Regolamento - 27/11/2003 - n. 2201 art. 22 - Motivi di non riconoscimento delle decisioni di divorzio, separazione personale o annullamento del matrimonio 1Motivi di non riconoscimento delle decisioni di divorzio, separazione personale o annullamento del matrimonio1 La decisione di divorzio, separazione personale o annullamento del matrimonio non è riconosciuta nei casi seguenti: a) se il riconoscimento è manifestamente contrario all'ordine pubblico dello Stato membro richiesto; b) quando è resa in contumacia, ovvero la domanda giudiziale o un atto equivalente non è stato notificato o comunicato al convenuto contumace in tempo utile e in modo tale da poter presentare le proprie difese, salvo che sia stato accertato che il convenuto ha accettato inequivocabilmente la decisione; c) se la decisione è incompatibile con una decisione resa in un procedimento tra le medesime parti nello Stato membro richiesto; o d) se la decisione è incompatibile con una decisione anteriore avente le stesse parti, resa in un altro Stato membro o in un paese terzo, purché la decisione anteriore soddisfi le condizioni prescritte per il riconoscimento nello Stato membro richiesto. [1] Articolo abrogato dall'articolo 104 del Regolamento del Consiglio del 25 giugno 2019, n. 1111, a decorrere dal 1° agosto 2022, fatto salvo quanto disposto dall'articolo 100, paragrafo 2, del medesimo Reg. 1111/2019. InquadramentoLa norma in esame individua alcune circostanze ostative al riconoscimento automatico delle decisioni in materia di scioglimento o attenuazione del vincolo coniugale: dette circostanze devono essere interpretate restrittivamente perché la politica generale, nella prospettiva di un'unione effettiva tra gli Stati membri, è quella volta ad affermare una sempre maggiore fiducia tra gli Stati (Lupoi, in Carpi-Lupoi, 145). Nel complesso delle circostanze ostative, il requisito dell'ordine pubblico è il più delicato, implicando una valutazione di discrezionalità nel riconoscimento di un provvedimento straniero (Gancitano, 879). La contrarietà con l'ordine pubblico deve essere manifesta ai fini del Regolamento in esame per ostare al riconoscimento automatico. In dottrina si è evidenziato che il concetto di ordine pubblico — già inteso da autorevole dottrina anche come ordine pubblico processuale che racchiude i principi che definiscono i tratti indefettibili della giurisdizione (Morelli, 325 ss.; Salerno, 86) — quale limite al riconoscimento automatico delle sentenze straniere dovrebbe essere oggetto di una rimeditazione che tenga conto e della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea e di quella della Corte europea dei diritti dell'uomo e quindi dell'avvenuta ricostruzione in sede pretoria di una serie di principi alla base dell'ordine pubblico processuale europeo (Nascimbene, 2002, 659). La circostanza ostativa al riconoscimento costituita dalla violazione del diritto di difesa del convenuto ricorre, invece, quando la decisione è stata resa in contumacia, al fatto che l'atto introduttivo del giudizio non sia stato notificato in tempo utile per consentire al convenuto di difendersi compiutamente nonché all'inequivocabile accettazione della decisione da parte dello stesso (Baratta 2004, 199). Il terzo motivo ostativo al riconoscimento delle decisioni in materia di scioglimento del vincolo matrimoniale corrisponde all'art. 27 n. 3 della Convenzione di Bruxelles del 1968 e si ricollega all'incompatibilità del provvedimento con un altro reso precedentemente tra le parti proprio nello Stato membro nel quale è chiesto il riconoscimento: per accertare la sussistenza del contrasto di giudicati, sarà necessario effettuare un test di compatibilità tra gli effetti delle pronunce (cfr. Lupoi, in Carpi-Lupoi, 147). È infine circostanza ostativa al riconoscimento delle decisioni in tema di separazione personale, divorzio ed annullamento del matrimonio, il conflitto tra la pronuncia della quale