del danno ingiusto cagionato al ricorrente dall'aiuto illegale, al fine di reintegrare direttamente la sfera patrimoniale del soggetto leso.

Per quanto concerne la tutela cautelare, nell'ipotesi in cui l'aiuto non sia stato ancora corrisposto, il contenuto più idoneo della misura è quello della sospensione dell'esecutività del provvedimento amministrativo concedente l'aiuto illegale in modo da impedirne il versamento in attesa della decisione della controversia.

Qualora invece l'aiuto illegale sia già stato corrisposto, facendo leva sul carattere atipico dei provvedimenti cautelari la misura più idonea a tutelare nelle more la posizione del ricorrente appare essere quella di ingiungere all'amministrazione il recupero provvisorio dell'aiuto illegale, comprensivo degli interessi dovuti per la durata della violazione, in modo da privare il beneficiario della relativa disponibilità in attesa della decisione.

Provvedimenti di espulsione dello straniero

L'art. 16, comma 1, d.l. 17 febbraio 2017, n. 13, convertito con modificazioni in l. 13 aprile 2017, n. 46, ha previsto l'applicabilità del rito in esame anche per i provvedimenti di espulsione dello straniero adottati dal Ministero dell'interno ai sensi dell'art. 13, comma 1, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, e quelli adottati ai sensi dell'art. 3, d.l. 27 luglio 2005, n. 144, convertito con modificazioni dalla l. 31 luglio 2005, n. 155.

In particolare, il citato art. 13, rubricato espulsione amministrativa, comma 1, del d.lgs. n. 286/1998 prevede che il Ministro dell'interno, per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, può disporre l'espulsione dello straniero anche non residente nel territorio dello Stato, dandone preventiva notizia al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro degli affari esteri.

L'art. 3 del citato d.l. n. 155/2005, disciplina l'espulsione degli stranieri per motivi di prevenzione del terrorismo. In particolare, in base al primo comma, il Ministro dell'interno o,  su  sua  delega,  il  prefetto  può  disporre l'espulsione dello straniero  appartenente ad una delle categorie di cui all'art. 18 della  l.  22  maggio 1975, n. 152, o nei cui confronti vi sono fondati motivi di ritenere che la sua permanenza nel territorio dello Stato  possa  in  qualsiasi modo agevolare organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali. In tali casi l'espulsione è eseguita immediatamente, salvo che si tratti di persona detenuta. Il prefetto può anche omettere, sospendere o revocare il provvedimento di espulsione di cui all'art. 13, comma 2, d.lgs. n. 286/1998, informando preventivamente il Ministro dell'interno, quando sussistono le condizioni per il rilascio del permesso di soggiorno di cui all'art. 2 del medesimo decreto ovvero quando sia necessario per l'acquisizione di notizie concernenti  la prevenzione di attività terroristiche, ovvero per la prosecuzione  delle  indagini  o  delle attività informative dirette alla  individuazione  o  alla  cattura  dei  responsabili dei delitti commessi con finalità di terrorismo. Per quanto concerne la disciplina processuale, il legislatore precisa che contro i decreti di espulsione è ammesso ricorso al T.a.r. competente per territorio, con la precisazione che la mera presentazione del ricorso in nessun caso può sospendere l'esecuzione del provvedimento. Nel caso in cui nel corso dell'esame dei ricorsi giurisdizionali avverso i decreti di espulsione (analogamente a quelli di cui all'art. 13, comma 11, del citato d.lgs. n. 286/1998) la decisione dipende dalla cognizione di atti per i quali sussiste il segreto di indagine o il segreto di Stato, il procedimento è sospeso fino a quando l'atto o i contenuti essenziali dello stesso non possono essere comunicati al tribunale amministrativo. Nel caso in cui la sospensione si protragga per un tempo superiore a due anni, il tribunale può fissare un termine entro il quale l'amministrazione è tenuta a produrre nuovi elementi per la decisione o a revocare il provvedimento impugnato; decorso predetto termine, il tribunale decide allo stato degli atti.

