Legge - 27/07/2000 - n. 212 art. 13 - (Garante nazionale del contribuente) 1 .(Garante nazionale del contribuente)1. 1. È istituito il Garante nazionale del contribuente, organo monocratico con sede in Roma che opera in piena autonomia e che è scelto e nominato dal Ministro dell'economia e delle finanze per la durata di quattro anni, rinnovabile una sola volta tenuto conto della professionalità, produttività ed attività svolta. 2. Il Garante nazionale del contribuente è scelto tra: a) magistrati, professori universitari di materie giuridiche ed economiche, notai, in servizio o a riposo; b) avvocati, dottori commercialisti e ragionieri collegiati, in pensione, designati in una terna formata dai rispettivi ordini nazionali di appartenenza. 3. Le funzioni di segreteria e tecniche sono assicurate al Garante nazionale del contribuente dagli uffici del Dipartimento della giustizia tributaria del Ministero dell'economia e delle finanze. 4. Il Garante nazionale del contribuente, sulla base di segnalazioni scritte del contribuente o di qualsiasi altro soggetto che lamenti disfunzioni, irregolarità, scorrettezze, prassi amministrative anomale o irragionevoli o qualunque altro comportamento suscettibile di incrinare il rapporto di fiducia tra cittadini e amministrazione finanziaria: a) può rivolgere raccomandazioni ai direttori delle Agenzie fiscali ai fini della tutela del contribuente e della migliore organizzazione dei servizi; b) può accedere agli uffici finanziari per controllarne la funzionalità dei servizi di assistenza e di informazione al contribuente, nonché l'agibilità degli spazi aperti al pubblico; c) può richiamare gli uffici finanziari al rispetto di quanto previsto dagli articoli 5 e 12 nonché al rispetto dei termini previsti per il rimborso d'imposta; d) relaziona ogni sei mesi sull'attività svolta al Ministro dell'economia e delle finanze, ai direttori delle Agenzie fiscali, al Comandante generale della Guardia di finanza, individuando gli aspetti critici più rilevanti e prospettando le relative soluzioni; e) con relazione annuale fornisce al Governo e al Parlamento dati e notizie sullo stato dei rapporti tra fisco e contribuenti nel campo della politica fiscale. [1] Articolo modificato dall'articolo 94, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, dall'articolo 4, comma 36, lett.a), n. 1) della L. 12 novembre 2011, n. 183, a decorrere dal 1° gennaio 2012, dall'articolo 19-septies, comma 1, lettera b), del D.L. 16 ottobre 2017, n. 148, convertito con modificazioni dalla Legge 4 dicembre 2017, n. 172 e da ultimo sostituito dall'articolo 1, comma 1, lettera p), del D.Lgs. 30 dicembre 2023, n. 219. Vedi, anche, l'articolo 2, comma 1, del D.Lgs. 219/2023 medesimo. InquadramentoIn attuazione al principio e criterio di delega recato dall'articolo 4, comma 1, lett. i), l. n. 111/2023 per la riforma fiscale, concernente l'istituzione del Garante nazionale del contribuente e definirne i compiti, con contestuale soppressione dei Garanti del contribuente operanti presso ogni direzione delle entrate regionale e delle province autonome, il relativo decreto attuativo (d.lgs. 30 dicembre 2023 n. 219), ha modificato l'art. 13 dello Statuto. E' stata, dunque, istituita la figura del Garante nazionale del contribuente, quale organo monocratico, individuato dal Ministro dell'economia e delle finanze tra soggetti tratti dalle categorie dei magistrati, professori universitari, notai, avvocati, dottori commercialisti e ragionieri, avente sede in Roma e ne è stata prevista la durata in carica in quattro anni, rinnovabili una sola volta. Il Garante nazionale del contribuenteLa lettera p) del d.lgs. n. 219/2023, sostituendo interamente l'articolo 13, come accennato, rimodula la figura e i poteri del Garante del contribuente. Il comma 1 dell'articolo 13 stabilisce che è istituito il Garante nazionale del contribuente, organo monocratico con sede in Roma (in precedenza figura regionale) che opera in piena autonomia e che è scelto e nominato dal Ministro dell'economia e delle finanze per la durata di quattro anni, rinnovabile una sola volta tenuto conto della professionalità, produttività ed attività svolta. Il comma 2 elenca i requisiti per la scelta del Garante. Il Garante nazionale del contribuente è scelto tra: a) magistrati, professori universitari di materie giuridiche ed economiche, notai, in servizio o a riposo; b) avvocati, dottori commercialisti e ragionieri collegiati, in pensione, designati in una terna formata dai rispettivi ordini nazionali di appartenenza. Il comma 3 dispone che le funzioni di segreteria e tecniche sono assicurate al Garante nazionale del contribuente dagli uffici del Dipartimento della giustizia tributaria del Ministero dell'economia e delle finanze. Il comma 4 elenca i poteri del Garante nell'esercizio delle sue funzioni. Il Garante nazionale del contribuente, sulla base di segnalazioni scritte del contribuente o di qualsiasi altro soggetto che lamenti disfunzioni, irregolarità, scorrettezze, prassi amministrative anomale o irragionevoli o qualunque altro comportamento suscettibile di incrinare il rapporto di fiducia tra cittadini e amministrazione finanziaria: · può rivolgere raccomandazioni ai direttori delle Agenzie fiscali ai fini della tutela del contribuente e della migliore organizzazione dei servizi; · può accedere agli uffici finanziari per controllarne la funzionalità dei servizi di assistenza e di informazione al contribuente, nonché l'agibilità degli spazi aperti al pubblico; · può richiamare gli uffici finanziari al rispetto di quanto previsto dagli articoli 5, in materia di informazione del contribuente, e 12, in materia di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, nonché al rispetto dei termini previsti per il rimborso d'imposta; · relaziona ogni sei mesi sull'attività svolta al Ministro dell'economia e delle finanze, ai direttori delle Agenzie fiscali, al Comandante generale della Guardia di finanza, individuando gli aspetti critici più rilevanti e prospettando le relative soluzioni; · con relazione annuale fornisce al Governo e al Parlamento dati e notizie sullo stato dei rapporti tra fisco e contribuenti nel campo della politica fiscale. Si prevede, poi, che sia il compenso annuo lordo del Garante nazionale del contribuente sia la misura del rimborso delle spese di trasferta dovute per i suoi eventuali accessi in uffici finanziari situati in comuni diversi da quello della sua sede, nel limite massimo di € 329.000,00 annui, siano stabiliti con regolamento adottato dal Ministro dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 17, commi 3 e 4, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (art. 2, comma 2, d.lgs. n. 219/2023). Viene infine stabilito che contestualmente all'entrata in vigore del predetto regolamento sono soppressi i Garanti del contribuente previsti dall'articolo 13 previgente. Al riguardo, si fa presente che il previgente art. 13 Statuto, prevedeva la nomina di 21 Garanti del contribuente, uno per ogni regione o provincia autonoma, a ciascuno dei quali era corrisposto un compenso mensile lordo di euro 2.788,87, che su base annua risulta pari a 33.466,44 euro. La spesa annua stanziata nel bilancio 2023 per il pagamento delle somme attribuite ai 21 Garanti regionali del contribuente, è stata pari ad euro 771.585,00. Tale somma corrisponde a euro 702.795,24 per i compensi erogati, a cui va aggiunto l'importo di euro 59.737,60 a titolo di IRAP e l'importo di euro 9.052,16 a titolo di rimborso delle spese di trasferta. Considerando prudenzialmente il limite massimo retributivo del trattamento economico annuo onnicomprensivo nel pubblico impiego, quale compenso lordo da corrispondere al Garante nazionale, inclusi gli oneri annuali per il rimborso delle spese di trasferta, si stima un risparmio di spesa, a regime, dal 2025, destinato, anche mediante versamento all'entrata del bilancio dello Stato e successiva riassegnazione, al Fondo di cui all'articolo 22, comma 3, secondo periodo, della legge 9 agosto 2023, n. 111. L'articolo 13 ante riformaIl presente commento si riferisce all'articolo 13 prima della riforma. Lo Statuto dei diritti del contribuente ha previsto l'istituzione del «Garante del contribuente»: un organismo attualmente monocratico, ma sino al 31 dicembre 2011 collegiale di eterogenea composizione, avente funzioni di tutela delle ragioni dei cittadini che si ritengano lesi da comportamenti illegittimi dell'Amministrazione finanziaria lato sensu intesa, o da atti o prassi non conformi a quei principi di collaborazione e buona fede che, specialmente in ambito fiscale-tributario, si vorrebbero alla base di una moderna e leale dialettica tra Pubblica Amministrazione e cittadini. Il Garante verifica, attraverso accessi agli uffici ed esame della documentazione, le irregolarità, le disfunzioni e le eventuali scorrettezze dell'attività fiscale segnalate dai contribuenti. In particolare, anche sulla base di segnalazioni, il Garante può richiedere documenti o chiarimenti agli uffici competenti e attivare le procedure di autotutela nei confronti di atti amministrativi di accertamento o di riscossione notificati al contribuente; rivolgere raccomandazioni ai dirigenti degli uffici ai fini della tutela del contribuente e della migliore organizzazione dei servizi; richiamare gli uffici al rispetto delle norme dello Statuto del contribuente o dei termini relativi ai rimborsi d'imposta; segnalare i casi di particolare rilevanza in cui le disposizioni vigenti o i comportamenti dell'Amministrazione sono suscettibili di determinare un