si domanda il riconoscimento ed una decisione incompatibile resa precedentemente tra le stesse parti in un altro Stato membro ovvero in uno Stato terzo. Il conflitto è pertanto risolto in base al criterio della priorità di una pronuncia rispetto all'altra. PremessaVi sono alcuni motivi in presenza dei quali le decisioni rese in materia di separazione personale, di divorzio e di annullamento del matrimonio non possono essere automaticamente riconosciute. Le condizioni che ostano al riconoscimento devono essere interpretate restrittivamente perché la politica generale, nella prospettiva di un'unione effettiva tra gli Stati membri, è quella volta ad affermare una sempre maggiore fiducia tra gli Stati (Lupoi, in Carpi-Lupoi, 145). Riconoscimento manifestamente contrario all'ordine pubblico dello Stato Membro richiestoDi solito l'accertamento delle condizioni ostative al riconoscimento è un'operazione obiettiva ed automatica, mentre il requisito dell'ordine pubblico è più delicato, implicando una valutazione di discrezionalità nel riconoscimento di un provvedimento straniero (Gancitano, 879). La rilevanza dell'ordine pubblico nelle cause matrimoniali è superiore rispetto a quanto avviene nelle controversie civili ed in quelle commerciali (Lupoi in Carpi-Lupoi, 145). Il Regolamento ha peraltro cercato di limitare la rilevanza del motivo ostativo al riconoscimento rappresentato dalla contrarietà del provvedimento all'ordine pubblico. Si è infatti stabilito che la contrarietà all'ordine pubblico deve essere «manifesta» ed, inoltre, il disposto di cui all'art. 24 impedisce che le Corti nazionali possano invocare, quale condizione ostativa al riconoscimento del provvedimento, la circostanza che lo stesso abbia dichiarato lo scioglimento del matrimonio per cause non previste dalla legge nazionale (Lupoi in Carpi-Lupoi, 145). Di talché alla clausola dell'ordine pubblico potrebbe farsi riferimento solo in situazioni eccezionali, con un onere di motivazione effettivo circa la ricorrenza di siffatte circostanze nel caso concreto (Bruneau, 803). Si è evidenziato che il concetto di ordine pubblico — già inteso da autorevole dottrina anche come ordine pubblico processuale che racchiude i principi che definiscono i tratti indefettibili della giurisdizione (Morelli, 325 ss.) — quale limite al riconoscimento automatico delle sentenze straniere dovrebbe essere oggetto di una rimeditazione che tenga conto e della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea e di quella della Corte europea dei diritti dell'uomo e quindi dell'avvenuta ricostruzione in sede pretoria di una serie di principi alla base dell'ordine pubblico processuale europeo (Nascimbene, 2002, 659). L'ordine pubblico rilevante è quello internazionale, costituito dall'insieme dei principi fondamentali caratterizzanti la struttura etico-sociale della comunità nazionale, esistenti in un preciso momento storico e nell'ordinamento interno, in quanto già nella vigenza dell'abrogato art. 797 c.p.c. la giurisprudenza riteneva che il limite al riconoscimento dei provvedimenti stranieri in materia di stato delle persone e di rapporti di famiglia fosse costituito dal rispetto di un nucleo essenziale di principi fondamentali (Nascimbene 2011, 93). In una differente prospettiva, tuttavia, la S.C. ha precisato che il concetto di ordine pubblico italiano, cui la sentenza straniera deve conformarsi per poter essere delibata consiste nel complesso dei principi cardine dell'ordinamento giuridico, i quali caratterizzano la stessa struttura etico sociale della comunità nazionale in un determinato momento storico, conferendole una individuata e inconfondibile fisionomia, nonché nelle regole inderogabili, provviste dal connotato della fondamentalità, che le distingue dal più ampio genere delle norme imperative, immanenti ai più importanti istituti giuridici, compresi i principi desumibili dalla Carta costituzionale, tenuto conto del