Atti relativi alle infrastrutture lineari energetiche

Con la l. 11 settembre 2020, n. 120, in sede, quindi, di conversione del d.l. 16 luglio 2020, n. 76, recante “Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale”, il legislatore ha introdotto la lett. m- septies) al comma 1 dell'art. 119. In particolare, l'art. 50-bis del citato d.l., rubricato “accelerazione dei processi amministrativi per le attività infrastrutturali”, ha previsto l'applicabilità del rito abbreviato in esame agli atti relativi alle infrastrutture lineari energetiche purchè sussistano due requisiti cumulativi: un requisito settoriale; un secondo requisito legato al tipo di atto che viene concretamente adottato. Con riferimento ai settori, la disposizione indica le infrastrutture lineari energetiche, quali i gasdotti, gli elettrodotti, gli oleodotti e le reti di trasporto di fluidi termici, ivi inclusi le opere, gli impianti e i servizi accessori connessi o funzionali all'esercizio degli stessi, i gasdotti e gli oleodotti necessari per la coltivazione e lo stoccaggio degli idrocarburi. Il secondo requisito fa riferimento: all'autorizzazione unica di cui agli artt. 52-bis ss. del testo unico di cui al d.P.R. n. 327/2001, relativo alle disposizioni in tema di espropriazione in materia di infrastrutture lineari energetiche; alla valutazione ambientale strategica; alla verifica di assoggettabilità e alla valutazione di impatto ambientale; a tutti i provvedimenti, di competenza statale o regionale, indicati dall'art. 27 del d.lgs. n. 152/2006, rubricato “provvedimento unico in materia ambientale”, nonché agli atti che definiscono l'intesa Stato-regione.

Legittimazione dell'Agcm ai sensi dell'art. 21-bis della l. n. 287/1990

L' art. 35 d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 convertito in l. n. 214/2011 ha inserito nella l. n. 287/1990 l'art. 21 bis che attribuisce all'Agcm una speciale legittimazione ad agire in giudizio contro gli atti amministrativi generali, i regolamenti e i provvedimenti di qualsiasi amministrazione che violino le norme a tutela della concorrenza e del mercato. L'Autorità, se ritiene che l'atto emanato dalla pubblica amministrazione violi le norme a tutela della concorrenza e del mercato, emette un parere motivato nel quale indica gli specifici profili delle violazioni riscontrate. Se la pubblica amministrazione non si conforma nei sessanta giorni successivi alla comunicazione del parere, l'Autorità può presentare, tramite l'Avvocatura dello Stato, il ricorso, entro i successivi trenta giorni. L'azione si riferisce a qualsiasi provvedimento purché specificamente lesivo delle norme a tutela della concorrenza e del mercato. Sul piano soggettivo i provvedimenti impugnabili devono provenire da pubbliche amministrazioni ossia soggetti pubblici in senso proprio, a cui possono assimilarsi le amministrazioni aggiudicatrici, mentre sono da escludersi gli atti delle imprese pubbliche ivi compresi quelli posti in essere come stazioni appaltanti. L'azione è preceduta da un procedimento amministrativo preliminare, che prevede l'emissione del parere da parte dell'Autorità e l'introduzione della fase giudiziale nel caso in cui l'amministrazione non si sia conformata al parere. L'azione può essere esperita anche in caso di parziale adempimento da parte dell'amministrazione ed è, in ogni caso, lasciata alla discrezionalità dell'Autorità, non riscontrandosi alcun automatismo o alcuna consequenzialità necessaria tra l'inadempimento della pubblica amministrazione e l'impugnazione dell'Agcm. L'azione soggiace alle regole proprie del processo amministrativo anche per quanto concerne i termini di ricevibilità, le cause di inammissibilità, di improcedibilità e la cessazione della materia del contendere.

Procedure per l’assegnazione dei diritti d’uso di frequenze radioelettriche, per le assegnazioni per il servizio satellitare fisso e per il servizio di esplorazione della Terra via satellite

Con l'art. 1, comma 1026, l. n. 205/2017, il legislatore ha previsto ulteriori ipotesi di applicazione del rito speciale di cui all'art. 119. In particolare, sono sottoposti a tale procedimento i giudizi derivanti dalle procedure – definite, su delega del legislatore, dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni – per l'assegnazione dei diritti d'uso di frequenze radioelettriche da destinare a servizi di comunicazione elettronica in larga banda mobili terrestri bidirezionali con l'utilizzo della banda 694-790 MHz e delle bande di spettro pioniere 3,6-3,8 GHz e 26,5-27,5 GHz, conformemente a quanto previsto dal d.lgs. n. 259/2003, tenendo conto e facendo salve le assegnazioni temporanee delle frequenze in banda 3,7-3,8 GHz ai fini dell'attività di sperimentazione basata sulla tecnologia 5G promossa dal Ministero dello sviluppo economico, nonchè le assegnazioni per il servizio satellitare fisso e per il servizio di esplorazione della Terra via satellite. Per quanto concerne i criteri di svolgimento delle procedure di selezione, il legislatore ha precisato che, in linea con gli indirizzi dell'Unione europea, le procedure di selezione su base competitiva sono definite in coerenza con l'obiettivo di garantire l'utilizzo dello spettro assicurando il più ampio livello di copertura e di accesso a tutti gli utenti ai servizi basati sulla tecnologia 5G, sul territorio nazionale, tenuto conto della durata dei diritti d'uso concessi, garantendo benefici socio-economici a lungo termine.

