Codice Civile art. 410 - Doveri dell'amministratore di sostegno (1).

Roberto Masoni
aggiornato da Francesco Maria Bartolini

Doveri dell'amministratore di sostegno (1).

[I]. Nello svolgimento dei suoi compiti l'amministratore di sostegno deve tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario.

[II]. L'amministratore di sostegno deve tempestivamente informare il beneficiario circa gli atti da compiere nonché il giudice tutelare in caso di dissenso con il beneficiario stesso. In caso di contrasto, di scelte o di atti dannosi ovvero di negligenza nel perseguire l'interesse o nel soddisfare i bisogni o le richieste del beneficiario, questi, il pubblico ministero o gli altri soggetti di cui all'articolo 406 possono ricorrere al giudice tutelare, che adotta con decreto motivato gli opportuni provvedimenti.

[III]. L'amministratore di sostegno non è tenuto a continuare nello svolgimento dei suoi compiti oltre dieci anni, ad eccezione dei casi in cui tale incarico è rivestito dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dagli ascendenti o dai discendenti.

(1) Articolo inserito dall'art. 3, comma 1, l. 9 gennaio 2004, n. 6, che ha inserito l'intero Capo in testa al titolo XII. Questo articolo, fino all'abrogazione ex art. 77 l. 4 maggio 1983, n. 184 era parte del titolo XI.

Inquadramento

I doveri dell'amministratore di sostegno non sono disciplinati esclusivamente dalla norma in commento, la cui rubrica è ad essi titolata. Dato che gli stessi si ricavano anche da ulteriori disposizioni normative dettate per il tutore e richiamate per l'amministrazione di sostegno dall'art. 411, comma 1, c.c.

Specificamente, l'amministratore di sostegno deve:

- operare nell'interesse esclusivo del beneficiario, stella polare dell'intervento dell'amministratore, dato che l'ufficio sorge con tale finalità protettiva; espletando le attività rappresentative, ovvero di assistenza, specificamente delineate dal decreto di nomina (art. 405, comma 5, n. 3 e 4, c.c.)

- tenere conto, anzitutto, delle finalità indicate dall'art. 1 della legge n. 6/2004 («tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell'espletamento delle funzioni della vita quotidiana»);

- prestare il giuramento di «bene e fedelmente adempiere all'incarico» ricevuto (art. 349 c.c.);

- eventualmente, procedere all'effettuazione dell'inventario (art. 362 c.c.);

- chiedere le autorizzazioni previste dagli artt. 374, 375 e 376 cc.;

- se del caso, prestare cauzione (art. 381 c.c.);

- tenere regolare contabilità (artt. 380 e 405, n. 6 c.c.)

- presentare il conto finale della contabilità (art. 385 c.c.).

- amministrare il patrimonio con la diligenza del buon padre di famiglia (art. 382 c.c.);

- tenere in considerazione l'ambito residuo di autonomia dell'amministrato, come sancito dall'art. 409 c.c., con particolare attenzione alla necessità di rispettare il permanente potere dell'amministrato di compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana;

- in generale, perseguire il fine di compiere una amministrazione «idonea», in quanto una valutazione di inidoneità a «realizzare la piena tutela del beneficiario» determina la cessazione dell'amministrazione ai sensi dell'art. 413, comma 1, c.c., con avvio del giudizio di interdizione o di inabilitazione;

- essere costantemente in grado di rispondere al giudice tutelare che ritenesse di convocarlo ai sensi dell'art. 44. disp. att. c.c., «allo scopo di chiedere informazioni, chiarimenti e notizie sulla gestione dell'amministrazione di sostegno». Nell'esercizio di questo potere, nella logica dell'istituto — secondo cui occorre salvaguardare gli interessi personali e patrimoniali del beneficiario, sia nella scelta dell'amministratore che nella gestione — il giudice può convocare in ogni momento l'amministratore anche per dare istruzioni inerenti agli interessi morali e patrimoniali del beneficiario.

L'amministratore di sostegno: qualificazione giuridica

L'amministratore di sostegno esplica una fondamentale funzione, di rilevanza sociale, in quanto esercita compiti di protezione e tutela della persona priva, in tutto o in parte, di autonomia nell'espletamento degli atti della vita quotidiana.

Come tradizionalmente si insegna per gli uffici esplicati a favore di incapaci e in particolare per la figura del tutore, anche l'amministratore di sostegno, è un ufficio di diritto privato permeato da profili di natura pubblicistica (Bonilini, 325), caratterizzato da obbligatorietà di espletamento e da tendenziale gratuità (si veda il disposto affidato all'art. 379 c.c.).

