Decreto legislativo - 25/07/1998 - n. 286 art. 30 - Permesso di soggiorno per motivi familiari. ( Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 28 ).Permesso di soggiorno per motivi familiari. 1. Fatti salvi i casi di rilascio o di rinnovo della carta di soggiorno, il permesso di soggiorno per motivi familiari è rilasciato: a) allo straniero che ha fatto ingresso in Italia con visto di ingresso per ricongiungimento familiare, ovvero con visto di ingresso al seguito del proprio familiare nei casi previsti dall'art. 29, ovvero con visto di ingresso per ricongiungimento al figlio minore; b) agli stranieri regolarmente soggiornanti ad altro titolo da almeno un anno che abbiano contratto matrimonio nel territorio dello Stato con cittadini italiani o di uno Stato membro dell'Unione europea, ovvero con cittadini stranieri regolarmente soggiornanti; c) al familiare straniero regolarmente soggiornante, in possesso dei requisiti per il ricongiungimento con il cittadino italiano o di uno Stato membro dell'Unione europea residenti in Italia, ovvero con straniero regolarmente soggiornante in Italia. In tal caso il permesso del familiare è convertito in permesso di soggiorno per motivi familiari. La conversione può essere richiesta entro un anno dalla data di scadenza del titolo di soggiorno originariamente posseduto dal familiare. Qualora detto cittadino sia un rifugiato si prescinde dal possesso di un valido permesso di soggiorno da parte del familiare; d) al genitore straniero, anche naturale, di minore italiano residente in Italia. In tal caso il permesso di soggiorno per motivi familiari è rilasciato anche a prescindere dal possesso di un valido titolo di soggiorno, a condizione che il genitore richiedente non sia stato privato della responsabilità genitoriale secondo la legge italiana1. 1-bis. Il permesso di soggiorno nei casi di cui al comma 1, lettera b), è immediatamente revocato qualora sia accertato che al matrimonio non è seguita l'effettiva convivenza salvo che dal matrimonio sia nata prole. La richiesta di rilascio o di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero di cui al comma 1, lettera a), è rigettata e il permesso di soggiorno è revocato se è accertato che il matrimonio o l'adozione hanno avuto luogo allo scopo esclusivo di permettere all'interessato di soggiornare nel territorio dello Stato 2. 2. Il permesso di soggiorno per motivi familiari consente l'accesso ai servizi assistenziali, l'iscrizione a corsi di studio o di formazione professionale, l'iscrizione nelle liste di collocamento, lo svolgimento di lavoro subordinato o autonomo, fermi i requisiti minimi di età per lo svolgimento di attività di lavoro. 3. Il permesso di soggiorno per motivi familiari ha la stessa durata del permesso di soggiorno del familiare straniero in possesso dei requisiti per il ricongiungimento ai sensi dell'art. 29 ed è rinnovabile insieme con quest'ultimo. [ 4. Allo straniero che effettua il ricongiungimento con il cittadino italiano o di uno Stato membro dell'Unione europea, [ovvero con straniero titolare della carta di soggiorno di cui all'art. 9] è rilasciata una carta di soggiorno3. ] 4 5. In caso di morte del familiare in possesso dei requisiti per il ricongiungimento e in caso di separazione legale o di scioglimento del matrimonio o, per il figlio che non possa ottenere la carta di soggiorno, al compimento del diciottesimo anno di età, il permesso di soggiorno può essere convertito in permesso per lavoro subordinato, per lavoro autonomo o per studio, fermi i requisiti minimi di età per lo svolgimento di attività di lavoro5. 6. Contro il diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari, nonché contro gli altri provvedimenti dell'autorità amministrativa in materia di diritto all'unità familiare, l'interessato può proporre opposizione all'autorità giudiziaria ordinaria. L'opposizione è disciplinata dall'articolo 20 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 6. [1] Lettera modificata dall' articolo 105, comma 1, del D.Lgs. 28 dicembre 2013 n. 154, con la decorrenza indicata nell' articolo 108, comma 1, del medesimo decreto . [2] Comma inserito dall'articolo 29, comma 1, della Legge 30 luglio 2002, n. 189 e, successivamente, dall'articolo 2, comma 1, lettera g), del D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5. [3] Comma modificato dall'articolo 