Provvedimenti lesivi dei diritti sindacali dei militari o delle associazioni professionali a carattere sindacale

Con l’art. 17, comma 3, della l. 28 aprile 2022, n. 46, recante norme sull’esercizio della libertà sindacale del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia a ordinamento militare, nonché delega al Governo per il coordinamento normativo, il legislatore ha inserito una nuova lettera all’art. 119 con riferimento ai provvedimenti che si assumono lesivi di diritti sindacali del singolo militare o dell’associazione professionale a carattere sindacale tra militari che lo rappresenta.

Impugnazione dei calendari venatori

Con l'art. 1, comma 551, della l. n. 207/2024, il legislatore ha modificato la disciplina dell'impugnazione del calendario venatorio, intervenendo sull'art. 18 della l. n. 157 del 1992. Viene in particolare sostituito il quarto comma della disposizione, prevedendosi un termine di 30 giorni per l'impugnazione dei calendari venatori, termine decorrente dalla data della loro pubblicazione nel Bollettino ufficiale della regione.

In caso di impugnazione del calendario venatorio, le associazioni venatorie riconosciute sono parti necessarie del giudizio. Il legislatore ha inoltre previsto che in caso di proposizione della domanda cautelare, si applica il terzo comma dell'art. 119, in base al quale se il T.a.r. ritiene, a un primo sommario esame, la sussistenza di profili di fondatezza del ricorso e di un pregiudizio grave e irreparabile, fissa con ordinanza la data di discussione del merito alla prima udienza successiva alla scadenza del termine di trenta giorni dalla data di deposito dell'ordinanza, disponendo altresì il deposito dei documenti necessari e l'acquisizione delle eventuali altre prove occorrenti. In caso di rigetto dell'istanza cautelare da parte del tribunale amministrativo regionale, ove il Consiglio di Stato riformi l'ordinanza di primo grado, la pronuncia di appello è trasmessa al tribunale amministrativo regionale per la fissazione dell'udienza di merito. In tale ipotesi, il termine di trenta giorni decorre dalla data di ricevimento dell'ordinanza da parte della segreteria del tribunale amministrativo regionale, che ne dà avviso alle parti.

Inoltre, in caso di accoglimento della domanda cautelare, fino alla pubblicazione della sentenza che definisce il merito, l'attività venatoria è consentita nei termini di cui ai commi 1 e 1-bis l. n. 157 del 1992 e riacquistano efficacia i limiti di prelievo e gli orari giornalieri fissati da ciascuna regione con l'ultimo calendario venatorio legittimamente applicato.

Ulteriori ipotesi dell'applicazione del rito

Con ulteriori disposizioni contenute in leggi di settore, il legislatore ha poi previsto altri casi in cui è applicabile il rito in esame, si tratta: del contenzioso relativo al finanziamento dei partiti politici e in tema di trasparenza e democraticità dei partiti politici, disciplinato dal d.l. n. 149/2013, convertito in l. n. 13/2014; delle controversie in tema di incarichi direttivi e semidirettivi dei magistrati ordinari, previsto dall' art. 17 della l. n. 195/1958, come modificato dal d.l. n. 90/2014, convertito in l. n. 114/2014; del contenzioso sulle misure di gestione della crisi degli enti creditizi, previsto dall' art. 95 del d.lgs. n. 180/2015. Per quanto concerne i provvedimenti concernenti il conferimento di incarichi direttivi e semidirettivi per i magistrati ordinari, in caso di ottemperanza, il giudice amministrativo, qualora sia accolto il ricorso, ordina l'ottemperanza ed assegna al Consiglio superiore della magistratura un termine per provvedere, ma non si applicano le lett. a) e c) dell'art. 114, comma 4. Ne discende il divieto di sostituzione diretta del giudice al Consiglio superiore della magistratura inottemperante.

Termini

La regola generale prevista dal legislatore è rappresentata dal dimezzamento dei termini processuali ordinari, come emerge dal primo inciso dell'art. 119, comma 2.

Le ipotesi in cui non opera il descritto dimezzamento sono, al fine di evitare dubbi ermeneutici, descritte dal legislatore stesso e sono rappresentate: nel giudizio di primo grado, dal termine di notifica del ricorso introduttivo, incidentale e motivi aggiunti, che resta di sessanta giorni; nel giudizio di appello, dai termini di notifica dell'appello avverso l'ordinanza cautelare che resta di trenta giorni dalla notificazione dell'ordinanza o di sessanta dalla sua pubblicazione.