Da queste caratteristiche distintive la giurisprudenza ha desunto che l'amministratore di sostegno, nell'espletamento delle sue funzioni, rivesta qualifica di pubblico ufficiale (Cass. pen. n. 50754/2014; Cass. pen. n. 29617/2016).

Il dovere di tenere conto dei bisogni e delle aspirazioni

Dispone il primo comma della norma: «nello svolgimento dei suoi compiti l'amministratore di sostegno deve tenere conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario».

È stato sottolineato che la previsione ha avuto particolare forza «dirompente» rispetto al passato, segnando un'evidente rottura rispetto alla tradizione interdittiva del trattamento giuridico dei dementi o degli inabili. Essa è sicura testimonianza della maggiore sensibilità legislativa affermatasi nei confronti della dignità della persona e segna il passaggio da forme di tutela della famiglia e del patrimonio a forme di protezione di persone in difficoltà (Bonilini, 379).

Il canone normativo in discorso è destinato ad operare non solo con riguardo alla gestione patrimoniale, ma pure con riguardo alla cura personae ed agli aspetti non patrimoniali dell'amministrazione di sostegno. 

Nel senso che, prima di provvedere, l ' amministratore deve coinvolgere il beneficiario nella scelta, informandolo e tentando di ottenerne i l consenso. La norma evidenzia il ruolo che è stato conservato alla volontà del disabile (Bonilini, 382), a prescindere dal grado di disabilità .

Nell ' ipotesi di dissenso tra amministratore ed amministrato in ordine agli atti da compiere deve esserne informato il giudice tutelare, il quale « adotta con decreto motivato gli opportuni provvedimenti» .

In tal caso l ' amministratore di sostegno è tenuto ad astenersi dal compiere l ' atto in attesa della decisione giudiziale, che andrà assunta sulla scorta del criterio della realizzazione dell' interesse del beneficiario (Bonilini, 382).

Quid iuris nel caso in cui l ' atto oggetto di dissenso da parte del beneficiario venga egualmente posto in essere dall' amministratore ?

Secondo taluno l ' atto sarebbe annullabile, a norma dell' art. 412, comma 1, c.c. (Campese, 357).

Altrimenti, l ' atto si ritiene sia valido ed efficace, così argomentando dai principi generali in tema di rappresentanza volontaria (Bonilini, 384).

Ci ò che può dirsi è che, per quanto l ' atto posto in essere in dissenso possa ritenersi valido ed efficace sotto il profilo giuridico (anche a tutela dell' affidamento dei terzi), tuttavia, il rapporto tra vicario e disabile potrebbe risultarne irrimediabilmente compromesso. Cosicché tra « i provvedimenti opportuni» adottabili dal g.t., va annoverato quello di rimozione o di sostituzione dell' amministratore di sostegno dalle funzioni (Bonilini, 385; Farolfi , 203; Masoni, 551).

Il dovere di informazione

Dispone il 2° comma della norma che l'amministratore di sostegno deve tempestivamente informare il beneficiario circa gli atti da compiere nonché il giudice tutelare in caso di dissenso con il beneficiario stesso. In caso di contrasto, di scelte o di atti dannosi ovvero di negligenza nel perseguire l'interesse o nel soddisfare i bisogni o le richieste del beneficiario, questi, il pubblico ministero o gli altri soggetti di cui all'articolo 406 possono ricorrere al giudice tutelare, che adotta con decreto motivato gli opportuni provvedimenti.

La previsione introduce un costante e continuo dovere di interlocuzione tra amministratore ed amministrato con riguardo agli atti da compiere, nell'ottica di garantire l'attuazione dei «bisogni» e delle «aspirazioni» della persona (di cui al primo comma). Nel senso che, prima di provvedere, l'amministratore deve coinvolgere il beneficiario nella scelta, informandolo e tentando di conseguire il suo consenso. La norma evidenzia il ruolo che è stato conservato alla volontà del disabile (Bonilini, 382), a prescindere dal grado di disabilità.

Nell'ipotesi di dissenso tra amministratore ed amministrato in ordine agli atti da compiere deve esserne informato il giudice tutelare, il quale «adotta con decreto motivato gli opportuni provvedimenti».

In tal caso l'amministratore di sostegno è tenuto ad astenersi dal compiere l'atto in attesa della decisione giudiziale, che andrà assunta sulla scorta del criterio della realizzazione dell'interesse del beneficiario (Bonilini, 382).

Quid iuris nel caso in cui l'atto oggetto di dissenso da parte del beneficiario venga egualmente posto in essere dall'amministratore ?

Secondo taluno l'atto sarebbe annullabile, a norma dell'art. 412, comma 1, c.c., come si è chiarito nel corrispondente commento (Campese, 357).

