Decreto legislativo - 2/07/2010 - n. 104 art. 129 - Giudizio avverso gli atti di esclusione dal procedimento preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali

Ciro Daniele Piro

Giudizio avverso gli atti di esclusione dal procedimento preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali

 

1. I provvedimenti immediatamente lesivi del diritto del ricorrente a partecipare al procedimento elettorale preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali e per il rinnovo dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia sono impugnabili innanzi al tribunale amministrativo regionale competente nel termine di tre giorni dalla pubblicazione, anche mediante affissione, ovvero dalla comunicazione, se prevista, degli atti impugnati 1.

2. Gli atti diversi da quelli di cui al comma 1 sono impugnati alla conclusione del procedimento unitamente all'atto di proclamazione degli eletti 2.

3. Il ricorso di cui al comma 1, nel termine ivi previsto, deve essere, a pena di decadenza:

a) notificato, direttamente dal ricorrente o dal suo difensore, esclusivamente mediante consegna diretta, posta elettronica certificata o fax, all'ufficio che ha emanato l'atto impugnato, alla Prefettura e, ove possibile, agli eventuali controinteressati; in ogni caso, l'ufficio che ha emanato l'atto impugnato rende pubblico il ricorso mediante affissione di una sua copia integrale in appositi spazi all'uopo destinati sempre accessibili al pubblico e tale pubblicazione ha valore di notifica per pubblici proclami per tutti i controinteressati; la notificazione si ha per avvenuta il giorno stesso della predetta affissione;

b) depositato presso la segreteria del tribunale adito, che provvede a pubblicarlo sul sito internet della giustizia amministrativa e ad affiggerlo in appositi spazi accessibili al pubblico 3.

4. Le parti, ove stiano in giudizio personalmente e non siano titolari di indirizzi di posta elettronica certificata risultanti dai pubblici elenchi, indicano, rispettivamente nel ricorso o negli atti di costituzione, l'indirizzo di posta elettronica certificata o il numero di fax da valere per ogni eventuale comunicazione e notificazione 4.

5. L'udienza di discussione si celebra, senza possibilità di rinvio anche in presenza di ricorso incidentale, nel termine di tre giorni dal deposito del ricorso, senza avvisi. Alla notifica del ricorso incidentale si provvede con le forme previste per il ricorso principale.

6. Il giudizio è deciso all'esito dell'udienza con sentenza in forma semplificata, da pubblicarsi nello stesso giorno. La relativa motivazione può consistere anche in un mero richiamo delle argomentazioni contenute negli scritti delle parti che il giudice ha inteso accogliere e fare proprie.

7. La sentenza non appellata è comunicata senza indugio dalla segreteria del tribunale all'ufficio che ha emanato l'atto impugnato.

8. Il ricorso di appello, nel termine di due giorni dalla pubblicazione della sentenza, deve essere, a pena di decadenza:

a) notificato, direttamente dal ricorrente o dal suo difensore, esclusivamente mediante consegna diretta, posta elettronica certificata o fax, all'ufficio che ha emanato l'atto impugnato, alla Prefettura e, ove possibile, agli eventuali controinteressati; in ogni caso, l'ufficio che ha emanato l'atto impugnato rende pubblico il ricorso mediante affissione di una sua copia integrale in appositi spazi all'uopo destinati sempre accessibili al pubblico e tale pubblicazione ha valore di notifica per pubblici proclami per tutti i controinteressati; la notificazione si ha per avvenuta il giorno stesso della predetta affissione; per le parti costituite nel giudizio di primo grado la trasmissione si effettua presso l'indirizzo di posta elettronica certificata o il numero di fax indicato negli atti difensivi ai sensi del comma 4;

b) depositato in copia presso il tribunale amministrativo regionale che ha emesso la sentenza di primo grado, il quale provvede ad affiggerlo in appositi spazi accessibili al pubblico;

c) depositato presso la segreteria del Consiglio di Stato, che provvede a pubblicarlo nel sito internet della giustizia amministrativa e ad affiggerlo in appositi spazi accessibili al pubblico 5.

9. Nel giudizio di appello si applicano le disposizioni del presente articolo.

10. Nei giudizi di cui al comma 1 non si applicano le disposizioni di cui agli articoli 52, comma 5, e 54, commi 1 e 2.

 

[4] Comma modificato dall'articolo 20, comma 1-bis, lettera a), del D.L. 27 giugno 2015 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 agosto 2015, n. 132, a decorrere dall'entrata in vigore del processo amministrativo telematico. Per l'applicazione delle suddette modifiche vedi i commi 3-5 dell'articolo 7 del D.L. 31 agosto 2016, n. 168.

Note operative

Termini relativi al giudizio avverso gli atti di esclusione dal procedimento preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali (art. 129)
Tipologia di atto Termine Decorrenza
Notificazione e deposito del ricorso avverso i provvedimenti di esclusione 3 giorni Dalla pubblicazione, anche mediante affissione, ovvero dalla comunicazione, se prevista, degli atti impugnati
Udienza di discussione in primo e secondo grado entro 3 giorni Dal deposito del ricorso
Costituzione delle parti Entro la data di udienza
Pubblicazione sentenza Stesso giorno dell'udienza
Notificazione e deposito del ricorso in appello 2 giorni Dalla pubblicazione della sentenza

Inquadramento

La disposizione prevede l'immediata impugnabilità dei provvedimenti immediatamente lesivi del diritto del ricorrente a partecipare al procedimento elettorale preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali nonché per il rinnovo dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia.

Il rito applicabile si impronta alla massima celerità.

In particolare, è previsto che:

- l'impugnazione può essere proposta entro tre giorni dalla pubblicazione ovvero dalla comunicazione, se prevista, degli atti impugnati;

- l'udienza è celebrata nel termine di tre giorni dal deposito del ricorso, senza possibilità di rinvio, all'esito della quale il giudizio è deciso con sentenza in forma semplificata;

- l'appello deve essere proposto a pena di decadenza entro due giorni dalla pubblicazione della sentenza.

L'impugnazione degli atti preparatori del procedimento elettorale

L'art. 129 reca la disciplina del contenzioso amministrativo riguardante il procedimento elettorale preparatorio, relativo alle elezioni comunali, provinciali, regionali e — per effetto dell' art. 7 comma 8 dell'art. 7, comma 8-quater, d.l. 31 agosto 2016, n. 168, come modificato dalla legge di conversione 25 ottobre 2016, n. 197 — applicabile anche alle elezioni delle città metropolitane(con tale norma infatti si è previsto che: “[l]e disposizioni in materia di contenzioso sulle operazioni elettorali relative al rinnovo degli organi elettivi dei comuni, delle province e delle regioni, previste dal libro quarto, titolo VI, del codice del processo amministrativo, di cui all'allegato 1 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, si applicano anche al contenzioso sulle operazioni elettorali delle città metropolitane”).

In particolare, la disposizione introduce un rito speciale e accelerato che si fonda sul principio dell'immediata impugnabilità dei provvedimenti immediatamente lesivi del diritto del ricorrente a partecipare al procedimento elettorale preparatorio per le elezioni ed è stata introdotta nel codice, nella sua formulazione vigente, dal d.lgs. n. 160/2012.

Invero, il procedimento elettorale (in senso ampio) può distinguersi in due diversi sub-procedimenti, ossia il procedimento elettorale preparatorio, in cui si colloca la fase dell'ammissione delle liste e delle esclusioni dei candidati, ed il procedimento elettorale in senso stretto, caratterizzato dalle operazioni elettorali e dalla successiva proclamazione degli eletti.

L'art. 129 riguarda, come detto, il procedimento elettorale preparatorio. Nella sua originaria formulazione dava facoltà ai delegati delle liste e dei gruppi di candidati esclusi di impugnare immediatamente i soli provvedimenti concernenti l'esclusione delle liste o candidati (la formulazione si riferiva infatti ai “provvedimenti relativi al procedimento preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali concernenti l'esclusione di liste o candidati” e stabiliva che questi potessero “essere immediatamente impugnati, esclusivamente da parte dei delegati delle liste e dei gruppi di candidati esclusi, innanzi al tribunale amministrativo regionale competente, nel termine di tre giorni dalla pubblicazione, anche mediante affissione, ovvero dalla comunicazione, se prevista, degli atti impugnati”).

