Decreto legislativo - 25/07/1998 - n. 286 art. 32 - Disposizioni concernenti minori affidati al compimento della maggiore età. ( Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 30 ).

Andrea Conti

Disposizioni concernenti minori affidati al compimento della maggiore età.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 30).

1. Al compimento della maggiore età, allo straniero nei cui confronti sono state applicate le disposizioni di cui all'articolo 31, comma 1, e, fermo restando quanto previsto dal comma 1-bis, ai minori che sono stati affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, può essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura. Il permesso di soggiorno per accesso al lavoro prescinde dal possesso dei requisiti di cui all'articolo 23 1.

1-bis. Il permesso di soggiorno di cui al comma 1 può essere rilasciato, per il periodo massimo di un anno, per motivi di studio, di accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo previo accertamento dell'effettiva sussistenza dei presupposti e requisiti previsti dalla normativa vigente, al compimento della maggiore età, ai minori stranieri non accompagnati, affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, ovvero sottoposti a tutela, previo parere positivo del Comitato per i minori stranieri di cui all'articolo 33 del presente testo unico, ovvero ai minori stranieri non accompagnati che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell'articolo 52 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394 2.

1-bis.1. La verifica dei requisiti per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato o di lavoro autonomo di cui al comma 1-bis è demandata ai professionisti di cui all'articolo 1 della legge 11 gennaio 1979, n. 12, ovvero alle organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale alle quali il datore di lavoro aderisce o conferisce mandato. Al sopravvenuto accertamento dell'assenza dei requisiti di cui al primo periodo consegue la revoca del permesso di soggiorno e di ciò viene data notizia al pubblico ministero competente3.

1-ter. L'ente gestore dei progetti deve garantire e provare con idonea documentazione, al momento del compimento della maggiore età del minore straniero di cui al comma 1-bis, che l'interessato si trova sul territorio nazionale da non meno di tre anni, che ha seguito il progetto per non meno di due anni, ha la disponibilità di un alloggio e frequenta corsi di studio ovvero svolge attività lavorativa retribuita nelle forme e con le modalità previste dalla legge italiana, ovvero è in possesso di contratto di lavoro anche se non ancora iniziato 4.

1-quater. Il numero dei permessi di soggiorno rilasciati ai sensi del presente articolo è portato in detrazione dalle quote di ingresso definite annualmente nei decreti di cui all'articolo 3, comma 4 5.

[3] Comma inserito dall'articolo 6, comma 1, del D.L. 5 ottobre 2023, n.133, convertito con modificazioni dalla Legge 1° dicembre 2023, n. 176.

Inquadramento

La situazione degli immigrati minorenni si fonda tanto a livello europeo quanto nelle legislazioni nazionali, sulla differenza tra immigrati minorenni inseriti in un contesto familiare e immigrati minorenni non accompagnati.

I minori «accompagnati» sono affidati con provvedimento formale a parenti entro il terzo grado e regolarmente soggiornanti, i minori «non accompagnati» sono i cittadini di Paesi non appartenenti all'Unione europea o gli apolidi di età inferiore ai 18 anni che: a) entrano nel territorio nazionale senza essere accompagnati da una persona adulta, finché una persona per essi responsabile non ne assuma effettivamente la custodia; b) sono stati abbandonati una volta entrati nel territorio nazionale. Entrambe le categorie di minori non accompagnati si vengono a trovare in Italia privi dei genitori o di altri adulti legalmente responsabili della loro assistenza o rappresentanza. Tale differenza, rilevante già nella fase dell'ingresso sul territorio nazionale, ha importanti ricadute anche sul riconoscimento di titoli di soggiorno e sulla previsione di garanzie contro l'allontanamento, i cui effetti si estendono altresì alla situazione conseguente il raggiungimento della maggiore età. 

Il permesso di soggiorno al compimento della maggiore età per minori accompagnati e non accompagnati

In base all'art. 32, comma 1, al compimento della maggiore età, allo straniero al quale al compimento del quattordicesimo anno di età è stato rilasciato il permesso di soggiorno per motivi familiari (cioè «accompagnato»), può essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio, di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura e, in questo caso, il permesso di soggiorno per accesso al lavoro prescinde dal possesso dei requisiti ordinari, di cui all'art. 23.