Tutti gli altri termini sono, al contrario, dimezzati ( Cons. St. IV, n. 3998/2015). Osserva difatti la giurisprudenza che nel rito in esame, secondo le previsioni del combinato disposto dei commi 2 e 7 di tale norma, tutti i termini processuali ordinari, compresi i termini di decadenza per la proposizione dei mezzi di impugnazione dell'appello, della revocazione e dell'opposizione, sono dimezzati, essendo, quanto agli atti introduttivi del giudizio, prevista una specifica eccezione per il solo termine della notificazione del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado (C.g.a. Sicilia, n. 674/2021).

È quindi dimezzato il termine per il deposito del ricorso principale, incidentale e per motivi aggiunti, che si riduce a 15 giorni (il termine ordinario è fissato dall'art. 45 )(cfr. Cons. St. V, n. 3765/2019). Allo stesso modo sono soggetti alla dimidiazione gli ulteriori termini indicati nell'art. 45, così come sono dimezzati i termini dell'incidente cautelare e quelli per il deposito della documentazione (T.A.R. Lombardia (Milano), n. 483/2021).

In questo senso si esprime la giurisprudenza (T.A.R. Campania (Napoli), n. 4152/2016; T.A.R. Campania (Napoli), n. 2025/2016), precisando che, tra i termini processuali soggetti a dimezzamento, c'è anche il termine di trenta giorni per il deposito del ricorso notificato, sicché tale termine — previsto a pena di decadenza — è ridotto a quindici giorni. Il tardivo deposito del ricorso dà quindi luogo ad una non valida instaurazione del rapporto processuale e, di conseguenza, all'inammissibilità del gravame, non essendosi costituito il rapporto processuale ( Cons. St. V, n. 3521/2016; Cons. St. V, n. 5917/2014). Nello stesso senso è stato dichiarato irricevibile l'atto di intervento ad opponendum, proposto da una parte non necessaria del giudizio che sia stato depositato tardivamente oltre il termine dimidiato di 15 giorni dall'udienza di discussione, previsto dal combinato disposto degli artt. 50, comma 3, e 119, comma 2. Ovviamente il termine processuale non muta la sua natura perentoria ove soggetto alla regola della dimidiazione processuale (Cons. St. VI, n. 4584/2021).

È discusso sulla base della disciplina vigente se il dimezzamento dei termini operi per il regolamento di competenza (De Nictolis), in quanto, in base al tenore letterale dell'art. 16, comma 1, il termine per notificare il regolamento di competenza non è soggetto a dimezzamento. Tale norma è quindi intesa nel senso che tale termine non si dimezza nei riti speciali connotati da termini già dimezzati. Tuttavia, solo il termine di notifica del regolamento di competenza si sottrae alla dimidiazione, che invece opera con riferimento al termine per il deposito del ricorso per regolamento di competenza (otto giorni) e per la riassunzione della causa (quindici giorni). L'avviso dell'udienza va dato almeno cinque giorni prima e il deposito di memorie e documenti può avvenire fino a un giorno libero prima dell'udienza.

L'istanza di fissazione dell'udienza di merito deve essere depositata entro sei mesi anziché un anno come previsto dall'art. 71. Il decreto presidenziale che fissa l'udienza deve essere comunicato alle parti entro trenta giorni prima dell'udienza, termine che può essere ridotto su accordo delle parti a ventitré giorni. Il presidente designa il relatore almeno quindici giorni prima dell'udienza. Le parti potranno depositare documenti fino a venti giorni liberi prima dell'udienza, memorie fino a quindici giorni prima e repliche fino a dieci giorni. La sentenza deve essere redatta entro ventitré giorni dalla data della decisione della causa e della sua pubblicazione il segretario dà comunicazione alle parti costituite entro tre giorni.

Per la trasposizione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica in sede giurisdizionale, a seguito di opposizione dei controinteressati, è previsto un termine perentorio di sessanta giorni dal ricevimento dell'atto di opposizione; il termine in questione non fa parte del rito speciale comune ma del rito del ricorso straordinario, con la conseguenza che non è soggetto a dimezzamento. Diversamente, per quanto concerne il termine per la costituzione in giudizio, dopo l'opposizione del controinteressato, non vi è unanimità di vedute. Sembra potersi ritenere che il rapporto processuale si instauri, in questa procedura, con il deposito del ricorso in sede giurisdizionale e non con la sua notifica, con la conseguenza che la parte che traspone avrà sessanta giorni per depositare il ricorso presso il Tar, trattandosi dell'atto introduttivo del giudizio non soggetto a dimezzamento nel rito di cui all'art. 119.

