Decreto legislativo - 2/07/2010 - n. 104 art. 13 bis - Misure transitorie per l'uniforme applicazione del processo amministrativo telematico 1Misure transitorie per l'uniforme applicazione del processo amministrativo telematico 1 (1). 1. Per un periodo di tre anni a decorrere dal 1° gennaio 2017, il collegio di primo grado cui è assegnato il ricorso, se rileva che il punto di diritto sottoposto al suo esame e vertente sull'interpretazione e sull'applicazione delle norme in tema di processo amministrativo telematico ha già dato luogo a significativi contrasti giurisprudenziali rispetto a decisioni di altri tribunali amministrativi regionali o del Consiglio di Stato, tali da incidere in modo rilevante sul diritto di difesa di una parte, con ordinanza emanata su richiesta di parte o d'ufficio e pubblicata in udienza, può sottoporre al presidente del Consiglio di Stato istanza di rimessione del ricorso all'esame dell'adunanza plenaria, contestualmente rinviando la trattazione del giudizio alla prima udienza successiva al sessantesimo giorno dall'udienza in cui è pubblicata l'ordinanza. Il presidente del Consiglio di Stato comunica l'accoglimento della richiesta entro trenta giorni dal ricevimento, e in tal caso nell'udienza davanti al tribunale il processo è sospeso fino all'esito della decisione dell'adunanza plenaria. La mancata risposta del presidente del Consiglio di Stato entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta equivale a rigetto. L'adunanza plenaria è convocata per una data non successiva a tre mesi dalla richiesta e decide la sola questione di diritto relativa al processo amministrativo telematico. [1] Articolo inserito dall'articolo 7, comma 1, lettera a) del D.L. 31 agosto 2016, n. 168 a decorrere dal 1° gennaio 2017. Per l'applicazione vedi i commi da 3 a 5 del medesimo articolo 7. Note operative
InquadramentoL'entrata in vigore del processo telematico — come pronosticato dal parere Cons. St. sez. consultiva per gli atti normativi, n. 66/2016 — è stato immediatamente accompagnata da contrasti giurisprudenziali interpretativi e applicativi delle relative norme, non facilitati da un complesso sistema di intrecci tra norme del c.p.a, come modificate dal d.l. n. 168/2016, conv., con modif., in l. n. 197/2016, disposizioni dettate dall’allora vigente norme di legge speciali e disposizioni attuative dettate dal d.P.C.M. n. 40/2016, ivi compreso l'All. A contenente le relative, ma non meno importanti, specifiche tecniche. Tale tendenza, del resto, si era già manifestata prima dell'avvio del Pat, con la querelle giurisprudenziale in tema di ammissibilità delle notificazioni a mezzo PEC nel processo amministrativo, ai sensi dell' art. 3-bis della l. n. 53/1994 prima dell'entrata in vigore del Pat. Con l' art. 13-bis, comma 1, disp. att. c.p.a. la l. n. 197/2016 il legislatore, prendendo atto dei problemi processuali determinatisi a seguito del richiamato contrasto giurisprudenziale, introduce nel c.p.a. un nuovo istituto processuale: l'istanza di rimessione all'adunanza plenaria del Consiglio di Stato da parte del Giudice di primo grado. In tal modo, si è evidentemente ritenuto di individuare uno strumento di risoluzione che consenta, in tempi brevi, di sollecitare una pronuncia chiarificatrice dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato già nel giudizio di primo grado. Si trattava, tuttavia, di una possibilità assicurata solo per un periodo di tre anni a decorrere dal 1° gennaio 2017, cioè fino al 1° gennaio 2020, purché sussistessero significativi contrasti giurisprudenziali- che potevano riguardare sia decisioni del giudice di primo grado che del giudice di appello- che vertessero sull’interpretazione e sull’applicazione delle norme in tema di processo amministrativo telematico. Scaduto il termine in questione l’operatività della norma è ormai da ritenersi cessata. Prima dell'avvio del Pat, un esempio di rimessione all'Adunanza plenaria di questione inerente il processo telematico era stata proposta, ai sensi dell' art. 99, comma 1 c.p.a, con