Legge - 1/12/1970 - n. 898 art. 2

Giuseppe Pagliani
Francesco Maria Bartolini

1. Nei casi in cui il matrimonio sia stato celebrato con rito religioso e regolarmente trascritto, il giudice, quando, esperito inutilmente il tentativo di conciliazione di cui al successivo art. 4, accerta che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita per l'esistenza di una delle cause previste dall'art. 3, pronuncia la cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio.

Inquadramento

L'art. 2 della l. 1 dicembre 1970, n. 898, detta le norme relative al divorzio con riferimento alla cessazione di quegli effetti civili che il nostro ordinamento riconosce al matrimonio religioso quando esso è trascritto nei registri dello stato civile. La progressiva laicizzazione dello Stato ha condotto a differenziare sempre più negli usi e nelle coscienze il matrimonio civile da quello che tradizionalmente è celebrato in chiesa, ad opera del sacerdote. Quando si è trattato di introdurre nella legislazione il divorzio, si è dovuto tener conto della fondamentale diversità di concezione che divide il diritto civile da quello canonico, diversità che è poi la fonte  e la ragione di rilevanti difformità di effetti e di disciplina giuridica. Per il diritto canonico (quello che fu preso in considerazione nel 1970, e che impegnava l'Italia attraverso i Patti Lateranensi) il matrimonio è un sacramento indissolubile che non può essere sciolto per mera volontà dei coniugi; di esso è possibile unicamente l'annullamento per vizi che ne tradiscono la sostanza e le finalità. Per questi motivi del vincolo religioso possono essere dichiarati cessati nel nostro ordinamento unicamente gli effetti che interessano il diritto civile, ferma l'indissolubilitàdel sacramento per quanto concerne il culto cattolico. La divergente disciplina trova giustificazione nel fatto che il diritto interno considera il matrimonio a livello di un accordo tra persone consenzienti, disciplinato in dettaglio dalla legge per quanto concerne diritti, doveri e risvolti di responsabilità verso la prole.

Nella prima delle fattispecie previste dalla normativa (art. 1 l. n. 898/1970) è sciolto il legame giuridico che il nostro diritto positivo considera sostanzialmente di natura contrattuale, sia pure permeato di rilevanti aspetti di interesse pubblico. Nel secondo caso vengono a cessare gli effetti di diritto civile e sono rispettati e fatti salvi gli effetti del matrimonioreligioso, che persiste secondo le regole del diritto canonico che gli sono proprie. Nonostante questa base differenziale la disciplina del vero e proprio scioglimento del matrimonio civile e quella della cessazione degli effetti civili del matrimonio religioso è poi la medesima per quanto ne riguarda i presupposti: l'uno e l'altro evento si verificano (oltre che con la morte di uno dei coniugi o) soltanto nei casi previsti dalla legge. Questi sono i casi in cui è accertato il venir meno della comunione spirituale e materiale dei coniugi; in cui si sussiste una delle situazioni oggettive di cui all'art. 3 l. n. 898/1970; e in cui non giunge a buon esito il tentativo di conciliazione esperito dal giudice.

Va precisato che le norme di cui all'art. 1  e all'art. 2 della legge sul divorzio riguardano il rapporto matrimoniale e non anche l'atto di matrimonio di per sé, per quanto ne concerne la sua validità. La precisazione è rilevante, posto che la pronuncia di divorzio produce effetti dal momento in cui diventa efficace, quindi, ex nunc; mentre la dichiarazione di nullità del matrimonio retroagisce a togliere effetti sino dalla celebrazione. La pronuncia di invalidità preclude la presentazione della domanda di divorzio, la quale ha per presupposto un legame matrimoniale giuridicamente esistente e valido. Se nel corso del procedimento di divorzio sorge questione relativa alla validità dell'atto di matrimonio, questa questione deve essere decisa in via pregiudiziale e, inoltre, con autorità di giudicato, essendo relativa a uno status personale.