L'art. 129 è stato successivamente novellato dal d.lgs. n. 160/2012, c.d. «secondo correttivo» al codice del processo amministrativo, che ha ridefinito il campo di applicazione comprendendo i «provvedimenti immediatamente lesivi del diritto del ricorrente a partecipare al procedimento elettorale preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali e per il rinnovo dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia».

Per effetto dell'intervento legislativo del 2012, quindi, risultano ora impugnabili tutti i provvedimenti “immediatamente lesivi” del diritto del ricorrente a partecipare al procedimento elettorale preparatorio.

Al di fuori dei provvedimenti appena indicati, per effetto del comma 2 dello stesso art. 129, ogni altro atto relativo al procedimento, anche preparatorio, per le elezioni è impugnabile soltanto alla conclusione del procedimento elettorale, unitamente all'atto di proclamazione degli eletti (v. infra commento sub art. 130).

Excursus storico: la prima soluzione del Codice, la sentenza Corte cost. n. 236/2010 e il decreto correttivo del 2012

La questione dell'immediata impugnabilità, o meno, degli atti preparatori del procedimento elettorale, con particolare riguardo a esclusioni e ammissioni è stata affrontata già in epoca anteriore all'approvazione del d.lgs. n. 104/2010.

Sul punto, l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, aveva affermato che gli atti endoprocedimentali finalizzati alla proclamazione degli eletti nelle elezioni comunali (comprese, quindi, ammissioni ed esclusioni) non possono essere autonomamente impugnati. Solo l'atto finale di proclamazione poteva essere impugnato nel termine di 30 giorni dal suo compimento ( Cons. St.Ad. plen., n. 10/2005).

A sostegno di questa soluzione la decisione riporta essenzialmente quattro giustificazioni:

a) la necessità di garantire la rapidità e la speditezza voluta dal legislatore per il procedimento elettorale senza il rischio di comprometterne la continuità;

b) la composizione degli organi competenti a emanare i provvedimenti di ammissione o esclusione delle liste formata da magistrati e funzionari di alto livello e tale da legittimare il mancato intervento del potere giudiziario in questioni caratterizzate da elementi di natura politica;

c) l'impossibilità di garantire mezzi di tutela definitiva che garantiscano gli interessati, oltre che la legalità del procedimento elettorale, dal momento che il rimedio giurisdizionale più probabile è rappresentato dal riconoscimento di misure cautelari, le quali sono atti ad efficacia meramente provvisoria e incapaci pertanto di scongiurare il pericolo di un successivo annullamento del procedimento elettorale;

d) la considerazione che l'interpretazione accolta non rappresenta la negazione di ogni tutela giurisdizionale quanto piuttosto l'espressione della volontà legislativa di accorpare tutte le impugnazione riferibili a uno stesso procedimento elettorale in un momento successivo alla proclamazione degli eletti per giustificate esigenze di concentrazione dell'impegno politico e amministrativo legato alle tornate elettorali.

Si è rilevato che la soluzione individuata dalla Adunanza Plenaria era il frutto di una attenta valutazione degli effetti distorsivi che l'immediata impugnabilità degli atti interni al procedimento elettorale può causare. Si tratta in particolare del rischio di generare fenomeni di «strumentalizzazione propagandistica» dei ricorsi e delle misure cautelari ad opera dei ricorrenti ammessi con riserva o che hanno ottenuto l'esclusione cautelare di una lista concorrente, a fronte della esigenza di tutelare posizioni giuridiche qualificate a fronte di provvedimenti amministrativi immediatamente lesivi corrono il rischio. In ragione dei risultati elettorali, infatti, questi potrebbero anche decidere di rinunciare al ricorso originario o di renderlo improcedibile non impugnando la successiva proclamazione degli eletti. Così facendo, si produce la caducazione retroattiva della pronuncia cautelare provvisoria e non confermata con le prevedibili conseguenze sulla competizione avvenuta (Pellizzari, 79).

Nel testo del Codice predisposto dal Consiglio di Stato tale principio veniva superato in via normativa e nella relazione di accompagnamento si dava atto che l'orientamento, che differisce ogni contestazione all'esito delle consultazioni elettorali, priva di tutela immediata nei confronti di provvedimenti di ammissione ed esclusione, con l'ulteriore conseguenza che, in caso di accoglimento di tali ricorsi dopo le elezioni, sarebbe inevitabile la ripetizione della procedura elettorale.

Altro argomento a favore dell'ammissibilità della tutela immediata era la considerazione che, una volta introdotto il contenzioso sugli atti del procedimento elettorale preparatorio di Camera e Senato, coerenza logica e sistematica, e soprattutto equità sostanziale, inducevano a prevedere siffatta tutela anticipata anche per le elezioni del Parlamento europeo e le elezioni amministrative (Chieppa,Il processo amministrativo, 709).

Il testo finale del Codice, approvato dal Governo, oltre a eliminare le norme sul contenzioso per le elezioni politiche, codificava i principi dettati dalla citata Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 10 del 2005, nel senso di prevedere che tutti gli atti relativi al procedimento, anche preparatorio, per le elezioni comunali, provinciali e regionali e del Parlamento europeo devono essere gravati unitamente all'atto di proclamazione degli eletti. Unica eccezione era prevista per i provvedimenti di esclusione delle liste e dei candidati per le elezioni di regioni, province e comuni che, ove gravati dai delegati delle liste e dei gruppi di candidati esclusi, devono essere impugnati immediatamente. Gli stessi provvedimenti sono impugnabili solo unitamente alla proclamazione degli eletti se si propone l'azione popolare.

Nella relazione si legge che ragioni di opportunità volte a garantire il libero convincimento dell'elettore hanno indotto a non aderire, sul punto, all'osservazione formulata dalla Commissione Affari costituzionali della Camera che avrebbe voluto estendere la tutela anticipata a tutti gli atti del procedimento elettorale preparatorio, inclusi i provvedimenti di ammissione delle liste e quelli relativi ai contrassegni e ai collegamenti.

Va rilevato che nel frattempo, a seguito di alcune controversie sorte per le elezioni regionali del 2010, era stato emanato il d.l. 5 marzo 2010, n. 29, avente ad oggetto l'interpretazione autentica di disposizioni del procedimento elettorale e relativa disciplina di attuazione.

L'art. 1, comma 3, di tale d.l. prevedeva che «Il quinto comma dell' articolo 10 della legge 17 febbraio 1968, n. 108, si interpreta nel senso che le decisioni di ammissione di liste di candidati o di singoli candidati da parte dell'Ufficio centrale regionale sono definitive, non revocabili o modificabili dallo stesso Ufficio. Contro le decisioni di ammissione può essere proposto esclusivamente ricorso al Giudice amministrativo soltanto da chi vi abbia interesse. Contro le decisioni di eliminazione di liste di candidati oppure di singoli candidati è ammesso ricorso all'Ufficio centrale regionale, che può essere presentato, entro ventiquattro ore dalla comunicazione, soltanto dai delegati della lista alla quale la decisione si riferisce. Avverso la decisione dell'Ufficio centrale regionale è ammesso immediatamente ricorso al Giudice amministrativo».

Il successivo comma disponeva che «le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle operazioni e ad ogni altra attività relative alle elezioni regionali, in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto».

Come è noto, il d.l. non è stato convertito in legge (comunicato 14 aprile 2010, pubblicato nella G.U. 14 aprile 2010, n. 86) e a norma dell' art. 1, comma 1, l. 22 aprile 2010, n. 60 restavano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodotti e i rapporti giuridici sorti sulla base dell'originario provvedimento legislativo.