pregiudizio ai contribuenti o conseguenze negative nei loro rapporti con l'Amministrazione; accedere agli uffici finanziari e controllare la funzionalità dei servizi di informazione e assistenza al contribuente. Il Garante è nominato dal Presidente della Commissione tributaria regionale o sua sezione distaccata, nella cui circoscrizione è compresa la Direzione regionale dell'Agenzia delle entrate, tra gli appartenenti alle seguenti categorie: magistrati, professori universitari di materie giuridiche ed economiche, notai, sia a riposo sia in attività di servizio; avvocati, dottori commercialisti e ragionieri, pensionati, scelti, per ciascuna direzione regionale dell'Agenzia delle entrate, dai rispettivi ordini di appartenenza. La coloritura di indipendenza del Garante – ammantata di smalto dalla nomina da parte di un alto magistrato della giurisdizione tributaria – dovrebbe essere rinforzata dall'eliminazione della previsione, caratterizzante le formulazioni previgenti dell'art. 13 in commento, che inseriva nell'allora prescritta compagine altresì «dirigenti dell'Amministrazione finanziaria e ufficiali generali e superiori della Guardia di finanza, a riposo da almeno due anni, scelti in una terna formata, per ciascuna direzione regionale delle entrate, rispettivamente, per i primi, dal direttore generale del Dipartimento delle entrate e, per i secondi, dal Comandante generale della Guardia di finanza» [comma 2, lettera b)]. La ratio dello Statuto dei diritti del contribuenteIl presente commento si riferisce all'articolo 13 prima della riforma. L'introduzione in Italia di una Carta dei diritti del contribuente, di cui alla l. 27 luglio 2000, n. 212, in GURI, 31 luglio 2000, n. 177, sulla scia di analoghe esperienze che hanno interessato numerosi Paesi esteri, ha segnato un decisivo passo in avanti verso la modernizzazione del sistema tributario italiano, in cui era evidente il rapporto asimmetrico tra cittadino e Fisco, improntato alla supremazia del secondo e perciò alla sudditanza del primo anziché alla reciproca e almeno tendenzialmente paritaria collaborazione tra i due (Mannarelli, 39). Anche se questo rapporto, negli ultimi anni, aveva già subito una significativa evoluzione nei termini di una progressiva e crescente partecipazione del privato all'esercizio della funzione amministrativa, lo Statuto rappresenta comunque un provvedimento innovativo per tutta una serie di circostanze sia generali sia specifiche, ma soprattutto perché nella storia dell'ordinamento tributario italiano nessuna legge aveva mai sancito, in maniera sistematica, i diritti fondamentali dei contribuenti, giungendo a disciplinare, per certi versi, le modalità stesse di legiferare in materia tributaria (per un esame approfondito sul tema si vedano: Tinelli, 12945; Ciavarella, 41). Come già accennato, la l. n. 212/2000 costituisce sicuramente una tappa importante, in un'ottica di cooperazione tra soggetto attivo e passivo dell'obbligazione tributaria, nel rafforzamento di una cultura basata, non più sull'autoritarismo, ma sulla trasparenza, sulla partecipazione e sul rispetto reciproco. Già un decennio prima si era modificato il rapporto tradizionale, consolidato nel tempo, esistente tra Amministrazione finanziaria e contribuente, in specie nella scia dei principi di carattere generale racchiusi nella l. 7 agosto 1990, n. 241, sul procedimento amministrativo e sulla trasparenza. Oggigiorno, una nutrita serie di istituti, fino a non molto tempo fa nemmeno ipotizzabili, consente la coesistenza senza particolari conflitti degli interessi del contribuente con quelli dell'Amministrazione incaricata del prelievo tributario (si ricordano segnatamente, per l'incisiva trasformazione dei modelli di condotta della parte pubblica cui indirettamente hanno contribuito, il ravvedimento operoso, il nuovo sistema di applicazione delle sanzioni, l'accertamento con adesione, la conciliazione giudiziale, il diritto di interpello). Affinché sia assicurata l'attuazione in sede sostanziale di tutti i principi generali contenuti nello Statuto e più in generale nel composito quadro giuridico di cui esso disegna la trama, l'art. 13 in commento ha previsto l'istituzione di una nuova figura, quella del Garante del contribuente, che è un organo, monocratico, dello Stato democratico, con propria autonomia ed indipendenza sia funzionale che strutturale. È istituito presso ogni Direzione regionale dell'Agenzia delle entrate e costituisce un valido strumento di tutela non giurisdizionale ma neppure amministrativo-endoprocedimentale e per i cittadini. Nondimeno quanto detto ben incastona in un cornice ideale le intenzioni del legislatore del 2000. In realtà, come si vedrà nel dettaglio più avanti, lo Statuto da «Legge dei diritti del contribuente», nella pratica, è finito per essere l'ennesimo corpus che, nel tematizzarli, contemporaneamente, altresì ne circoscrive e limita l'esercizio. Ed in effetti anche quanto al Garante una disamina della prassi lunga ormai diciassette anni autorizza a concludere che esso non ha ancora avuto, presso la platea dei contribuenti ma persino degli stessi giuristi, quella risonanza che le funzioni ad esso sulla carta attribuite consentivano di sperare. Istituzione, nomina e composizione del Garante del contribuenteIl presente commento si riferisce all'articolo 13 prima della riforma. Il Garante del contribuente è un organo monocratico, presente in ogni Regione e Provincia autonoma, con funzioni di tutela e di mediazione tra i cittadini e l'Amministrazione finanziaria. È scelto e nominato dal Presidente della Commissione tributaria regionale o sua sezione distaccata nella cui circoscrizione è compresa la direzione regionale dell'Agenzia delle entrate. Per ogni Garante il compenso mensile lordo è fissato in euro 2.788, 87. Le funzioni di segreteria e tecniche sono assicurate dagli uffici delle Direzioni regionali delle entrate, presso le quali il Garante è istituito. Spetta agli uffici dell'Agenzia delle entrate assicurare al Garante le funzioni tecniche e di segreteria. Il Garante è nominato tra magistrati, professori universitari di materie giuridiche ed economiche, notai, i quali possono essere anche in attività di servizio, dal momento che non hanno interessi professionali impingenti sul potenziale contenzioso tributario; mentre, rispetto ad avvocati, dottori commercialisti e ragionieri, un'onta di sfiducia porta ad esigere che siano pensionati, proposti, per ciascuna direzione regionale dell'Agenzia delle entrate, dai rispettivi ordini di appartenenza, cui pertanto spetta la scrematura di base secondo criteri peraltro pericolosamente non esplicitati. L'attribuzione del potere di nomina del Garante al Presidente della Commissione tributaria regionale fa il paio con l'individuazione di specifiche professionalità nel cui ambito deve essere operata la scelta del primo, in guisa da far risaltare un chiaro segnale non solo di indipendenza ma anche di spiccata competenza tecnica del Garante medesimo. Nondimeno la nomina del Garante rientra tra le competenze funzionali eppur discrezionali del Presidente della Commissione tributaria regionale, talché la sindacabilità in specie giurisdizionale del relativo provvedimento risulta pressoché impossibile. Proprio in considerazione di ciò, atteso viepiù che lo Statuto non prescrive alcuna procedura da seguire per la scelta e la nomina del Garante, il Consiglio di Presidenza della Giustizia tributaria ha fornito, con la Risoluzione n. 5 del 2000 (consultabile sul sito Internet www.giustizia-amministrativa.it, sezione Documenti), precise indicazioni ai Presidenti interessati. In particolare, il Consiglio ha ritenuto opportuno, innanzitutto, che i Garanti, per la funzionalità dell'organo e per le funzioni che sono chiamati a svolgere, debbano essere residenti nella relativa Regione. Per quanto concerne, invece, la nomina, precisa la Risoluzione che le funzioni del Garante specificate dall'art. 13 in commento risultano incompatibili con l'incarico di componente delle Commissioni Tributarie (indicazione, questa, che penalizza non poco proprio le professionalità che maggiormente offrono la propria opera nell'interpretazione del diritto tributario, conoscendo le pieghe delle cattive prassi amministrative, e che appare comunque ultronea quantomeno nel caso in cui il giudice tributario eserciti in un plesso appartenente a regione diversa). In relazione poi ai magistrati in servizio e a riposo, precisa la Risoluzione che i soggetti che possono essere nominati sono soltanto i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, con esclusione dei magistrati onorari. Ancora, la scelta dei professori universitari in materie giuridiche ed economiche deve riguardare esclusivamente professori di ruolo non esercenti la professione di avvocato, di dottore commercialista o di ragioniere collegiato, in quanto chi esercita tali professioni può essere nominato, ai sensi della lettera c) del comma 2, solo se pensionato. Infine, in relazione proprio alla lettera c), la qualifica di pensionato va riferita agli appartenenti alle tre categorie professionali ivi menzionate, donde – per vero un poco paradossalmente – i Presidenti delle Commissioni tributarie regionali devono richiedere a ciascun Consiglio degli Ordini degli Avvocati, dei Dottori Commercialisti e dei Ragionieri collegiati della Regione di appartenenza l'indicazione di una terna di pensionati non più iscritti all'ordine proponente, in quanto, la dizione «pensionati» deve intendersi riferita solo a soggetti che non svolgono, comunque, l'attività professionale, ma