In concreto la pronuncia di divorzio concernente il matrimonio civile lo dichiara sciolto; la pronuncia concernente il matrimonio concordatario cancella la trascrizione che gli attribuiva gli effetti civili nel nostro ordinamento. Analoga cancellazione è ordinata nella pronuncia riguardante il matrimonio celebrato secondo il rito proprio ai culti ammessi nello Stato.

Accordi con gli esponenti di confessioni religiose riconosciute nello Stato consentono la trascrizione dei matrimoni celebrati secondo il rito da esse previsto, con pieni effetti nell'ordinamento interno. Sul punto si veda Calvigioni, La trascrizione del matrimonio di un culto ammesso nello Stato, Fam. e dir., 2020, 11, 1052.

L'art. 2 l. n. 898/1970 non è stato modificato dalla riforma del processo civile disposta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, che pure ha introdotto alcune innovazioni alla legge n. 898/1970. Non è stato aggiornato il rinvio che la norma citata effettua all'art. 4, che il detto decreto ha abrogato con effetto per le controversie instaurate a decorrere dal 28 febbraio 2023.

L'istituto non interferisce con la disciplina ecclesiastica: lo Stato italiano, attraverso il concordato con la Santa Sede, non ha recepito la disciplina canonistica del matrimonio tantomeno in tema di indissolubilità, essendosi limitato a riconoscere al matrimonio, contratto con il rito canonico, e regolarmente trascritto, gli stessi effetti di quello celebrato davanti all'ufficiale di stato civile, ferma restando la regolamentazione di tali effetti, anche quanto alla loro permanenza nel tempo, secondo le norme del proprio ordinamento (Cass. I, n. 24494/2006: alla stregua di tale principio la Suprema Corte ha ritenuto immune da vizi logici e giuridici la sentenza di merito che aveva ritenuto irrilevante l'opposizione al divorzio di uno dei coniugi in ragione delle sue convinzioni religiose; conforme Cass. civ. III, n. 18202/2008).

Matrimonio religioso e Costituzione

La normativa vigente ha risolto le questioni concernenti gli effetti delle pronunce giudiziarie civili di divorzio con riferimento al matrimonio celebrato con rito religioso: permane il vincolo religioso, impeditivo di un successivo matrimonio con il medesimo rito, mentre il divorzio produce gli effetti del diritto civile e non preclude un altro matrimonio ai soli effetti civili. Problemi interpretativi e applicativi erano sorti per quanto concerne la situazione inversa, relativa all'efficacia da attribuire alla sentenza ecclesiastica di annullamento del vincolo concordatario. Secondo l'accordo originario tra l'Italia e lo Stato Vaticano, le questioni di nullità del matrimonio concordatario erano tutte riservate ai tribunali ecclesiastici, con conseguente esclusione della giurisdizione del giudice ordinario civile. La materia fu poi ridisciplinata dall'Accordo di revisione del Concordato lateranense (reso esecutivo con legge 28 marzo 1985, n. 121). Le pattuizioni raggiunte con tale trattato hanno modificato profondamente il sistema di ripartizione delle giurisdizioni. Quella ecclesiastica è stata riconosciuta sussistente e confermata per quanto riguarda le controversie relative alla validità dell'attomatrimoniale in sé, in quanto celebrato secondo le norme canoniche, Quella civile è stata rivolta a conoscere: della trascrizione del matrimonio nei registri dello stato civile; dell'efficacia di questa trascrizione; del regime di diritto sostanziale del rapporto coniugale; della separazione e del divorzio. Secondo questa distinzione, spetta alle autorità religiose conoscere dei vizi che impediscono il legame coniugale inteso come un sacramento (i c.d. bona matrimonii: scopo della procreazione, ecc…). Compete al giudice civile conoscere delle cause di invalidità del matrimonio, sotto il profilo negoziale,  conformemente alle norme del diritto civile (insufficiente età dei nubendi, incapacità psichica, parentela e simili), oltre che delle eventuali insufficienze degli adempimenti relativi alla trascrizione; e di conoscere degli effetti civili dei procedimenti di separazione e divorzile. Si accenna in dottrina alla contemporanea sussistenza di due giurisdizioni autonome e parallele.

