Codice Civile art. 78 - Affinità.Affinità. [I]. L'affinità è il vincolo tra un coniuge e i parenti dell'altro coniuge [87, 251, 303, 417, 429, 433, 434, 581, 1916, 2122, 2399]. [II]. Nella linea e nel grado in cui taluno è parente d'uno dei coniugi, egli è affine dell'altro coniuge. [III]. L'affinità non cessa per la morte, anche senza prole, del coniuge da cui deriva, salvo che per alcuni effetti specialmente determinati [434; 307 4 c.p.]. Cessa se il matrimonio è dichiarato nullo, salvi gli effetti di cui all'articolo 87 n. 4. InquadramentoIn base all' art. 78 c.c. , l'affinità è il vincolo che lega il coniuge con i parenti dell'altro coniuge. Ne consegue che l'affinità costituisce un effetto legale del matrimonio che, al contrario, non può determinarsi in presenza di una semplice convivenza di fatto (così Lupo, 94). Come è stato giustamente rilevato in dottrina, l'affinità riflette nella linea e nel grado il rapporto di parentela che sussiste tra l'altro coniuge e i suoi congiunti; pertanto, essa sarà in linea retta rispetto ai parenti in linea retta dell'altro coniuge (così, Bianca, 16). Così, ad es., per l'articolo in commento sono «affini» in linea retta della moglie rispettivamente i genitori del marito (suoceri), e viceversa, mentre sono affini in linea collaterale i fratelli/sorelle dell'altro coniuge (cognato, cognata). A proposito di quanto già ricordato sub art. 74, ove si era riferito che dal rapporto di coniugio non sorgono legami di parentela tra i coniugi in quanto la relazione matrimoniale non rientra nel vincolo di parentela ma costituisce un rapporto a sé stante, deve essere ora aggiunto che, in seguito al matrimonio, il vincolo che si viene a creare con i parenti dell'altro coniuge è, appunto, di affinità. Come nella parentela, quindi, anche per l'affinità sussiste una linea retta ed una linea collaterale di affinità, così come anche per l'affinità si segue il computo dei gradi: in tal senso, vale il grado di parentela con cui l'affine è legato al coniuge (ad es., suocero e genero sono affini in primo grado, il marito e la cognata sono affini in secondo grado). Deve essere sottolineato che gli affini di un coniuge non sono al tempo stesso affini dell'altro coniuge. Orbene, in dottrina è stato sostenuto che l'affinità è un vincolo parzialmente assimilato alla parentela, diverso da questa, che scaturisce automaticamente dal matrimonio, e che è destinato a perdurare anche dopo la morte del coniuge (così, Bianca, 17; per Ferretti, 694, l'affinità è «un vincolo che sorge dall'istituto della famiglia in quanto incardinato sul matrimonio, che non può dirsi parentela, mancando il presupposto della parentela, ch'è ... il legame dato direttamente o indirettamente dal fatto della generazione»). Il vincolo di affinità rileva, ad es., in tema di impedimenti al matrimonio (art. 87 c.c.), ovvero in tema di alimenti (art. 433 c.c.). Ai sensi e per gli effetti di cui all' art. 78 c.c. , comma 3, il vincolo dell'affinità non cessa per morte, ancorché non vi sia stata prole. Tale vincolo è invece destinato a cadere nel caso in cui il matrimonio, da cui deriva, è dichiarato nullo, salvo quanto disposto dall'art, 87 n. 4. Rileva ancora l'affinità nell'ambito dell'impresa familiare (art. 230-bis), scelta del tutore (art. 348), legittimazione a proporre istanza di interdizione o inabilitazione o ricorso per la nomina di amministratore di sostegno (artt. 406 e 417), trattamento di fine rapporto (art. 2122) e associazione in partecipazione (art. 2549). Tra i coniugi non v'è un rapporto di parentela, né tantomeno di affinità, ma bensì di coniugio, scandito dagli obblighi sanciti solennemente dagli artt. 143 e 147 c.c. Più nello specifico, dispone la norma in commento che l'affinità non cessa per morte dei coniugi, salvo diversa disposizione. Così, ad es., prevede l'art. 434 che l'obbligazione alimentare del suocero e della suocera o del genero e della nuora è destinata a venir meno se l'avente diritto agli alimenti è passato a nuove nozze ovvero se il coniuge, da cui deriva l'affinità, e i figli nati dalla sua unione con l'altro coniuge e i discendenti sono morti. Si precisa, in dottrina (Lupo, 101), che la cessazione del vincolo di affinità decorre dal passaggio in giudicato della sentenza che dichiara la nullità del matrimonio e che ne dispone l'annullamento. Si discute, invece, se il divorzio sia tale da far venir meno il suddetto rapporto di affinità. Ebbene, secondo la dottrina tradizionale, facendo l'articolo in commento dipendere il venir meno dell'affinità dalla sola declaratoria di nullità del matrimonio, salvi solo gli effetti di cui all'art. 87 n. 4, e non essendo