per ciò solo esulano anche dalla giurisdizione del competente Consiglio. La Risoluzione invita i Presidenti delle Commissioni tributarie regionali ad attenersi ai sopra enucleati criteri di massima, in modo da assicurare da un lato uniformi criteri in tutte le Regioni e dall'altro modalità di individuazione dei soggetti da nominare ispirate a valutazioni oggettive e comunque tali da garantire alti livelli di professionalità; tuttavia la Risoluzione non è un atto normativo e può revocarsi in dubbio che abbia un'efficacia discosta dalla semplice moral suasion in capo a figure, quali quelle dei Presidenti delle Commissioni tributarie regionali, di per sé esprimenti centri di autonoma formazione delle decisioni. Par di potersi concludere che l'eventuale rilievo della Risoluzione – esclusa qualsivoglia sua attitudine para-normativa e a maggior ragione para-legislativa – possa collocarsi nel ben più circoscritto contesto di un sindacato del giudice amministrativo sul dedotto vizio di eccesso di potere afferente il provvedimento presidenziale di nomina: tuttavia, ove detto provvedimento abbia avuto cura di adeguatamente motivare sull'inosservanza delle raccomandazioni contenute nella Risoluzione, attesa la discrezionalità propriamente amministrativa che lo permea, la semplice inosservanza delle raccomandazioni stesse non dovrebbe valere a decretarne per ciò solo l'illegittimità. Durata e rinnovo dell'incarico Il presente commento si riferisce all'articolo 13 prima della riforma. L'art. 13, al comma 3, così come modificato dall'art. 94, comma 7, l. 27 dicembre 2002, n. 289, e dall'art. 4, comma 36, lettera b), l. 12 novembre 2011, n. 183, prevede che «l'incarico ha durata quadriennale ed è rinnovabile tenendo presenti professionalità, produttività e attività svolta». Nuovamente il rinnovo dell'incarico rappresenta una scelta discrezionale del Presidente della Commissione tributaria regionale: la disciplina si contorce su stessa giacché questi non è destinatario di alcuna comunicazione diretta dell'attività del Garante e, quindi, non sembra essere messo (formalmente) in condizione di poter valutare l'opportunità di un rinnovo, nonostante che il comma 3, nel caso giust'appunto di rinnovo, richieda esplicitamente che la scelta deve basarsi anche sulla produttività e sull'attività svolta, oltre che sulla professionalità del Garante. Sarà cura del Presidente acquisire dal Garante in carica una relazione sul lavoro svolto (anche prescrivendone il deposito a cadenze periodiche sin dal momento della nomina); diversamente dovrebbe abdicare al potere di rinnovarlo nell'incarico, nell'impossibilità di valutarlo in comparazione con nuovi canditati. Autonomia del GaranteIl presente commento si riferisce all'articolo 13 prima della riforma. A mente del comma 2 dell'art. 13 in commento il Garante del contribuente, opera in piena autonomia, vale a dire che il medesimo non è soggetto alle direttive di altri Uffici o Autorità, neppure del Presidente della Commissione tributaria regionale che lo nomina e può confermarlo. Dal testo breve della norma non si rinvengono limiti o regole nell'attività del Garante e, quindi, sarà compito dei singoli Garanti l'eliminazione di tutti i vincoli che dovessero frapporsi al conseguimento delle finalità volute dalla norma istitutiva. Autonomia non vuol certamente dire libertà di non osservare la normativa vigente, ma solo che il Garante non è vincolato alle previsioni, normazioni e prassi imposte da altri ed in specie dall'Amministrazione finanziaria. Il profilo assume una coloritura forte in specie nelle attività di accesso o di richiesta di dati, con riferimento alle quali al Garante non può essere opposto il rispetto di procedure o formalità. Ulteriormente per il Garante operare in piena autonomia è avere il potere di organizzare da sé la propria struttura, con la conseguenza che non possono essergli sollevati impedimenti specificamente da parte della Direzione regionale dell'Agenzia delle entrate, dei cui servizi amministrativi, per una deprecabile opzione legislativa, purtuttavia si avvale, in relazione a conformazioni soggettive e soprattutto oggettive dell'attività di servizio. Ciò detto, ci si domanda se il Garante goda, davvero, di una piena autonomia. In relazione all'autonomia patrimoniale, quale caratteristica dell'organo di non avere condizionamenti economici, va evidenziato che (prima della novella del 2017) il compenso per l'attività svolta ed i rimborsi spettanti ai membri erano determinati con decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze. Sicché ben si poteva sollevare il dubbio sull'effettiva indipendenza del soggetto subordinato, quanto alla sua attività, direttamente dal soggetto controllato o dagli organi del medesimo. Per quanto riguarda le funzioni di segreteria e tecniche, assicurate dagli uffici regionali delle Agenzie delle entrate, presso le quali è istituito, pare in re ipsa la mancanza di una vera capacità di autogestione del Garante, pur dovendosi riconoscere una generale fattiva collaborazione delle Direzioni. Spetta in ogni modo al Garante organizzare da sé la struttura dell'ufficio in relazione dell'evolversi delle esigenze (D'Ayala Valva, 120), per quanto anche su tale versante l'avvalimento di personale e mezzi appartenenti al controllato impedisca in fatto un governo proprio delle linee organizzative. Proprio nella direzione di ampliare la sfera di indipendenza del Garante, si è mosso di recente il legislatore. Mentre, in precedenza, come accennato, il compenso ed i rimborsi spettanti al Garante venivano determinati con decreto del Ministero delle Finanze ed erano quindi soggetti agli umori ed alla disponibilità di quest'ultimo Ente (nell'anno 2012 il compenso era stato dimezzato e poi ulteriormente ridotto in anni successivi), ora il compenso è stato stabilito con legge (art. 19-septies della l. 4 dicembre 2017, n. 172, significativamente rubricato: “Disposizioni per garantire l'autonomia del Garante del contribuente”) e quindi sottratto alla discrezionalità del Ministro, vale a dire, in ultima analisi, al grado di approvazione e gradimento da questi espresso. Il principio, da sempre applicato alle Magistrature ordinaria, amministrativa e contabile, costituisce un importante riconoscimento per una “Magistratura di persuasione”, come talvolta è stato definito l'ufficio del Garante: esso, inoltre, potrebbe fungere da traino per la costante rivendicazione dei Giudici Tributari, anch'essi, a differenza delle altre Magistrature, ancora sottoposti, quanto alla retribuzione, alle valutazioni discrezionali del Ministro delle Finanze sulla misura dei compensi fissi e variabili (SIMONE, 1191). Ancora, parte della dottrina (Rosini, 42) rileva che l'operare in piena autonomia è formula inconsueta e tale da suscitare qualche perplessità. Nell'uso corrente il concetto di autonomia allude, come è noto, alla capacità, riconosciuta ad un soggetto dall'ordinamento cui è subordinato, di regolare la sfera di interessi che gli è affidata mediante produzione di norme che valgono, nei limiti dati, nell'ordinamento generale. Tuttavia, il significato di autonomia che meglio si attaglia alla natura e alle funzioni del Garante è quello di indipendenza, vale a dire di estraneità dello stesso a qualsiasi struttura gerarchica. Pur essendo costituito presso l'Agenzia delle entrate il Garante è quindi sottratto, nel suo operare, ad ogni vincolo gerarchico. Solo riconoscendogli siffatta profonda dimensione di autonomia-indipendenza può auspicarsi di emanciparlo dall'allocazione nella sfera di quella stessa Amministrazione finanziaria che è deputato a controllare e criticare, affrancandolo per l'effetto dalla vestizione quale articolazione – ancorché particolarmente guarentigiata – della stessa. Funzioni del GaranteIl presente commento si riferisce all'articolo 13 prima della riforma. La funzione principale del Garante è quella di assicurare il rispetto effettivo dei diritti dei contribuenti, affinché sia garantita l'attuazione in sede sostanziale – e qui sa il punto – di tutti i principi contenuti nello Statuto. Il Garante è il guardiano dello Statuto. Verifica, attraverso accessi agli uffici ed esame della documentazione, le irregolarità, le disfunzioni e le scorrettezze dell'attività fiscale segnalate dai contribuenti. Il Garante è competente riguardo ai reclami relativi a qualsiasi tipo di tributo (sia per imposte dirette che indirette, come anche per i tributi locali, ad esempio quelli sugli immobili: cfr. infra, § 5.4), ponendosi al fianco dei contribuenti nei casi di presunte irregolarità commesse dall'Amministrazione finanziaria nei loro confronti. Ma ciò, a pensarci bene, ne mina l'imparzialità, che infatti legislativamente non lo connota: a volergli recuperare uno spessore di imparzialità, si deve sostenere che il Garante sposa la causa del contribuente fintanto che la stessa paia conforme a diritto, svolgendo pertanto una disamina critica in via preventiva dell'operato dell'Amministrazione finanziaria in modo da intervenire solo quando la stessa abbia commesso un'illegittimità tuttavia non di per se stessa riguardata, bensì ridondante in una concreta compromissione di un diritto del contribuente. Il potere sollecitatorio Il presente commento si riferisce all'articolo 13 prima della riforma. Come precisa l'art. 13 in commento al comma 6, il Garante ha il potere di richiedere documenti o chiarimenti agli uffici competenti «riguardo presunte disfunzioni, irregolarità, scorrettezze, prassi amministrative anomale o irragionevoli o qualunque altro comportamento suscettibile