2, comma 1, del D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 3. [4] Comma abrogato dall'articolo 25, comma 3, del D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30. [5] Comma modificato dall'articolo 24, comma 1, della Legge 30 luglio 2002, n. 189 . [6] Comma sostituito dall'articolo 34, comma 21, del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150 . InquadramentoIl permesso di soggiorno per motivi familiari si affianca all'istituto del ricongiungimento familiare al fine di tutelare il diritto all'unità familiare, viene rilasciato allo straniero già presente nel territorio italiano e convivente con determinati familiari. I presuppostiAi sensi dell'art. 30, comma 1, del d.lgs. n. 286/1998 il permesso di soggiorno per motivi familiari è rilasciato: allo straniero che ha fatto ingresso in Italia con visto di ingresso per ricongiungimento familiare; agli stranieri regolarmente soggiornanti ad altro titolo da almeno un anno che abbiano contratto matrimonio nel territorio dello Stato con cittadini italiani o di uno Stato membro dell'Unione europea, ovvero con cittadini stranieri regolarmente soggiornanti; al familiare straniero regolarmente soggiornante, in possesso dei requisiti per il ricongiungimento con il cittadino italiano o di uno Stato membro dell'Unione europea residenti in Italia, ovvero con straniero regolarmente soggiornante in Italia. al genitore straniero, anche naturale, di minore italiano residente in Italia. Alla luce dell'impianto complessivo delle norme che regolano la materia dell'ingresso e della permanenza degli stranieri extracomunitari nonché della necessità di una interpretazione costituzionalmente orientata delle medesime con particolare riguardo al presupposto del soggiorno regolare sul territorio nazionale Cass. I, n. 23316/2018 ha ritenuto che deve considerarsi regolarmente soggiornante anche colui che, originariamente irregolare, abbia successivamente attivato le procedure di richiesta di protezione internazionale fino a che la sua istanza non abbia avuto una risposta e fino a che la legge non consideri quegli effetti come preclusivi della sua espulsione immediata. Nella specie la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza che aveva negato il permesso di soggiorno ad un cittadino cinese, irregolare sul territorio nazionale e coniugato con una connazionale regolarmente soggiornante sul territorio dello Stato, essendo ancora pendente la sua domanda di protezione internazionale. Si può prescindere dal requisito del soggiorno regolare, anche solo potenziale, ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari ex art. 30 del d.lgs. n. 286/1998 solo nell'ipotesi prevista dalla lett. d) del detto articolo ove colui che formula la relativa istanza deve però esercitare la responsabilità genitoriale sul figlio minore residente in Italia, non essendo peraltro sufficiente la sola esistenza di un nucleo familiare per consentire la permanenza in Italia di cittadini stranieri al di fuori delle regole che disciplinano il loro ingresso nel territorio dello Stato, fermo restando che, in presenza di altri presupposti, l'interesse superiore del minore è comunque tutelato dall' art. 31 d.lgs. n. 286/1998 (Cass. I, n. 31565/19). Da ultimo, si deve notare che la questione di legittimità costituzionale dell'art. 30 d.lgs. n. 286/1998, nella parte in cui non consente il ricongiungimento in ogni caso - quindi, nella prospettazione difensiva, anche da parte di un soggetto non regolarmente soggiornante sul territorio italiano e, anzi, destinatario di un provvedimento di espulsione - con lo straniero regolarmente soggiornante, è manifestamente infondata. È sufficiente sul punto richiamare l'ordinanza della Corte cost. n. 232 del 2001 , nella quale si afferma il principio generale - che si attaglia pienamente anche al caso di specie - secondo cui il legislatore può legittimamente limitare il diritto al ricongiungimento, al fine di equamente bilanciare l'interesse dello straniero alla ricostituzione del nucleo familiare, con gli altri valori costituzionali sottesi dalle norme in tema di ingresso e soggiorno degli stranieri. Se, invece, fosse consentito sempre e comunque il ricongiungimento allo straniero coniugato e convivente con altro straniero, si aggirerebbero per tal via le norme in materia di ingresso e soggiorno, con evidente sacrificio