Nel processo amministrativo soggetto al rito abbreviato il termine per la riassunzione del giudizio soggiace alla generale dimidiazione dei termini di cui all'art. 119 con la conseguenza che è fissato nella misura di quindici giorni, a pena d'improcedibilità del ricorso originariamente proposto; la riassunzione del giudizio non può infatti essere assimilata — quanto alla tempistica — alla proposizione del ricorso introduttivo, non soggetto alla dimidiazione del termine, costituendo la riassunzione un'attività di carattere ormai pianamente endoprocessuale (Cons. St. V, n. 1036/2017; Cons. St. III, n. 5732/2015).

Nel rito ordinario, in caso di sospensione del giudizio, la nuova istanza di fissazione dell'udienza deve essere presentata entro novanta giorni dalla comunicazione dell'atto che fa venire meno la causa di sospensione; termine che si riduce a quarantacinque giorni nel rito dell'art. 119. In caso di interruzione del giudizio il processo interrotto va riassunto entro novanta giorni dalla conoscenza legale dell'evento interruttivo, mentre nel rito in esame entro quarantacinque giorni da tale evento.

I termini di perenzione annuale e quinquennale devono essere ridotti a sei mesi e a due anni e sei mesi. Quando è dichiarata l'estinzione o l'improcedibilità del giudizio con decreto presidenziale, le parti possono proporre opposizione entro trenta giorni dalla comunicazione del decreto.

I termini nei giudizi di impugnazione

Per quanto riguarda l'appello l'unico termine a non essere dimezzato è quello per la notificazione dell'appello su ordinanza cautelare (Sandulli). Tutti gli altri termini sono invece dimezzati, come emerge dall'art. 119, comma 7, in base al quale le disposizioni di cui all'art. 119 si applicano anche nei giudizi di appello, revocazione e opposizione di terzo. Ne deriva che il termine breve decorrente dalla notificazione della sentenza è di trenta giorni, ai sensi dell'art. 92, comma 1, e il termine lungo è di tre mesi dalla pubblicazione della sentenza, ai sensi dell'art. 92, comma 2.

Come sottolineato dalla giurisprudenza (Trib. reg. giust. amm, n. 359/2016), pertanto, quando la sentenza di primo grado non è notificata, la proposizione dell'appello soggiace al termine d'impugnativa lungo dimezzato che è fissato dalla regola generale dell'art. 92, comma 3, in tre mesi dalla pubblicazione della decisione da gravare ( Cons. St. IV, n. 3689/2016; Cons. St. V, n. 67/2020).

La dimidiazione coinvolge anche le impugnazioni incidentali, il termine di deposito delle impugnazioni, i termini per la costituzione delle altre parti.

La giurisprudenza ha, comunque, precisato che il dimezzamento dei termini vale per i giudizi di impugnazione che si svolgono dinanzi al giudice amministrativo e non si estendono al ricorso per Cassazione ( Cons. St. III, n. 1500/2015).

I termini nel giudizio di ottemperanza

La giurisprudenza ha precisato che il termine perentorio previsto dall'art. 73, già dimezzato nei giudizi di ottemperanza ai sensi dell'art. 87, comma 3, non può essere ulteriormente dimezzato dall'art. 119 giacché tale norma, laddove prevede il dimezzamento dei termini processuali ordinari, fa riferimento ai termini del rito ordinario e non a quelli previsti per i riti speciali, cui è riconducibile il giudizio di ottemperanza, con la conseguenza che non è ipotizzabile, per effetto del combinato disposto delle norme, un ulteriore dimezzamento dei termini dell'ottemperanza ( Cons. St. III, n. 6638/2011). Nel caso in cui vengano contestualmente promosse un'azione di impugnazione e una di ottemperanza nelle materie dell'art. 119, secondo l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ( Cons. St. Ad plen., n. 2/2013), l'azione di impugnazione e l'azione di ottemperanza possono proporsi entrambe davanti al giudice dell'ottemperanza, purché per l'azione di impugnazione si applichino i termini propri di essa; spetta quindi al giudice qualificare le domande e stabilire l'ordine di trattazione di essa e procedere, eventualmente alla conversione del rito. Ne discende che, qualora il giudice qualifichi l'azione come ottemperanza applicherà il relativo rito, qualora la qualifichi come impugnazione, farà riferimento al rito di cui all'art. 119.

I termini negli altri riti speciali

Occorre poi chiedersi, con riferimento alle materie descritte all'art. 119, quali sino i rapporti tra il rito speciale comune e i riti previsti in tema di accesso e silenzio.

Qualora in una materia di cui all'art. 119 sia proposta azione di accesso o avverso il silenzio, prevalgono i termini previsti da tali riti speciali e le relative regole procedurali.