Pregiudizialità ecclesiastica

Risulta, anche in forza dell'evoluzione della normativa, ormai superata la questione che ipotizzava un rapporto di pregiudizialità della giurisdizione civile su quella ecclesiastica o viceversa. Sul punto si era già espressa in tal senso la giurisprudenza: “Non esiste rapporto di pregiudizialità tra il giudizio civile di cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario e il giudizio di delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio dal momento che il primo non implica il previo accertamento della validità dell'atto di matrimonio, oggetto del secondo” (App. Bologna, I, 26 gennaio 2015, n. 138). Non sussiste alcun rapporto di pregiudizialità tra il giudizio di nullità del matrimonio concordatario e quello avente ad oggetto la cessazione degli effetti civili dello stesso tali da giustificare la sospensione necessaria del secondo ex art. 295 c.p.c. nella pendenza del primo ed in attesa della sua definizione. I due procedimenti sono tra loro autonomi in quanto aventi finalità e presupposti diversi destinati a sfociare in decisioni di natura tra loro diversa, ciascuna con specifico rilievo in ordinamenti distinti (Trib. Savona, 10 dicembre 2014, n. 1613).

 Quanto agli effetti del giudicato: una volta che nel giudizio con il quale sia stata chiesta la cessazione degli effetti civili di un matrimonio concordatario venga accertata la spettanza, ad una delle parti, dell'assegno di divorzio, ed una volta che su di essa si sia formato il giudicato, la relativa statuizione si rende intangibile ai sensi dell'art. 2909 c.c. anche nel caso in cui successivamente ad essa sopravvenga la delibazione di una sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio (Cass. I, n. 4202/2001).

Le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno affermato che il riconoscimento dell'efficacia della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio religioso, intervenuto dopo il passaggio in giudicato della pronuncia di cessazione degli effetti civili ma prima che sia divenuta definitiva la decisione in ordine alle relative conseguenze economiche, non comporta la cessazione della materia del contendere nel giudizio civile avente a oggetto lo scioglimento del vincolo coniugale, il quale può dunque proseguire ai fini dell'accertamento della spettanza e della liquidazione dell'assegno divorzile (Cass. S.U. n. 9004/2021). Nello stesso senso Cass. I, n. 1882/2019. Nel senso che la sopravvenienza della dichiarazione di efficacia della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio religioso esclude l'incidenza sulle statuizioni di ordine economico conseguenti alla pronuncia di cessazione degli effetti civili, qualora le stesse siano già divenute definitive, v. ex multis Cass. I, n. 21331/2013.  

Le disposizioni del c.d. diritto internazionale privato, l. n. 218/1995, hanno abrogato gli artt. 796 e seguenti c.p.c. che prevedevano una speciale procedura dinanzi alla Corte d'appello per la dichiarazione di efficacia e per l'esecuzione delle sentenze straniere. La Corte costituzionale dichiarò ancora vigenti le norme abrogate con riguardo ai provvedimenti dell'autorità ecclesiastica vaticana, in quanto per essi deve farsi riferimento a quanto previsto nei trattati con la Chiesa cattolica. Fu in proposito affermato essere tuttora operante l'art. 797, nell'ambito regolato dall'Accordo di revisione del Concordato lateranense (l. 25 marzo 1985, n. 121) per l'espresso richiamo, di natura materiale e non formale, agli artt. 796 e 797 c.p.c. ivi contenuto. Di conseguenza la dichiarazione di efficacia e l'esecuzione dei provvedimenti dichiarativi della nullità matrimoniale secondo il diritto canonico sono tuttora subordinate all'accertamento dei requisiti di cui all'art. 797 c.p.c. (Cass. n. 274/2011, Cass. S.U. n. 19809/2008).