di incrinare il rapporto di fiducia tra cittadini ed Amministrazione finanziaria». Il termine «documenti» incorpora qualsiasi atto in possesso dell'ufficio indipendentemente dalla struttura cartacea o elettronica. La richiesta di documenti avviene in relazione al fatto specifico e il termine per la relativa risposta da parte degli uffici non potrà superare i trenta giorni. La mancata risposta o il superamento immotivato del termine potrà essere motivo di ulteriore segnalazione al Direttore regionale, quale disservizio, ai sensi del comma 11. In questo caso è evidente l'esistenza di un preciso obbligo a carico degli uffici di consegnare nelle mani del Garante tutti i documenti e di fornire tutti i chiarimenti richiesti. Il problema, tuttavia, consiste nella mancanza di un potere sanzionatorio da parte del Garante. Infatti, difficile sarà per il Garante dare applicazione al potere di segnalazione che gli viene attribuito dalla norma, considerando che il suo operato si scontra, strutturalmente ed ontologicamente, con l'interesse dell'Amministrazione finanziaria a pubblicare eventuali documenti relativi a presunte disfunzioni o irregolarità interne. La richiesta di documenti o chiarimenti, prevista dal comma 6, deve avvenire «sulla base di segnalazioni inoltrate per iscritto dal contribuente o da qualsiasi altro interessato che lamenti delle disfunzioni». Legittimati alla segnalazione sono il contribuente o qualsiasi altro soggetto interessato. Per «altro soggetto interessato» si può intendere colui che, malgrado non sia stato vittima diretta dalle disfunzioni, voglia denunciare il fatto al fine di migliorare il fondamento dell'azione amministrativa, nondimeno al fine di evitare un agere illegittimo possa replicare i propri effetti anche nei suoi confronti: a ciò induce la considerazione che egli deve essere pur sempre un interessato, con conseguente esclusione della legittimazione del quisque de populo. Talché, sul piano sistematico, deve escludersi che il Garante risponda ad una controllo diffuso di legalità, fine a se stesso e proiettato al semplice miglioramento qualitativo dell'attività amministrativa. Il potere di attivazione dell'autotutela Il presente commento si riferisce all'articolo 13 prima della riforma. Tra le competenze attribuite al Garante del contribuente, di particolare rilevanza è quello di «attivare le procedure di autotutela nei confronti di atti amministrativi di accertamento o di riscossione notificati al contribuente». Preliminarmente, è opportuno ricordare che l'Amministrazione finanziaria persegue solo ed esclusivamente fini collettivi, facendosi giustizia da sé nel momento in cui riscontra un suo errore: è infatti una proiezione oggettiva dell'ordinamento finanziario-tributario. Questa è l'essenza dell'autotutela che vede sempre e comunque l'Amministrazione finanziaria quale soggetto portatore del potere pubblicistico d'imposizione tributaria rispetto al quale il cittadino è titolare di un interesse legittimo e non di un diritto men che meno soggettivo. L'organo competente ad esercitare il potere d'autotutela è l'ufficio che ha emanato l'atto illegittimo o infondato (Di Lauro). Altra premessa necessaria è che l'autotutela può attivarsi solo in relazione ad un procedimento, ragion per cui il potere di attivazione del Garante, oggetto di disamina, deve promanare da un'iniziativa del soggetto illegittimamente inciso dall'agere della P.A.: la qual cosa porta a considerare che, a conti fatti, nel caso che ne occupa la P.A. ha già esercitato il potere ed anzi ha già prodotto un provvedimento, contribuente ritenuto illegittimo. Talché la questione è come togliere di mezzo detto provvedimento prima ovvero indipendentemente dal radicamento di un giudizio. Ferme le superiori puntualizzazioni, va esaminato il significato da attribuire alla locuzione secondo cui il Garante «attiva le procedure di autotutela» (Muscarà, 33). Il termine «attiva» potrebbe alludere ad una portata molto ampia, fino a far ipotizzare un'ingerenza diretta del Garante nella procedura medesima; questa estensione non sembra però condivisibile, in quanto incoerente con la figura generale del Garante, che, come sopra ricostruita, non ha il potere di intervenire sull'attività dell'ufficio perché non appartiene all'ufficio (Buscema, 183). Alla luce di tale situazione, soltanto una norma esplicita potrebbe straordinariamente attribuire poteri positivi o sostitutivi al Garante come autorità a sé stante, con la sola eccezione costituita dalla figura del «commissario ad acta», nominato però dalla commissione tributaria nell'ambito di un giudizio di ottemperanza, quale soggetto espressamente autorizzato a sostituirsi all'ufficio inadempiente. Nel nostro caso, non sono previsti tali poteri e, quindi, l'attivazione delle procedure di autotutela sembra limitata ad un sollecito «qualificato», dal quale nasce l'obbligo dell'ufficio di esaminare l'istanza (sulla impugnabilità del rifiuto espresso o tacito dell'amministrazione a procedere ad autotutela, Cerrioni, 1003). Il Garante può attivare le procedure di autotutela ma non può emettere atti di autotutela in sostituzione dell'ente; in buona sostanza, il tenore letterale dell'articolo 13, comma 6, non giustifica un potere sostitutivo e neppure concorrente del Garante. Gli atti assunti dal Garante costituiscono meri atti di sollecito, dai quali può solo derivare un obbligo da parte dell'A.F. di rispondere all'istanza di autotutela e/o di riesaminare la pratica. A tal proposito, si è correttamente affermato che il vigente ordinamento giuridico non alcun obbligo men che meno dei concessionari della riscossione di adeguarsi alle decisioni del Garante (T.A.R. Basilicata, 12 luglio 2007, n. 498, in Gior. dir. amm., 2007, 10, 1109, con nota di Ferrari). I poteri assegnati al Garante sono limitati al richiamo, ossi a segnalazioni o raccomandazioni prive del potere di incidere direttamente sulla validità ed efficacia degli atti impositivi pur infondati o illegittimi. Il Garante può solo stimolare o incentivare il ripensamento dell'ente, ma non può agire per l'ufficio legittimato all'autotutela. Né dall'esercizio delle funzioni del Garante consegue per l'ufficio il dovere di annullare o ridurre la pretesa tributaria, giacché, nuovamente, quello del Garante è un potere meramente sollecitatorio (in senso retoricamente possibilista, C.t.p. Reggio Emilia, 17 settembre 2008, n. 146, «il vigente ordinamento giuridico non prevede espressamente l'obbligo dell'Amministrazione Finanziaria o dei concessionari della riscossione di emanare il provvedimento di autotutela, richiesto dal Garante del Contribuente (...) o di adeguarsi alle decisioni assunte dal Garante del Contribuente, per cui gli atti del Garante del Contribuente non sono vincolanti e perciò non producono nemmeno effetti lesivi, ma costituiscono soltanto atti di sollecito, dai quali tutt'al più può derivare soltanto un obbligo di rispondere all'istanza di autotutela e/o riesaminare la pratica presentata dal contribuente»; parte della dottrina (cfr. D'Ayala Valva, 176) ritiene che il problema vada risolto a monte, nel senso che non sussiste in capo al contribuente, che richiede all'ufficio un provvedimento in autotutela, un correlativo diritto al riesame della pratica né il diritto-dovere dell'ufficio di attivarsi a seguito della stessa istanza: così posta la questione, il potere del Garante sembrerebbe militare verso il subentro di una forma di doverosa risposta all'istanza del contribuente da parte dell'ufficio). L'attivazione della procedura da parte del Garante non dovrebbe significare anche un giudizio (positivo) di merito della stessa istanza in autotutela, non risultando alcuna specifica previsione in tal senso e potendo essa essere vista come un'indebita intromissione nell'attività degli uffici (D'Ayala Valva, cit., 129). Per contrasto sia consentito di rilevare che un preciso potere di valutare la conformità a Legge del comportamento degli organi ispettivi è invece contemplato dall'art 12 St. contr., a termini del quale «Il contribuente, nel caso ritenga che i verificatori procedano con modalità non conformi alla Legge, può rivolgersi anche al Garante del contribuente, secondo quanto previsto dall'articolo 13». Emerge evidente come, in questo caso, il contribuente, che si ritenga leso dalle modalità con le quali i verificatori procedono all'ispezione, possa rivolgersi al Garante per ottenere qualcosa di più di un semplice interessamento procedurale a carattere ottativo. Il Garante, valutata la segnalazione, potrà richiedere chiarimenti sui fatti esposti ed eventualmente sollecitare la cessazione, in via di autotutela, dell'attività posta in essere con modalità illecite (Niccolini, 1456; D'Ayala Valva, 186). Il richiamo a modalità ispettive illecite perché «non conformi a Legge» evidenzia un penetrante potere di intervento diretto nel merito del Garante, atto ad interrompere procedure illegittime, potenzialmente idonee a far travolgere un atto di accertamento che dovesse basarsi su un processo verbale già riconosciuto illegittimo. Vi è da un lato una sorta di richiesta cautelare da parte del contribuente (interruzione della procedura illegittima e di per sé dannosa per l'istante) e dall'altro una sorta di delibazione sommaria del Garante sulla procedura in essere, avente per oggetto il rispetto della normativa, analogo a quello che, in un secondo momento, potrebbe effettuare funditus il giudice tributario, in funzione demolitoria dell'atto. Per concludere, è bene ricordare che l'istituto dell'autotutela trovava già una sua autonoma