In caso di cumulo di domande appartenenti a riti diversi nello stesso giudizio, in base all'art. 32 deve ritenersi applicabile a tutte le domande il rito di cui all'art. 119.

Tutela cautelare

La camera di consiglio per la discussione dell'istanza cautelare deve essere fissata, in base all'art. 55, decorsi dieci giorni dal perfezionamento anche per il destinatario dell'ultima notificazione e cinque giorni dal deposito del ricorso presso la segreteria del T.A.R. I documenti e le memorie possono essere depositati fino a un giorno libero prima della camera di consiglio. Il collegio può, per gravi ed eccezionali ragioni, consentire il deposito di documenti, e non di memorie, in camera di consiglio, da consegnare alle altre parti prima dell'inizio della discussione. Le altre parti possono costituirsi anche in camera di consiglio, ma, in tal caso, senza poter produrre documenti né memorie. Ugualmente dimezzati sono i termini previsti per il procedimento cautelare davanti al presidente del tribunale in corso di causa e ante causam.

Per la notificazione dell'appello su ordinanza cautelare il termine non è dimezzato. Al contrario, non si sottrae al dimezzamento il termine di deposito dell'appello cautelare, che è quindi di quindici giorni.

Ferma l'applicazione della disciplina prevista nel rito ordinario e la possibilità di definire, alla camera di consiglio per la decisione dell'istanza di sospensiva, la causa nel merito con sentenza in forma semplificata ai sensi dell'art. 60, il collegio, se ritiene che sussistano profili di fondatezza del ricorso e di un pregiudizio grave e irreparabile, fissa con ordinanza la data di discussione del merito alla prima udienza successiva alla scadenza del termine di trenta giorni dalla data di deposito dell'ordinanza, disponendo altresì il deposito dei documenti necessari e l'acquisizione delle eventuali altre prove.

La misura può essere adottata previo accertamento della completezza del contraddittorio o previa integrazione dello stesso e purché siano trascorsi dieci giorni dall'ultima notificazione, termine dimidiato rispetto all'art. 60. La norma si limita a stabilire che l'ordinanza, ravvisati i presupposti di fondatezza, fissa la data dell'udienza del merito, con la conseguenza che il provvedimento potrebbe contenere la misura cautelare solo in via eventuale. Tuttavia, secondo un orientamento, l'ordinanza che fissa l'udienza di merito ha sempre, come contenuto indefettibile, la tutela cautelare perché non avrebbe senso riconoscere la sussistenza dei presupposti per l'adozione della misura cautelare, al solo fine di fissare l'udienza di merito senza accordare la tutela cautelare.

Nel caso in cui il giudice di appello riformi l'ordinanza di rigetto dell'istanza cautelare, il T.A.R. deve fissare l'udienza di merito entro trenta giorni decorrenti dalla data di ricevimento, da parte della segreteria, dell'ordinanza del Consiglio di Stato.

In presenza di una situazione di estrema gravità e urgenza, il giudice amministrativo di primo o di secondo grado può disporre le opportune misure cautelari, che si aggiungono, quindi, alla fissazione dell'udienza di merito nei termini previsti dalla disposizione. Pertanto, ai fini dell'adozione della misura cautelare, non è sufficiente la presenza di un pregiudizio non qualificato (sufficiente per la fissazione della data di udienza) come previsto nel rito ordinario, ma occorre un pregiudizio qualificato dalla estrema gravità ed urgenza. La previsione di requisiti più articolati per la concessione della misura si spiega con il fatto che, di regola, la fissazione del merito a breve è già uno strumento idoneo a evitare (o a ridurre) il rischio che si producano effetti irreversibili nelle more del giudizio di merito. Ove i tempi per il merito sono brevi, la tutela cautelare perde, in genere, la sua stessa ragione d'essere, salvi casi particolari.

La pubblicazione immediata del dispositivo e l'appello avverso il dispositivo

Il legislatore ha previsto che, su richiesta delle parti con dichiarazione di interesse attestata nel verbale d'udienza, può essere prevista la pubblicazione del dispositivo entro sette giorni dall'udienza di merito. L'istanza vincola il giudice a pubblicare il dispositivo entro il termine previsto dalla norma. Lo scopo della previsione è quello di cristallizzare la decisione e di consentire l'immediata formazione del titolo esecutivo.

Si tratta di una previsione applicabile ai soli provvedimenti a contenuto decisorio e non alle ordinanze istruttorie o ai decreti. L'anticipata pubblicazione interessa solo la sentenza che definisce il giudizio, almeno parzialmente, e non i provvedimenti interinali, quali ordinanze istruttorie o altro.

