Codice Civile art. 411 - Norme applicabili all'amministrazione di sostegno 1 .

Roberto Masoni
aggiornato da Francesco Maria Bartolini

Norme applicabili all'amministrazione di sostegno 1.

[I]. Si applicano all'amministratore di sostegno, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli da 349 a 353 e da 374 a 388. [I provvedimenti di cui agli articoli 375 e 376 sono emessi dal giudice tutelare]2.

[II]. All'amministratore di sostegno si applicano altresì, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 596, 599 e 779.

[III]. Sono in ogni caso valide le disposizioni testamentarie e le convenzioni in favore dell'amministratore di sostegno che sia parente entro il quarto grado del beneficiario, ovvero che sia coniuge o persona che sia stata chiamata alla funzione in quanto con lui stabilmente convivente.

[IV]. Il giudice tutelare, nel provvedimento con il quale nomina l'amministratore di sostegno, o successivamente, può disporre che determinati effetti, limitazioni o decadenze, previsti da disposizioni di legge per l'interdetto o l'inabilitato, si estendano al beneficiario dell'amministrazione di sostegno, avuto riguardo all'interesse del medesimo ed a quello tutelato dalle predette disposizioni. Il provvedimento è assunto con decreto motivato a seguito di ricorso che può essere presentato anche dal beneficiario direttamente.

 

[1] Articolo inserito dall'art. 3, comma 1, l. 9 gennaio 2004, n. 6, che ha inserito l'intero Capo in testa al titolo XII. Questo articolo, fino all'abrogazione ex art. 77 l. 4 maggio 1983, n. 184 era parte del titolo XI.

[2] Periodo soppresso dall'art. 1, comma 9, d.lgs.  10 ottobre 2022, n. 149 (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149/2022, il citato decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n. 197,  che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.".

Inquadramento

La norma in commento delinea lo statuto dell' amministrazione di sostegno, utilizzando la tecnica della relatio .

La norma elenca le disposizioni applicabili tanto con riguardo all' amministratore di sostegno, quanto con riferimento al beneficiario, mediante la tecnica del rinvio a talune previsioni dettate in materia di tutela minorile, nell' ottica di evitare inutili duplicazioni.

Talune disposizioni richiamate si applicano in via diretta, « in quanto compatibili» (comma 1) e costituiscono l ' ossatura dello statuto dell' amministrazione sostegno; altre, sono applicabili in via eventuale, « avuto riguardo all' interesse del beneficiario ed a quello tutelato dalle predette disposizioni» (comma 4), sempre che ricevano valutazione positiva da parte del g.t. nel caso concreto, in presenza   cioè di un ' effettiva esigenza protettiva.

Si insegna che il decreto del g.t. che decide sull'istanza volta ad ottenere l'estensione al beneficiario del divieto di contrarre matrimonio, incidendo su un diritto personalissimo, può essere reclamato avanti alla corte d'appello ex art. 720-bis c.p.c. (Cass. n. 4733/2021) .

Disposizioni espressamente richiamate

Il primo comma dell'art. 411 c.c. esordisce richiamando l' applicazione, nei limiti della compatibilità , di talune specifiche disposizioni normative dettate in tema di tutela dei minori, ossia, gli artt. da 349 a 353 e da 374 a 388.

Le disposizioni appartenenti al primo nucleo ricevono tutte favorevole giudizio di compatibilità .

Da esse viene espressamente richiamata la previsione di cui all'art. 349 c.c., dettata in tema di giuramento del tutore. L’assunzione del formale incarico di amministratore comporta l’accollo di doveri e oneri; da qui l’estensione del previo giuramento che è previsto per il tutore.

Per assumere l'ufficio di amministratore di sostegno (da «esercitare con fedeltà e diligenza») è necessario la previa prestazione del giuramento. L'adempimento dell'obbligo di prestazione del giuramento costituisce presupposto di assunzione dell'ufficio.

Direttamente applicabili all'amministratore di sostegno, seppur col temperamento dettato dalla clausola di compatibilità, sono gli artt. 350,351,352 e 353 c.c.

Le disposizioni prevedono le cause di incapacità ad assumere l’ufficio tutelare e, per traslazione, quello di amministratore di sostegno; la dispensa dall'ufficio di tutore, e quindi dall’ufficio di amministratore di sostegno, ex lege o su domanda, in presenza di talune tipizzate cause di incapacità, e permettono di valorizzare le condizioni personali del chiamato all'ufficio.

Le autorizzazioni

La norma in commento richiama le disposizioni dettate in tema di autorizzazione che il tribunale in composizione collegiale (art. 50-bis , ultimo comma, c.p.c.) rilascia per le alienazioni di beni di minori, la costituzione di pegno ed ipoteche, per le divisioni e per promuovere i relativi giudizi, fare compromessi e transazioni.