disciplina, prima dell'introduzione dello Statuto del Contribuente, nell'art. 68 d.P.R. 27 marzo 1992, n. 287 (abrogato dall'art. 23, D.P.R. 26 marzo 2001, n. 107), corredato da numerose istruzioni tese ad incentivarne l'applicazione. L'applicazione dell'autotutela, dunque, dovrebbe già essere parte integrante del patrimonio culturale dei componenti gli uffici finanziari. I poteri di allineamento del sistema: raccomandazioni, richiami ed attività informativa Il presente commento si riferisce all'articolo 13 prima della riforma. Vengono, infine, elencate le altre funzioni e attività attribuite al Garante, ossia «rivolgere raccomandazioni ai dirigenti degli uffici ai fini della tutela del contribuente e della migliore organizzazione dei servizi» (comma 7); «accedere agli uffici finanziari e controllare la funzionalità dei servizi di assistenza e di informazione al contribuente, nonché l'agibilità degli spazi aperti al pubblico» (comma 8); «richiamare gli uffici al rispetto dei diritti di informazione ex art. 5 dello Statuto e dei diritti e delle garanzie del contribuente sottoposto a verifica fiscale, ex art. 12 dello Statuto (comma 9); richiamare «gli uffici al rispetto dei termini previsti per il rimborso d'imposta» (comma 10); «individuare i casi di particolare rilevanza in cui le disposizioni in vigore ovvero i comportamenti dell'Amministrazione determinano un pregiudizio dei contribuenti o conseguenze negative nei loro rapporti con l'Amministrazione, segnalandoli al Direttore regionale o compartimentale o al Comandante di zona della Guardia di Finanza competente e all'ufficio centrale per l'informazione del contribuente, al fine di un eventuale avvio del procedimento disciplinare», con l'ulteriore possibilità di prospettare «anche al Ministro delle finanze i casi in cui possono essere esercitati i poteri di rimozione in termini, previsti dall'art. 9» (comma 11); «presentare ogni sei mesi, una relazione sull'attività svolta al Ministro delle Finanze, nonché al Direttore regionale delle entrate, ai direttori compartimentali delle dogane e del territorio e al Comandante di zona della Guardia di finanza individuando gli aspetti critici più rilevanti e prospettando le relative soluzioni» (comma 12). Vien fatto di commentare che tutti i poteri di cui si tratta non sono propriamente procedimentali, perché non attengono al caso singolo, bensì al sistema nel suo complesso, sia sotto il profilo degli atti di auto-organizzazione su cui si regge sia anche sotto quello di prassi o comunque procedure suscettibili di esitare in una serie di illiceità o criticità nondimeno a senso unico, perché potenzialmente pregiudizievoli per il contribuente. Per tale ragione il Garante, che dall'osservatorio privilegiato in cui opera domina l'attività amministrativa, segnala e raccomanda, relazionando sulla propria attività ma in parallelo anche su quella degli uffici impegnati sul campo, in guisa da prevenire in corso d'opera o addirittura sul nascere distorsioni che, portate a compimento, potrebbero esporre l'A.F. ed in specie la sua dirigenza a responsabilità. I destinatari di questa parte dell'attività del Garante sono i titolari del potere di organizzazione degli uffici ed in ultima istanza il cuore dell'A.F., abilitato a dialogare, in chiave di riforma, con il potere legislativo. Ne offre conferma la statuizione di chiusura a termini della quale, sulla base delle attività dei Garanti regionali, il Ministro delle Finanze, quasi tirando le somme in un discorso di sintesi che si rende necessario per il difetto di una figura nazione di Garante, «riferisce annualmente alle competenti Commissioni parlamentari in ordine al funzionamento del Garante del contribuente, all'efficacia dell'azione dallo stesso svolta, alla natura delle questioni segnalate, nonché dei provvedimenti adottati in seguito alle segnalazioni del Garante stesso» (comma 13). Estensione oggettiva dei poteri del Garante Il presente commento si riferisce all'articolo 13 prima della riforma. L'ubicazione del Garante presso la Direzione Regionale delle Entrate non può significare che la sua funzione sia limitata ai soli tributi di competenza di tale ufficio, potendosi ben ritenere che questa sussista anche per i tributi locali, per espresso richiamo dell'art. 1 St. contr. Parallelamente, a livello sistemico, sembra di poter sostenere che la competenza del Garante sconfini anche nei tributi richiamati dall'art. 1 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, che regolamenta il contenzioso tributario, essendo la figura del contribuente ben più ampia del soggetto legittimato a ricorrere alle commissioni tributarie. Il Garante avrà competenza anche ad esaminare istanze relative a questioni in materia di sanzioni, ancorché non espressamente collegate ad un tributo (es.: mancato tempestivo rimborso di somme riscosse coattivamente a titolo di sanzioni e riconosciute come indebite dalle commissioni tributarie). Infine, seguendo la logica omnicomprensiva che si va esponendo, non v'è ragione a che il suo intervento non si estenda altresì al settore dei tributi doganali. Nulla la Legge dice sulla competenza territoriale dell'ufficio del Garante. In prima battuta, potrebbe determinarsi la competenza per tutte le questioni riguardanti gli uffici aventi la sede nella regione in cui opera un determinato Garante, rimanendo irrilevante l'eventuale (differente) domicilio fiscale del contribuente-richiedente. Se, invece, la localizzazione territoriale del Garante dovesse essere intesa quale modo per l'esercizio più immediato di un servizio al cittadino, non si potrebbe escludere una competenza per tutte le segnalazioni pervenute da soggetti residenti nella Regione e ciò indipendentemente dalla localizzazione dell'Ufficio di cui venga rilevato il disservizio. Ad ogni modo, nell'eventualità in cui opponga un rifiuto per incompetenza territoriale, il Garante dovrà effettuare una comunicazione al contribuente, demandandogli di rivolgersi al Garante competente, che perciò gli incombe di indicare. Questa soluzione, per quanto ragionevole, potrebbe nondimeno risultare in concreto come un «non aiuto al contribuente»: infatti sarebbe stato più semplice provvedere all'immediata trasmissione della segnalazione dal Garante incompetente al Garante competente. CriticitàIl presente commento si riferisce all'articolo 13 prima della riforma. La criticità di fondo sta in ciò che tutte le attribuzioni spettanti al Garante non hanno rilevanti effetti sostanziali per quest'ultimo. Il Garante è privo del potere di sanzionare autonomamente eventuali comportamenti difformi dalle regole dello Statuto; non può sindacare l'esercizio, da parte dell'ufficio, del diritto di proporre impugnazione avverso una sentenza ad esso sfavorevole; i richiami del Garante all'ufficio sono privi di reale valore coercitivo o repressivo (Buschema, 279). I veri Garanti del contribuente rimangono, pertanto, l'ufficio, che deve provvedere in autotutela per rimediare ai propri errori, e le commissioni tributarie, che però possono essere adite per supplire al diniego di autotutela e non anche al mancato esercizio dell'autotutela da parte dell'ente. In sostanza, può ritenersi che la funzione di controllo, che oggettivamente emerge dall'art. 13 in commento, non va al di là di meri inviti alle parti del rapporto giuridico d'imposta e, soprattutto, all'A.F. nelle sue singole componenti (Capolupo, 1067). La mancanza di uno specifico potere di sostituzione o di annullamento porta a ribadire la sconfortante conclusione che la segnalazione operata dal Garante va qualificata come un invito a provvedere privo di conseguenze giuridiche dirette in caso di mancato adempimento (Capolupo, 3467). In un ordinamento improntato ad un'efficace degiurisdizionalizzazione, si dovrebbe invece introdurre la possibilità che il Garante, dopo un diniego dell'ufficio, se ritiene che l'atto vada eliminato, emani un provvedimento sostitutivo di autotutela, impugnabile davanti alla commissione tributaria da parte dell'ufficio che non sia d'accordo con la soluzione adottata. In questo modo, diventerebbe prevalente il principio di legalità e la tutela della legalità sarebbe affidata già in sede procedimentale al Garante, quale organo non procedimentale operante super partes (Falcone, 2213). Il riconoscimento all'ufficio del diritto ad impugnare il provvedimento del Garante assicurerebbe il controllo per così dire finale della giurisdizione: esso varrebbe comunque a responsabilizzare l'ufficio, chiamato ad articolare specifici motivi di doglianza, sopportando il rischio delle spese. Quanto precede non basta. S'è visto che il Garante, a differenza di altre figure pur conosciute nel nostro ordinamento, come ad esempio le autorità amministrative indipendenti ed il difensore civico, non ha il potere di incidere direttamente sul fatto oggetto della segnalazione, ma solo quello di indicare all'AF ed in definitiva ad un'autorità politica il disservizio lamentato. In considerazione di ciò, l'espressione «garante del contribuente» è sovradimensionata rispetto al servizio che il Garante può svolgere in favore del contribuente; le funzioni svolte, o che possono essere svolte, dal Garante sembrano più indirizzate a fornire elementi conoscitivi concreti e tempestivi in relazione a segnalazioni per eventi eccezionali ed imprevedibili ai sensi dell'art. 9 St. contr., al fine ultimo di migliorare il proprio servizio. Sotto quest' ultimo profilo, pare francamente riduttivo pensare che l'attività del Garante sia indirizzata unicamente o anche solo precipuamente a favore del