contesto europeo, internazionale e convenzionale nel quale tali principi cardine etico giuridici sono da collocare (Cass. I, n. 7613/2015). Nondimeno, già con riferimento alla l. n. 218/1995, la Corte di Cassazione ha riconosciuto che, agli effetti del diritto internazionale privato, l'ordinepubblicoche impedisce l'ingresso nell'ordinamento italiano della norma straniera che vi contrasti si identifica con l'«ordine pubblico internazionale», da intendersi come complesso dei principi fondamentali caratterizzanti l'ordinamento interno in un determinato periodo storico o fondati su esigenze di garanzia, comuni ai diversi ordinamenti, di tutela dei diritti fondamentali dell'uomo (Cass. III, n. 19405/2013). Nel caso Pellegrini c. Italie deciso il 20 luglio 2001 la Corte di Strasburgo ha, invero, ritenuto illegittimo il riconoscimento di una sentenza ecclesiastica di nullità matrimoniale sull'assunto che, in violazione dell'art. 6 CEDU, non sarebbe stato tutelato nel procedimento dinanzi ai Tribunali ecclesiastici il diritto di difesa della ricorrente. Proprio in tale occasione la Corte europea dei diritti dell'uomo ha infatti affermato che osta al riconoscimento di una decisione straniera il mancato rispetto del principio del contraddittorio nel procedimento che ha condotto all'emanazione della stessa. La stessa Corte di Giustizia , per sua parte, ha più volte ribadito la necessità di rispettare i diritti fondamentali della persona così come riconosciuti dalla CEDU e, quanto al diritto di difesa, ha precisato che lo stesso deve essere garantito anche in mancanza di qualsiasi norma riguardante un determinato procedimento e sebbene lo scopo della previsione sia quello di semplificare le formalità procedurali (CGCE 13 febbraio 2001, Krombach c. Francia, in RIDU 2001, 589). I principi di ordine pubblico internazionale devono essere intesi alla stregua del diritto vivente, concretizzati in un dato momento storico e soggetti, sotto il profilo della relatività in termini di concretezza, a mutamenti in relazione all'evoluzione sociale (Cass. n. 17349/2001). Problematiche in ordine alla compatibilità con l'ordine pubblico derivano nella fase patologica dei matrimoni regolati dalla legge islamica. A riguardo, sono state ritenute compatibili con i principi essenziali del foro le norme marocchine ed albanesi che prevedono il divorzio immediato per maltrattamenti (v., in sede applicativa, tra le altre, Trib. Pordenone 14 settembre 2005, in Riv. dir. internaz. priv. proc. 2006, 181; Trib. Tivoli 14 novembre 2002, Riv. dir. internaz. priv. proc. 2003, 402; Trib. Napoli 26 aprile 2000, in Giur. napoletana 2000, 460). Più volte la giurisprudenza interna ha invece escluso la compatibilità con l'ordine pubblico del ripudio unilaterale previsto da alcune legislazioni islamiche (cfr. Oberto, 78). Invero, il rispetto dell'uguaglianza dei coniugi costituisce principio fondamentale ed inderogabile del nostro ordinamento sicché è negato il riconoscimento a provvedimenti esteri di divorzio basati sull'arbitrio di uno dei coniugi ed integranti sostanzialmente un ripudio (App. Milano 17 dicembre 1991, in Riv. dir. intern. priv. proc. 1993, 109). In sede applicativa, inoltre, si è ritenuto legittimo il diniego dell'ufficiale di stato civile di trascrivere nel nostro ordinamento lo scioglimento del matrimonio avvenuto per ripudio unilaterale, attesa la violazione del contraddittorio e, quindi, dell'ordine pubblico processuale nei confronti della moglie (App. Venezia 9 aprile 2015, in Nuova giur. civ. comm. 2015, n. 11, 1102). Peraltro, occorre verificare gli effetti in concreto raggiunti dal provvedimento che, anche se formalmente denominato di ripudio, può essere riconosciuto ove si accerti l'insanabile rottura dell'unione coniugale e che lo stesso non lede la dignità dei coniugi (Baratta, 2004, 101). L'art. 25 dello stesso Regolamento in esame impedisce di considerare ostativa al riconoscimento, per