Tutte le volte in cui sorga l'esigenza di effettuare uno degli atti di natura straordinaria di cui all'art. 376, concernenti il patrimonio del beneficiario, la relativa autorizzazione compete non già al tribunale, ma in forza dell'art. 411, comma 1, c.c., al giudice tutelare: così dispone la norma dettata dal secondo periodo del primo comma dell'art. 41, la quale però resta in vigore unicamente per i procedimenti pendenti al momento di entrata in vigore della riforma del processo civile. Sul punto, infatti, la disposizione è stata modificata dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, di riforma del processo civile, per i procedimenti instaurati dopo il 28 febbraio 2023. Da tale data si applicano le norme del rito unificato in materia di stato delle persone, di minori e di famiglia. La competenza per l'autorizzazione alla vendita di beni di cui all'art. 376 spetta al g.t. in attesa della costituzione del Tribunale per la famiglia. 

L'autorizzazione rientra nell'ambito dei procedimenti in camera di consiglio (art. 737 e segg. c.p.c.).

Compete al giudice tutelare il potere di autorizzazione prevista dall'art. 374 c.c. per una molteplicità di atti che possono essere compiuti solo a seguito di suo placet. La disposizione è stata sostituita dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149

Ai sensi della norma innovata l'autorizzazione è richiesta, per i procedimenti instaurati post 28 febbraio 2023, per: -l'acquisto di beni, fatta eccezione per i mobili necessari per l'uso del minore, per l'economia domestica e per l'amministrazione del patrimonio; - alienare beni, eccettuati i frutti e i mobili soggetti a facile deterioramento; - riscuotere capitali; - costituire pegni o ipoteche o consentire alla loro cancellazione o svincolo; - assumere obbligazioni, salvo riguardino le spese necessarie al mantenimento e per l'ordinaria amministrazione del patrimonio; - accettare eredità o rinunciarvi, accettare donazioni o legati soggetti a pesi o a condizioni, procedere a divisioni; - fare compromessi e transazioni o accettare concordati; - fare contratti di locazione ultranovennale o che si prolunghino oltre l'anno dalla cessazione della maggiore età; - promuovere giudizi, salvo si tratti di denunzie di nuova opera o di danno temuto, di azioni possessorie o di sfratto e di azioni per riscuotere frutti o per ottenere provvedimenti conservativi.

Incapacità dell'amministratore di sostegno a ricevere per testamento e per donazione

Dispone il secondo comma del disposto in commento che all' amministratore di sostegno si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli artt. 596,599 e 779 c.c., dettate in tema di incapacità di ricevere per testamento e donazione.

Le disposizioni richiamate comminano la nullità delle disposizioni testamentarie fatte dal beneficiario a favore del tutore se compiute dopo la nomina di questo e prima che sia approvato il conto. Tale incapacità a ricevere riguarda, analogamente, le donazioni effettuate a favore del tutore o del protutore (art. 779 c.c.).

Le disposizioni testamentarie sono del pari nulle anche se effettuate per interposta persona (art. 599 c.c.).

Restano eccettuate da questa falcidia le disposizioni testamentarie e le convenzioni in favore dell' amministratore di sostegno che abbia la qualità di parente entro il quarto grado del beneficiario ovvero che sia coniuge o persona che sia stata chiamata alla funzione di amministratore in quanto con lui stabilmente convivente (art. 411, terzo comma, c.c., disposizione assai opportuna e di tenore analogo rispetto a quella fissata dall' art. 596, capoverso, c.c.)

È stato sottolineato che queste previsioni danno luogo a speciali incapacità giuridiche della persona, le quali importano la nullità insanabile dell'attribuzione effettuata a loro favore (Bianca, 279).

Le disposizioni che disciplinano tali forme di incapacità trovano tradizionale giustificazione nell'esigenza di garantire piena tutela della volontà testamentaria rispetto a persone che per il loro ufficio si trovano in condizioni di influenzarla o manipolarla a proprio profitto (Bianca, 279).

Appare discusso se i divieti in oggetto vigano solo nell'amministrazione rappresentativa o anche in quella di assistenza.

A favore della soluzione estensiva vengono richiamate non solo il dato normativo che non distingue tra le due tipologie di amministrazione (Pagliani, 366) ma anche esigenze di «trasparenza» nell'esercizio di funzioni pubbliche, onde evitare che le stesse possano essere «inquinate» dalla speranza di potere ottenere alcunché per via testamentaria (Farolfi, 220).

Per la valutazione della capacità di ricevere per testamento da parte dell'amministratore di sostegno si preferisce fare riferimento al momento della redazione dell'atto mortis causa, piuttosto che a quello dell'apertura della successione (Bonilini, 407; Pagliani, 367).

Estensione al beneficiario di disposizioni comportanti effetti, limitazione o decadenze previste per gli incapaci

A tenore del disposto affidato all'ultimo capoverso dell'art. 411 c.c., il giudice tutelare può disporre, nel provvedimento con il quale nomina l'amministratore di sostegno, o con altro successivo, che «determinati effetti, limitazioni o decadenze, previste da disposizioni di legge per l'interdetto o l'inabilitato, si estendano al beneficiario dell'amministrazione sostegno, avuto riguardo all'interesse del medesimo ed a quello tutelato dalle predette disposizioni».

Il provvedimento di estensione è assunto dal giudice con decreto motivato pronunziato a seguito di ricorso.