Il successivo comma 1-bis, aggiunto dal comma 1 dell'art. 25 della l. n. 189/2002 e poi modificato, nel testo attualmente vigente, dalla lett. v) del comma 22 dell'art. 1 della l. 15 luglio 2009, n. 94 e dalla lett. g-bis) del comma 1 dell'art. 3 del d.l. n. 89/2011, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, prevede la possibilità di rilasciare il permesso di soggiorno di cui al comma 1 per motivi di studio, di accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo, al compimento della maggiore età, anche ai minori stranieri non accompagnati, affidati ai sensi dell' art. 2 della l. 4 maggio 1983, n. 184, ovvero sottoposti a tutela, previo parere positivo del Comitato per i minori stranieri di cui all'art. 33 ovvero ai minori stranieri non accompagnati, che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ai sensi dell'art. 52 del d.P.R. n. 394/1999.

Il comma 1-ter, contiene ulteriori disposizioni sui suddetti progetti di integrazione. Inoltre, in base al comma 1-quater «il numero dei permessi di soggiorno rilasciati ai sensi del presente articolo è portato in detrazione dalle quote di ingresso definite annualmente nei decreti di cui all'articolo 3, comma 4».

Dalla complessiva lettura della normativa si desume che il suddetto permesso di soggiorno per integrazione di minore consente esclusivamente di seguire i programmi di inserimento sociale destinati ai minori stranieri abbandonati nel nostro Paese, che a determinate condizioni, al compimento della maggiore età, ottengono la conversione del documento in permesso di soggiorno per motivi di studio o di lavoro autonomo o subordinato. Il minore ha comunque diritto a svolgere tutte le attività che rientrano nell'ambito del diritto-dovere a istruzione-formazione (apprendistato).

Secondo la normativa attualmente vigente, i minori non accompagnati titolari di permesso per affidamento possono convertirlo in uno per studio, accesso al lavoro, lavoro subordinato o autonomo, al compimento dei 18 anni, se: a) sono entrati in Italia da almeno 3 anni, quindi prima del compimento dei 15 anni; b) hanno seguito per almeno 2 anni un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentatività nazionale e sia iscritto negli appositi registri previsti dalla legge; c) frequentano corsi di studio, o svolgono attività lavorativa retribuita nelle forme e con le modalità previste dalla legge, o sono in possesso di contratto di lavoro anche se non ancora iniziato. Ne deriva la grande importanza della suddetta partizione.

La definizione della categoria degli immigrati minorenni non accompagnati è stata oggetto di diversi interventi del legislatore, dei giudici comuni e della Corte Costituzionale, incentrati sulle plurime modifiche susseguitesi nel tempo dell'art. 32. Per effetto di tali modifiche, in un primo momento, si era delineato un quadro in cui: a) per i minori non accompagnati erano richiesti requisiti «qualificati» per ottenere la conversione del permesso di soggiorno; b) per tutti gli altri minori (sia che fossero con i genitori, sia che fossero comunque affidati o sottoposti a tutela) la conversione non richiedeva particolari requisiti. Tale assetto è stato poi modificato dalla legge n. 94/2009 nel senso di richiedere requisiti «qualificati» per la conversione del permesso di soggiorno, non solo ai minori non accompagnati, ma a tutti i minori in affidamento ai sensi dell' art. 2 della l. n. 184/1983 e ai minori sottoposti a tutela (escludendo, quindi, solo i minori cui sono applicabili le disposizioni dell'art. 31, commi 1 e 2, dello stesso d.lgs. n. 286/1998). Ne sono sorti ulteriori problemi interpretativi che hanno provocato ulteriori interventi della Corte costituzionale, finché per effetto della ennesima modifica dell'art. 32 (ad opera del d.l. 23 giugno 2011, n. 89 convertito, con modificazioni, dalla l. 2 agosto 2011, n. 129), il legislatore ha ripristinato la distinzione tra minori stranieri «non accompagnati» e minori stranieri «comunque affidati», prevedendo solo per i primi, ai fini del rilascio del permesso di soggiorno al compimento della maggiore età, la necessità di requisiti ulteriori.

