Codice Civile art. 437 - Obbligo del donatario.

Francesco Bartolini

Obbligo del donatario.

[I]. Il donatario [769 ss.] è tenuto, con precedenza su ogni altro obbligato, a prestare gli alimenti al donante, a meno che si tratti di donazione fatta in riguardo di un matrimonio o di una donazione rimuneratoria [438 3, 770, 801].

Inquadramento

Tra i soggetti tenuti all'obbligo alimentare, il donatario è considerato persona che deve rispondere per primo di questa obbligazione. La ragione risiede nel beneficio che ha ricevuto, per pura liberalità, e nella gratitudine che deve al donante: il quale merita di essere sostenuto quando versa in stato di bisogno. Non occorre che il donante si sia impoverito per effetto della donazione e che pertanto esista un rapporto tra questa e la conseguente situazione di necessità di costui. Neppure sono pretesi requisiti particolari di abbienza nel donatario, essendo implicito che il suo obbligo di prestare gli alimenti sussista in quanto egli abbia mezzi sufficienti, ad esempio perché derivanti dalla cosa donata o perché residuati da essa. Non è necessario che la cosa donata esista ancora o sia ancora presso il donatario (Dogliotti, 524).

Si osserva (Ferri, 630) che l'obbligazione del donatario ha la natura di una obbligazione «di restituzione», piuttosto che una natura alimentare. Tuttavia, si afferma che l'obbligato non potrebbe liberarsi riconsegnando la cosa ricevuta al donante, perché questa alternativa non è prevista dalla legge che, invece, prevede il sorgere dell'obbligo di corresponsione di mezzi (Sala, 613).

I limiti dell'obbligazione del donatario sono indicati nell'art. 438 (se ne veda il commento). L'art. 437 c.c. esclude che l'obbligazione sorga nel caso della donazione fatta in riguardo di un matrimonio o della donazione rimuneratoria. La prima di esse è la donazione obnuziale disciplinata dall'art. 785 c.c., che è effettuata sia dagli sposi tra di loro sia da altri a favore di uno o di entrambi gli sposi o dei figli nascituri. La specifica finalizzazione a sostenere il matrimonio è stata considerata dal legislatore quale ragione che deve prevalere sull'eventuale stato di bisogno del soggetto beneficiario (Sesta, 644). L'altro tipo di donazione, rimuneratoria e regolata dall'art. 770 c.c., è caratterizzata dalla liberalità fatta per riconoscenza o in considerazione dei meriti del donatario o per speciale rimunerazione. Essa non fa sorgere l'obbligo di alimenti in ragione del suo connotato di minore gratitudine verso il donatario, che, in sostanza, viene ricompensato: l'elemento della gratitudine è fortemente ridimensionato (Sesta, 539; Dogliotti, 525; Vincenzi Amato, 973).

Concorso di fonti e pluralità di donatari dell'obbligazione alimentare

Il donatario, tenuto all'obbligo di alimenti in forza della donazione ricevuta, può essere un soggetto che è obbligato alla stessa prestazione per altro titolo: essere, cioè, un familiare o un affine del donante bisognoso. In questo caso, per la dottrina, egli è tenuto con precedenza su tutti gli altri obbligati ma solo nei limiti del valore della donazione goduta. Se lo stato di bisogno persiste, egli è chiamato, per il resto, secondo l'ordine degli obbligati indicato nell'art. 433 c.c. (Ferri, 630; Vincenzi Amato, 973). Se il donatario, che sia parente o affine del donante, rifiuta indebitamente la prestazione alimentare, la donazione può essere revocata per ingratitudine, ai sensi dell'art. 801 c.c.

Per il caso in cui più siano i donatari mancano disposizioni che indichino i criteri con i quali essi devono compartecipare all'adempimento del dovere di prestare gli alimenti. La dottrina ha proposto criteri diversi per colmare la lacuna. Si afferma che tutti i donatari devono concorrere in proporzione all'entità della donazione ricevuta. Si sostiene, anche, che il concorso deve essere proporzionale alla parte di donazione ancora esistente nel loro patrimonio, come indica l'art. 438. Ferma comunque l'irrilevanza delle cause dello stato di bisogno (dipendano, cioè, oppur no, dalla donazione effettuata).

Donazioni di modico valore e donazioni indirette

La normativa codicistica, che collega un obbligo di prestazioni alimentari ad una donazione ricevuta, evidentemente sottintende che questa donazione abbia un valore economico rilevante e tale da giustificare il sorgere di una obbligazione onerosa e protesa nel tempo. Esiste, però, un ampio spazio di atti di liberalità che sono privi di un rilevante contenuto economico e che pongono il quesito di stabilire se anch'essi hanno rilevanza ai fini del sorgere dell'obbligo alimentare in capo a chi ne ha beneficiato. La situazione più frequente è quella delle donazioni di modico valore e delle donazioni d'uso. Ammettere che da esse possa sorgere un pesante dovere di sostentamento in chi le ha ricevute significa andare ben oltre il riconoscimento di un sentimento di gratitudine che impegna a ricambiare il vantaggio ottenuto.

Parte della dottrina ammette che l'obbligo di alimenti sussista, nei limiti del valore della donazione rimasta nel patrimonio del donatario (art. 438). Si osserva, però, che, se della donazione effettuata residua una parte utile alla prestazione alimentare, quella donazione non può essere modica e che, dunque, il quesito non viene risolto (Dogliotti, 526). E si afferma, nello stesso senso, che se la donazione modica è eseguita per finalità di uso, essa non impegna il patrimonio né del donante né del donatario: e non può essere tale da far sorgere un obbligo di alimenti.

Un altro contrasto dottrinario riguarda le donazioni indirette, compiute per finalità liberali ma con mezzi diversi dal contratto tipico di donazione. Da un lato si rileva che l'obbligo imposto dall'art. 437 non può essere esteso al di fuori dell'ambito familiare e dalla sua specifica previsione, riferita alla donazione vera e propria (Bianca, 482); dall'altro si obietta che anche le donazioni indirette sono donazioni, nel senso voluto dalla norma citata, e che non può fare alcuna differenza la diversità dei mezzi attraverso i quali sono realizzate.

Bibliografia

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