contribuente, in quanto la reale funzione della sua figura sembra piuttosto essere quella di ridurre i casi di cattiva amministrazione e di stimolare per converso l'esercizio dell'autotutela da parte dell'A.F., nei casi in cui è consentita, onde evitare conseguenze peggiori. Proprio la mancanza di una funzione sanzionatoria esplicita, unita alla natura stessa dello Statuto del contribuente, che, malgrado i principi previsti negli artt. da 1 a 4, non ha alcun elemento per essere qualificato come Legge di rango costituzionale, induce a concludere che l'intero Statuto, Garante compreso, più che rappresentare un presidio di garanzie per il contribuente, rischia di rimanere una semplice dichiarazione di intenti, piena di parole ma vuota di contenuti precettivi. Nelle relazioni concernenti l'attività svolta nell'anno 2014 (doc. LII n. 3 del 2014, reperibile sul sito Internet del Ministero dell'economia e delle Finanze, www.mef.gov.it, Sez. Documenti), ma per vero anche in quelle degli anni precedenti, gli stessi Garanti esplicitano numerosi aspetti problematici legati al proprio ruolo, ancor più dopo la trasformazione da organo collegiale a monocratico avvenuta nel 2012. Evidenziano, infatti, come l'esercizio delle proprie funzioni sia strutturalmente circoscritto alla segnalazione, all'invito, alla raccomandazione o al richiamo, senza poter influire in concreto sugli aspetti realmente critici del rapporto tra il fisco ed il singolo contribuente ovvero l'intera platea dei contribuenti, con il rischio di perdere credibilità e autorevolezza sia nei confronti di questi ultimi, che invano sperano in un loro positivo intervento, sia verso gli stessi uffici, destinatari dei blandi effetti delle loro azioni. In particolare, i Garanti segnalano le difficoltà derivanti dall'impossibilità di agire efficacemente su dinamiche e prassi pregiudizievoli tutt'ora diffusi nella gestione dei procedimenti, tenuto conto che la Legge non attribuisce loro poteri sufficientemente incisivi né delinea i contenuti della loro autonomia. Difatti, se da un lato, il Garante del contribuente è sottratto nel suo operare ad ogni vincolo gerarchico, proprio tale sottrazione al contempo lo priva di ogni mezzo di coercizione o pressione nei confronti degli uffici finanziari recalcitranti o francamente inadempienti alle sue indicazioni. Il legislatore gli ha riconosciuto poteri d'impulso, collocabili fra gli atti di indirizzo, direzione o coordinamento: poteri spuntanti sul piano organizzativo, perché confinati ad una sorta di suggerimenti, ed inefficaci nel concreto dei procedimenti pregiudizievoli, perché insuscettivi di incidere sulle sfere giuridiche così della P.A. come del contribuente. A ragione, poi, i Garanti lamentano un'inaccettabile ambiguità testuale legata persino all'ambito obiettivo del loro intervento. Sul tappeto vi è soprattutto il blocco di accresciute dimensioni ed importanza dei tributi locali. In proposito, la quasi totalità dei Garanti dichiara di esercitare, di fatto, le proprie funzioni anche nei confronti degli enti locali, sebbene contraddittoriamente la l. n. 212/2000, pur contenendo principi generali per una tutela unitaria del contribuente, a prescindere dalla tipologia del soggetto attivo del rapporto d'imposta, costruisca una figura di Garante con esclusivo riferimento ai tributi erariali. Natura giuridica del Garante e competenza per materiaIl presente commento si riferisce all'articolo 13 prima della riforma. Con riguardo alla natura giuridica del Garante, si discute se esso possa essere ricompreso nel novero delle autorità indipendenti. Sul punto si riscontra una varietà di opinioni, configurandosi lo stesso Garante talvolta come un'autorità indipendente, ma debole, talaltra come un duplicato del difensore civico ovvero come un organo di autotutela dell'A.F. (Di Tucci, 11120; Terzani, 2795). Una parte della dottrina ritiene che «è certamente azzardata l'opinione che [l']indipendenza funzionale induca ad assimilare il Garante al modello (se c'è) delle autorità amministrative indipendenti, perché manca l'attribuzione al Garante di qualcuno dei variegati poteri che le leggi istitutive attribuiscono ai soggetti denominati “Autorità”» (Rosini, 42). È stato aggiunto che le principali autorità indipendenti attualmente esistenti sono dotate di autonomia organizzativa, la quale comprende non solo il profilo concernente l'organizzazione degli uffici interni, ma soprattutto la possibilità di bandire concorsi, da un lato, e quella di assumere a contratto professionisti qualificati, dall'altro, in modo da garantirsi nell'immediato il supporto di personale qualificato nel settore di competenza e in prospettiva futura la formazione in specie del personale direttivo assunto mediante concorso. Nulla di tutto questo è previsto per il Garante del contribuente, rispetto al quale nella normativa in commento si stabilisce che sia utilizzato sia per le funzioni di segreteria sia per le funzioni tecniche il personale degli uffici delle D.R.E. presso le quali lo stesso è istituito. Ne deriva che soprattutto il personale tecnico del Garante non sarà tenuto a svolgere un'attività sostanzialmente diversa rispetto a quella già svolta nell'ambito dell'Amministrazione di perdurante appartenenza; in altri termini, se il Garante fosse tenuto a svolgere in posizione di autonomia ed indipendenza un'attività di regolazione del rapporto tra contribuente e A.F., sarebbe paradossale che fossero i dipendenti di quest'ultima a curare l'istruzione delle questioni sottoposte all'attenzione del medesimo (Di Tucci, op. loc. cit., 11127). Dubbi interpretativi sussistono anche con riguardo ai poteri riconosciuti dall'ordinamento al Garante del contribuente. Come più volte ribadito, è previsto che esso, anche sulla base di segnalazioni inoltrate per iscritto dal contribuente o da qualsiasi altro soggetto interessato che lamenti disfunzioni, irregolarità, scorrettezze, prassi amministrative anomale o irragionevoli o qualunque altro comportamento suscettibile d'incrinare il rapporto di fiducia tra cittadini e “amministrazione finanziaria”, possa rivolgere richieste di documenti o chiarimenti agli uffici competenti, che sono tenuti a rispondere entro trenta giorni. È dubbio se nell'A.F. possano essere ricompresi tutti gli uffici che gestiscono un qualsiasi potere d'imposizione o se si tratti specificamente degli uffici finanziari dello Stato, ai quali suole farsi riferimento quando si utilizza tale espressione. Al riguardo, la dottrina rimarca, nei commi 6, 11 e 12 dell'articolo 13, «l'assenza di qualsiasi accenno alle Regioni, Province e Comuni» per modo che «delle loro funzioni di carattere tributario il Garante del contribuente non ha da occuparsi. Andrebbe perciò a violare l'autonomia delle Regioni e degli enti locali, garantita dagli artt. 119 e 5 della Costituzione, se si ingerisse nella loro attività. In linea di fatto, però, la gran maggioranza dei Garanti non si astiene dall'intervenire nei riguardi dell'esercizio delle potestà d'imposizione da parte di soggetti diversi dall'Amministrazione dello Stato. Deve ritenersi, comunque, che la competenza per materia del Garante del contribuente si estenda a quei tributi locali, quali l'Invim e in via transitoria l'IRAP, la cui gestione è attribuita agli uffici dell'Amministrazione statale» (Rosini, 49). Nondimeno l'art. 17 st. contr. stabilisce che le disposizioni dello Statuto si applicano anche nei confronti dei soggetti che rivestono la qualifica di concessionari e di organi indiretti dell'amministrazione finanziaria, ivi compresi i soggetti che esercitano l'attività di accertamento, liquidazione e riscossione di tributi di qualunque natura. Sul fondamento di tale disposizione, pertanto, altra voce della dottrina (Ciavarella, 4995), ricava la conclusione che, estendendosi sia i diritti di informativa, interpello, difesa, trasparenza, chiarezza, semplificazione e tutela dell'integrità patrimoniale sia i divieti di turbativa (per la richiesta di documenti già in possesso dell'Amministrazione e per l'accesso immotivato presso la sede del contribuente) a tutti gli operatori del settore tributario, per simmetria, nei confronti degli stessi devono parimenti valere i poteri del Garante del contribuente. Confronto con le autorità amministrative indipendenti Il presente commento si riferisce all'articolo 13 prima della riforma. La creazione delle cosiddette authorities, o autorità amministrative indipendenti è il frutto della necessità di un organo terzo ed indipendente per valutare in modo oggettivo l'attività della P.A. nei confronti dei cittadini. Specie nell'ultimo decennio, le autorità amministrative indipendenti sono cresciute a dismisura ed ogni Legge istitutiva di un'Authority ne prevede i criteri di nomina dei componenti, il funzionamento, i poteri, la durata in carica, la capacità di stare in giudizio ecc. In Italia, oltre alla Banca Centrale, la Consob e l'Isvap, che rappresentano le AAI per eccellenza, sono state istituite altre authorities come ad esempio l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas [ora Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA)], il Garante per la protezione dei dati personali, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e l'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici (oggi ANAC, Autorità nazionale anti-corruzione) e la Commissione di garanzia per l'attuazione sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali. Le AAI sono istituite in settori specifici e sensibili come l'emissione monetaria, i mercati finanziari, le assicurazioni, la