degli altri valori costituzionali considerati da tali norme (Cass. n. 2869/2021). Il contenutoIl permesso di soggiorno per motivi familiari ai sensi dell'art. 30, comma 3, d.lgs. n. 286/1998 a) ha la stessa durata del permesso del familiare che ha richiesto il ricongiungimento; b) è rinnovabile insieme a quello del familiare che si accompagna, presentando alla Questura della Provincia in cui si dimora, insieme alla richiesta di rinnovo, la documentazione necessaria (il certificato di stato di famiglia). Il permesso di soggiorno per motivi familiari consente l'accesso ai servizi sanitari e assistenziali, l'iscrizione a corsi di studio o di formazione professionale, l'iscrizione alle agenzie per l'impiego, lo svolgimento di lavoro subordinato o autonomo, fermi restando i requisiti minimi di età per lo svolgimento di attività di lavoro (art. 30, comma 2, d.lgs. n. 286/1998) e qualora l'interessato lo richieda può essere convertito in permesso per motivi di lavoro, indipendentemente dalle quote di ingresso disponibili. Ovviamente, per le modalità di esercizio dei suddetti diritti, si deve tenere conto anche delle competenze legislative delle Regioni nelle suindicate materie. Come più volte affermato dalla Corte costituzionale, deve essere riconosciuta, in linea generale, «la possibilità di interventi legislativi delle Regioni con riguardo al fenomeno dell'immigrazione, per come previsto dall' art. 1, comma 4, del d.lgs. n. 286/1998, fermo restando che tale potestà legislativa non può riguardare aspetti che attengono alle politiche di programmazione dei flussi di ingresso e di soggiorno nel territorio nazionale, ma altri ambiti, come il diritto allo studio o all'assistenza sociale, attribuiti alla competenza concorrente e residuale delle Regioni. Ed invero, l'intervento pubblico concernente gli stranieri non può limitarsi al mero controllo dell'ingresso e del soggiorno degli stessi sul territorio nazionale, ma deve necessariamente considerare altri ambiti — dall'assistenza sociale all'istruzione, dalla salute all'abitazione — che coinvolgono molteplici competenze normative, alcune attribuite allo Stato, altre alle Regioni. Tanto più che lo straniero è titolare di tutti i diritti fondamentali che la Costituzione riconosce spettanti alla persona (Corte cost. n. 148 /2008)». Al familiare del minore autorizzato dal Tribunale dei minorenni ad entrare o permanere sul territorio nazionale per gravi motivi connessi allo sviluppo psicofisico del minore viene invece rilasciato uno specifico permesso di soggiorno «per assistenza minore», che è un titolo che abilita all'attività lavorativa per la durata dell'autorizzazione a permanere sul territorio nazionale ma non è convertibile in un permesso per lavoro (art. 29 comma 6, d.lgs. n. 286/1998). Si deve sottolineare che, con circolare 2 marzo 2012 a firma congiunta del Ministro dell'Interno e del Ministro della Cooperazione internazionale e dell'Integrazione, è stato ricordato agli uffici operativi che l' art. 4-bis del d.lgs. n. 286/1998, esclude dall'applicazione delle sanzioni della perdita del permesso di soggiorno e dell'espulsione per il mancato adempimento dell'Accordo di integrazione (c.d. permesso a punti, di cui al d.P.R. 14 settembre 2011, n. 179) i titolari di permesso di soggiorno per asilo, richiesta asilo, per motivi umanitari, per motivi familiari, di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, carta di soggiorno per familiare straniero di cittadino UE nonché i titolari di altri permessi che hanno esercitato il diritto al ricongiungimento familiare. Ne consegue che i suddetti stranieri, fra i quali coloro che hanno esercitato il diritto al ricongiungimento familiare, non sono esclusi dall'Accordo di integrazione e dai corsi di italiano e di educazione civica, ma solo dalla eventuale applicazione delle sanzioni. Rigetto dell'istanza, revoca e diniego del rinnovoContro il diniego del nulla-osta al ricongiungimento familiare alla concessione del permesso di soggiorno per motivi familiari l'interessato può proporre ricorso al tribunale in composizione monocratica del luogo in cui risiede (art. 30, comma 6, d.lgs. n. 286/1998). L'opposizione è ora disciplinata dall'art. 20 del d.lgs. n. 150/2011, secondo cui tali controversie sono regolate dal rito semplificato di cognizione di cui agli artt. 281-decies e ss. c.p.c., ove non