riferimento alla questione inerente la ritualità delle comunicazioni a mezzo PEC per i ricorsi introdotti prima dell'entrata in vigore del c.p.a., nei casi in cui il difensore non avesse quindi indicato la propria PEC nel ricorso e nei successivi scritti difensivi (Cons. St. IV, n. 4211/2014); più di recente, con ord. n. 1322/2017, il Cons. St. III, ha rimesso alla decisione dell'A.P. la questione della validità o meno della notifica di atti processuali esclusivamente a mezzo PEC nel sistema processuale anteriore al 1 gennaio 2017, ai sensi dell’art.3 bis della legge n.53/94. Su tale questione si è pronunciato, in senso favorevole all’ammissibilità delle notifiche a mezzo PEC anche prima dell’avvio del PAT, Cons. St., Ad. plen., n. 6/2017 (v. commento sub artt. 25 e 52). L'istanza di rimessione del ricorso all'Adunanza plenaria: i presuppostiL'istanza di rimessione all'adunanza plenaria del Consiglio di Stato da parte del Giudice di primo grado di cui all' art. 13-bis, comma 1, All.2, disp.att. c.p.a, pur disegnata sulla falsariga dell'art. 99 — con la quale è accomunata dal costituire una fase incidentale che può comportare la sospensione del giudizio- se ne discosta notevolmente sotto vari profili. L' art. 13-bis, comma 1, disp. att. c.p.a. prevede che lo stesso Tribunale di primo grado cui è assegnato il ricorso, in composizione collegiale, se rileva che il punto di diritto sottoposto al suo esame e vertente sull'interpretazione e sull'applicazione delle norme in tema di processo amministrativo telematico ha già dato luogo a significativi contrasti giurisprudenziali rispetto a decisioni di altri T.A.R. o del Consiglio di Stato, tali da incidere in modo rilevante sul diritto di difesa di una parte, può decidere, con ordinanza emanata su richiesta di parte o d'ufficio e pubblicata in udienza, di sottoporre al Presidente del Consiglio di Stato istanza di rimessione del ricorso all'esame dell'adunanza plenaria, contestualmente rinviando la trattazione del giudizio alla prima udienza successiva al sessantesimo giorno dall'udienza in cui è pubblicata l'ordinanza. Si tratta, quindi, di una fattispecie peculiare in cui non è comunque il giudice di primo grado a valutare se rimettere o meno la questione all'esame dell'adunanza plenaria (come nel caso dell' art. 99, comma 1 c.p.a.), essendo comunque richiesto che tale decisione sia adottata dal Presidente del Consiglio di Stato. La necessità di sottoporre al Presidente del Consiglio di Stato l'istanza di rimessione può essere tanto rilevata d'ufficio dal Collegio, quanto sollecitata su richiesta di parte. Lo specifico riferimento al fatto che la decisione debba essere assunta con “ordinanza” da parte del Collegio, esclude comunque che la questione possa essere rilevata con decreto monocratico presidenziale in via d'urgenza, ex art. 56. La disposizione in parola non osta, tuttavia, a che la decisione sull’istanza sia assunta dal Collegio direttamente in sentenza: in tal senso T.A.R. Napoli I, n. 1694/2017 che, con riferimento alla questione la questione relativa all’efficacia “sanante” della sottoscrizione del “ModuloDepositoAtto” in presenza di atti processuali privi di firma digitale ha ritenuto - pur avendo ricevuto soluzione contraria in alcune pronunce di primo grado da T.A.R. Reggio Calabria, sent. n. 209/2017; T.A.R. Lazio, Roma III bis, ordinanza n. 3231/2017 – non sussistenti allo stato “significativi contrasti giurisprudenziali” tali da legittimare la rimessione all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ai sensi dell’art. 13 bis delle norme di attuazione al c.p.a. e che, inoltre, che il profilo di nullità esaminato non riguardava il ricorso giurisdizionale e, pertanto, non appariva dirimente ai fini della decisione sulla impugnazione oggetto di giudizio. Al fine della sottoposizione al presidente del Consiglio di Stato dell'istanza di rimessione del ricorso all'esame dell'Adunanza plenaria, è necessario infatti che la questione: a) coinvolga il punto di diritto sottoposto all'esame del Collegio; b) verta