stato disposto alcun specifico riferimento allo scioglimento o alla cessazione degli effetti civili del matrimonio, se ne dovrebbe dedurre che nemmeno il divorzio estingue il vincolo di affinità (così, Bianca, 17, considerata la diversità degli istituti giuridici della nullità del matrimonio e del divorzio; nel senso che il divorzio, esattamente alla stessa stregua della morte, non faccia venir meno il vincolo di affinità anche Giacobbe, 1630). In senso contrario, è stato però obiettato che il divorzio, in quanto presuppone uno scioglimento del rapporto coniugale, e quindi implicitamente anche dei rapporti di affinità con i parenti dell'altro coniuge, è asseritamente incompatibile con il permanere della relazione di affinità (in quest'ultimo senso, Trabucchi, 2092, secondo cui non si può operare una parificazione tra la morte ed il divorzio, in quanto con la morte si ha la cessazione naturale del rapporto mentre con il divorzio si ha la distruzione volontaria dello stesso). In forza di questa seconda opinione si afferma che a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di divorzio venga meno anche il vincolo di affinità, quale ulteriore effetto della predetta pronuncia, poiché a differenza della morte, che non fa venir meno i rapporti affettivi e solidaristici tra il coniuge superstite ed i parenti del coniuge defunto, il divorzio ne determina lo scioglimento (Lupo, 103, che osserva, peraltro, come il cognome del marito defunto viene mantenuto dalla moglie sino a che passi a nuove nozze ex art. 143 bis c.c., mentre lo stesso cognome viene meno nel caso di divorzio). La giurisprudenza si è mostrata propensa ad aderire alla prima tesi su esposta,. Sicché, è stato al riguardo sostenuto che l'obbligazione alimentare gravante sul suocero in favore della nuora non viene meno per effetto dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio di quest'ultima con il figlio dell'obbligato (Cass. I, n. 2848/1978).
Unioni civili e convivenza di fatto.Discorso a parte va fatto per la disciplina dell'unione civile tra persone dello stesso sesso, che indubitabilmente introduce una nuova categoria di vincoli familiari. Il rapporto di unione civile va oggi ad aggiungersi ai tradizionali rapporti di parentela e di affinità, nonché al rapporto di coniugio del quale vuole essere una «alternativa» per coloro i quali, avendo lo stesso sesso, non possono contrarre matrimonio. In questo senso è stato giustamente sostenuto in dottrina (Sesta, 567) che «il termine «famiglia» non designa un modello unitario, ma è riferito ad una pluralità di relazioni, la cui natura familiare è data dalla sussistenza di legami di vario genere, quali: vincoli giuridici, come il matrimonio, l'unione civile, la stabile convivenza rientrante nella fattispecie regolata dall' art. 1, comma 36, l. 20 maggio 2016, n. 76 , l'affinità, l'adozione; vincoli giuridici e biologici, come la filiazione nel e fuori del matrimonio, purché riconosciuta o dichiarata, e la parentela; vincoli meramente biologici, come la filiazione non riconosciuta», nonché vincoli di mero fatto (così anche Bianca, 325, secondo cui il rapporto che lega due persone unite civilmente è un rapporto familiare, che tuttavia deve essere radicalmente distinto da quello che lega una coppia eterosessuale). L'art. 78 in tema di affinità, tuttavia, non è tra le norme del codice civile richiamate dalla l. n. 76/2016 . Da questo omesso richiamo dovrebbe derivare, almeno secondo l'opinione maggioritaria e sicuramente preferibile, che tra il soggetto unito civilmente ed i parenti dell'altro partner non sorge alcun vincolo familiare giuridicamente rilevante (così Bilotti, 870, secondo cui in base alla disciplina della l. n. 76/2016 , il rapporto che nasce dall'unione civile, non facendo sorgere vincoli di affinità, è ristretto ai soli protagonisti della coppia). Pertanto, alla luce del vigente art. 1 comma 20 l. n. 76/2016 , secondo cui alla disciplina dell'unione civile non si applicano le norme del codice civile non espressamente richiamate, deve ritenersi inapplicabile l'istituto dell'affinità agli uniti civili, non essendo stato l'art. 78 oggetto di espresso richiamo in tal senso da parte della relativa disciplina, e questo anche se ciò può determinare un contrasto con il principio di uguaglianza di cui all' art. 3 Cost. (Sesta, 460).Diversamente, per i conviventi di fatto è esclusa, per espressa previsione legislativa, qualsiasi relazione di affinità, atteso che secondo l' art. 1, comma 36, l. n. 76/2016 , i conviventi di fatto sono due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un'unione civile. 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