In particolare va rilevato che pur essendo pacifico, nella giurisprudenza della Corte costituzionale, che la regolamentazione dell'ingresso e del soggiorno dello straniero nel territorio nazionale è collegata alla ponderazione di svariati interessi pubblici, quali, ad esempio, la sicurezza e la sanità pubblica, l'ordine pubblico, i vincoli di carattere internazionale e la politica nazionale in tema di immigrazione, tale ponderazione spetta in via primaria al legislatore ordinario, il quale possiede in materia un'ampia discrezionalità, limitata, sotto il profilo della conformità a Costituzione, soltanto dal vincolo che le sue scelte non risultino manifestamente irragionevoli (si vedano, per tutte, Corte cost. n. 206/2006; Corte cost.  ord.  n. 361/ 2007; Corte cost. n. 148/2008).

Inoltre è consolidato il principio secondo cui «lo straniero è titolare di tutti i diritti fondamentali che la Costituzione riconosce spettanti alla persona (vedi sul punto Corte cost. n. 203/1997; Corte cost. n. 252/2001; Corte cost. n. 432/ 2005; Corte cost. n. 324/ 2006), da cui deriva «il rispetto, da parte del legislatore, del canone della ragionevolezza, espressione del principio di eguaglianza, che, in linea generale, informa il godimento di tutte le posizioni soggettive» (ex multis sentenze Corte cost. n. 148/2008 e Corte cost. n. 40/2011). Pertanto è difficile sostenere che sia ragionevole attribuire il medesimo trattamento alle suindicate situazioni, solo perché accomunate dalla non vivenza con i genitori. Né va omesso di considerare che la suddetta parità di trattamento sarebbe ancora meno compatibile con il diritto UE e con la CEDU (spec. art. 8), salvo restando che la determinazione della nozione di «minore non accompagnato» non sempre è agevole, nella sua pratica applicazione, perché è influenzata, a volte, dai rapporti con istituti di diritto familiare propri di Paesi terzi, di non facile inserimento in ambito europeo (tra i quali per esempio la kafalah, di cui al commento dell'art. 31).

Al fine di poter ottenere il rilascio dalla competente Amministrazione questorile di un permesso di soggiorno di conversione del permesso di soggiorno rilasciato per minore età, i requisiti fissati dall' art. 32 d.lg s . n. 286 del 1998 — ossia la permanenza del minore sul territorio nazionale da non meno di tre anni e la previa acquisizione e l'aver seguito un progetto di integrazione sociale e civile per un periodo non inferiore a due anni — devono intendersi come inderogabili, giacché consentire la conversione del permesso di soggiorno per minore età in difetto dei sopra descritti requisiti comporterebbe una scelta interpretativa che avrebbe l'effetto di incoraggiare l'immigrazione clandestina di minori in procinto di raggiungere la maggiore età (T.A.R. Emilia-Romagna, sez. I, n. 329/2019).

Il parere del Comitato per i Minori Stranieri

Per il rilascio del permesso di soggiorno alla maggiore età, la legge richiede in alcuni casi di acquisire il parere favorevole del Comitato per i minori stranieri, un organo presso il Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali che ha la funzione di vigilare sulle modalità di soggiorno dei minori stranieri temporaneamente ammessi sul territorio dello Stato e di coordinare le attività delle amministrazioni interessate.

Le funzioni precedentemente svolte dal Comitato per i minori stranieri sono state trasferite alla Direzione Generale dell'immigrazione e delle Politiche di Integrazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Il parere è richiesto per le persone che, durante la minore età, sono state affidate a comunità o enti di assistenza (art. 2 della l. n. 184/1983), qualora non possano dimostrare di essere in Italia da tre anni e di avere seguito un progetto di integrazione sociale di almeno due anni.

Il parere del Ministero dovrebbe essere richiesto dal primo momento in cui risulta la presenza di un minore straniero in Italia, privo dei genitori o di altro adulto che esercita legalmente la potestà.