concorrenza, gli scioperi nei servizi pubblici essenziali, l'energia ed il gas, le telecomunicazioni, i lavori pubblici, la riservatezza. Si tratta dunque di settori che richiedono un'elevata specializzazione. È ormai assodato in dottrina che le funzioni attribuite alle AAI non siano sussumibili all'interno di un'unica categoria (Benvenuti, 226). Anzi, carattere distintivo del loro modo di essere è di costituire una sorta di deroga al principio classico della separazione dei poteri, di essere cioè titolari di funzioni che si sovrappongono di volta in volta al potere legislativo, esecutivo e giudiziario. Per un verso, infatti, esse sono titolari di poteri amministrativi in senso proprio (per esempio, il rilascio di titoli autorizzativi, l'irrogazione di sanzioni, l'adozione di provvedimenti di tipo ordinatorio), in passato attribuiti ad apparati amministrativi di tipo tradizionale (in special modo i Ministeri); per altro verso, alle AAI vengono attribuite funzioni arbitrali e contenziose (o semicontenziose), anche nel tentativo di creare filtri all'accesso alla giurisdizione a scopi deflattivi (questa finalità, ad esempio, emerge dalla previsione di un tentativo obbligatorio di conciliazione innanzi alle Autorità, al quale si ricollega la sospensione dei termini per agire in sede giurisdizionale: cfr. l'art. 1 della legge 31 luglio 1997, n. 249, relativa all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, attuato con il regolamento adottato dell'Autorità giusta delibera n. 148/01/CONS). Un primo tipo di funzioni ha carattere amministrativo. In questo senso, si è soliti affermare che le AAI, nello svolgimento della loro funzione tutoria, svolgono un potere di controllo nel senso più ampio del termine, ovvero un'azione diretta non soltanto alla verifica delle attività svolte da altri soggetti, ma anche al loro indirizzo. All'attività di controllo così intesa, si riconnettono tre categorie di poteri generalmente attribuiti alle AAI dalla legislazione di settore: ispezione o indagine e sanzionatori. Quanto ai primi, essi consistono nella possibilità di chiedere notizie e informazioni, di convocare persone interessate alle attività controllate, di esaminare atti e documenti. In particolare, per quanto concerne il settore del credito e delle società di investimento, particolari poteri ispettivi sono attribuiti alla Consob e alla Banca d'Italia: l'art. 8 TUF prevede infatti il potere di chiedere ai soggetti sottoposti alla loro vigilanza la comunicazione di dati e notizie e la trasmissione di atti e documenti con le modalità e i termini da esse stabiliti (Lanotte, 129). La Consob può effettuare altresì ispezioni presso gli intermediari comunitari e extracomunitari operanti in Italia, nell'ambito delle competenze attribuite dal legislatore comunitario al paese ospitante. La Banca d'Italia invece, ha la possibilità di svolgere ispezioni nelle imprese comunitarie ed extracomunitarie solo se vi siano accordi di reciprocità con il paese d'origine. Per quanto concerne invece i poteri sanzionatori d'ufficio, essi sono attribuiti alla competenza delle AAI e modellati sulla falsariga della legge 24 novembre 1981, n. 689, in tutto o in parte richiamata dalle leggi istitutive delle singole Autorità e dai regolamenti da esse adottati. Un secondo tipo di funzioni attribuite alle AAI ha natura essenzialmente giustiziale, ove il loro ruolo è quello di arbitro posto in posizione equidistante rispetto agli interessi coinvolti. Emerge in questo senso il ruolo neutrale o, per così dire, paragiurisdizionale delle Autorità. Infine, l'attribuzione di funzioni normative costituisce l'aspetto più significativo dell'indipendenza delle AAI, traducendosi nel riconoscimento della possibilità di determinare direttamente le modalità di espletamento dell'attività di regolazione e controllo dei settori alla cui salvaguardia le stesse sono preposte. Le AAI provvedono non solo a determinare la propria organizzazione, ma soprattutto a disciplinare all'esterno i singoli ambiti di operatività. Da questa breve premessa si evince come la figura del Garante del contribuente sia molto lontana da quella delle AAI. Spicca principalmente che esso non è titolare di un potere decisorio giudiziale, ma neppure meno ampollosamente di attribuzioni sostitutive della P.A. inadempiente o ancor più semplicemente rivolte anche solo alla rimozione degli atti viziati. Al riguardo anche il Consiglio di Stato, con il parere del 10 febbraio 2005, n. 1032, ha affermato: «Vero è che, ai sensi dell'art. 13, comma 2, della citata legge 212/2000, il Garante è “organo collegiale operante in piena autonomia”, ma è anche vero che, sul piano funzionale, trattasi pur sempre di un “organo” indiretto dell'Amministrazione finanziaria, dotato, perciò, di un'autonomia sui generis, non assimilabile, ai fini del riconoscimento della facoltà di accedere direttamente alla consultazione del Consiglio di Stato per richiederne pareri, alla posizione di autonomia e ai correlati poteri che la Legge riconosce alle cosiddette Autorità indipendenti». In capo al Garante difettano i poteri tipici delle authorities: il potere di assumere decisioni vincolanti e di irrogare sanzioni in caso di inosservanza delle stesse; il potere di disporre ispezioni e controlli penetranti sull'operato delle Amministrazioni soggette a verifica; il potere di emettere pareri, assente se non nella limitata prospettiva di attribuire funzione consultiva alle relazioni che il Garante presenta periodicamente al Ministro delle Finanze. Non è un caso che la relazione ministeriale sull'attività svolta dai Garanti nell'anno 2003 ricordi che «le funzioni del Garante si sostanziano in un'azione di «impulso» diretta a rimuovere gli ostacoli, segnalati dai contribuenti, relativi a disfunzioni, irregolarità, scorrettezze e prassi amministrative anomale attuate dagli uffici e suscettibili di incrinare il rapporto di reciproca collaborazione e fiducia tra Amministrazione e contribuenti, secondo i noti principi di legalità, imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa» (MEF, Relazione sull'attività svolta dal Garante del contribuente, 2003). Il Garante è privo di poteri di amministrazione attiva, poteri, cioè, che gli permettano di incidere direttamente sulla sfera giuridica dei soggetti interessati: contribuente ma anche Amministrazione. Esso ha, piuttosto, il compito di verificare il rispetto dei diritti del contribuente da parte dell'Amministrazione e «l'applicazione del generale principio di imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione ex art. 97 della Costituzione». Soltanto l'assenza di poteri sanzionatori è temperata da un timido strumento di ritorsione messo a disposizione del Garante contro le determinazioni contrarie dell'Amministrazione, che si concretizza nel potere di riferire, al direttore regionale o compartimentale delle entrate o al comandante di zona della Guardia di Finanza e all'ufficio centrale per l'informazione del contribuente, i casi di particolare rilevanza in cui le disposizioni in vigore ovvero i comportamenti dell'Amministrazione determinano un pregiudizio per i contribuenti. La comunicazione al superiore gerarchico dovrebbe rappresentare il momento iniziale di un procedimento disciplinare a carico del dirigente o dipendente dell'Amministrazione responsabile della violazione. Ancora una volta, però, il Garante non ha alcuna prerogativa diretta: anzi, la sua iniziativa neppure vale ad aprire automaticamente il procedimento disciplinare. Difensore civico regionale Il presente commento si riferisce all'articolo 13 prima della riforma. L'art. 16 della legge 15 maggio 1997, n. 127, prevede che, «a tutela dei cittadini residenti nei comuni delle rispettive regioni e province autonome e degli altri soggetti aventi titolo secondo quanto stabilito dagli ordinamenti di ciascuna regione e provincia autonoma, i difensori civici delle regioni e delle province autonome, su sollecitazione di cittadini singoli o associati, esercitano, sino all'istituzione del difensore civico nazionale, anche nei confronti delle amministrazioni periferiche dello Stato, limitatamente agli ambiti territoriali di rispettiva competenza, con esclusione di quelle che operano nei settori della difesa, della sicurezza pubblica e della giustizia, le medesime funzioni di richiesta, di proposta, di sollecitazione e di informazione che i rispettivi ordinamenti attribuiscono agli stessi nei confronti delle strutture regionali e provinciali. I difensori civici inviano ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati entro il 31 marzo una relazione sull'attività svolta nell'anno precedente ai sensi del comma 1». Il difensore civico è istituito dalle singole Regioni attraverso propri atti normativi e nella generalità dei casi ha il compito di intervenire, con un procedimento rapido ed informale, a garanzia del regolare svolgimento dei rapporti fra cittadino e P.A.: è un organo dotato di poteri di informazione e, quindi, si configura quale organo di assistenza dei cittadini e come mediatore fra questi e l'Amministrazione. La figura è di origine scandinava (ombudsman) e non è previsto dalla Costituzione italiana. L'intervento del difensore civico può avvenire di ufficio o ad istanza di parte; egli può avvalersi della collaborazione dell'Amministrazione interessata al suo intervento; deve essergli garantito un agevole accesso alla documentazione connessa all'oggetto del suo intervento. Il nuovo comma 4 dell'art. 25 della l. n. 241/1990 (come modificato dalla l. n. 15/2005) ha previsto uno specifico compito del difensore