diversamente disposto. L'ordinanza che accoglie il ricorso può disporre il rilascio del visto anche in assenza del nulla-osta. Gli atti del procedimento sono esenti da imposta di bollo e di registro e da ogni altra tassa. (art. 20, comma 4, d.lgs. n. 150/2011). Con riguardo al rifiuto del rilascio, alla revoca o al diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, l'art. 5, comma 5, d.lgs. n. 286/1998 stabilisce che è necessario tenere conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato e dell'esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d'origine, nonché, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale. Analogamente, per quanto riguarda l'adozione del provvedimento di espulsione nei confronti dello straniero che abbia esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, l' art. 13, comma 2-bis, del d.lgs. n. 286/1998 precisa che si devono tenere in considerazione la natura e l'effettività dei vincoli familiari dell'interessato, la durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché l'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d'origine. A differenza del permesso di soggiorno disciplinato in generale dall' art. 5 del d.lgs. n. 286/1998, che è connotato da ampi spazi di discrezionalità della P.A., cui si correlano posizioni di mero interesse legittimo tutelabili dinanzi al giudice amministrativo, il permesso di soggiorno per motivi familiari, di cui all'art. 30 è atto dovuto, in presenza delle specifiche situazioni tassativamente elencate, e, dunque, integra oggetto di diritti soggettivi, con conseguente devoluzione della relativa controversia al giudice ordinario, come del resto si ricava dal sesto comma del citato art. 30, il quale espressamente contempla la ricorribilità del diniego del permesso di soggiorno per motivi familiari davanti al tribunale ordinario del luogo di residenza (Cass. S.U., n. 383/2005). Con riguardo al procedimento amministrativo di revoca del permesso di soggiorno la Corte di Cassazione con Cass. n. 25315/2020 ha statuito che l'omissione dell'avviso di avvio del procedimento de quo non determina la nullità del provvedimento di revoca per carenza di un suo requisito formale, ma impone al giudice, chiamato a pronunciarsi sulla sua impugnazione, di consentire all'impugnante di spiegare in sede giurisdizionale tutte le difese che egli, a causa del mancato avviso, non abbia potuto avanzare in fase amministrativa. Nel contesto normativo antecedente all'entrata in vigore del d.lgs. n. 149/2022 (c.d. Riforma Cartabia), l'opposizione doveva essere proposta con il rito sommario di cognizione di cui agli artt. 702-bis ss. c.p.c. e, di conseguenza, l'impugnazione avverso l'ordinanza reiettiva del permesso di soggiorno per motivi familiari di cui all'art. 30, comma 1, lett. a, va proposta con atto di citazione anziché con ricorso e, nel caso di erronea introduzione del giudizio, la tempestività del gravame va verificata con riferimento non solo alla data di deposito dell'atto introduttivo, ma anche a quella di notifica dello stesso alla controparte, che deve avvenire nel rispetto del termine di trenta giorni previsto dall'art. 702-quater c.p.c. a pena di inammissibilità, senza che possa essere effettuata alcuna conversione conversione del rito in appello, riguardando l'art. 4 del d.lgs. n. 150/2011 solo il primo grado (Cass. n. 13815/2016; Cass. n. 14502/2014 ). Poiché il provvedimento che denega il permesso di soggiorno per motivi familiari è reclamabile in appello è inammissibile il ricorso per cassazione proposto nei confronti dello stesso ai sensi dell'art. 30, comma 6, d.lgs. 286/1998 (Cass. n. 3566/2012). Quanto ai presupposti sostanziali, il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari in favore di un cittadino extracomunitario, coniuge di un cittadino italiano, è disciplinato dal d.lgs. 6 febbraio 2007, n. 30, che non richiede né il requisito oggettivo della convivenza tra il cittadino italiano e il richiedente — salve le conseguenze dell'accertamento di un matrimonio fittizio o di convenienza, ai sensi dell'art. 35 della direttiva 2004/38/CE del 29 aprile 2004 e, dunque, dell'art. 30, comma 1-bis, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 — né quello del pregresso regolare soggiorno del richiedente, mentre, nel caso di sopravvenuto decesso del coniuge cittadino italiano, l'art. 11, comma 