Il d.l. prevedeva espressamente l'immediata impugnabilità delle decisioni di esclusione dalla competizione elettorale e tale conclusione era sostenibile anche per le ammissioni alla procedura. Al riguardo, la Corte cost., ord. 18 marzo 2010 n. 107 ha respinto la richiesta di sospensione del d.l. (Chieppa,Processo amministrativo, 1197).

Peraltro, nella stessa giurisprudenza amministrativa si registravano soluzioni di segno opposto rispetto al principio definito dall'Adunanza Plenaria. In particolare si registrava la posizione per cui gli atti di esclusione di una lista da una competizione elettorale debbono ritenersi immediatamente impugnabili innanzi al giudice amministrativo, «non potendosi condividere al riguardo il diverso orientamento espresso dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (la sopra citata n. 10/2005), secondo cui anche in tal caso occorrerebbe attendere l'adozione della delibera di proclamazione degli eletti» (T.A.R. Lombardia (Milano) IV, 9 marzo 2010, n. 208).

La scelta del Codice di limitare l'immediata impugnabilità alle sole esclusioni dalle elezioni amministrative con legittimazione limitata ai delegati delle liste e dei gruppi di candidati esclusi poneva alcuni problemi di coerenza e di compatibilità costituzionale, accentuati dalla decisione della Corte cost. n. 236/2010 (pubblicata in G.U. lo stesso giorno di pubblicazione del Codice).

La Corte costituzionale dichiarava l'illegittimità costituzionale dell' art. 83-undeciesdel decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), introdotto dall' art. 2 della legge 23 dicembre 1966, n. 1147 (Modificazioni alle norme sul contenzioso elettorale amministrativo), nella parte in cuisecondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, costituente diritto viventeescluderebbe la possibilità di un'autonoma impugnativa degli atti del procedimento preparatorio alle elezioni, ancorché immediatamente lesivi, anteriormente alla proclamazione degli eletti (Corte cost. n. 236/2010).

La declaratoria di incostituzionalità colpiva, quindi, l'interpretazione della norma censurata fornita dalla decisione n. 10 del 2005 della Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, intesa quale regola di « diritto vivente ». La fattispecie esaminata dalla Consulta era relativa all'impugnazione di un provvedimento di esclusione, ma alcune considerazioni svolte nella motivazione si attagliano anche alle ammissioni.

Nel ragionamento dei giudici di legittimità viene evidenziato che:

— il potere di sospensione dell'esecuzione dell'atto amministrativo è « elemento connaturale » di un sistema di tutela giurisdizionale incentrato sull'annullamento degli atti delle pubbliche amministrazioni (sentenza n. 284/1974). Nel caso in questione, la posticipazione dell'impugnabilità degli atti di esclusione di liste o candidati ad un momento successivo allo svolgimento delle elezioni preclude la possibilità di una tutela giurisdizionale efficace e tempestiva delle situazioni soggettive immediatamente lese dai predetti atti, con conseguente violazione degli artt. 24 e 113 Cost.

— una simile compressione della tutela giurisdizionale non può trovare giustificazione nelle peculiari esigenze di interesse pubblico che caratterizzano il procedimento in materia elettorale. A tal riguardo, è necessario distinguere tra procedimento preparatorio alle elezioni, nel quale è inclusa la fase dell'ammissione di liste o di candidati, e procedimento elettorale, comprendente le operazioni elettorali e la successiva proclamazione degli eletti. Gli atti relativi al procedimento preparatorio alle elezioni, come l'esclusione di liste o di candidati, debbono poter essere impugnati immediatamente, al fine di assicurare la piena tutela giurisdizionale, ivi inclusa quella cautelare, garantita dagli artt. 24 e 113 Cost. Lo stesso legislatore, del resto, con la disposizione dell' art. 44 della legge n. 69 del 2009, ha delegato il Governo ad adottare norme che consentano l'autonoma impugnabilità degli atti cosiddetti endoprocedimentali immediatamente lesivi di situazioni giuridiche soggettive;

— non può accogliersi la tesi, sostenuta dalla difesa dello Stato, in base alla quale la regola della non impugnabilità dei provvedimenti di esclusione delle liste elettorali sarebbe necessariamente imposta dalle esigenze di speditezza del procedimento elettorale sancite dall' art. 61 Cost. Tale disposizione costituzionale si riferisce alle elezioni delle Camere e non afferma espressamente un principio di speditezza, né tanto meno una prevalenza di detto principio sul diritto, garantito dagli artt. 24 e 113 Cost., a una tutela giurisdizionale piena e tempestiva contro gli atti della pubblica amministrazione;

— gli artt. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, riconoscono, tra l'altro, un diritto ad un ricorso effettivo, che verrebbe vanificato laddove l' art. 83-undecies del d.P.R. n. 570/1960 fosse inteso nel senso di escludere l'impugnabilità immediata degli atti relativi al procedimento preparatorio alle elezioni, come l'esclusione di liste o di candidati, che siano immediatamente lesivi di situazioni giuridiche soggettive;

— né può sostenersi, infine, la tesi della difesa dello Stato in base alla quale la possibilità dell'intervento del giudice amministrativo nella fase iniziale del procedimento elettorale rischierebbe di creare incertezze nel corpo elettorale, che costituisce « il primo organo costituzionale, in quanto titolare della sovranità popolare ». A prescindere dalla circostanza che la sovranità popolare è esercitata « nelle forme e nei limiti della Costituzione » ( art. 1, secondo comma, Cost.), il sindacato giurisdizionale sugli atti immediatamente lesivi relativi al procedimento preparatorio alle elezioni rappresenta una garanzia fondamentale per tutti i cittadini. In un ordinamento democratico, infatti, la regola di diritto deve essere applicata anche a tali procedimenti e, a questo fine, è essenziale assicurare una tutela giurisdizionale piena e tempestiva, nel rispetto degli artt. 24 e 113 Cost.

La sentenza incideva inevitabilmente sulla sorte dell'art. 129, nel testo introdotto dal d.lgs. n. 104/2010. In dottrina si è evidenziato come per le esclusioni la non impugnabilità immediata degli atti preparatori delle elezioni europee e la limitazione alla legittimazione alla immediata impugnazione solo ai delegati delle liste e dei gruppi di candidati esclusi si pone in diretto contrasto con i principi affermati dalla Corte. Non vi era alcun valido motivo perché la limitazione della tutela sia possibile per le elezioni europee e perché per alcuni soggetti legittimati al ricorso operi una limitazione sui tempi della tutela, che nella sostanza preclude quella componente essenziale costituita dalla fase cautelare. I principi affermati dalla Corte apparivano travolgere anche la limitazione all'immediata impugnabilità per tali atti, che sono espressamente richiamati in un sopra menzionato passaggio motivazionale della sentenza. Peraltro, pur essendo vero che la limitazione della tutela produce effetti più gravi in caso di esclusione, che preclude la partecipazione alle elezioni, anche gli atti di ammissione possono risultare lesivi di situazioni giuridiche e in tal modo si preclude la tutela cautelare e si rinvia tutto ad elezioni svolte con il rischio di travolgimento delle stesse in caso di fondatezza del ricorso (Chieppa,Il processo amministrativo, 709; Chieppa, 2905).

Anche successivamente alla pubblicazione della sentenza della Corte Cost. n. 236/2010, la propensione a limitare la tutela giurisdizionale immediata è proseguita (v. il comunicato della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 9 luglio 2010, in Chieppa,Il processo amministrativo, 708) e si auspicò quindi l'utilizzo del previsto potere di decreti correttivi ed integrativi (art. 44, comma 4 seconda parte, l. n. 69 del 2009) onde evitare una ulteriore e preannunciata dichiarazione di illegittimità costituzionale (Chieppa, 2968).

In sede di adozione del primo decreto correttivo, il principio della immediata impugnabilità degli atti lesivi dei procedimenti preparatori, pur presente nello schema sottoposto all'approvazione del Consiglio dei Ministri, è stato successivamente espunto.