La richiesta deve essere fatta da pubblici ufficiali (compreso il Questore), incaricati di pubblico servizio e da enti, in particolare che svolgono attività sanitaria o di assistenza, i quali vengano comunque a conoscenza dell'ingresso o della presenza sul territorio dello Stato di un minorenne straniero non accompagnato Se il parere non è stato richiesto, il Ministero dell'Interno ha dichiarato che dovrebbe essere richiesto da parte dell'affidatario del minore, prima di presentare la domanda di rilascio del permesso di soggiorno alla maggiore età, inviando alla suddetta Direzione Generale una domanda usando il modulo messo a disposizione sul sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Se il Ministero non risponde alla richiesta del parere spesso i minori stranieri non accompagnati in età prossima ai diciotto anni non ottengono un parere della Direzione Generale dell'immigrazione e delle Politiche di Integrazione del Ministero del Lavoro. In alcuni casi non risulta che sia mai stato richiesto dai servizi sociali o dalla struttura di accoglienza in cui i ragazzi erano ospitati. Alla maggiore età, può essere negato il rilascio di un permesso di soggiorno e possono ricevere un decreto di espulsione.

La Questura non può rifiutare il rilascio del permesso di soggiorno solamente perché manca il parere dal Ministero.

In base ai principi generali sul procedimento amministrativo, è responsabilità della Questura promuovere l'emissione del parere del Ministero riguardo all'opportunità che il richiedente prosegua o meno il soggiorno in Italia.

Si segnala che con decreto direttoriale in data 27 febbraio 2017 la Direzione Generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione ha adottato nuove «Linee-Guida dedicate al rilascio dei pareri per la conversione del permesso di soggiorno dei minori stranieri non accompagnati al compimento della maggiore età». Le Linee Guida mirano a uniformare sul territorio nazionale l'attuazione dell'art. 32, comma 1-bis, in particolare per quanto concerne il rilascio del parere positivo da parte della Direzione Generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione per la conversione del permesso di soggiorno dei Minori Non Accompagnati al compimento del 18esimo anno di età.

Al contempo, le Linee Guida offrono indicazioni più chiare ed esplicative ai soggetti coinvolti nel procedimento relativo al rilascio del parere. In particolare, sono forniti chiarimenti e indicazioni sui termini e sulle modalità di richiesta e di rilascio del parere, nonché sui casi in cui il parere non deve essere chiesto.

L' art. 13 l. 7 aprile 2017 n. 47 stabilisce al comma 1-bis che il mancato rilascio del parere richiesto non può legittimare il rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno. Si applica l'art. 20, commi 1, 2 e 3, della l. 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

Secondo la giurisprudenza amministrativa il parere del Comitato per i minori stranieri, richiesto espressamente anche per i minori sottoposti a tutela, dall'art. 32, a seguito delle modifiche di cui al d.l. n. 89/2011, convertito nella l. n. 129/2011, non è considerato dalla giurisprudenza più recente un onere a carico dell'interessato, ma costituisce una fase endoprocedimentale facente capo all'Amministrazione procedente. L'acquisizione di tale parere non può essere, pertanto, posta a carico dell'istante, con conseguente illegittimità del diniego di conversione del permesso di soggiorno fondato sulla mancanza del parere (vedi in tal senso tra le ultime T.A.R. Lazio II, 4 gennaio 2016 n. 26; T.A.R. Emilia Romagna (Bologna) I, 3 febbraio 2016 n. 147).

L'art. 32, comma 1-bis, d.lgs. n. 286/ 1998 ha ripristinato la distinzione tra « minori stranieri non accompagnati » e « minori stranieri, non accompagnati, ma affidati ex artt. 2 e 4 l. n. 184/ 1983 o sottoposti a tutela ex art. 343 c.c. ». Per i « minori non accompagnati » la predetta norma impone, ai fini del rilascio, al compimento della maggiore età, del permesso di soggiorno per motivi di studio, di accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo, la frequenza per almeno due anni del progetto di integrazione sociale e civile e la correlata permanenza in Italia per almeno tre  anni. Un tanto differentemente da quanto previsto per i minori affidati o sottoposti a tutela, per i quali è sufficiente il mero parere favorevole del Comitato per i minori stranieri ( T.A.R. Trentino-Alto Adige, Bolzano, sez. I, n. 294/2019 ).