Altrimenti, l'atto si ritiene sia valido ed efficace, così argomentando dai principi generali in tema di rappresentanza volontaria (Bonilini, 384).

Ciò che può dirsi è che, per quanto l'atto posto in essere in dissenso possa ritenersi valido ed efficace sotto il profilo giuridico (anche a tutela dell'affidamento dei terzi), tuttavia, il rapporto tra vicario e disabile potrebbe risultarne irrimediabilmente compromesso. Cosicché da ciò potrebbe conseguire, tra «i provvedimenti opportuni» adottabili dal g.t., va annoverato quello di rimozione o di sostituzione dell'amministratore di sostegno dalle funzioni (Bonilini, 385; Farolfi, 203; Masoni, 551).

Giuramento, mancata prestazione

Atto preliminare che l'amministratore di sostegno deve effettuare per il compimento degli atti commessigli è il giuramento di «esercitare l'ufficio con fedeltà e diligenza» (art. 349 c.c., richiamato dall'art. 411, comma 1).

Solo a seguito della prestazione del giuramento l'amministratore può compiere le attività che gli sono state affidate dal decreto di nomina (Bonilini, 314; Campese, 398; Farolfi, 212), dato che, prima di tale momento, egli non ha ancora formalmente assunto l'ufficio, pur essendo stato nominato.

La mancata prestazione del giuramento, configurandosi come mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice, darebbe luogo a responsabilità penale, quale ipotesi criminosa prevista dall'art. 388 c.p. (Trib. Modena 2 novembre 2005, in Fam. pers. succ., 2006, 339).

La norma dispone che chiunque, per sottrarsi all'adempimento degli obblighi nascenti da un provvedimento dell'autorità giudiziaria, o dei quali è in corso l'accertamento dinanzi all'autorità giudiziaria stessa, compie, sui propri o sugli altrui beni, atti simulati o fraudolenti, o commette allo stesso scopo altri fatti fraudolenti, è punito, qualora non ottemperi all'ingiunzione di eseguire il provvedimento, con la reclusione fino a tre anni o con la multa da euro 103 a euro 1.032. La stessa pena si applica a chi elude l'esecuzione di un provvedimento del giudice civile, ovvero amministrativo o contabile, che concerna l'affidamento di minori o di altre persone incapaci, ovvero prescriva misure cautelari a difesa della proprietà, del possesso o del credito.

A norma dell'art. 362 c.c. il tutore del minore o dell'interdetto è tenuto ad effettuare l'inventario dei beni nei dieci giorni successivi alla conoscenza della nomina all'ufficio. Si veda in proposito sub art. 411. 

I rendiconti

Tra i doveri imposti all' amministratore di sostegno vi è quello indicato dall' art. 381 c.c., di presentare il rendiconto annuale (norma espressamente richiamata dall ' art. 411, comma 1, c.c.). In esso vanno descritte pure « le condizioni di vita personale e sociale del beneficiario» (art. 405, comma 5, n. 6, c.c.).

Il rendiconto individua la situazione patrimoniale ad inizio del periodo di assunzione dell'incarico e quella finale, all' atto della chiusura dell' esercizio annuale, dando contezza di entrate ed uscite verificatesi nel periodo di competenza.

È opportuno che l ' amministratore provveda all' allegazione dei documenti giustificativi delle spese sostenute, come pure della documentazione bancaria dei movimenti registrati nel periodo.

La funzione del rendiconto è quella di permettere un completo ed esaustivo controllo delle spese e delle entrate del patrimonio amministrato.

In applicazione del capoverso dell'art. 380, si suggerisce al g.t. di sottoporre il conto annuale a « qualche prossimo parente» del beneficiario, ovvero, ai soggetti individuati dall' art. 408 c.c. (Bonilini, 387), che potranno effettuare eventuali, osservazioni.

Terminata per qualsiasi causa l ' amministrazione di sostegno, l ' amministratore è tenuto al sollecito deposito (entro due mesi) (Bonilini , 518, nota 115) della relazione finale(artt. 385 e 386 c.c., disposizioni entrambe richiamate direttamente dall' art. 411), oltre che dei beni che lo stesso detenesse. L ' obbligo di rendicontazione finale è giustificato dalla necessità di consentire « un sindacato pieno su tutta l' attività spiegata» (Bonilini, 518).

Il conto è approvato dal giudice, se non sono presentate osservazioni da parte del nuovo amministratore di sostegno, laddove nominato (art. 386, comma 1, c.c.). La deliberazione del giudice tutelare è suscettibile di reclamo al tribunale ordinario, che provvede nel contraddittorio degli interessati (art. 386, comma 3, e 45, comma 3, disp. att. c.c.)