Quest'ultima previsione è trasparente nel legittimare la presentazione del ricorso volto all'estensione di determinati effetti, limitazione o decadenze previste per gli incapaci legali, da parte del ricorrente, il quale, come precisa la norma, potrebbe essere lo stesso beneficiario.

Si opina quindi che la legittimazione sia estesa «anche» ad altri soggetti, vale a dire alle persone legittimate alla presentazione del ricorso per amministrazione di sostegno (Masoni, 568).

Tale legittimazione non compete invece al giudice d’ufficio (Bonilini, 413-414.).

È questo l’unica ipotesi in cui si richiede il patrocinio del difensore (Cass. n. 25366/2006).

Limitazione della capacità di testare e di donare

Dispone l'art. 591 c.c. che possono disporre per testamento tutti coloro che non sono dichiarati incapaci dalla legge.

Questo significa che anche il beneficiario di amministrazione di sostegno conserva piena capacità di testare (art. 409, comma 1, c.c.).

Il comma 2 dell'art. 591 prosegue disponendo che: «sono incapaci di testare: ...2) gli interdetti per infermità di mente».

La dottrina tende a ricondurre l'incapacità di testare, non all'incapacità giuridica, quanto piuttosto all'incapacità di agire, opinando il testamento dell'incapace non nullo, ma annullabile fino all'eventuale annullamento giudiziale (Bianca, 274), per quanto l'azione sia esperibile da qualsiasi interessato (comma 3).

Venendo all'amministrazione di sostegno, non sembrano sussistere preclusioni all'eventuale estensione al beneficiario della misura, a norma del comma 4 della norma in commento, della previsione dettata per l'interdetto giudiziale, preclusiva della capacità di testare (Farolfi, 222), tutte le volte in cui sussistano concrete ed effettive ragioni che giustifichino il divieto di esplicazione della capacità di agire in funzione protettiva del beneficiario e delle sue ragioni patrimoniali (Masoni, 569).

In tal senso è orientata la scarsa giurisprudenza edita che tende ad effettuare una valutazione caso per caso (Trib. Vercelli 5 settembre 2015, in personaedanno.it, con nota di Tarantino; in Il familiarista.it, 2015, con nota di Pietrasanta).

La Corte Suprema ha ammesso che la capacità testamentaria o di donare possa essere limitata nell'interesse del beneficiario in applicazione degli artt. 411, commi 2 e 3 e 591, comma 2, c.c.: “ in  tema di amministrazione di sostegno, il giudice tutelare può prevedere d'ufficio, ex artt. 405, comma 5, nn. 3 e 4, e 407, comma 4, c.c., sia con il provvedimento di nomina dell'amministratore, sia mediante successive modifiche, la limitazione della capacità di testare o donare del beneficiario, ove le sue condizioni psico-fisiche non gli consentano di esprimere una libera e consapevole volontà . Infatti - esclusa la possibilità di estendere in via analogica l'incapacità di testare, prevista per l'interdetto dall'articolo 591, comma 2, c.c., al beneficiario dell'amministrazione di sostegno, ed escluso che il combinato disposto degli articoli 774, comma 1 e 411, commi 2 e 3, c.c., non consenta di limitare la capacità di donare del beneficiario - la previsione di tali incapacità può risultare strumento di protezione particolarmente efficace per sottrarre il beneficiario a potenziali pressioni e condizionamenti da parte di terzi, rispondendo tale interpretazione alla volontà del legislatore che, con l'introduzione dell'amministrazione di sostegno, ha voluto realizzare un istituto duttile, e capace di assicurare risposte diversificate e personalizzate in relazione alle differenti esigenze di protezione.” (Cass. n. 12460/2018, in Jus famiglie, con nota di R. Rossi; in Foro it., 2019, 1, I, 272, con nota di Casaburi).

In riferimento alla donazione dispone l'art. 774 c.c.: «non possono fare donazione coloro che non hanno la piena capacità di disporre dei propri beni».

Ex art. 411 c.c., la disposizione in tema di capacità di donare è applicabile anche al beneficiario di amministrazione di sostegno. Potrà essere limitata tale capacità di donare laddove sussista effettivo pericolo di dispersione del patrimonio, a fronte della patologia che affligga il disponente (Bonilini, 441).

Accettazione con beneficio d'inventario

A tenore del disposto affidato all'art. 411, ultimo comma, c.c, il g.t. può estendere al beneficiario di amministrazione di sostegno «determinati effetti previsti dalle disposizioni di legge per l'interdetto o l'inabilitato».

Agli effetti successori, chiamato all'eredità può essere una persona sottoposta alla misura di protezione dell'a.d.s. che potrebbe accettare o rinunciare alla delazione.

Per accettare o rinunciare all'eredità l'art. 374, n. 3, c.c. richiede l'autorizzazione del giudice tutelare.

Gli artt. 471 e 472 c.c. dispongono che le eredità devolute a minori, interdetti, emancipati o inabilitati «non si possono accettare se non col beneficio d'inventario».