La pubblicazione del dispositivo costituisce un'opportunità che il legislatore offre alle parti a fini acceleratori e corrisponde all'esigenza di conoscere, sia pure in sintesi, la decisione del giudice in anticipo rispetto alla sentenza completa della motivazione, con l'evidente finalità di consentire alle parti di adottare le iniziative ritenute più opportune a fini organizzativi o economico finanziari (Cons. St. III, n. 713/2014).

La parte può proporre appello avverso il dispositivo al fine di ottenerne la sospensione prima della pubblicazione della motivazione della sentenza. L'appello è proponibile entro trenta giorni dalla pubblicazione, con riserva dei motivi da proporre entro trenta giorni dalla notificazione della sentenza o entro tre mesi dalla sua pubblicazione (Cons. St. Ad. plen., n. 8/2014). Non sono previsti termini differenziati tra notificazione e pubblicazione, ma un unico termine decorrente dalla pubblicazione; si suppone che la parte sia a conoscenza del fatto che il dispositivo deve essere pubblicato entro sette giorni e, quindi, sia a conoscenza anche del termine per impugnarlo decorrente dalla sua pubblicazione. L'appello avverso il dispositivo ha una funzione essenzialmente cautelare ed è finalizzato a ottenerne la sospensione. In ogni caso la parte che non appella il dispositivo non perde il diritto di chiedere la tutela cautelare avverso la sentenza dopo la pubblicazione dei motivi. Nonostante la funzione cautelare dell'appello, il dispositivo non è un provvedimento cautelare e con l'appello non è introdotto un giudizio cautelare in senso stretto; ne discende l'applicabilità della sospensione dei termini in periodo feriale che va esclusa solo per il processo cautelare in senso stretto (Cons. St. V, n. 2600/2009).

Dall'art. 119 emerge che l'appello avverso il dispositivo: è facoltativo, in quanto non determina decadenze o preclusioni; ha una funzione esclusivamente cautelare; onera la parte a proporre successivamente i motivi contro la sentenza, non essendo idoneo il solo appello avverso il dispositivo a contestare una sentenza ancora inesistente al momento della sua proposizione, con la conseguenza che se la parte non propone appello avverso la sentenza decade dalla possibilità di contestare la sentenza stessa.

Secondo un orientamento l'appello avverso il dispositivo non concorre a determinare la materia del contendere; il giudice di appello deve pertanto esaminare il solo appello avverso la sentenza e non anche l'appello avverso il dispositivo che esaurisce la sua funzione nella sede, in senso lato, cautelare. Pertanto, in base a una ricostruzione giurisprudenziale, l'appello avverso il dispositivo ha portata esclusivamente cautelare, mentre i successivi motivi aggiunti avverso la sentenza hanno natura di autonomo appello non cautelare. Ne consegue che i motivi contenuti nell'appello avverso il dispositivo e non riprodotti nell'appello avverso la sentenza si devono intendere abbandonati e non devono essere esaminati dal giudice di merito; nel dispositivo della sentenza di appello non occorre alcuna pronuncia avverso il dispositivo nemmeno in termini di improcedibilità o assorbimento; l'appello avverso la motivazione deve avere la sostanza di appello autonomo, anche se può avere la forma dei motivi aggiunti dell'appello avverso il dispositivo (Cons. St. VI, ord. n. 761/2013).

Si riscontrano tuttavia degli elementi che potrebbero far propendere per una diversa definizione del rapporto tra appello avverso il dispositivo e avverso la sentenza. In particolare, lo stesso art. 119, comma 6, nel disciplinare l'appello avverso il dispositivo, fa riferimento alla riserva dei motivi da proporre dopo la pubblicazione della sentenza. Si potrebbe pertanto ritenere che il secondo appello possa contenere solo i motivi riservati in sede di appello avverso il dispositivo e non debba pertanto contenere l'esposizione dei fatti che potrebbe essere affidata al solo appello avverso il dispositivo. Anche per quanto riguarda il contributo unificato, in caso di appello separato avverso il dispositivo e avverso la motivazione deve essere pagato un unico contributo unificato, al momento dell'appello avverso il dispositivo.