Il terreno di confronto tra giurisdizione italiana e giurisdizione vaticana è costituito soprattutto dalle dichiarazioni di nullità del matrimonio pronunciate dalle autorità ecclesiastiche e delle quali si chiede il riconoscimento nello Stato. In particolare, si afferma, i rapporti fra giurisdizione ecclesiastica e giurisdizione civile sono disciplinati sulla base di un principio di prevenzione a favore di quest'ultima, essendo venuta meno, giusta l'art. 8, n. 2, dell'Accordo predetto, la riserva di giurisdizione del tribunale ecclesiastico sulle cause di nullità dei matrimoni concordatari (v. ad es.: Cass. I, n. 18627/2014). Per quanto riguarda la rilevanza della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio religioso con riferimento al pendente procedimento di divorzio, almeno due sono essenzialmente le condizioni perché essa abbia efficacia ai fini civili. Occorre che la dichiarazione di nullità sia passata in giudicato, secondo le norme canoniche (art. 797, n. 4: Cass. I, n. 274/2011; Cass. I, n. 11416/2014). Ed occorre, anche, che la sentenza ecclesiastica non contenga disposizioni contrarie all'ordine pubblico italiano. Su questo specifico punto la giurisprudenza ha ravvisato un ostacolo al riconoscimento della pronuncia ecclesiastica nel fatto che la convivenza tra i coniugi si sia protratta per almeno tre anni. La convivenza, quale elemento essenziale del matrimonio-rapporto, ove protrattasi per almeno tre anni dalla celebrazione del matrimonio concordatario, integra una situazione giuridica di ordine pubblico italiano, la cui inderogabile tutela trova fondamento nei principi supremi di sovranità e di laicità dello Stato, già affermati dalla Corte costituzionale con le sentenze n. 18 del 1982 e n. 203 del 1989, ed è ostativa alla dichiarazione di efficacia della sentenza di nullità pronunciata dal tribunale ecclesiastico per qualsiasi vizio genetico del matrimonio-atto (Cass. S.U. n. 16379/2014). Il principio è stato affermato considerandosi che la convivenza triennale come coniugi assurge a situazione giuridica ostativa alla delibazione della sentenza canonica di nullità del matrimonio in quanto è caratterizzata da una complessità fattuale strettamente connessa all'esercizio di diritti, adempimento di doveri e assunzione di responsabilità di natura personalissima (Cass. I, ord. n. 17910/2022; Cass. I, n. 18695/2015).

 

L'art 2 l. 1 dicembre 1970 n. 898, il quale disciplina la cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio religioso, manifestamente non si pone in contrasto con gli art. 2, 3, 7, 10, 29, 31 cost. (Cass. I, n. 24494/2006; Cass. III, n. 18202/2008). Sulla conformità a Costituzione dell'art. 2l. 1 dicembre 1970 n. 898, nella parte in cui prevede che il giudice italiano possa pronunciare la cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del  matrimonio celebrato con il rito religioso, si veda Corte. cost. n. 169/1971). La giurisprudenza ha individuato alcuni limiti di ammissibilità della delibazione in circostanze ulteriori rispetto a quelle indicate come limite della giurisdizione nei trattati: “ In caso di apposizione al vincolo matrimoniale di una condizione "pro futuro", ex art. 1102, par. 1, del codice canonico (nella specie consistente nella maggiore affettività "post nuptias" dell'altro coniuge), l'esecutività della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario postula che la condizione sia stata manifestata all'altro coniuge, ovvero sia stata da questi conosciuta o non colpevolmente ignorata; in mancanza, la delibazione è impedita dalla contrarietà all'ordine pubblico italiano, nel cui ambito va ricompreso il principio fondamentale di tutela della buona fede e dell'affidamento del coniuge incolpevole (Cass. I, ord. n. 15142/2023); In tema di delibazione di sentenze ecclesiastiche, la convivenza "come coniugi" - pur costituendo un elemento essenziale del "matrimonio-rapporto" ove protrattasi per almeno tre anni dalla celebrazione ed integrando una situazione giuridica di "ordine pubblico italiano" - non è di ostacolo alla dichiarazione di efficacia della sentenza ecclesiastica di nullità per vizi genetici del "matrimonio-atto" che siano a loro volta presidiati da nullità nell'ordinamento italiano; in particolare, tale limite non opera rispetto alla delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità per un vizio psichico che renda incapaci a contrarre matrimonio, corrispondente a quello pure previsto nell'ordinamento italiano dall'art. 120 c.c. (Cass. I, ord. n. 149/2023).