In tali casi l'accettazione beneficiata è obbligatoria e il beneficio d'inventario deroga al principio successorio secondo il quale l'erede risponde interamente dei debiti ereditari. In tal caso si verifica una limitazione della responsabilità patrimoniale e personale dell'erede.

Ci si è chiesti se tale effetto (o beneficio) previsto a favore degli incapaci legali sia estensibile all'amministrato di sostegno, che è persona tendenzialmente capace a norma dell'art. 409 c.c.

Vi è chi ritiene che l'erede possa accettare puramente e semplicemente l'eredità e che il giudice possa, facoltativamente, in taluni casi, imporre l'accettazione beneficiata in funzione «salvaguardante» e maggiormente tutelante (Bonilini, 445; Pagliani, 322 e 369).

«Avuto riguardo all'interesse del beneficiario», di non subire pregiudizi patrimoniali susseguenti all'accettazione di eredità che risultino gravate da passività, il giudice può estendere in materia l'applicazione delle artt. 471 e 472 c.c. (Farolfi, 223)

La soluzione di estendere, in modo generalizzato, l'applicazione degli artt. 471 e 472 c.c. anche al beneficiario di amministrazione di sostegno si fa apprezzare in un'ottica di tutela e protezione dei suoi interessi economico-patrimoniali, che costituisce la stella polare della l. n. 6 del 2004 (Masoni, 571).

Divieto matrimoniale ed opposizione

Il beneficiario della misura protettiva conserva capacità d' agire (art. 409, 1° comma, c.c.) e quindi capacità matrimoniale.

Tuttavia, l' art. 85 c.c. dispone che non può contrarre matrimonio l ' interdetto per infermità di mente.

Questo significa che all' interdetto giudiziale risulta ab origine preclusa la capacità matrimoniale in ragione della grave infermità mentale che l 'affligge.

Ci si è pertanto chiesti se, facendo il g.t. applicazione del disposto dell' art. 411, 4° comma, c.c, che ammette l ' estensione al beneficiario di a.d.s. di « determinati effetti, limitazioni o decadenze, previste da disposizioni di legge per l ' interdetto e l ' inabilitato», in dati casi, la previsione del divieto di coniugio ex art. 85 c.c. possa venire estesa al beneficiario con decreto giudiziale .

La soluzione appare assai discussa, dato che in sede scientifica si contrappongono due antitetiche scuole di pensiero, mentre in giurisprudenza i precedenti giurisprudenziali sono scarsi e non univoci.

In dottrina, da una parte, vi è chi a priori esclude l'estensione dell'impedimento matrimoniale all'amministrazione di sostegno (Bonilini, 425).

Dall'altra, invece, a tenore del dato testuale della norma, si ammette l'estensibilità del divieto matrimoniale al beneficiario di amministrazione di sostegno (Cendon, R. Rossi, 776).

In sede giurisprudenziale si contrappongono scarsi, sporadici e non univoci precedenti.

Riecheggiando suggestioni dottrinali, una pronunzia del Tribunale di Varese ha ritenuto che l'unica forma di protezione sperimentabile a tutela dell'infermo di mente che intenda contrarre matrimonio sia l'interdizione, non essendo l' art. 85 c.c. estensibile all'amministrazione di sostegno.

La soluzione viene argomentata sul presupposto che il diritto di sposarsi sarebbe un diritto fondamentale della persona tutelato sia a livello costituzionale (art. 2 Cost.), sia a livello sopranazionale (Trib. Varese 9 luglio 2012, in Dir. fam. pers. , 2013, I, 161; in personaedanno.it, con nota critica di Cendon, R. Rossi ). Si ipotizza così l' instaurazione del processo di interdizione, con susseguente applicazione del comma 2 dell' art. 85 c.c., che abilita il p.m. ad avanzare istanza di sospensione della celebrazione matrimoniale.

L' opposta soluzione viene, invece, seguita da altre curie.

Da una parte, va rammentato un provvedimento che ha esteso l ' applicazione della disposizione in commento, impedendo al beneficiario di contrarre matrimonio a causa delle infermità di cui la persona era affetta (Trib. Trieste 28 settembre 2007, in Giur. it., 2007, 2738, con nota di Cendon, 22 anni, un forte ritardo mentale: è meglio che la ragazza non si sposi subito ).

Anche un provvedimento geminiano ha ritenuto, in linea teorica, estensibile al beneficiario il divieto matrimoniale posto a tutela dell' interdetto per infermità di mente, peraltro escludendone, nella specie, la concreta applicazione (Trib. Modena 18 dicembre 2013, in personaedanno.it, con commento adesivo di R. Rossi , Il matrimonio folle ; in Giustiziacivile.com, 2014, con commento adesivo di Buffone, Questo matrimonio s ' ha da fare: brevi note sulla capacità di contrarre matrimonio del beneficiario ).