contrarietà all'ordine pubblico la semplice divergenza tra la legge applicabile nello Stato membro nel quale è emanato il provvedimento e quella vigente nello Stato richiesto del riconoscimento (Bonomi, 326). Secondo una parte della dottrina il motivo ostativo in esame sarebbe configurato diversamente in questo caso rispetto a quanto desumibile dall'art. 64 della l. n. 218/1995. In tale ipotesi, per vero, il riferimento è a decisioni che producono effetti contrari all'ordine pubblico, di talché il riconoscimento sarebbe impedito soltanto ove il contrasto con l'ordine pubblico sia tale da determinare effetti «indesiderabili» (Calò, 522). A riguardo, su un piano generale, già prima dell'emanazione del Regolamento in esame, la S.C. aveva enunciato il principio per il quale non può essere ritenuta contraria all'ordine pubblico, per il solo fatto che il matrimonio sia stato sciolto con procedure e per ragioni e situazioni non identiche a quelle contemplate dalla legge italiana, una sentenza di scioglimento del matrimonio pronunciata, fra cittadini italiani, dal giudice straniero il quale abbia fatto applicazione del diritto straniero, atteso che attiene in realtà all' «ordine pubblico» solo l'esigenza che lo scioglimento del matrimonio venga pronunciato solo all'esito di un rigoroso accertamento — condotto nel rispetto dei diritti di difesa delle parti, e sulla base di prove non evidenzianti dolo o collusione delle parti stesse — dell'irrimediabile disfacimento della comunione familiare, il quale ultimo costituisce l'unico inderogabile presupposto delle varie ipotesi di divorzio previste dall'art. 3 della l. n. 898/1970 (Cass. I, n. 10378/2004). In sostanza, è ammesso il riconoscimento di una sentenza di divorzio pronunciata su presupposti diversi da quelli previsti dall'ordinamento italiano, ove non sia in dubbio la dissoluzione del vincolo coniugale e l'impossibilità di ricostruzione del nucleo familiare (Gancitano, 880). Pertanto, non è stata ritenuta incompatibile con l'ordine pubblico la decisione statunitense di divorzio immediato per mutuo consenso (Cass. I, n. 16978/2006). Sotto altro profilo, la S.C. ha chiarito che, in tema di riconoscimento delle sentenze straniere, non è contraria ai principi fondamentali dell'ordine pubblico la sentenza straniera di divorzio che non indichi compiutamente le condizioni di affidamento e di mantenimento inerenti alla prole minorenne degli ex coniugi, dal momento che nessun principio costituzionale impone che la definitiva regolamentazione dei diritti e dei doveri scaturenti da un determinato status sia dettato in un unico contesto, tant'è che nel nostro ordinamento è prevista la sentenza non definitiva di divorzio, che statuisce sullo «status» e rinvia per l'adozione dei provvedimenti conseguenti (Cass. I, n. 13556/2012). In senso analogo, in sede di merito, è stata ritenuta riconoscibile la sentenza straniera che non stabiliva nulla sui figli (Trib. Belluno 5 novembre 2010, n. 221, in Il civilista 2010, 18). Su un piano generale, non può trascurarsi che, con una recente ordinanza, la S.C. ha sottoposto in via di interpretazione pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione Europea i seguenti quesiti: a) se la violazione delle regole sulla litispendenza, contenute nei §§ 2 e 3 dell'art. 19 del Regolamento n. 2201 del 2003, incida esclusivamente sulla determinazione della competenza giurisdizionale, con conseguente applicazione dell'art. 24 del Regolamento CE n. 2201 del 2003, o, al contrario, possa costituire motivo ostativo al riconoscimento nello Stato membro, la cui autorità giurisdizionale sia stata preventivamente adita, della pronuncia assunta nello Stato membro, la cui autorità giurisdizionale sia stata successivamente adita, sotto il profilo dell'ordine pubblico processuale, tenuto conto che l'art. 24 del Regolamento CE n. 2201 del 2003 richiama soltanto le regole determinative della competenza