sull'interpretazione e/o sull'applicazione di norme in tema Pat; c) che tale punto di diritto abbia già dato luogo a significativi contrasti giurisprudenziali d) che tali contrasti siano tali da incidere in modo rilevante sul diritto di difesa di una parte. L'utilizzo del verbo «può» induce a ritenere che il Collegio, anche a fronte della sussistenza tutti i presupposti previsti dalla norma, non sia affatto tenuto a sottoporre al presidente del Consiglio di Stato l'istanza di rimessione del ricorso all'esame dell'adunanza plenaria, godendo in proposito della più ampia discrezionalità. In ogni caso, la norma non richiede il consenso delle parti. Con riferimento all'identificazione delle norme in tema di processo amministrativo telematico, la cui interpretazione o applicazione può comportare la rimessione del ricorso al Presidente del consiglio di Stato affinché valuti di rimettere la questione all'Adunanza Plenaria, la formulazione della norma, piuttosto generica, è tale da ricomprendere l'interpretazione e l'applicazione di qualsiasi norma in tema di processo amministrativo telematico — comprese quelle dettate dalle disp. att. c.p.a. nonché dal d.P.C.M. n. 40/2016 (oggi d.P.C.S. 28 luglio 2021). È comunque necessario che si tratti di norme sul processo telematico: tale strumento, quindi, non può essere utilizzato al fine di sollecitare la composizione di contrasti giurisprudenziali in qualsiasi altra materia che non sia il Pat. La questione, a ben vedere, può riguardare anche l'interpretazione e l'applicazione di disposizioni dettate, in materia di Pat, da leggi speciali, quali l' art. 16 d.l. n. 179/2012 o l' art. 3-bis della l. n. 53/94 (Pisano). A differenza di quanto previsto dall'art. 99, comma 5 — che consente l'esercizio del potere nomofilattico dell'Adunanza plenaria anche nei casi in cui l'esito della controversia prescinda, in concreto, dalla soluzione delle questioni di diritto ad essa deferite — l' art. 13-bis, disp. att. c.p.a. sembra presupporre, inoltre, che la decisione del punto di diritto da sottoporre all'Adunanza plenaria sia non soltanto «rilevante» ai fini della res controversa, ma sia anche tale da incidere sul diritto di difesa di una parte, esercitato con modalità telematiche. La rilevanza, in tal caso, assumere un preciso significato di carattere processuale, strettamente connesso all'esercizio del diritto di difesa di una parte, di cui all' art. 24 Cost. Nell'ambito del processo telematico, individuare con precisione i limiti di tale presupposto appare arduo: invero, l'esercizio di del diritto di difesa potrebbe essere compromesso, in astratto, dalle disposizioni in materia di sinteticità degli atti processuali depositati con modalità telematiche; dalle norme in materia di notificazione; da quelle che attengono al deposito con modalità telematica fino a quelle regolamentano l'accesso con modalità telematiche al fascicolo processuale. La Corte di Giustizia EU, III, 18 maggio 2017, causa C-99/16 ha affermato il principio che se gli ordini nazionali non forniscono ai professionisti di altri Stati membri un dispositivo che permette l'accesso a reti necessarie per la trasmissione di atti giudiziari, impedendo lo svolgimento di un servizio agli avvocati, sussiste violazione del diritto Ue ( art. 4 dir. 77/249/Cee del Consiglio, 22 marzo 1977, intesa a facilitare l'esercizio effettivo della libera prestazione di servizi da parte degli avvocati). Il rifiuto di fornire un dispositivo di accesso Rpva, emesso dalle autorità competenti di uno Stato membro nei confronti di un avvocato debitamente iscritto ad un ordine forense di un altro Stato membro, per il solo motivo che tale avvocato non è iscritto presso un foro del primo Stato membro in cui intende esercitare la sua professione in qualità di libero prestatore di servizi, nei casi in cui l'obbligo di agire di concerto con un altro avvocato non è imposto dalla legge, costituisce una restrizione alla libera prestazione di servizi ai sensi dell' articolo 4 della direttiva 77/249, in combinato disposto con l' articolo 56 