La soluzione che suggerisce l' instaurazione del processo di interdizione, per quanto preoccupata di soddisfare lodevoli istanze garantistiche afferenti la tutela della libertà matrimoniale non altrimenti comprimibile con provvedimento del giudice, in realtà può rivelarsi scelta interpretativa distonica rispetto agli enunciati di  fondo della riforma delle misure di protezione del 2004; dato che, come ormai da più parti si riconosce, l ' interdizione è divenuto rimedio assolutamente residuale tra le misure di protezione dei disabili, cosicché l' adozione dell' interdizione in tal caso, nell' ottica di impedire la celebrazione del matrimonio dell' infermo di mente, rischierebbe di favorire il ricorso a tale istituto al di fuori di casi in cui esso sia strettamente necessario per la protezione del beneficiario (art. 414 c.c.) (Masoni , 573).

Da un punto di vista lessicale, poi, l ' art. 411, ultimo comma, c.c., non pone limitazioni di sorta all' estensione della limitazione ex art. 85 c.c. al matrimonio del beneficiario di amministrazione di sostegno.

D' altro canto, come autorevolmente si riconosce, la previsione di estensione al beneficiario di amministrazione di sostegno delle limitazioni previste per l ' interdetto, sarebbe stata introdotta dalla legge n. 6 proprio pensando al ventaglio di atti di carattere personale e, in particolare, « al fine di evitare che l ' eventuale necessità di mettere in campo limitazioni del genere costringesse il giudice del caso a far capo ad uno degli istituti tradizionali» (Cendon , 2740).

Se è vero poi che la libertà di coniugio rappresenta un diritto fondamentale di libertà della persona ed il formarsi della famiglia può consentire la crescita personale e spirituale del disabile che così può realizzare la propria personalità (art. 2 Cost.), tuttavia tale libertà non può essere goduta in modo assoluto ed illimitato laddove di essa se ne possa abusare; come è appunto  riscontrabile nel caso del matrimonio che il disabile mentale grave intenda contrarre senza averne la necessaria consapevolezza (Masoni , 574).

A tale libertà va posto un freno adottando gli strumenti normativi che l ' ordinamento ha introdotto a tutela delle «persone prive in tutto o in parte di autonomia negli atti della vita quotidiana» e che si è così inteso privilegiare. Strumenti che, appunto, indirizzano l'interprete verso l'adozione del corpus normativo racchiuso nel capo I, del titolo XII, del primo libro del c.c., intitolato all'amministrazione di sostegno, senza che sia ammesso procedere ad apodittiche esclusioni di sorta (in tal senso, del resto, Cass. n. 11536/2017, in Guida dir., con nota adesiva di Finocchiaro, La capacità di sposarsi non è limitata come nell'interdizione). La giurisprudenza, anteriormente alla riforma del processo di cui al d.lgs. n. 149/2022, aveva affermato che il provvedimento con il quale il giudice tutelare decide sull'istanza diretta a ottenere l'estensione all'amministrato, ai sensi degli artt. 411 e 85 c.c., del divieto di contrarre matrimonio incide in maniera definitiva sulla capacità di autodeterminarsi della persona, ha natura intrinsecamente decisoria e per questo la competenza per il reclamo spetta alla corte d'appello (Cass. I, ord. n. 4733/2021).

Alla soluzione di estendere il divieto matrimoniale ex art. 411 c.c. è di recente pervenuta la S.C., in presenza di circostanze di eccezionale gravità: “ c hi è sottoposto ad amministrazione di sostegno è pienamente capace in relazione agli atti per i quali non è prevista una specifica incapacit à , e la sua condizione giuridica è differenziata da quella dell'interdetto, cosicch é ne deve essere tenuta distinta la posizione, salvo nel caso in cui il giudice non compia una valutazione ad hoc in ordine alla necessit à di assimilarne la tutela. Il divieto di contrarre matrimonio, previsto dall'articolo 85 del Cc per l'interdetto, non trova generale applicazione nei confronti del beneficiario dell'amministrazione di sostegno, ma può essere disposto dal giudice tutelare solo in circostanze di eccezionale gravit à , quando sia conforme all'interesse dell'amministrato" (Cass. n. 27.691/2023).

Atto prodromico alla celebrazione del matrimonio sono le pubblicazioni, uno strumento che permette a quanti siano a conoscenza di ragioni ostative di opporvisi (art. 102 c.c.). 

Anche il disabile che intenda coniugarsi è tenuto a chiedere le pubblicazioni matrimoniali .

In un caso specifico, l' a.d.s. si era opposto alla celebrazione del matrimonio richiesto dall' amministrato ex art. 120 c.c. Il tribunale adito ha però rigettato il ricorso, non ravvisando l ' amministratore di sostegno tra i soggetti specificamente legittimati al la presentazione del ricorso (Trib. Modena 14 febbraio 2017 , in Dir. fam. pers. , con nota adesiva di Masoni , Il matrimonio del disabile psichico soggetto ad amministrazione di sostegno ).