giurisdizionale contenute negli artt. da 3 a 14, e non il successivo art. 19; b) se l'interpretazione dell'art. 19 del Regolamento n. 2201 del 2003, inteso solo come criterio determinativo della competenza giurisdizionale, contrasti con la nozione Eurounitaria della litispendenza nonché con la funzione e con la finalità della norma, volta a dettare un insieme di regole inderogabili, di ordinepubblico processuale, a garanzia della creazione di uno spazio comune caratterizzato dalla fiducia e dalla lealtà processuale reciproca tra gli Stati membri, all'interno del quale possa operare il riconoscimento automatico e la libera circolazione di decisioni (Cass. I, n. 15183/2017). Violazione del diritto di difesa del convenutoLa rilevanza di tale motivo ostativo al riconoscimento è subordinata alla ricorrenza di tre condizioni, ovvero alla circostanza che la decisione è stata resa in contumacia, al fatto che l'atto introduttivo del giudizio non sia stato notificato in tempo utile per consentire al convenuto di difendersi compiutamente nonché all'inequivocabile accettazione della decisione da parte dello stesso (Baratta, 2004, 199). Proprio quest'ultima previsione rende differente la clausola ostativa in esame rispetto a quella di cui all'art. 27 n. 2 della Convenzione di Bruxelles (Lupoi in Carpi-Lupoi, 146). Per domanda giudiziale o atto equivalente devono intendersi, in accordo con la giurisprudenza della Corte di Giustizia, i documenti che l'attore deve depositare nel procedimento nel quale è stata resa la decisione riconoscenda all'esito della valutazione dei quali il convenuto possa decidere se costituirsi o meno in giudizio (CGCE 13 luglio 1995, C-474/93, § 19). In particolare tali documenti devono consentire di estrarre tutte le informazioni relative al procedimento in virtù del quale il convenuto sia in grado di comprendere la materia del contendere e gli argomenti invocati dall'attore, oltre che di essere al corrente del giudizio nel quale potrà spiegare le proprie difese (CGUE 8 maggio 2008, C-14/07). Tuttavia non si chiarisce quando la decisione oggetto di riconoscimento deve considerarsi inequivocabilmente accettata dal convenuto. L'accettazione può invero essere senza dubbio effettuata esplicitamente, ad esempio attraverso una lettera del convenuto all'attore, ma anche risultare implicitamente dalla mancata impugnazione del provvedimento che, peraltro, potrebbe dipendere anche dalla semplice assenza di motivi di gravame (Lupoi in Carpi-Lupoi, 146). Tale motivo ostativo al riconoscimento si è ritenuto parte del c.d. ordine pubblico processuale che impone il rispetto nel procedimento che ha condotto all'emanazione della decisione riconoscenda soprattutto del diritto di difesa del convenuto piuttosto che di regole come quella della competenza (Uccella, 331 s.). Si è quindi evidenziato che una decisione assunta nello Stato d'origine a seguito di un procedimento monitorio puro non potrebbe essere riconosciuta (Cass. n. 3190/1993, in Foro it. 1995, I, 3552, con nota di Ficcarelli). Contrasto di giudicati all'interno dello Stato membro richiesto del riconoscimentoIl terzo motivo ostativo al riconoscimento delle decisioni in materia di scioglimento del vincolo matrimoniale corrisponde all'art. 27 n. 3 della Convenzione di Bruxelles del 1968 e si ricollega all'incompatibilità del provvedimento con un altro reso precedentemente tra le parti proprio nello Stato membro nel quale è chiesto il riconoscimento. Tale motivo di non riconoscimento tende a salvaguardare l'armonia interna dello Stato richiesto e, più in particolare, ad evitare che all'interno dello stesso producano effetto decisioni incompatibili (ovvero che si escludano reciprocamente: Baratta, 2004, 199) pronunciate tra le stesse parti. Per accertare la sussistenza del contrasto di giudicati sarà necessario effettuare un test di compatibilità tra gli effetti delle pronunce (cfr. Lupoi in Carpi-Lupoi, 147). Ciò significa