La norma non individua specifiche sanzioni o azioni giudiziarie esperibili in ipotesi di omessa o ritardata presentazione del rendiconto finale.

More solito la dottrina si limita a richiamare unicamente sanzioni civili.

In particolare, tra dette sanzioni rientrano l'azione di rendicontazione, che può essere esperita dai soggetti interessati, come pure la responsabilità civile per danni, che a carico del tutore incombe in forza dei principi generali (Bonilini, 519). Una recente dottrina ha indicato ammissibile anche l'applicazione della sanzione penale, atteso che l'ufficio di amministratore di sostegno «presenta rilevanti connotati pubblicistici».

In effetti, seguendo questo suggerimento, una recente pronunzia della nomofilachia ha ritenuto di sanzionare penalmente la condotta dell'a.d.s. che, nonostante i reiterati inviti rivoltigli dal g.t., non aveva provveduto al deposito della rendicontazione finale (Cass. Pen. n. 10879/2016).

Il vicario è stato quindi condannato per il delitto di rifiuto di atti d'ufficio (art. 328, comma 1, c.p.).

Autorizzazioni ex artt. 374, 375 e 376 c.c.

Tra le peculiari funzioni che l'amministratore di sostegno è chiamato ad esplicare nell'interesse del beneficiario rientra la presentazione delle richieste all'autorità giudiziaria per il compimento di taluni atti, dal legislatore ritenuti meritevole di ulteriore attività di controllo data la loro rilevanza ed incidenza sul patrimonio dell'incapace, quali sono quelli elencati negli artt. 374,375 e 376 c.c.

Va unicamente rammentato in proposito che per tali atti la competenza all'emissione del provvedimento autorizzativo è stata, opportunamente, accentrata presso il giudice tutelare, a norma dell'art. 411, comma 1, c.c.

Si veda sub art. 411 c.p.c.

Le responsabilità

Strettamene connessa alla tematica dei doveri gravanti sull'amministratore, si colloca quella della responsabilità civilistica per inadempimento e per danni.

Al riguardo, in materia trova diretta applicazione il disposto affidato all'art. 382 c.c. (richiamato dall'art. 411, comma 1, c.c.), a tenore del quale: «il tutore deve amministrare il patrimonio del minore con la diligenza del buon padre di famiglia. Egli risponde verso il minore di ogni danno a lui cagionato violando i propri doveri».

Come il tutore, così anche l'amministratore di sostegno deve adempiere all'incarico giudiziale commessogli con «diligenza del buona padre di famiglia», ossia con la diligenza media richiesta ad ogni debitore per l'adempimento dell'obbligazione (art. 1176, comma 1, c.c.).

Come è stato rilevato, in un gran numero di casi la noma risulta inapplicabile, dato che l'amministrazione di sostegno, a differenza di interdizione e tutela minorile, more solito, si esplica per singoli, specificati atti giuridici, non concretandosi propriamente nell'amministrazione di un patrimonio (Bonilini, 388).

In forza dell'interpretazione letterale del disposto normativo, è stato desunto che la disposizione (che si riferisce alla «amministrazione del patrimonio») risulterebbe inapplicabile, in caso di negligente esercizio di atti afferenti la cura personae dell'incapace (Bonilini, 388).

Come per la qualificazione giuridica della responsabilità del tutore, si ritiene che la responsabilità dell'amministratore di sostegno nei confronti dell'amministrato rivesta natura contrattuale, con la conseguenza che, a fronte della presunzione di colpa che vi si riconnette (art. 1218 c.c.), sul primo incomberebbe l'onere di fornire prova che l'inadempimento agli obblighi inerenti alla funzione esplicata sia derivato da causa a lui non imputabile.

Si è in precedenza ricordato che una recente pronunzia nomofilattica ha configurato una responsabilità , anche penale, a carico dell' amministratore di sostegno, nel caso in cui egli non adempia all' obbligo di deposito senza ritardo del rendiconto finale, tenuto conto della qualifica rivestita di pubblico ufficiale; e che l ' omessa prestazione del prescritto giuramento ex art. 349 c.c. possa configurare il delitto di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice, a norma dell'art. 388 c.p.

Tenuto conto del ruolo e delle funzioni rivestite, è configurabile a carico dell' amministratore di sostegno, il delitto di appropriazione indebita (art. 646 c.p.) (Masoni, 558).  

Bibliografia

Bonilini, in Bonilini, Tommaseo, Dell'amministrazione di sostegno, Milano, 2008; Campese, Il giudice tutelare e la protezione dei soggetti deboli, Milano, 2008; Cendon, R. Rossi, Amministrazione di sostegno, Torino, 2009; Farolfi, Amministrazione di sostegno, Milano, 2014; Masoni, Il giudice tutelare, Milano, 2018.

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