Impugnazione matrimoniale

In tempi recentissimi, la Corte Suprema, per la prima volta, si è occupata della questione relativa all'applicabilità all'amministrazione di sostegno delle previsioni dettate in tema di impugnabilità di matrimonio (artt. 119 e 120 c.c.). Nella specie, escludendone l'applicazione, in assenza di divieto espresso imposto dal giudice tutelare, in forza del combinato disposto degli artt. 85 e 411, comma 4 c.c. (Cass. Civ. 11.536/2017, in Dir. giust., 2017, con nota di Mascia). Più in generale, Cass. I, n. 5380/2020, ha affermato che i beneficiari di una amministrazione di sostegno sono dotati di un'autonoma legittimazione processuale non solo ai fini dell'apertura della relativa procedura ma anche per impugnare i provvedimenti adottati dal giudice tutelare nel corso della stessa, essendo invece necessaria l'assistenza dell'amministratore di sostegno e la previa autorizzazione del giudice tutelare, a norma del combinato disposto degli artt. 374, n. 5, e 411 c.c., per l'instaurazione dei giudizi nei confronti di terzi estranei a tale procedura.

In effetti, come già evidenziato, l ' amministrato di sostegno, fino a prova contraria, è soggetto capace di agire (art. 409, comma 1, c.c.) e, pertanto, dotato di piena capacità matrimoniale.

La nomofilachia ha però ammesso l' impugnabilità dell'atto di matrimonio in presenza di un espresso giudiziale divieto a contrarre il vincolo, richiamando due possibili strumenti di tutela; in particolare, l' art. 120 c.c., che ammette la legittimazione all' impugnazione da parte del coniuge non incapace di intendere e volere al momento della celebrazione; come pure, l' art. 412, comma 2, c.c., che ammette l ' impugnazione dell' atto da parte dell' amministratore di sostegno, del beneficiario, dei suoi eredi o aventi causa.

Separazione e divorzio

Taluni provvedimenti tutelari (confermati dalla S.C.) hanno ammesso, tra i poteri conferibili all ' amministratore di sostegno, anche quelli in materia familiare, laddove il disabile non sia in grado di manifestare il consenso all ' esercizio delle azioni di separazione e di divorzio.

Si è ritenuto che la nuova misura di protezione realizzi un'inversione di tendenza rispetto al passato, dato che la stessa valorizza la personalità del disabile, al punto da garantire tutta la protezione e l'assistenza necessaria anche in materia familiare, onde evitare che il mancato esercizio di tali diritti fondamentali della persona possano ledere i suoi interessi o quelli altrui (Trib. Modena 25 ottobre 2007, — la decisione è anche citata con diversa data di pubblicazione — Trib. Modena 8 novembre 2007 — in Corr. merito, 2008, 2, 148, s.m.; in Fam. Dir., 2008, 275; in personaedanno.it, con nota di R. Rossi. In modo conforme, Trib. Modena 26 ottobre 2007, in personaedanno.it, con nota di Cendon; in Ilcivilista.it 2008, I, 6, con nota di Campagnoli).

Ad identica soluzione la giurisprudenza è pervenuta conferendo identico potere rappresentativo (o di assistenza) all' a.d.s. per il compimento degli atti e delle scelte relative al procedimento di separazione personale (Trib. Bologna, sez. Imola, 2 gennaio 2006, in personaedanno.it, con nota di R. Rossi. In precedenza, Trib. Pinerolo 13 dicembre 2005, ivi; in Giur. Merito, 2005, 874; ; Trib. Frosinone 3 gennaio 2023, in Jus processo civile, con nota di Masoni).

D'altro canto, una diversa soluzione giuridica avrebbe rischiato di non garantire quella protezione personalizzata ed a tutto tondo della persona disabile che è cifra unica ed irripetibile dell'amministrazione di sostegno; altrimenti precludendo alla persona l'accesso ad una diversa dimensione di vita sua e del coniuge in spregio dl disposto costituzionale (Masoni, 575). 

In questa linea interpretativa si muove anche la S.C., con un principio affermato nell'ambito di un giudizio divorzile: "nel caso in cui un soggetto sottoposto ad amministrazione di sostegno venga convenuto in un giudizio ex art. 9 l. div. non sussiste il difetto di legittimazione processuale se si sia costituito, in sua vece, l'amministratore di sostegno, previa autorizzazione del giudice tutelare (Cass. n. 6518/2019).

Esercizio della responsabilità genitoriale

È ipotizzabile che il beneficiario della misura di amministrazione di sostegno sia il genitore e, fino ad un provvedimento limitativo, eserciti liberamente la responsabilità genitoriale sulla prole minorenne.

Tuttavia, laddove la persona sia affetta da grave, persistente e pervasiva patologia psichiatrica, si pone il problema dell' esercizio dei poteri inerenti la responsabilità sulla prole minore.

In tal caso, si è proposto di estendere al beneficiario di amministrazione di sostegno il disposto di cui all' art. 317, comma 1, c.c., nonostante la disposizione non si riferisca specificamente a persona interdetta o inabilitata ex art. 411, ultimo comma, c.c.,: « nel caso di incapacità o di altro impedimento che renda impossibile ad uno dei genitori l' esercizio della responsabilità genitoriale, questa è esercitata in modo esclusivo dall' altro» .

Pur nella genericità del rinvio ad un « impedimento » (non meglio definito) che « renda impossibile l ' esercizio della responsabilità genitoriale», si ritiene che la disposizione sia riferibile all' impedimento di fatto del genitore, tra cui potrebbe, appunto ricomprendersi la malattia (anche di natura mentale).