La giurisprudenza ha definito il tema del rapporto tra appello contro il dispositivo e appello contro la sentenza traducendolo in una fattispecie a formazione progressiva ed evidenziando che dall'art. 119, comma 6, emerge il riferimento unitario al mezzo di impugnazione che trova disciplina negli art. 91 ss. In particolare ( Cons. St. Ad. plen. , n. 8/2014), i due appelli costituiscono espressione del medesimo potere di impugnazione della parte, con la conseguenza che non incorrono nella sanzione di inammissibilità i motivi aggiunti che non contengono una compiuta e separata esposizione dei fatti su cui si innesta la controversia, ma rinviano alle considerazioni già espresse nell'atto di impugnazione del dispositivo. L'effetto devolutivo della controversia si produce in un primo tratto limitatamente all'emissione delle misure cautelari che l'impugnazione del dispositivo consente di anticipare in presenza della sola esecutività del dispositivo medesimo; nel secondo tratto con effetto di cognizione piena del merito della controversia in relazione ai motivi di appello che il ricorrente è posto in condizione di articolare dopo la pubblicazione della motivazione della sentenza. Tale impostazione consente di superare ogni questione formale sugli elementi contenutistici del primo e del secondo atto di appello e dei limiti dell'effetto devolutivo in caso di parziale corrispondenza del secondo atto rispetto al primo. Non incorrono quindi nella conseguenza dell'inammissibilità i motivi aggiunti per la mancanza di una compiuta e separata esposizione in tale sede dei fatti su cui si innesta la controversia e per il parziale rinvio a considerazioni espresse nell'impugnazione del dispositivo. Correlativamente e per converso, è inammissibile l'appello rivolto contro il dispositivo, qualora sia privo dell'istanza cautelare, ( Cons. St. V, n. 5375/2013) ed è improcedibile qualora non venga seguito dall'impugnazione della intera sentenza ( Cons. St. IV, n. 3842/2000 ; Cons. St. V, n. 3389/2018). Sul tema, la giurisprudenza amministrativa ha ritenuto che l'appello contro il dispositivo e l'appello contro la motivazione costituiscono distinti momenti di esercizio del medesimo potere di impugnazione della parte, che devolvono la controversia al Giudice di appello nel primo caso solo quanto all'emissione di misure cautelari, nel secondo caso quanto alla cognizione piena del merito della controversia in relazione ai motivi di impugnativa che il ricorrente è posto in condizione di articolare, con definitiva determinazione del thema decidendum, a seguito dell'esame compiuto della motivazione. Pertanto, la parte che, anticipando la tutela, ha presentato appello immediato contro il dispositivo è onerata, una volta pubblicata la motivazione, di dedurre in modo compiuto i motivi di appello al fine di non incorrere nell'improcedibilità dell'impugnazione proposta contro il dispositivo e nella perdita di efficacia di ogni misura cautelare eventualmente accordata. Ne segue per corollario che l'appello deve essere deciso esaminando l'atto presentato per secondo, nel quale sono, per l'appunto, dedotti i relativi motivi, salvo il caso in cui il secondo atto faccia espresso riferimento ai contenuti del primo (Cons. St. III, n. 2079/2019).

La mancata pubblicazione del dispositivo non comporta la nullità della pronuncia emessa nel testo integrale, perché a differenza del processo del lavoro, nel quale la lettura del dispositivo risponde ad esigenze di concentrazione del giudizio e di immutabilità della decisione, nel rito speciale in esame la pubblicazione del dispositivo ha finalità meramente acceleratorie del giudizio. Secondo la giurisprudenza prevalente, qualora si verifichino discrasie tra il dispositivo pubblicato e la pronuncia redatta per esteso, è ammessa la correzione del primo da parte della seconda ( Cons. St. V, n. 4746/2003) e, comunque, l'errore è emendabile mediante il procedimento di correzione di errore materiale ( Cons. St. III, n. 871/2016; Cons. St. IV, n. 4103/2015).

Il rito speciale PNRR. Rinvio

Con l'art. 12-bis d.l. n. 68/2022 – inserito in sede di conversione dalla l. 5 agosto 2022, n. 108 – il legislatore ha introdotto alcune norme processuali espressamente dedicate alle procedure amministrative che riguardino interventi finanziati in tutto o in parte con le risorse previste dal PNRR, al fine di garantire il rispetto dei termini previsti dallo stesso PNRR ed evitare che la durata ordinaria del giudizio possa incidere sul raggiungimento dei citati obiettivi. Per il relativo commento si rinvia a Norme speciali in tema di processo amministrativo – Il rito speciale PNRR.

Bibliografia

De Nictolis, Codice del processo amministrativo commentato, Milano, 2012; Lipari, Il nuovo rito degli appalti dopo l'art. 23-bis della l. n. 1034/1971, introdotto dall'art. 4 della l. n. 205/2000, in AA. VV., La nuova disciplina dei lavori pubblici (a cura di F. Caringella e G. De Marzo), Milano, 2003, 1750 ss.; Sandulli, Diritto processuale amministrativo, in Cassese (a cura di), Corso di diritto amministrativo, Milano, 2013.

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