Da ultimo, si deve ricordare che ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro nell'ipotesi di minore sottoposto a tutela, non è necessario ottenere in via preventiva il permesso di soggiorno per minore età, ma è indispensabile solo il parere del Comitato per i minori stranieri, che costituisce requisito endoprocedimentale facente capo all'Amministrazione procedente e non anche requisito di formalità posto a carico dell'istante (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, n. 1166/2018).

Le recenti modifiche normative

L'art. 32, comma 1-bis, d.lgs. n. 286/1998 è stato sostituito dall'articolo 4-bis, comma 1, d.l. n. 20/2023 (c.d. d.l. Cutro), convertito con modificazioni dalla legge 5 maggio 2023, n. 50.

Le modifiche apportate sono tre.

Con la prima, si dispone che il permesso di soggiorno ottenibile dal minore non accompagnato al compimento della maggiore età possa essere rilasciato per il periodo massimo di un anno. In tal senso, si differenzia la durata dei permessi di soggiorno per i minori non accompagnati di cui all'art. 32, comma 1-bis, rispetto ai minori conviventi con genitori stranieri ovvero affidati a genitori stranieri di cui all'articolo 31, comma 1, d.lgs. 286/1998 per i quali la durata del permesso di soggiorno è quella prevista in via generale dalle disposizioni vigenti per ciascuna tipologia di permesso.

Con la seconda modifica si introduce un inciso volto a specificare che la conversione del permesso per minore età in altro permesso di soggiorno è possibile previo accertamento dell'effettiva sussistenza dei presupposti e requisiti previsti dalla normativa vigente.

Sul punto si noti che tale modifica normativa pone dei problemi di cordinamento con quanto stabilito dall'art. 32, comma 1, d.lgs. 286/1998, con riferimento specifico al permesso di soggiorno per accesso al lavoro. Il comma 1 stabilisce, infatti, che, in caso di permesso di soggiorno rilasciato al compimento della maggiore età, si possa prescindere dagli specifici requisiti previsti per tale tipologia di permesso di soggiorno dall'articolo 23, comma 1 d.lgs. n.286/1998 (vale a dire lo svolgimento di attività di istruzione e di formazione professionale e civico-linguistica nei Paesi di origine).

Con la terza modifica, si dispone l'abrogazione degli ultimi due periodi dell'art. 32, comma 1-bis, ossia della previsione che il mancato rilascio del parere da parte del Ministero del lavoro non possa legittimare il rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno- nonché della previsione dell'applicazione al procedimento di conversione dell'istituto del silenzio assenso(mediante la soppressione del rinvio all'art. 20, commi 1, 2 e 3 l. n. 241/1990).

L'art. 20, commi 1-3, della legge n. 241/1990 in materia di silenzio-assenso dispone che nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell'amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all'interessato, nel termine di legge, il provvedimento di diniego. La possibilità di applicare nel caso di specie lo strumento del silenzio-assenso costituisce una deroga al principio stabilito dall'art. 20, comma 4, l. n. 241/1990, in base al quale esso non si applica, tra gli altri, ai procedimenti riguardanti l'immigrazione, l'asilo e la cittadinanza.

In proposito, giova ricordare, che tali disposizioni sono state aggiunte al comma 1-bis dell'articolo 32 dalla l. n. 47/2017 (art. 13, comma 1) e, successivamente, i due ultimi periodi del comma 1-bis sono stati dapprima abrogati ad opera del decreto-legge n. 113/ 2018 (articolo 1, comma 1, lettera n-bis)) e poi reintrodotti dal d.l. n. 130/ 2020 (articolo 1, comma 1, lettera h). La novella del 2023 in commento torna nuovamente a disporne l'abrogazione.

Da ultimo, l'art. 6, comma 1, d.l. n. 133/2023 ha aggiunto all'art. 32 il comma 1-bis.1, introducendo due novità per l'ipotesi in cui si chieda la conversione per il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato o di lavoro autonomo.

In primo luogo, si prevede che la verifica dei requisiti previsti dalla normativa vigente è demandata ai professionisti iscritti negli albi dei consulenti del lavoro, o degli avvocati e procuratori legali, o dei dottori commercialisti o dei ragionieri e periti commerciali (di cui all'art. 1 l. n. 12/1979), ovvero alle organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale alle quali il datore di lavoro aderisce o conferisce mandato. Il richiamato art. 1 l. n. 12/1979 attribuisce ai professionisti iscritti nei suddetti albi la possibilità di svolgere gli adempimenti in materia di lavoro relativi al personale dipendente, quando questi non sono curati dal datore di lavoro.