La dottrina opina che, in tal caso, il giudice tutelare possa limitare le prerogative individuali del genitore infermo di mente al punto che l’intervento ablativo potrebbe estendersi, a seconda della tipologia di compromissione delle facoltà intellettive, fino al limite massimo della concentrazione della responsabilità sullaltro genitore (Bonilini, 433; Pagliani, 354).

Data la natura personalissima dell’esercizio della responsabilità genitoriale, è escluso che il g.t. possa concedere in materia poteri sostitutivi all’amministratore di sostegno (Bonilini, 433).

In tali casi i poteri genitoriali potrebbero essere concentrati ed esercitati dall’altro genitore a fronte dell’istituzione dell’amministrazione di sostegno (Masoni, 577).

La concentrazione dei poteri-doveri genitoriali in capo ad uno dei genitori produce effetti sull’esercizio del potere personale che si concretizza nella responsabilità sui figli minori (art. 316 e 316-bis c.c.) e tale efficacia non può non incidere anche sull’amministrazione dei beni della prole (come, d’altro canto, emerge dal tenore testuale dell’art. 320, 1° comma, c.c.), in un’ottica di tutela degli interessi della prole stessa.

Anche in tal caso, in relazione alle condizioni personali del genitore sottoposto ad amministrazione di sostegno, che potrebbero ostacolare una corretta amministrazione del patrimonio, potrebbe giustificarsi una limitazione, più o meno ampia, dei poteri di amministrazione da parte del genitore per effetto di decreto del g.t. che lo privi dell’amministrazione straordinaria e/o di quella ordinaria (Bonilini, 434; Pagliani, 355-356).

In tal caso l’amministrazione dei beni potrebbe concentrarsi sull’altro genitore (Bonilini, 434).

Continuazione dell'esercizio dell'impresa commerciale

Nella rosa degli interessi salvaguardabili tramite la misura di protezione in oggetto vi possono essere quelli connessi all'esercizio di imprese commerciali, esercitate, secondo diversificate forme di esercizio (impresa commerciale, amministrazione di società , etc.), da parte d i persona disabile mentale.

Nella disciplina normativa contenuta nel titolo XII del primo libro del c.c. non è rinvenibile, prima facie, una specifica disciplina giuridica della materia, laddove la continuazione o l' esercizio d ' impresa commerciale facesse capo a persona sottoposta ad amministrazione di sostegno.

Tuttavia, è comune il rilievo secondo cui l'art. 411, ultimo comma, c.c. ammette l'estensione al beneficiario di a.d.s. di determinati «effetti» previsti da disposizioni di legge dettate per interdetto ed inabilitato ed anche quelli che si traducano in «concessioni» (Bonilini, 451). Tra queste disposizioni dettate in materia di continuazione dell'esercizio dell'impresa commerciale vengono in rilievo l'art. 425, dettato per la continuazione dell'impresa da parte dell'inabilitato, e l'art. 371, ultimo comma (applicabile all'interdetto ex art. 424 c.c.), in tema di continuazione dell'impresa da parte del tutore del minore.

L' applicazione dell' una o dell' altra previsione normativa dipende dalla tipologia di disabilità che affligge il beneficiario, dalla sua idoneità -capacità di provvedere in tutto o in parte alla continuazione della gestione d ' impresa e perciò dalla concreta idoneità dello stesso alla cura dei propri interessi economico-patrimoniali ed imprenditoriali; in modo autonomo, come prevede la disciplina dell' inabilitazione, ovvero tramite nomina di amministratore di sostegno (Masoni, 578).

Si ritiene che le disposizioni normative dettate in tema di interdizione e di inabilitazione con riguardo a curatela e tutela di incapaci debbano essere opportunamente adattate rispetto alla trama dettata per l ' amministrazione di sostegno.

In particolare, era discusso se l' autorizzazione alla continuazione di impresa, formalmente rimessa (in passato) alla competenza del tribunale ordinario in formazione collegiale (art. 38, comma 3, att. c.c.) (Farolfi , 210), sia materia di competenza del giudice tutelare (Bonilini, 452. In giurisprudenza, Trib. Novara 5 dicembre 2012 , in Dir. fam. pers ., 2014, 175, con nota adesiva di Masoni, Incapaci, amministrazione di sostegno ed esercizio d ' impresa ), ovvero di competenza del giudice tutelare, che è dominus dell' intera procedura istitutiva (e di tutte le modifiche ed innovazioni della misura: art. 407,4 comma, c.c.). 

La quaestio iuris è stata superata dalla novella legis di cui al d.lgs. n. 149/2022, che prevede che l'autorizzazione alla continuazione dell'esercizio dell'impresa compete al giudice tutelare (non più al tribunale).

Si osserva che può rivelarsi problematico l' esercizio di impresa commerciale da parte dell' amministratore di sostegno nominato a norma dell' art. 405 c.c. , in sostituzione dell' imprenditore non in grado di provvedere alla gestione. Ciò per i rischi e le difficoltà connesse a siffatta attività, non solo per l ' impresa, ma pure per lo stesso amministratore di sostegno, gravato da un eccessivo carico di responsabilità e di adempimenti .

Senza dire come quest' ultimo, istituzionalmente, debba limitarsi ad « amministrare il patrimonio» del beneficiario operando con la « diligenza del buon padre di famiglia» (cfr. l' art. 382 richiamato dall' art. 411, comma 1, c.c.), ovvero, con la diligenza media (art. 1176, comma 1, c.c.); ossia, secondo un livello di diligenza che può risultare in concreto insufficiente per la gestione dell' impresa commerciale, che necessita di dinamiche doti operative indispensabili a renderne proficua e remunerativa la gestione d'impresa .

In alternativa (rispetto alla pronunzia di interdizione, ovvero al passaggio dall' amministrazione di sostegno ad essa, previa trasmissione degli atti al P.M. affinché depositi il ricorso, a norma dell' art. 413, comma 4, c.c., in quanto la stessa ritenuta « inidonea alla piena tutela del beneficiario»), potrebbe essere prudenzialmente ipotizzata la liquidazione o l' alienazione dell' azienda, sempre previa giudiziale autorizzazione del giudice tutelare, disposta a norma dell' art. 371, comma 1, n. 3, c.c.

L' autorizzazione del beneficiario di amministrazione di sostegno alla continuazione dell' esercizio d ' impresa (ovvero, la non espressa limitazione di essa) presuppone una favorevole valutazione con riguardo alla (perdurante) capacità gestionale dell' imprenditore disabile; ipotizzabile quando le doti manageriali non risultino eccessivamente compromesse, ma siano solo in parte scemate, ovvero, parzialmente ridotte per effetto della patologia che l ' affligge, con consequenziale permanenza della capacità di agire con riferimento agli atti gestori inerenti l ' esercizio d ' impresa, fatte salve eventuali e specifiche limitazioni al riguardo contenute nel decreto istitutivo.

 In tema di IVA, essendo l'ufficio di amministratore di sostegno precipuamente volto alla cura della persona bisognosa, l'amministrazione del patrimonio del beneficiario non configura, di norma, attività economica indirizzata alla produzione del reddito e, quindi, imponibile, non avendo l'eventuale indennità corrisposta in via equitativa dal giudice funzione corrispettiva di effettivo controvalore del servizio svolto dall'amministratore (preferibilmente scelto entro la cerchia familiare dell'amministrato), a meno che la gestione non risulti in concreto volta a ricavare introiti con carattere di stabilità o, comunque, sia espletata da un professionista a titolo oneroso, assumendo rilievo ai fini della tassabilità l'oggettiva natura economica dell'attività espletata (Cass. V, n. 14846/2020).

Ammissibilità della costituzione ex novo dell'impresa?

Se si ritiene applicabile in via diretta all'amministrazione di sostegno il disposto normativo dettato in tema di inabilitazione (art. 425, mercè il richiamo dell'art. 411, ultimo comma, c.c.), subentra un ulteriore perplessità.

Ci si domanda se il beneficiario della misura protettiva possa iniziare ex novo l'esercizio d'impresa commerciale, ovvero, subentrare quale nuovo socio illimitatamente responsabile in società personale, quale la collettiva, ovvero l'accomandita semplice.

Ebbene, contrariamente all'opinione favorevole ad ammettere tale possibilità, deve ritenersi non consentito (Masoni, 582).

Da un punto di vista lessicale e formale, l'art. 411, ultimo comma, c.c. richiama gli effetti dettati da disposizioni di legge previste per interdizione (art. 424) ed inabilitazione (art. 425), non anche, evidentemente, le disposizioni dettate per il minore emancipato (il quale è abilitato ad iniziare ex novo l'attività imprenditoriale: art. 397, comma 1, c.c.). Con la previsione affidata all'art. 425 c.c., in particolare, si facultizza il disabile ad esercitare l'impresa commerciale unicamente in ipotesi di mera «continuazione» della stessa in precedenza da lui gestita, subordinatamente a previa favorevole giudiziale autorizzazione, rilasciata dal g.t.

Appare trasparente poi, che, conservando l'amministrato piena capacità di agire coi soli limiti fissati dal decreto di nomina (art. 409, 1° comma, c.c.), laddove tale provvedimento non abbia disposto limitazioni di sorta, la persona potrebbe esercitare ex novo e liberamente l'attività d'impresa (Bonilini, 458-459).

Bibliografia

Bianca, Diritto civile le successioni 2.2., Milano, 2015; Bonilini, in Bonilini, Tommaseo, Dell'amministrazione di sostegno, Milano, 2008; Cendon, R. Rossi, Amministrazione di sostegno, Torino, 2009; Farolfi, Amministrazione di sostegno, Milano, 2014; Giacardi, Amministrazione di sostegno, inabilitazione e interdizione, Altalex 15/3/2020; Masoni, Amministrazione di sostegno, consenso dell’interessato e rete protettiva tutelante, ilfamiliarista 18-24/2/2021; Masoni, Il giudice tutelare, Milano, 2018; Pagliani, in L'amministrazione di sostegno, a cura di Masoni, Rimini, 2009.

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