2, del d.lgs. n. 30 cit., subordina la conservazione del diritto al soggiorno alla permanenza sul territorio nazionale per almeno un anno prima del decesso ovvero alle ulteriori condizioni alternative previste dalla medesima disposizione (Cass. n. 5303/2014 ; Cass. n. 10925/2019). Cass. I, n. 5378/2020 ha precisato ulteriormente che il requisito della convivenza effettiva del cittadino straniero con il coniuge di nazionalità italiana non è richiesto ai fini del rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno per coloro che rientrano nella categoria di cui all' art. 30, comma 1, lett b), d.lgs n. 286 del 1998, essendo ostativo a tale rilascio o rinnovo solo l'accertamento che il matrimonio fu contratto allo scopo esclusivo di permettere all'interessato di soggiornare nel territorio dello Stato. Dello stesso avviso risulta essere anche Cass. n. 2925/2021. Inoltre Cass. n. 6747/2021 ha precisato che il rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari al cittadino extracomunitario coniuge di cittadino italiano, disciplinato dal d.lgs. n. 30 del 2007, non presuppone la convivenza effettiva dei coniugi e neppure il pregresso regolare soggiorno del richiedente ma, ai sensi dell'art. 30, comma 1-bis, del d.lgs. n. 286/1998, deve essere negato ove il matrimonio risulti fittizio o di convenienza, La Corte di Cassazione sottolinea che a tal fine assumono rilievo le "linee guida" elaborate dalla Commissione europea, contenenti una serie di criteri valutativi che inducono ad escludere l'abuso dei diritti comunitari, e il "manuale" redatto dalla stessa Commissione, recante, invece, l'indicazione degli elementi che fanno presumere tale abuso. Nella fattispecie esaminata la Suprema Corte ha respinto il ricorso contro la decisione, che aveva ritenuto legittimo il diniego del permesso di soggiorno risultando il matrimonio contratto subito dopo il provvedimento di espulsione di uno dei coniugi, conosciutisi appena tre giorni prima, in assenza della prova della consumazione o della successiva convivenza, ma anzi con la dimostrazione del pagamento di un compenso in favore del consorte italiano. Secondo l'insegnamento della giurisprudenza amministrativa, deve considerarsi inammissibile per difetto di giurisdizione il ricorso proposto per la declaratoria dell'obbligo di provvedere con un provvedimento espresso relativamente al silenzio/inadempimento/rigetto serbato dalla Questura, con riferimento all'istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di famiglia, che è oggetto di un diritto soggettivo, come ricavabile dall'art. 30 comma 6, d.lgs. n. 286/1998, il quale, oltre a fare riferimento al diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari, richiama anche « gli altri provvedimenti dell'Autorità amministrativa in materia di diritto all'unità familiare », tra cui rientra anche il diniego di rinnovo (T.A.R. Lazio, Latina, sez. I, n. 516/2022 e T.A.R. Lazio, Latina, sez. I, n. 552/2021). Quanto ai rapporti con l'espulsione, va rilevato che il divieto di espulsione di cui all' art. 19, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 286/1998, costituisce condizione necessaria per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di coesione familiare, sicché non opera qualora, per ragioni di pericolosità sociale, sia stato revocato il titolo di soggiorno dello straniero, anche se fondato sulla medesima condizione soggettiva produttiva dell'inespellibilità (nella specie, matrimonio con cittadina italiana) (Cass. n. 18553/2014 ; Cass. n. 6666/2017). Occorre inoltre considerare che la revoca del permesso di soggiorno per motivi familiari non può costituire presupposto fondante la legittimità del provvedimento di espulsione allorché, a seguito dell'impugnazione ex art. 20 del d.lgs. n. 150/2011, il giudice ordinario competente ex art. 5 del d.lgs. citato ne abbia sospeso l'efficacia esecutiva, atteso che il sindacato giurisdizionale sull'espulsione deve limitarsi all'esame dell'esistenza e dell'efficacia del provvedimento che ha rimosso il precedente titolo di soggiorno, non estendendosi alla valutazione dei presupposti della revoca (Cass. n. 25799/2016). Il visto per ricongiungimento familiare ad un cittadino extracomunitario, coniuge di un cittadino italiano, non può essere rifiutato per il solo fatto che sul suo conto sussista una segnalazione ai fini della non ammissione entro lo spazio Schengen, dovendosi infatti verificare se la presenza di tale persona dia luogo ad una minaccia effettiva, attuale e sufficientemente grave per un interesse fondamentale della collettività e se sia stata rispettata la procedura prescritta, con particolare riguardo alla considerazione degli interessi dello Stato membro che ha effettuato la segnalazione Schengen e che deve essere previamente consultato ex art. 25, par. 1, comma primo, della c.d. CAAS ovvero la Convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen (Cass. n. 10977/2023). Ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari, la valutazione della «pericolosità sociale» del coniuge straniero di cittadino italiano, deve essere svolta alla luce dei criteri indicati nell'art. 20 del d.lgs. n. 302007, potendo essere desunta anche dalla commissione di reati che ledono o mettono in pericolo l'integrità fisica (Cass. n. 19337/2016). Peraltro la sussistenza di ragioni ostative al rilascio del nulla osta al ricongiungimento, per effetto della pericolosità sociale del richiedente, implica la formulazione di un giudizio in concreto, tale da indurre a concludere che lo straniero rappresenti una minaccia concreta ed attuale per l'ordine pubblico e la sicurezza, sì da rendere recessiva la valutazione degli ulteriori elementi contenuti nell'art. 5, comma 5, cit., quali la natura e la durata dei vincoli familiari, l'esistenza di legami familiari e sociali con il paese di origine e, per lo straniero già presente nel territorio nazionale, la durata del permesso di soggiorno pregresso. Ne consegue che, al fine di non incorrere nel vizio di motivazione, è onere dell'autorità amministrativa, prima, e di quella giurisdizionale, poi, esplicitare, in base ai richiamati parametri normativi ed agli elementi di fatto aggiornati all'epoca della decisione ovvero a presunzioni fondate su circostanze concrete ed attuali, le ragioni di tale pericolosità, rispetto alle quali il richiamo a precedenti penali del richiedente, se risalenti nel tempo, può avvenire solo come elemento di sostegno indiretto, quale indicatore della personalità dello stesso (Cass. n. 30342/2021; Cass. n. 7842/2021 e Cass. n. 10977/2023). Cass., 14159/2017 ha affermato che allorché lo straniero domandi il permesso di soggiorno in qualità di marito convivente con una cittadina italiana, e dunque si verifichi la condizione di inespellibilità di cui all' art. 19, comma 2, del d.lgs. n. 286/1998, la condizione ostativa al rilascio del permesso, costituita dalla pericolosità sociale, può essere desunta unicamente dal parametro normativo costituito dai motivi di ordine pubblico e sicurezza dello Stato di cui all'art. 13, comma 1, del menzionato d.lgs., non essendo sufficiente ad integrare tale condizione la commissione di reati gravi ma comuni che non appaiano indicatori di questo peculiare profilo di pericolosità. Peraltro, la verifica della pericolosità sociale costituisce una condizione ostativa del rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari richiesto dal familiare straniero di cittadino italiano o dell'Unione Europea; l'assenza di tale ostacolo deve, pertanto, essere valutata dall'autorità competente per il rilascio del titolo, ovvero per il mantenimento di quello preesistente, ma non per procedere automaticamente all'allontanamento in violazione dei criteri di attribuzione di tale specifica funzione previsti dalla norma (Cass. n. 12071/2013). BibliografiaAcierno, Relazione n. 20100085R del 7 giugno 2010, da Archivio relazioni, in ItalgiureWeb.it; Caineri, sub art. 30 d.lgs. 286/1998, in AA.VV., Codice dell’immigrazione e asilo, a cura di Manzione, Milano, 2018; Cassatella, Il sindacato di legittimità sulle decisioni amministrative in materia migratoria, in Dir. proc. amm., 2017, 816 ss.; D’Antonio, Il riparto di giurisdizione in materia di ingresso, soggiorno e allontanamento dello straniero dal territorio dello Stato italiano, in Dir. proc. amm., 2017, 534 ss.; Di Francia, La condizione giuridica dello straniero in Italia nella giurisprudenza, Milano, 2006; Focarelli, La Convenzione di New York sui diritti del fanciullo e il concetto di «best interests of the child», in Riv. dir. internaz. 2010; Tria, Il diritto all’unità familiare degli stranieri e degli apolidi nell’Unione europea ed in Italia: una prospettiva di sintesi, Milano, 2012. |