Il giudizio di delibazione della sentenza di nullità del matrimonio pronunciata dal tribunale ecclesiastico, promosso da uno solo dei coniugi, è un ordinario giudizio di cognizione, al quale si applicano gli artt. 796 e 797 c.p.c., essendo pertanto nulla, per violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, la sentenza pronunciata a definizione del procedimento, senza che siano concessi i termini previsti dall'art. 190 c.p.c. (Cass. I, ord. n. 838/2023).

I presupposti in fatto

I presupposti in fatto che fondano la domanda e la pronuncia di  cessazione degli effetti civili del matrimonio religioso sono gli stessi che valgono a proposito dello scioglimento del matrimonio civile. Al riguardo si fa rinvio al commento del precedente art. 1 l. 1 dicembre 1970, n. 898.

Bibliografia

Amadio, Macario, Diritto di famiglia, Torino, 2016; F. Bartolini, M. Bartolini, Commentario sistematico del diritto di famiglia, Piacenza, 2016, 98 s.s.; ; F. e M. Bartolini, Commentario sistematico del diritto di famiglia, Piacenza, 2016, 159 ss.; Bartolini, La riforma del processo civile, Piacenza, 2023, p. 94 s.s.; Bianca, Diritto civile, 2, Milano, 2005; Bonilini, Manuale del diritto di famiglia, 10° ediz. Torino, 2022;  Bonilini, Manuale del diritto di famiglia, 10° ediz. Torino, 2022;  Califano, La famiglia ed i figli nella Costituzione italiana, in I diritti costituzionali, a cura di Nania e Ridola, Torino 2006, 926; De Filippis, Il nuovo diritto di famiglia dopo la riforma Cartabia, Milano, 2023; Fasano, L’eccezione di convivenza triennale dei coniugi sotto il profilo dell’anomala convivenza, ilfamiliarista 11-17/3/2021; Gascone, Ardesi, Gioncale, Diritto di famiglia e minorile, Milano, 2021;  Giordano, Simeone (a cura di), La riforma del diritto di famiglia: il nuovo processo, Milano, 2023, 39 s.s.; Gragnani, Trasformazione del rito e irrevocabilità del consenso in caso di separazione consensuale formalizzata in corso di causa, ilfamiliarista 22-28/7/2021; Ninatti, Famiglia e integrazione europea, in Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, a cura di Gianniti, in Commentario del codice civile e dei codici collegati Scialoja-Branca-Galgano, a cura di De Nova, Bologna-Roma 2012, 1022 ss.; Principato, I profili costituzionali della famiglia come canone ermeneutico, soggetto giuridico e fattispecie, in Giur. cost. 2015, 02, 0649; Principato, Il diritto all’abitazione del convivente more uxorio e la tutela costituzionale della famiglia, anche fondata sul matrimonio, nota a Corte cost., ord. 14 gennaio 2010 n. 7, in Giur. cost. 2010, 118; Ruscello, Diritto di famiglia, Milano, 2020; Sesta, Manuale del diritto di famiglia, 10° ediz., Padova, 2023.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario