Codice Civile art. 267 - Trasmissibilità dell'azione 1

Valeria Montaruli
Francesco Bartolini

Trasmissibilità dell'azione 1

[I]. Nei casi indicati dagli articoli 265 e 266, se l'autore del riconoscimento è morto senza aver promosso l'azione, ma prima che sia scaduto il termine, l'azione può essere promossa dai discendenti, dagli ascendenti o dagli eredi [246].

[II]. Nel caso indicato dal primo comma dell'articolo 263, se l'autore del riconoscimento è morto senza aver promosso l'azione, ma prima che sia decorso il termine previsto dal terzo comma dello stesso articolo, sono ammessi ad esercitarla in sua vece i discendenti o gli ascendenti, entro un anno decorrente dalla morte dell'autore del riconoscimento o dalla nascita del figlio se si tratta di figlio postumo o dal raggiungimento della maggiore età da parte di ciascuno dei discendenti 2.

[III]. Se il figlio riconosciuto è morto senza aver promosso l'azione di cui all'articolo 263, sono ammessi ad esercitarla in sua vece il coniuge o i discendenti nel termine di un anno che decorre dalla morte del figlio riconosciuto o dal raggiungimento della maggiore età da parte di ciascuno dei discendenti 3.

[IV]. La morte dell'autore del riconoscimento o del figlio riconosciuto non impedisce l'esercizio dell'azione da parte di coloro che ne hanno interesse, nel termine di cui al quarto comma dell'articolo 263  4.

[V]. Si applicano il sesto comma dell'articolo 244 e l'articolo 245  5.

 

 

[1] L’art. 7, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha sostituito il Titolo, modificando la rubrica del Titolo (la precedente era «Della filiazione»), e sostituendo le parole «Capo II. "Della filiazione naturale e della legittimazione"»; «Sezione I. "Della filiazione naturale» e la rubrica del paragrafo 1 «Del riconoscimento dei figli naturali» con le parole: «Capo IV. "Del riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio"».

[2] Comma aggiunto dall'art. 30, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154. Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014. Per la decorrenza del termine per proporre l'azione di impugnazione di cui al presente articolo, v. art. 104, comma 10, del d.lg. n. 154, cit.

[3] Comma aggiunto dall'art. 30, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154. Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014. Per la decorrenza del termine per proporre l'azione di impugnazione di cui al presente articolo, v. art. 104, comma 10, del d.lg. n. 154, cit.

[4] Comma aggiunto dall'art. 30, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154. Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014. Per la decorrenza del termine per proporre l'azione di impugnazione di cui al presente articolo, v. art. 104, comma 10, del d.lg. n. 154, cit.

[5] Comma aggiunto dall'art. 30, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154. Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014. Per la decorrenza del termine per proporre l'azione di impugnazione di cui al presente articolo, v. art. 104, comma 10, del d.lg. n. 154, cit.

Inquadramento

La norma prevede la trasmissibilità dell'azione di impugnazione del riconoscimento per violenza o interdizione giudiziale, stabilendo che ove l'autore del riconoscimento muoia senza aver esercitato l'azione, ma prima che sia trascorso il termine di un anno dal giorno in cui la violenza c'è stata, ovvero un anno dalla revoca del interdizione, l'azione può essere esercitata dai discendenti, dagli ascendenti, dagli eredi. Esso è stato incisivamente modificato dalla nuova disciplina sulla filiazione, la quale, in particolare ai sensi dell'art. 30 d.lgs. 28 dicembre 2013 n. 154, ha introdotto nuove ulteriori ipotesi di trasmissibilità dell'azione, previste dai commi successivi al comma primo, che si riferisce ai soli casi di impugnazione per violenza o interdizione legale (Zaccaria, 2016, 268). La dottrina osserva che l'espressione trasmissibilità dell'azione viene usata impropriamente, in quanto ai discendenti la legittimazione è attribuita non già in via di trasmissione dal defunto, ma bensì a tutela di un interesse proprio, quello all'esclusività del legame di famiglia fondato su un rapporto di consanguineità (Majello, 1982, 172). L'attribuzione della legittimazione agli eredi, è stata oggetto di critiche da parte della dottrina, atteso che in tale materia viene data tutela prioritaria a un interesse proprio di natura prettamente patrimoniale (Cicu, 1969,171).

La disciplina dei termini nei casi di trasmissibilità dell'azione

In caso di morte dell'autore del riconoscimento prima che sia iniziato a decorrere il termine annuale per l'impugnazione di cui all'art. 263-terzo comma, c.c.,  i discendenti o gli ascendenti sono legittimati ad esercitare l'azione di impugnazione per difetto di veridicità entro un anno dalla morte dell'autore del riconoscimento, dalla nascita del figlio se si tratta di figlio postumo, oppure dal raggiungimento della maggiore età da parte di ciascuno dei discendenti. Il comma terzo dell'articolo in esame stabilisce che in caso di morte del figlio riconosciuto prima che l'azione di cui all'art. 263 c.c. sia stata esercitata, legittimati a promuovere l'azione in sua vece sono il coniuge del riconosciuto e i discendenti, nel termine di un anno che decorre dalla morte del figlio riconosciuto o dal raggiungimento della maggiore età da parte di ciascuno di essi. Il comma quarto della disposizione in esame stabilisce che né la morte dell'autore del riconoscimento, né quella del figlio riconosciuto sono in grado di impedire l'esercizio dell'azione da parte di coloro che vi hanno interesse, comunque nel termine di cinque anni dal giorno dell'annotazione del riconoscimento dell'atto di nascita. L'ultimo comma comporta un rinvio alla disciplina relativa all'azione di disconoscimento di cui agli articoli 244 e 245 c.c., nel caso in cui legittimato all'azione sia un minore che abbia compiuto i quattordici anni, ovvero uno dei legittimati si trovi in condizioni di interdizione per infermità di mente, o versi in condizioni di grave infermità mentale (Farolfi, 2015, 1055). La condizione della minore età, dell'interdizione e incapacità naturale del figlio riconosciuto si estenda ai soggetti indicati nell'articolo in esame, così come si estende la sospensione in caso di interdizione o incapacità naturale di qualunque interessato (Dogliotti, 2015, 367).

La ratio delle modifiche introdotte dalla riforma della filiazione, con riferimento alla disciplina della trasmissibilità dell'azione per difetto di veridicità, è quella di conformarsi alla modifica della disciplina dell'impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità, di cui all'art. 263 c.c., che sottende l'esigenza di unificare per quanto possibile l'azione di impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità con quella dell'azione, omologa per i casi di filiazione del matrimonio, di disconoscimento della paternità (Bianca M., 2014, 15). Soltanto limitatamente al comma quarto la disciplina dell'azione di impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità si discosta da quella relativa all'azione di disconoscimento, in quanto si fa rinvio alla regola di cui all'art. 263 comma quarto c.c., che non trova riscontro nell'azione di disconoscimento della paternità (Zaccaria, 2016, 268).

 

Bibliografia

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