Si è dovuto quindi attendere il secondo decreto correttivo al codice ( d.lgs. n. 160/2012) che, come anticipato, riformulando l'art. 129, ha adeguato la disciplina alla sentenza della Corte Cost. n. 236/2010.

Medio tempore, il Consiglio di Stato, pronunciandosi nella vigenza delle norme introdotte nel 2010 dal c.p.a., ha ritenuto comunque ammissibile un ricorso proposto avverso un provvedimento di ammissione, motivando tale decisione in ragione della peculiarità della fattispecie, riguardante un possibile rischio di confusione degli elettori tra due liste partecipanti. La decisione dà atto della necessità di forzare il dato letterale dell'art. 129 allora vigente, che prevede l'impugnazione immediata solo per «i provvedimenti relativi al procedimento preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali concernenti l'esclusione di liste o candidati» (Cons. St. V, n. 2551/2011, in riforma di T.A.R. Veneto (Venezia) III, 22 aprile 2011, n. 680).

L'impugnabilità degli atti preparatori «immediatamente lesivi»

L'art. 129, al comma 1, codifica quindi il principio della impugnabilità degli atti «immediatamente lesivi del diritto del ricorrente a partecipare al procedimento elettorale preparatorio».

La locuzione riprende testualmente la formula utilizzata dalla Corte Costituzionale e allo stesso tempo lascia al giudice l'apprezzamento su quali atti siano in concreto idonei a produrre immediata lesione.

Si è rilevato come l'utilizzo della locuzione in commento potrebbe generare dubbi sulla configurabilità di un caso di giurisdizione esclusiva (Pajno, 5), per quanto non sia ricompreso nell'elencazione tassativa di cui all'art. 133. Tradizionalmente, infatti, si è distinto tra il diritto di elettorato passivo, tutelabile come visto dinnanzi al G.O., e l'interesse legittimo a partecipare ad una corretta procedura elettorale, tutelabile dinnanzi al G.A. (v. supra, nonché il commento sub art. 126).

Sul versante oggettivo, la norma riguarda anche gli atti dei procedimenti elettorali per il rinnovo dei membri del Parlamento europeo e, per effetto dell' art. 7 co. 8 dell'art. 7, comma 8-quater, d.l. 31 agosto 2016, n. 168, come modificato dalla legge di conversione 25 ottobre 2016, n. 197, in vigore dal 30 ottobre 2016, è applicabile anche alle elezioni delle città metropolitane.

La formulazione attuale è quindi tale da includere sia gli atti di ammissione, che quelli di esclusione delle liste. Ciò che è dirimente è la presenza di una lesione immediata e diretta del diritto di partecipare al procedimento elettorale, in mancanza della quale si ritiene non consentito il ricorso allo speciale rito accelerato previsto dal codice.

Parte della giurisprudenza ha interpretato la norma nel senso che tra i provvedimenti lesivi del «diritto del ricorrente a partecipare al procedimento elettorale» vadano inclusi gli atti di ammissioni di candidati o liste differenti da quelle del ricorrente. In tale circostanza, la lesione immediata dell'interesse di un candidato si individua nella lesione del diritto a partecipare ad una consultazione elettorale nella situazione politico-amministrativa esistente alla data prefissata, secondo le regole del gioco.

Si è così precisato che, nel caso di ricorso avverso provvedimenti di ammissione, il petitum è costituito dall'interesse del candidato ammesso a non competere nell'agone elettorale con altri candidati o liste illegittimamente ammessi. Tale esigenza di effettività della tutela non può che condurre a respingere qualsiasi differenziazione di tipo oggettivo, quale risulterebbe, in ipotesi, quella tra atti di esclusione ed ammissione (T.A.R. Piemonte, 22 ottobre 2014, n. 2005; T.A.R. Potenza, (Basilicata) I, 4 dicembre 2014, n. 816).

Nel motivare tale posizione, il giudice amministrativo rileva come gli effetti dannosi di atti preparatori illegittimi si riverberano in modo irreversibile sulla rinnovazione di quegli stessi atti, a seguito di una pronunzia di annullamento ex post, per la indiscutibile non omogeneità tra due procedimenti elettorali reiterati nel tempo. E si tratta di conclusione speculare, sia che si verta nell'illegittima esclusione di una lista, sia che venga in considerazione l'illegittima ammissione di una lista concorrente. In tale prospettiva, inoltre, assume rilevanza la natura del sistema elettorale ormai vigente nelle elezioni comunali, provinciali e regionali, ancorato fortemente al principio maggioritario. Da esso, infatti, si trae conferma, sul piano fattuale, che un pregiudizio può derivare anche dall'ammissione illegittima di una singola candidatura o di una lista, proprio in quanto la partecipazione alla competizione elettorale con candidature o liste formate e presentate in modo del tutto irregolare assume influenza decisiva sul risultato elettorale, determinandolo nel suo esito finale.

A fronte di tale posizione dei tribunali regionali, il Consiglio di Stato ha tuttavia seguito una impostazione più restrittiva, in base alla quale ai sensi dell' art. 129 c.p.a., come novellato dal d.lgs. 14 settembre 2012, n. 160, fra i provvedimenti che vanno immediatamente impugnati, in quanto lesivi del diritto del ricorrente a partecipare al procedimento elettorale, non vanno inclusi anche gli atti di ammissione di candidati o liste differenti da quelle del ricorrente, non potendo detta norma applicarsi al di là dei casi da essa specificamente previsti, attesa la sua natura derogatoria rispetto ad altre regole processuali di portata generale (Cons. St. III, n. 2073/2016; v. in senso conforme, Cons. St. V, n. 5069/2015; Cons. St. V, n. 3361/2016).

Tale orientamento si fonda su una lettura della norma maggiormente aderente alla natura eccezionale e derogatoria del rito individuato dall'art. 129, che valorizza i seguenti elementi:

- la rubrica dell'articolo, rimasta inalterata rispetto alle previgenti versioni della norma, riguarda specificamente il giudizio «avverso gli atti di esclusione»;

- l'elemento di lesività richiamato è rappresentato dal «diritto del ricorrente a partecipare al procedimento elettorale», condizione sussistente «unicamente in presenza di un'esclusione della lista interessata, laddove l'ammissione altrui non incide, per converso, sul «diritto a partecipare al procedimento»;

- la natura eccezionale e di «stretta interpretazione» della norma (v. Cons. St. V, n. 1410/2013, nonché 23 febbraio 2012, n. 1058), in considerazione della rilevante compressione del contraddittorio processuale che caratterizza tutti i termini del rito disciplinato dall'articolo e che «non tollera che di una simile disciplina, sotto questo profilo di natura probabilmente eccezionale, sia fatta applicazione al di là della stretta indispensabilità, la quale è riscontrabile appunto unicamente rispetto alle impugnative degli atti di esclusione»;

- la natura derogatoria della fattispecie, anche tenuto conto della previsione del comma 1 dell'art. 130 (anticipata già dal comma 2 dell'articolo precedente), la quale pone la regola generale di settore che «contro tutti gli atti del procedimento elettorale... è ammesso ricorso soltanto alla conclusione del procedimento elettorale, unitamente all'impugnazione dell'atto di proclamazione degli eletti», rispetto alla quale le ipotesi di tutela anticipata ammesse dall'art. 129 rivestono carattere eccezionale;

- l'esistenza di un principio generale, in tema di gare e concorsi, per cui le ammissioni di terzi debbano essere impugnate unicamente in occasione dell'impugnativa dell'atto di conclusione dei relativi procedimenti (ciò conformemente al più ampio canone della non impugnabilità degli atti endoprocedimentali se non unitamente all'atto che definisce la procedura interessata).

In senso conforme ai principi qui esposti, v. T.A.R. Napoli (Campania) II, 17 maggio 2016, n. 2486, secondo cui il rimedio giurisdizionale di cui all' articolo 129 c.p.a. è previsto per impugnare i provvedimenti di esclusione di candidature o di liste da parte dei diretti interessati (in quanto ostativi alla partecipazione alla competizione elettorale), non già gli atti di ammissione di liste o di candidature concorrenti (che non ledono il diritto di partecipare al procedimento elettorale), pertanto è inammissibile il ricorso proposto avverso l'ammissione alla competizione elettorale di una lista il cui contrassegno sia asseritamente confondibile con quello del partito dei ricorrenti. Sul punto, si veda anche la posizione di T.A.R. Lazio (Latina) I, 23 ottobre 2015, n. 672, secondo cui l'art. 129 deve essere interpretato nel senso che sussiste l'onere dell'impugnazione attraverso lo speciale rito da esso disciplinato soltanto per gli atti di esclusione di candidature o liste da parte del diretto interessato o dei diretti interessati: non può, invece, assoggettarsi a tale rito accelerato anche l'impugnazione degli atti di ammissione di liste e candidature concorrenti che, non ledendo immediatamente il diritto di chi partecipi al procedimento elettorale, possono essere gravati attraverso il ricorso ex art. 130, con la previsione di termini compatibili con l'esercizio del pieno diritto alla difesa.

In giurisprudenza si è tuttavia ammesso in alcune occasioni l'impugnazione degli atti di ammissione di liste concorrenti nei limitati casi in cui da ciò derivi un evidente e diretto effetto perturbatore della partecipazione della lista concorrente, tale per cui una tutela successiva ai sensi dell'art. 130 sarebbe priva di reale utilità per il ricorrente (cfr. T.A.R. Torino (Piemonte) I, 25 febbraio 2015 n. 352). Secondo tale orientamento, non alternativo ma complementare a quello appena riferito, è ammessa l'impugnazione dell'ammissione di una lista qualora vengano dedotte censure di illegittimità fondate sull'astratto pericolo di confusione nell'elettorato determinato dall'uso di un contrassegno asseritamente confondibile con quello utilizzato dalla lista ricorrente e sul connesso interesse ad evitare un possibile sviamento dell'elettorato (cfr. Cons. St V, n. 2551/2011 e Cons. St V, n. 2145/2012).

Se nella versione originaria della norma, come introdotta dal d.lgs. n. 104/2010, l'impugnazione immediata appariva una facoltà rimessa al ricorrente (in alternativa alla residuale possibilità di impugnare gli atti lesivi successivamente alla proclamazione degli eletti), la nuova formulazione appare configurare il rito come doveroso (De Nictolis,Proc. amm., 2545).

Si tratta di un onere di immediata impugnazione, e non di facoltà, come dimostrato, per un verso, dal fatto che dall'attuale formulazione della norma è stata espunta la locuzione «possono essere impugnati», ora surrogata da quella «sono impugnabili», e, per altro verso, dal fatto che l' art. 129, n. 2, cod. proc. amm. dispone ora che soltanto gli atti diversi da quelli di cui al n. 1 sono impugnati alla conclusione del procedimento elettorale, unitamente all'atto di proclamazione degli eletti. Del resto, l'art. 130 relativo ai provvedimenti successivi alla proclamazione degli eletti, è chiaro nell'escludere dal proprio alveo applicativo «quanto disposto nel Capo II del presente Titolo», ovverosia proprio le impugnazioni disciplinate dal ripetuto art. 129 relativo agli atti preparatori. (T.A.R. Potenza, (Basilicata) I, 4 dicembre 2014, n. 816).

Sul versante soggettivo, il secondo correttivo al codice ha reso omogeneo l'ambito di legittimazione del ricorso immediato rispetto al ricorso successivo avverso la proclamazione degli eletti, eliminando, quindi, la previgente limitazione alla legittimazione alla immediata impugnazione dei soli delegati delle liste e dei gruppi di candidati esclusi. Cionondimeno, la norma non legittima la proposizione del ricorso – almeno quello di primo grado – da parte del cittadino elettorale.

La norma citata limita la legittimazione attiva alla proposizione del ricorso ai soli soggetti che lamentano la limitazione del proprio specifico diritto a partecipare al procedimento elettorale, con esclusione quindi del cittadino/elettore. Ciò diversamente dal caso di cui all'art. 130 che, riferendosi alla fase successiva a quella preparatoria, riconosce legittimazione attiva anche al cittadino/elettore (v. infra sub art. 130), ma non per impugnare atti relativi al procedimento di ammissione delle liste e di verifica della loro regolarità, qualora la fase contenziosa si sia già chiusa entro i ristretti ambiti previsti dall'art. 129 (T.A.R. Palermo, (Sicilia), II, 10 giugno 2016, n. 1438).

Al comma 2, si precisa che gli atti diversi da quelli «immediatamente lesivi» di cui al comma 1, devono essere impugnati soltanto alla conclusione del procedimento elettorale, unitamente all'atto di proclamazione degli eletti e secondo il procedimento indicato dall'art. 130 relativo al contenzioso elettorale ordinario.

Per espressa previsione dell’ art. 129, comma 2, gli atti diversi da quelli indicati al primo comma  possono essere impugnati solo alla conclusione del procedimento unitamente all'atto di proclamazione degli eletti. La norma di cui all’art. 129 infatti è “da ritenersi di stretta interpretazione per la peculiare deroga alle regole ordinarie del processo (secondo le quali può essere impugnato il provvedimento conclusivo del procedimento) e non può applicarsi, pertanto, estensivamente all'impugnazione di atti di ammissione di liste e candidature, atti che non possono considerarsi immediatamente lesivi dell'elettorato passivo” (Cons. St. II , n. 4181/2021).

Al di fuori dei casi di tutela anticipata previsti dall'art. 129, contro tutti gli atti del procedimento elettorale successivi all'emanazione dei comizi elettorali è ammesso ricorso soltanto alla conclusione del procedimento elettorale, e ciò da parte di qualsiasi candidato o elettore dell'Ente della cui elezione si tratta (Cons. St. V, n. 5504/2012).

Ciò si basa sull'assunto che, al di fuori degli atti inerenti il procedimento preparatorio alle elezioni (ovvero la fase pre-elettorale), disciplinato in via eccezionale dall'art. 129, tutti gli atti del procedimento elettorale sono impugnabili, unitamente all'atto di proclamazione degli eletti, soltanto alla conclusione del procedimento stesso, avendo gli atti precedenti alla proclamazione natura endoprocedimentale e dunque essendo privi del carattere di immediata lesività (T.A.R. Milano (Lombardia) III, 5 giugno 2014, n. 1450).

Il rito previsto dall'art. 129 ha quindi natura eccezionale, frutto di un bilanciamento tra varie esigenze costituzionalmente rilevanti e caratterizzato da una notevole compressione del contraddittorio, e deve perciò intendersi limitato agli atti ivi indicati e non è suscettibile di interpretazioni estensive o analogiche (T.A.R. Roma (Lazio) II, 24 aprile 2013, n. 4128).

È inammissibile il ricorso, proposto ex art. 129, avverso il decreto del Presidente regionale avente ad oggetto la riduzione del numero dei componenti il Consiglio regionale. La mancanza di una lesione immediata e diretta del diritto di partecipare al procedimento elettorale non consente, infatti, di utilizzare lo speciale rito accelerato previsto dal codice. ( T.A.R. Roma (Lazio) II, 24 aprile 2013 n. 4128).

Con riferimento al giudice competente, nel silenzio della norma, si deve ritenere che il giudice competente a conoscere delle controversie in parola sia quello individuato in base ai criteri di competenza territoriali. Ciò induce a ritenere applicabile in via analogica l'art. 130, comma 1, lett. b), che radica la competenza del tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione ha sede l'ente territoriale della cui elezione si tratta (Gigli, 1223).

In merito all'esercizio dei poteri di autotutela, in giurisprudenza si è ritenuto legittimo il loro esercizio da parte degli uffici elettorali. In particolare, l'ufficio elettorale può correggere i propri atti illegittimi di esclusione delle liste fino al momento della pubblicazione del manifesto recante le candidature ufficiali. Tale essendo il momento che segna l'inizio della successiva fase del procedimento elettorale. Tale possibilità è ritenuta rispondente al principio generale che impone all'Amministrazione di provvedere alla cura dell'interesse pubblico anche dopo l'emanazione dell'atto amministrativo fino al momento in cui siano ancora disponibili gli effetti giuridici prodotti dall'atto, non sussistendo ragioni proprie del sistema del contenzioso elettorale sulle quali fondare una deroga a tale principio guida dell'esercizio del potere amministrativo (Cons. St. V, n. 2588/2011).

Il rito elettorale accelerato: la presentazione del ricorso e la sua discussione

Come emerge dal dato positivo, la proposizione e la decisione del ricorso, in primo come in secondo grado, sono scanditi da ritmi serratissimi che rendono vieppiù evidente l'assoluta specialità della procedura, sia rispetto al paradigma del processo ordinario di cognizione, sia rispetto al rito elettorale comune avente ad oggetto la proclamazione degli eletti.

È evidente la ratio acceleratoria della procedura, con la conseguente tendenziale concentrazione, all'interno della medesima, di ogni questione prospettabile da parte dei soggetti coinvolti. Date le peculiari caratteristiche dei procedimenti elettorali, è stato necessario prevedere un rito processuale molto celere per ciò che riguarda gli aspetti della eventuale fase contenziosa. In particolare si tratta di un giudizio accelerato, che si fonda su rigorosi e perentori termini che accompagnano gli atti principali del procedimento giurisdizionale, dal suo incardinamento sino alla fase di appello.

Il procedimento rappresenta il punto di equilibrio raggiunto dalla legge fra diverse e non convergenti esigenze, tutte di pari dignità costituzionale: garanzia della pienezza del controllo sulla correttezza delle operazioni elettorali, certezza dello svolgimento della competizione elettorale nelle date prescelte a livello politico, stabilità delle decisioni giurisdizionali rispetto alle successive fasi del procedimento elettorale ed al contenzioso introdotto a valle della proclamazione degli eletti.

  Proprio valorizzando la menzionata natura acceleratoria, la giurisprudenza ha escluso la necessità della notificazione del ricorso presso l'Avvocatura erariale (Cons. St., V, n. 2559/2011, v., infra).

Il rito è applicabile limitatamente agli atti previsti dall'art. 129, il quale disciplina un caso autonomo di processo elettorale, le cui regole non sono applicabili alla diversa fattispecie del ricorso contro gli atti del procedimento elettorale successivi all'emanazione dei comizi elettorali, che ricadono nelle disposizioni di cui agli artt. 130 e ss. (T.A.R. Calabria (Reggio Calabria) I, 16 novembre 2012, n. 670).

Il ricorso

L'art. 129 prevede, ai commi 1 e 3, modalità e termini per il ricorso estremamente stringenti.

In particolare, si dispone che, entro tre giorni dalla comunicazione, anche mediante affissioni, degli atti impugnati, il ricorso debba essere:

(i) notificato, direttamente dal ricorrente o dal suo difensore, esclusivamente mediante consegna diretta, posta elettronica certificata o fax, all'ufficio che ha emanato l'atto impugnato, alla Prefettura e, ove possibile, agli eventuali controinteressati.

Si noti che la notifica può essere svolta, oltre che tramite la forma tradizionale della consegna diretta, anche tramite Pec o fax, sia alla Prefettura che all'ufficio che ha emanato l'atto.

In ogni caso, l'ufficio che ha emanato l'atto impugnato rende pubblico il ricorso notificato, mediante affissione di una sua copia integrale in appositi spazi all'uopo destinati sempre accessibili al pubblico e tale pubblicazione ha valore di notifica per pubblici proclami per tutti i controinteressati. In tal caso, la notificazione si perfeziona il giorno stesso della predetta affissione.

(ii) depositato, nello stesso termine di tre giorni, presso la segreteria del tribunale adito, che provvede a pubblicarlo sul sito internet della giustizia amministrativa, oltre che ad affiggerlo in appositi spazi accessibili al pubblico.

[*GIURI*]  L'art. 129, che delinea il giudizio speciale avverso gli atti di esclusione di liste o candidati dalle elezioni amministrative dettando una disciplina acceleratoria caratterizzata da un'estrema contrazione dei termini di proposizione e decisione dei gravami, fissa il termine di tre giorni (dalla pubblicazione ovvero comunicazione degli atti da impugnare) tanto per la notifica quanto per il deposito del ricorso, senza distinzione alcuna tra i due adempimenti (Cons. St. V, n. 2202/2012; TAR Sicilia (Catania), IV, 7 giugno 2017, n. 2017; T.A.R. Milano (Lombardia) III, 1 marzo 2013, n. 550).

L'interpretazione della disposizione contenuta nella lettera b) del secondo comma dell'articolo 129, (a mente del quale il ricorso in materia elettorale deve essere notificato all'ufficio che ha emanato l'atto e alla Prefettura), coerente con la ratio acceleratoria cui è ispirato il giudizio elettorale, ne determina l'incompatibilità con l'applicazione della normativa generale in tema di notifica dei ricorsi alle amministrazioni e agli uffici statali presso la competente Avvocatura Distrettuale dello Stato: ciò sia in ragione della ristrettezza dei termini imposti dal legislatore sia dagli specifici compiti cui deve adempiere, proprio secondo il citato articolo 129, l'ufficio che ha emanato l'atto impugnato, adempimenti inconciliabili con la natura e le funzioni dell'Avvocatura dello Stato e strettamente conseguente alla ricevuta notificazione del ricorso (Cons. St. V, n. 2559/2011. In termini T.A.R. Catanzaro (Calabria) II, 6 maggio 2014, n. 634).

Cionondimeno, il ricorso è comunque inammissibile qualora non sia stato notificato ad altra parte necessaria del giudizio elettorale, ossia  l'”ufficio che ha emanato l'atto impugnato”, identificato nella Commissione elettorale, ciò anche avuto riguardo agli incombenti che l'art. 129 pone espressamente a carico di detto ufficio e consistenti nel rendere pubblico il ricorso mediante affissione di una copia integrale in appositi spazi all'uopo destinati sempre accessibili al pubblico (affissione che ha valore di notificazione per pubblici proclami per tutti i controinteressati con effetti dal giorno stesso della affissione) (T.A.R. Abruzzo (L'Aquila) I, 24 maggio 2016, n. 322).

Si tenga presente che, a norma dell’articolo 7, comma 1, lettera b) numero 1) del d.l. 31 n. 168/2016, conv., con modif. dalla l. n. 197/2016, a decorrere dal 1° gennaio 2017, “i difensori, le parti nei casi in cui stiano in giudizio personalmente e gli ausiliari del giudice depositano tutti gli atti e i documenti con modalità telematiche. In casi eccezionali, anche in considerazione della ricorrenza di particolari ragioni di riservatezza legate alla posizione delle parti o alla natura della controversia il presidente del tribunale o del Consiglio di Stato, il presidente della sezione se il ricorso è già incardinato o il collegio se la questione sorge in udienza possono dispensare, previo provvedimento motivato, dall'impiego delle modalità di sottoscrizione e di deposito di cui al comma 2-bis ed al primo periodo del presente comma; in tali casi e negli altri casi di esclusione dell'impiego di modalità telematiche previsti dal decreto di cui all'articolo 13, comma 1, delle norme di attuazione, si procede al deposito ed alla conservazione degli atti e dei documenti” (v., amplius, il commento sub art. 136).

Con riferimento alla possibilità di essere autorizzati al deposito di documentazione in luogo della sua trasmissione telematica, laddove questa superi il limite di MB disponibile per l'invio telematico, il giudice di merito ha ricordato – nell'ambito di un giudizio elettorale – la possibilità di procedere a depositi telematici frazionati, evidenziando la natura eccezionale della disposizione derogatoria e la ragione di salvaguardare la preminente esigenza della integrale presenza dei documenti nel fascicolo telematico, necessaria anche ai fini della tutela del contraddittorio tra le parti (T.A.R. Lazio (Roma), II-bis, ord. 17 luglio 2017, n. 4404).

Controinteressati

Altra peculiarità del rito è la mera eventualità della notifica ai controinteressati. Infatti la norma prevede, per quanto concerne i contro interessati, la notificazione del ricorso nei loro confronti alla duplice condizione che essi siano effettivamente rintracciabili e solo «ove possibile».

Nel rito speciale previsto dall'art. 129 in materia di esclusione dal procedimento preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali, la notificazione diretta ai singoli controinteressati è rimessa alla facoltà del ricorrente, dal momento che il ricorso può essere rivolto impersonalmente ai candidati delle eventuali liste ammesse e notificato seguendo la speciale procedura prevista dall'art. 129, comma 3, lett. a), secondo periodo, senza che sia necessaria la specifica indicazione nominativa dei candidati (Cons. St. V, n. 1058/2012).

Sono dunque da ritenersi controinteressati i soli candidati delle liste eventualmente ammesse nel procedimento preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali (ossia, tutti i candidati delle liste fino a quel momento ammesse che potrebbero subire un pregiudizio dalla presenza nella competizione elettorale di una ulteriore lista).

Con riferimento alle condizioni previste dalla norma per la notifica ai controinteressati, la prima presuppone una deroga ai ricevuti principi giurisprudenziali in materia di inconfigurabilità di controinteressati nei giudizi aventi ad oggetto atti di esclusione. In questo senso la norma impone l'evocazione obbligatoria anticipata dei controinteressati nel contenzioso elettorale preparatorio.

Sono prive di soggettività giuridica e dunque non sono legittimate passive della domanda di annullamento delle operazioni elettorali, le liste in quanto tali e i loro delegati (Cons. St. V, n. 496/2008; Cons. St. V, n. 1058/2012). Si tratta di un principio valevole sia nel contenzioso elettorale ordinario sia in quello speciale sugli atti preparatori.

In tale prospettiva, il carattere eventuale della notificazione si giustifica, invece, alla luce della possibilità pratica che la lista esclusa risulti l'unica partecipante alla competizione (in assoluto, ovvero in relazione al momento della esclusione e della successiva impugnazione).

Per compensare talevulnus al principio del contraddittorio, la norma prevede che, in ogni caso, l'ufficio che ha proceduto all'esclusione renda pubblico il ricorso mediante affissione di una sua copia integrale in appositi spazi all'uopo destinati sempre accessibili al pubblico e ricollega a tale pubblicazione «valore di notifica per pubblici proclami per tutti i controinteressati; la notificazione si ha per avvenuta il giorno stesso della predetta affissione».

In giurisprudenza si è ritenuto che tale affissione realizzi una «peculiare ed autonoma forma di notificazione diversa da quella per pubblici proclami (sotto il profilo strutturale e della decorrenza degli effetti che si producono dalla data della affissione), cui si relaziona esclusivamente quoad effectum (identità degli effetti legali di conoscenza)»; Cons. St. V, n. 1058/2012.

Dai riferiti principi, ne deriva che, adempiuta la procedura speciale di notificazione presso l'ufficio elettorale e citati, nel ricorso, i candidati delle eventuali liste ammesse (anche impersonalmente), si produrrà l'effetto legale di conoscenza verso i controinteressati.

In tale contesto, i candidati delle liste ammesse (essendo parti necessarie del rapporto processuale), ove non si siano costituiti nel giudizio di primo grado, pur essendo stati ritualmente evocati, sono legittimati ad impugnare la sentenza sfavorevole, ma non sono legittimati a proporre opposizione di terzo non rivestendo la qualità di litisconsorti necessari pretermessi.

Appare tuttavia maggiormente stringente l'onere di notifica ai controinteressati nel caso in cui l'impugnativa non sia rivolta verso un atto di esclusione, ma verso un atto di ammissione alla lista. Infatti, allorquando l'impugnativa riguardi la diversa fattispecie dell'ammissione di una lista elettorale, di cui si contesti la legittimità, deve necessariamente essere assicurata la regolarità ed integrità del contraddittorio, essendo chiaramente ravvisabile un controinteressato in senso tecnico, da identificare con la lista di cui si invoca la ricusazione, atteso che nel giudizio amministrativo è controinteressato il soggetto nominativamente indicato nel provvedimento gravato o agevolmente individuabile in base allo stesso, che vanti un interesse uguale e contrario alla rimozione del provvedimento (T.A.R. Basilicata I, 2 maggio 2014, n. 299).

In materia elettorale, e in particolare in tema di giudizio anticipato sull'esclusione delle liste, il giudicato, sotto il profilo soggettivo, produce effetti erga omnes.

Il giudicato di rigetto formatosi sul ricorso proposto contro l'esclusione della lista ai sensi dell'art. 129 impedisce a qualsiasi soggetto di proporre un nuovo ricorso successivamente alla proclamazione degli eletti, mentre il giudicato di accoglimento non preclude l'impugnazione dell'ammissione per vizi diversi rispetto a quelli posti alla base dell'esclusione (Cons. St. II, n. 2601/2022Cons. St. V, n. 1058/2012).

Ricorso incidentale

Anche per il ricorso incidentale si seguono le stesse modalità di proposizione del ricorso principale (art. 129, comma 5).

[*GIURI*]  Il mancato rispetto dei termini previsti dall'art. 129 determina l'inammissibilità del ricorso incidentale (cfr. T.A.R. Piemonte I, 15 gennaio 2014, n. 66, in un caso per cui il ricorso incidentale elettorale era stato depositato tardivamente e nemmeno notificato alle controparti).

Le parti, anche diverse dal ricorrente principale, qualora stiano in giudizio personalmente (cfr. art. 23), hanno l'obbligo di indicare nel ricorso o nell'atto di costituzione l'indirizzo di posta elettronica certificata (a meno che lo stesso non risulti da pubblici registri) o del numero di fax, a fine di consentire le necessarie attività di comunicazione e notificazione inerenti il procedimento giurisdizionale instaurato (art. 129, comma 4).

Udienza di discussione

Ai sensi del comma 5, l'udienza di discussione si celebra, senza possibilità di rinvio — e anche in presenza di ricorso incidentale — nel termine di tre giorni dal deposito del ricorso, senza avvisi.

L'estrema brevità di tale termine ha condotto ad auspicare un seppur minimo allungamento, al fine di consentire la costituzione delle parti interessate dalla vicenda. In particolare, i tempi serrati sono stati messi alla prova già in occasione delle elezioni amministrative del mese di maggio 2011, nell'ambito dei quali si è verificato che il primo e il secondo grado di giudizio si sono conclusi ampiamente in tempi idonei a consentire lo svolgimento delle elezioni (in un caso, si è riusciti a concludere anche un giudizio di revocazione). Peraltro, in alcuni casi, il contraddittorio è risultato eccessivamente compresso, come dimostra il dato della non costituzione in giudizio della maggior parte dei resistenti, circostanza che avrebbe suggerito un aumento da tre a cinque giorni per la celebrazione dell'udienza, non recepita nel testo del successivo decreto correttivo del 2012 (ChieppaIl processo amministrativo, 711).

L'art. 129, comma 5, c.p.a., nel prevedere che nel giudizio, avente ad oggetto gli atti di esclusione dal procedimento preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali e per il rinnovo dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, l'udienza di discussione si celebra nel termine di tre giorni dal deposito del ricorso, non vieta la fissazione dell'udienza pubblica, senza avvisi, anche il giorno stesso del deposito del ricorso, quando esigenze di celerità lo impongano, come nel caso di specie, per lo spedito svolgimento delle operazioni elettorali (ferma restando la verifica circa l'integrità del contraddittorio, a seguito della tempestiva pubblicazione del ricorso presso l'albo pretorio dell'ente interessato) (cfr. Cons. St., V, n. 2559/2011; T.A.R. Campania, Napoli, VII, n. 3251/2024).

Segue. La decisione del ricorso e l'eventuale appello

 

Decisione del ricorso

Il giudizio è deciso all'esito dell'udienza con sentenza in forma semplificata, da pubblicarsi nello stesso giorno. La relativa motivazione può consistere anche in un mero richiamo delle argomentazioni contenute negli scritti delle parti che il giudice ha inteso accogliere e fare proprie (art. 129, comma 6).

Nel caso di accoglimento del ricorso avverso l'atto di esclusione, il giudice annulla i provvedimenti impugnati e dispone la riammissione del ricorrente nella lista (T.A.R. Lazio (Roma), II-bis, 22 maggio 2017, n. 6103).

La sentenza avverso gli atti di esclusione deve essere quindi redatta dal relatore e pubblicata nello stesso giorno in cui è stata celebrata l'udienza di discussione.

La sentenza non appellata è comunicata senza indugio dalla segreteria del tribunale all'ufficio che ha emanato l'atto impugnato (art. 129, comma 7).

Appello

Un termine ancora più stretto è fissato per il ricorso in appello (art. 129, comma 8). Questo infatti deve essere proposto, a pena di decadenza, nel termine di 2 giorni dalla pubblicazione della sentenza, mediante:

(i) notifica, direttamente dal ricorrente o dal suo difensore, esclusivamente mediante consegna diretta, posta elettronica certificata o fax, all'ufficio che ha emanato l'atto impugnato, alla Prefettura e, ove possibile, agli eventuali controinteressati;

(ii) deposito in copia presso il tribunale amministrativo regionale che ha emesso la sentenza di primo grado, il quale provvede ad affiggerlo in apposite bacheche in spazi accessibili al pubblico;

(iii) deposito presso la Segreteria del Consiglio di Stato, che provvede a pubblicarlo sul sito internet della giustizia amministrativa, oltre che ad affiggerlo in apposite bacheche in spazi accessibili al pubblico.

Anche in tale fase, l'ufficio che ha emanato l'atto impugnato rende pubblico il ricorso mediante affissione di una sua copia integrale in apposite bacheche in spazi sempre accessibili al pubblico e tale pubblicazione ha valore di notifica per pubblici proclami per tutti i controinteressati; la notificazione si ha per avvenuta il giorno stesso della predetta affissione. Si noti che, per le parti costituite nel giudizio di primo grado, la trasmissione si effettua presso l'indirizzo di posta elettronica certificata o il numero di fax indicato negli atti difensivi.

Ai sensi dell'art. 129 comma 8 lett. c), nel giudizio di appello anche per lo speciale rito elettorale il deposito da eseguirsi a pena di decadenza è quello dell'appello in formato cartaceo in quanto l'adempimento in modalità informatica, ai sensi dell' art. 136 c.p.a., è aggiuntivo e non sostitutivo, e il deposito deve avvenire in conformità all'orario di apertura al pubblico della segreteria del Consiglio di Stato, stabilito con decreto del Presidente del Consiglio di Stato (Cons. St. V, n. 2394/2014).

Si tratta di orientamento precedente all'entrata in vigore del processo telematico, richiedendosi per i ricorsi proposti a decorrere dal 1° gennaio 2017 – ed anche per gli atti di appello ad essi riferibili — il deposito con modalità telematiche (si rinvia sul punto al commento sub art. 136).

Il rito disciplinato dall'art. 129 è improntato a massima celerità e ad assoluta snellezza delle forme e per queste ragioni delinea un procedimento scandito da termini rigorosi che, oltre a non essere compatibile con una tutela interinale di carattere cautelare, postula l'onere delle parti di informarsi in ordine all'avvenuta pubblicazione della sentenza di primo grado ed è agevolato dalla previsione speciale dei termini di pubblicazione della sentenza che va effettuata lo stesso giorno dell'udienza pubblica in cui la causa è trattenuta in decisione; a norma del comma 8, lett. c), del succitato art. 129, è irricevibile l'appello depositato oltre il termine di due giorni dalla pubblicazione della sentenza (Cons. giust. amm. reg. Sic., 16 maggio 2011, n. 357; v. anche Cons. giust. amm. reg. Sic. 16 giugno 2022, n. 707, secondo cui non è idoneo a relaizzare il tempestivo deposito richiesto dall'art. 129, il deposito telematico del ricorso in appello effettuato ad un indirizzo PEC dell'ufficio giudiziario diverso da quello adibiito al ricevimento dei ricorsi, conseguendone la irricevibilità dell'appello).

Al giudizio di appello si applicano le disposizioni relative al giudizio di prime cure, con particolare riferimento ai tempi della discussione e della decisione del ricorso.

Legittimati all'appello figurano, per giurisprudenza costante, anche i cittadini elettori, a prescindere dalla loro partecipazione al giudizio di prime cure.

La legittimazione del cittadino elettore si spiega in ragione dell'impossibilità di attivare la tutela prevista dall'art. 130 dopo la proclamazione degli eletti, nella eventualità che sia passata in giudicato la decisione sull'esclusione o meno di una determinata lista. In tema di contenzioso elettorale, infatti, il giudicato formatosi acquista autorità ed efficacia erga omnes, non essendo compatibile con la natura popolare dell'azione, con il suo carattere fungibile e con le sue funzioni e finalità, che gli effetti della pronuncia rimangano limitati alle sole parti del giudizio. Una volta incardinato il rapporto processuale, tutti i soggetti legittimati possono contrastare il ricorso originario o appellare la sentenza di accoglimento al fine di evitare la formazione di un giudicato a loro opponibile ( Cons.St. V, n. 2500/2013; Cons. St. n. 5069/2015; Cons. St. n. 488/2011).

Termini

Infine, il comma 10, stabilisce l'eccezionale inapplicabilità a tali giudizi degli art. 52, comma 5 e 54, commi 1 e 2, riguardanti, rispettivamente, la proroga dei termini che scadono il sabato, la sospensione dei termini nel periodo feriale e la presentazione tardiva di memorie o documenti, al fine di assicurare il carattere di speditezza che connota l'intero procedimento in questione.

Con riferimento all'eventuale giudizio di revocazione, a fronte di una prima posizione giurisprudenziale per cui al medesimo si estendevano le medesime disposizioni acceleratorie di cui all'art. 129 (Cons. St. V, n. 2727/2011), successivamente l'orientamento prevalente ha escluso tale soluzione, preferendo, in virtù del principio di tassatività delle ipotesi di riti speciali, l'applicabilità dei termini ordinari, valevoli per tali tipi di giudizi (Cons. St. V, n. 1058/2012, per cui «i casi di applicazione del rito speciale previsto dall'art. 129 in materia di esclusione dal procedimento preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali, che riguardano solo il giudizio di primo grado e il giudizio d'appello, sono di stretta interpretazione; di conseguenza l'opposizione di terzo proposta contro una sentenza in materia di elezioni locali è disciplinata dal rito ordinario»).

Analogamente, le esigenze di certezza e celerità connesse all'assetto d'interesse sostanziale che caratterizza gli atti di esclusione dal procedimento per le elezioni comunali, provinciali e regionali hanno portato ad escludere qualsiasi tipo di fase incidentale che possa comportare il differimento dell'udienza o la sospensione del giudizio, compresa la rimessione all'adunanza plenaria  ex art. 99 ( Cons. St., Ad. plen. , n. 22/2013, conferma Trib.reg.giust.amm. Trentino Alto Adige Bolzano, 3 ottobre 2013, n. 296).

Sulla base di tale principio, si è ritenuta incompatibile – e quindi non applicabile al rito ex art. 129  – la disciplina in tema di ripartizione delle controversie c.d. interna (tra T.A.R. del capoluogo e sezione distaccata), con conseguente non accoglimento della istanza di trasmissione ex art. 47, comma 2, del ricorso al presidente del Tribunale del capoluogo della Regione (T.A.R. Sicilia (Catania), I, n. 2393/2017).

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