Tfue e con l' articolo 57, terzo comma, Tfue. Spetta al giudice del rinvio verificare se tale rifiuto, alla luce del contesto in cui è opposto, risponda realmente agli obiettivi di tutela dei consumatori e di buona amministrazione della giustizia, che possono giustificarlo, e se le conseguenti restrizioni non appaiano sproporzionate rispetto a tali obiettivi. Infine, ulteriore presupposto applicativo della norma è che siano già in atto contrasti giurisprudenziali sull'interpretazione o applicazione di tale punto di diritto, rispetto a decisioni di altri Tar o del Consiglio di Stato: tale istituto, a differenza dell'ipotesi di cui all' art. 99, comma 1 c.p.a. (che ripropone analoga formulazione dell' art. 45 r.d. n. 1054/1924), non può quindi essere utilizzato al fine di risolvere, in via preventiva, contrasti giurisprudenziali solo potenziali. È inoltre essenziale che tali contrasti siano «significativi». La norma non esplicita se tale concetto debba essere interpretato sotto il profilo «quantitativo» (che si ravvisa quando il contrasto abbia riguardato un numero rilevante di pronunce), o «qualitativo» (se cioè possa rilevarsi il contrasto anche tra due sole decisioni, purché relative a questioni di diritto significative). La decisione sull'istanzaA seguito della valutazione, da parte del Collegio, di sottoporre al presidente del Consiglio di Stato l'istanza di rimessione del ricorso all'esame dell'adunanza plenaria, il presidente del Consiglio di Stato può a sua volta valutare se accogliere o meno l'istanza. Anche nel caso di cui trattasi, sembra infatti propendersi per l'interpretazione che il deferimento della causa da parte del Presidente del Consiglio di Stato all'Adunanza plenaria, come nel caso di cui all'art. 99 comma, 1 sia facoltativo. In caso di decisione di accoglimento della richiesta, la stessa viene comunicata al Tribunale entro trenta giorni dal ricevimento, e nell'udienza davanti al Tribunale il processo è sospeso fino all'esito della decisione dell'adunanza plenaria. In tal caso, l'adunanza plenaria è convocata per una data non successiva a tre mesi dalla richiesta e decide la sola questione di diritto relativa al processo amministrativo telematico.» ( art. 13-bis, comma 1, disp.att.c.p.a., come modificato dalla l. n. 197/2016). La decisione di rigetto della richiesta può invece essere, oltre che espressa, anche tacita: la mancata risposta del presidente del Consiglio di Stato entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta equivale infatti a rigetto. A differenza di quanto previsto dall' art. 99, comma 3 l'art. 13-bis, comma 1, disp. att. c.p.a. non specifica quali siano le conseguenze del principio di diritto pronunciato dall'adunanza plenaria sulla controversia in corso. In particolare, non sono esplicitate le conseguenze processuali nel caso in cui il Collegio, pur dopo aver deciso di sottoporre la questione alla valutazione dell'Adunanza plenaria, non ne condivida il principio di diritto enunciato. In ogni caso, anche la violazione del c.d. «vincolo negativo» per le Sezioni semplici imposto dall'art. 99, comma 3, non ha sanzioni sul piano processuale, rappresentando, tale conclusione, un ragionevole punto di equilibrio tra la ricerca di una maggiore uniformità interpretativa in funzione della certezza del diritto e la libertà e l'indipendenza, anche interna, del giudice (Cons. St. III, n. 4185/2014). Anche nella fattispecie generale di cui all' art. 99 c.p.a, le pronunce dell'Adunanza plenaria (come quelle della Corte di Cassazione), a differenza delle decisioni della Cge, non hanno valore normativo, tanto è vero che l' art. 99 c.p.a. prevede un meccanismo, sia pure rinforzato, che consente alle sezioni semplici del Consiglio di Stato di rimettere in discussione quanto sancito dall'Adunanza (T.A.R. Marche, n. 653/2016). BibliografiaPisano, Il processo amministrativo telematico, Roma, 2017, 8,9, 22/24; Pisano, Prime riflessioni sull'avvio del pat, tra principio di sinteticità e regime transitorio, in Giornale Dir. Amm. 2017, 1, 41. | ||||||||||||