Si ricorda che analoga previsione è contenuta nell'art. 44 d.l. n. 73/2022 con riferimento alla verifica della sussistenza dei presupposti contrattuali richiesti dalla normativa vigente ai fini dell'assunzione di lavoratori stranieri e del rilascio del nulla osta al lavoro. Anche in tale casi, infatti, la verifica è affidata ai suddetti professionisti e alle suddette organizzazioni datoriali.

In secondo luogo, la novella stabilisce che il sopravvenuto accertamento dell'assenza dei requisiti determina la revoca del permesso di soggiorno e la conseguente comunicazione di ciò al pubblico ministero competente.

A tale riguardo si ricorda che l'art. 5, comma 5, d.lgs. n. 286/1998 stabilisce il principio generale in base al quale il permesso di soggiorno in corso di validità può essere revocato se vengono a mancare i requisiti previsti per l'ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che  ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili.

Si ricorda, inoltre, che la normativa vigente esclude che si possa procedere a revoca del permesso di soggiorno del lavoratore straniero in caso di perdita del posto di lavoro, anche per dimissioni (art. 22 d.lgs. n. 286/1998). In questo caso, alla sua scadenza, il permesso di soggiorno verrà rinnovato per un periodo di un anno massimo, previa iscrizione nelle liste di collocamento da parte del cittadino straniero (permesso attesa occupazione).

La definizione normativa di minore straniero non accompagnato

La legge 7 aprile 2017, n. 47, recante «Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati» nel delimitare l'ambito di applicazione definisce all'art. 2 il «minore straniero non accompagnato» come il minorenne non avente cittadinanza italiana o dell'UE che si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato o che è altrimenti sottoposto alla giurisdizione italiana, privo di assistenza e di rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell'ordinamento italiano.

Si tratta dei minori stranieri che arrivano in Italia senza genitori o figure adulte di riferimento che in virtù delle nuove disposizioni non potranno essere respinti e saranno tutelati da un sistema di protezione e di inclusione uniforme garantendo altresì un'applicazione uniforme delle norme per l'accoglienza su tutto il territorio nazionale. Innanzitutto c'è la chiara e netta  riaffermazione del principio di inespellibilità dei minori stranieri soli dal territorio italiano, già sancito a livello internazionale dalla Convenzione del Fanciullo e a livello nazionale dall'art. 19 d.lgs. n. 286/1998. La legge disciplina poi le procedure per garantire: 1) un sistema organico e specifico di accoglienza, 2) standard omogenei per l'accertamento dell'età e l'identificazione, 3) la protezione dell'interesse del minore, tramite: l'istituzione di regole più chiare per la nomina dei tutori con l'istituzione dell'albo dei tutori volontari a cura dei tribunali per i minorenni; 4) il diritto alla salute e all'istruzione; 5) il diritto all'ascolto per i minori stranieri non accompagnati nei procedimenti amministrativi e giudiziari che li riguardano e all'assistenza legale, avvalendosi del gratuito patrocinio a spese dello Stato.

Ai sensi dell'art. 2 della l. n. 47/2017 deve qualificarsi come «minore straniero non accompagnato», ai fini dell'applicazione degli istituti di tutela apprestati dall'ordinamento, il minore che, non solo sia privo di assistenza materiale, ma che sia anche privo di soggetti che ne abbiano la rappresentanza legale in base alle leggi vigenti nell'ordinamento italiano, allo scopo di garantirne l'interesse superiore e di esercitare la capacità di agire per suo conto, ove necessario. Ne deriva, pertanto, che è competente il tribunale per i minorenni e non il tribunale ordinario in funzione di giudice tutelare all'apertura di una tutela per un minore straniero, privo di genitori sul territorio nazionale, ma da questi affidato, con atto notarile, alle cure ed alla rappresentanza legale del fratello dimorante in Italia, non potendosi considerare tale forma di delega della responsabilità genitoriale valida nel nostro ordinamento (Cass. n. 9199/2019).

Bibliografia

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