civico nella tematica nell'accesso ai documenti. In particolare l'interessato, a fronte del diniego di accesso della P.A., ha la possibilità, entro il termine di trenta giorni, di chiedere al difensore civico competente il riesame della determinazione della P.A.; se il difensore civico reputa illegittimo il diniego, lo comunica alla stessa, la quale ha il dovere di rispondere entro il termine di trenta giorni; la P.A. conferma motivatamente il precedente diniego, oppure, se non lo conferma, concede l'accesso. Nel caso in cui la P.A. nel termine, l'accesso si intende consentito. Il ricorso al difensore civico è alternativo al ricorso giurisdizionale, che l'interessato può comunque in ogni momento preferire. In definitiva, il Difensore civico è privo di poteri decisori, ma stimola la P.A. a rivedere il proprio operato. Pure nel caso di silenzio-assenso, è solo l'inerzia della P.A. a determinare la conseguenza dell'accoglimento della richiesta di accesso. Facendo un paragone con il Garante del contribuente, quest'ultimo appare più vicino al Difensore civico che alle AAI, giacché con il primo condivide una funzione consultivo-asuliaria con l'Amministrazione attiva, mentre rispetto alle seconde è privo di alcuna incidenza sulla conformazione giuridica delle posizioni soggettive del singolo nel rapporto con la P.A. Le figure europee similari al Garante del contribuente italianoIl presente commento si riferisce all'articolo 13 prima della riforma. La tutela dei diritti del contribuente ha visto, negli anni, fiorire l'intervento da parte dei legislatori europei con il fine ultimo di imprimere al rapporto fisco-contribuente i caratteri della trasparenza, della sicurezza giuridica e della leale collaborazione. I principali paesi (Francia, Germania, Spagna, Inghilterra, Irlanda, ecc.), in anticipo rispetto all'Italia, si sono dotati di una «Carta dei diritti del Contribuente». Allo stesso modo, si sono dotati di un Garante del contribuente. Segnatamente in Spagna, prima ancora dell'emanazione di una legislazione in materia di diritti e garanzie dei contribuenti, il Consejo para la defensa del contribuyente era già operante sulla base del Real decreto n. 2458/1996, istituito su iniziativa del Ministerio de Economia y Hacienda per avvicinare l'Amministrazione tributaria alle esigenze dei cittadini. Con tale decreto, per la prima volta in ambito europeo, è stato creato un organismo con funzioni di difesa civica nel settore tributario, depositario di una specifica ed esclusiva missione istituzionale volta a difendere diritti e garanzie del cittadino nelle sue relazioni con l'Amministrazione tributaria ed a interfacciarsi con questa ultima in maniera snella attraverso peticiones e iniciativas. Consejo para la defensa del contribuyente Il presente commento si riferisce all'articolo 13 prima della riforma. Il Consejo para la defensa del contribuyente è un organo collegiale dell'Amministrazione statale presso il «Ministerio de Hacienda Y Administracìones Publicas»; opera altresì a supporto della «Secretarìa de Estado de Hacienda». È composto da un Presidente e da 16 consiglieri, nominati dal «Ministro de Hacienda Y Administraciones Publicas», in rappresentanza paritetica della Amministrazione tributaria e di esperti e professionisti di riconosciuto prestigio nell'ambito tributario e nella società civile. La composizione mista risponde all'esigenza di garantire la rappresentatività di tutti i settori soggetti a imposizione fiscale, assicurando la qualità delle decisioni e una migliore tutela degli interessi dei contribuenti. Le sue funzioni sono sia consultive sia di risoluzione di casi concreti oggetto di reclami e di segnalazioni, con l'importante differenza che, mentre per la risoluzione dei reclami il Consiglio deve attenersi alle circostanze specifiche del caso, nell'elaborazione delle proposte ha maggiore libertà di esprimere proprie osservazioni. Difatti, proprio per questa differenza tra reclami e suggerimenti/proposte, le norme di attuazione stabiliscono procedure diverse, ammettendo anche osservazioni inviate in forma anonima. Inoltre, è compito del Consiglio elaborare relazioni e proposte funzionali alla difesa del contribuente, proponendo al «Secretario de Estado de Hacienda» le modifiche normative o gli altri interventi ritenuti opportuni per una migliore tutela dei cittadini, svolgendo in tal modo una funzione di collegamento («enlace») tra società civile e Amministrazione tributaria. A garanzia dell'autonomia e dell'indipendenza nell'esercizio delle funzioni assegnategli, il Consiglio si avvale di una «Unidad operativa», integrata nel servizio di audit della «Agencìa Tributaria», che fornisce il supporto tecnico. La struttura è coordinata dal Direttore del servizio di audit, ma dipende direttamente dal presidente del Consejo para la defensa del contribuyente. Comprende tre «Unìdad de tramitacìon» per la gestione dei reclami e suggerimenti (due uffici regionali a Madrid e Barcellona, con un ambito territoriale limitato, e una unità centrale). Dal punto di vista operativo, una volta ricevuto l'incartamento, la «Unidad de tramitacìon», integrata strutturalmente e funzionalmente nella «Unidad operativa», si pone in contatto con il servizio dell'Amministrazione, coinvolto nella questione sollevata, che in un breve termine (entro 15 giorni) fornisce una risposta adeguata al contribuente. La durata massima della procedura è di sei mesi. Tuttavia, il Consiglio è a conoscenza di tutte le censure sollevate, soprattutto per analizzare quelle situazioni che determinano «disaccordi interni» (cfr. la relazione sull'attività svolta dai garanti del contribuente, Doc. LII n. 3 del 2014, cit., 22). Le médiateur de Bercy Il presente commento si riferisce all'articolo 13 prima della riforma. In Francia è stato istituito nel 2002 Le médiateur de Bercy come Mediatore del Ministero dell'Economia, delle Finanze e dell'Industria, con lo scopo di definire le controversie tra Amministrazione e cittadini, in modo alternativo rispetto ai tradizionali strumenti di tutela. In un primo momento esso trattava solo le istanze relative a materie di competenza di tale Ministero. Con la riforma del Governo, attuata con decreto del 26 agosto 2014, l'intervento del Mediatore è possibile per i settori rientranti nell'ambito di azione dei Ministeri economico-finanziari e, nello specifico, del Ministero delle Finanze e dei Conti pubblici e del Ministero dell'Economia, dell'Industria e del Digitale, sotto la cui autorità congiunta è posto. È nominato per tre anni con provvedimento ministeriale, è dotato di autonomia finanziaria, agisce con indipendenza e imparzialità, non essendo subordinato gerarchicamente ad alcuna struttura amministrativa. Due elementi caratterizzano la natura delle richieste di mediazione: devono essere individuali e riguardare il funzionamento dei servizi dei citati Ministeri e i relativi rapporti con gli utenti. Le richieste al Mediatore possono essere trattate solo se precedute da una preventiva domanda al servizio competente che sia stata rigettata in toto o parzialmente. Se ritiene il reclamo fondato, il Mediatore invia una raccomandazione al servizio competente che può anche confermare la propria posizione. In tal caso, il Mediatore può sottoporre la questione alla valutazione del Ministro. Annualmente, tale figura invia ai Ministri una relazione, resa pubblica, che illustra i risultati della propria attività e le proposte opportune per migliorare il funzionamento dei servizi. Sotto il profilo organizzativo, il Mediatore si avvale di un desk, composto da 16 persone, che fa parte dell'Amministrazione centrale. È supportato da un delegato e da un delegato aggiunto; da due consiglieri speciali; dai responsabili per la gestione e il monitoraggio delle mediazioni e da un gruppo di cinque consiglieri con il compito di istruire le pratiche di mediazione in stretta collaborazione con alcuni corrispondenti presso le direzioni dei Ministeri (cfr. la relazione sull'attività svolta dai garanti del contribuente, Doc. LII n. 3 del 2014, cit., 21). 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Scuola Sup. dell'econ. e delle fin., reperibile sul sito Internet www.rivista.ssef.it; Di Tucci, Il Garante del contribuente: autorità indipendente o difensore civico?, in Il fisco, 2000, 36, 11120; Falcone, Realtà e prospettive del Garante del contribuente, in il Fisco, 2006, 15, 2213; Ferrari, Atti del garante del contribuente e giurisdizione del giudice amministrativo, in Gior. dir. amm., 2007, 10, 1109; Lanotte, Il testo unico dell'intermediazione finanziaria, a cura di Rabitti Bedogni, Milano, 1998, 129; Mannarelli, Verifiche al contribuente e intervento del Garante, in Innovazione e diritto, 2010, 7, 9, 39; Muscarà, La giurisdizione (quasi) esclusiva delle commissioni tributarie nella ricostruzione sistematica delle SS.UU. della Cassazione, in riv. dir. trib., 2006, II, 4, 33; Niccolini, Il codice di comportamento dei verificatori fiscali alla luce dello Statuto del contribuente, in Rass. trib., 2004, 4, 1456; Rosini, Il Garante del contribuente: struttura, competenze, funzioni, in Rass. trib., 2004, 1, 42; Rosini, Il Garante del contribuente: struttura, competenze, funzioni, in Rass. trib., 2004, 1, 42; Terzani, Il Garante del contribuente: difensore civico o autorità amministrativa indipendente?, ibidem, 2002, 18, 2795; Tinelli, I principi generali, in Atti del convegno di Perugia del 10 marzo 2001, in il Fisco, 2001, 39, 12945; Simone, Il garante del contribuente, in Dir. e Prat. 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