che una sentenza di divorzio non sarà sempre incompatibile con una pronuncia di separazione personale, mentre una siffatta incompatibilità ricorrerà in ogni caso nella situazione opposta. Non potrà inoltre essere riconosciuta una decisione di divorzio ove nello Stato richiesto sia efficace una pronuncia di annullamento del matrimonio. Tuttavia non sempre le decisioni rese in materia matrimoniale sono idonee a passare in giudicato, soggiacendo, per alcuni aspetti (ad esempio, quelli economici) alla clausola rebus sic stantibus. Si è posto inoltre il problema dell'invocabilità di un siffatto limite al riconoscimento della sentenza anche con riferimento ad una decisione di rigetto della domanda resa, precedentemente, proprio nello Stato richiesto. In proposito si è infatti osservato che, sebbene le decisioni di rigetto non beneficino del regime del riconoscimento automatico previsto dal Regolamento (v. Commento sub art. 1), esse esplicano comunque, nello Stato in cui sono state emanate, tutti gli effetti preclusivi ad esse ricollegabili secondo il diritto interno (Bonomi, 327). Contrasto con una pronuncia resa in uno Stato diverso da quello richiesto del riconoscimentoInfine osta al riconoscimento delle decisioni in tema di separazione personale, divorzio ed annullamento del matrimonio il conflitto tra la pronuncia della quale si domanda il riconoscimento ed una decisione incompatibile resa precedentemente tra le stesse parti in un altro Stato membro ovvero in uno Stato terzo. Il conflitto è pertanto risolto in base al criterio della priorità di una pronuncia rispetto all'altra (cfr. Lupoi in Carpi-Lupoi, 148, secondo il quale tale regola costituisce un corollario dell'effetto automatico della res judicata all'interno dell'ordinamento comunitario). L'avvenuta pronuncia, in un giudizio di separazione pendente in Italia, dei provvedimenti provvisori a tutela dei figli minori non impedisce il riconoscimento dell'efficacia della sentenza definitiva di separazione precedentemente emessa in altro Stato membro dell'Unione Europea, non potendo trovare applicazione gli artt. 22 e 23 del Regolamento CE n. 2201/2003 del 27 novembre 2003, i quali presuppongono la coesistenza di statuizioni aventi gli stessi caratteri e la medesima natura, oltre che entrambe definitive, siano o meno a stabilità provvisoria, mentre i predetti provvedimenti, ai sensi dell'art. 20 del Regolamento, sono destinati a perdere efficacia allorché l'autorità giurisdizionale competente a conoscere del merito della causa abbia adottato i provvedimenti appropriati in via definitiva (Cass. I, n. 22093/2009). BibliografiaAncel-Muir Watt, La désunion europénne: le Règlement dit “Bruxelles II”, in Revue critique 2001, 403; Baratta, Scioglimento e invalidità del matrimonio nel diritto internazionale privato, Milano 2004; Baratta, Il regolamento comunitario sulla giurisdizione e sul riconoscimento di decisioni in materia matrimoniale e di potestà dei genitori sui figli, in Giust. civ. 2002, II, 455; Biagioni, Il nuovo regolamento comunitario sulla giurisdizione e sull'efficacia delle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità dei genitori, in Riv. dir. internaz. 2004, 991; Biavati, Il riconoscimento e il controllo delle decisioni europee in materia familiare, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2003, 1241; Bonomi, Il regolamento comunitario sulla competenza e sul riconoscimento in materia matrimoniale e di potestà dei genitori, in Riv. dir. internaz. 2001, 298; Bruneau, La reconnaissance et l'exécution des décisions rendues dans l'Union européenne, in La Semaine Juridique 2001, 803; Calò, L'influenza del diritto comunitario sul diritto di famiglia, in Familia 2005, 509; Carpi-Lupoi (a cura di), Essays on transational and comparative civil procedure, Torino 2001, 105; Danovi, Sottrazione internazionale dei minori e conflitti di giurisdizione, in Dir. e fam. 2000, 1149; De Cristofaro, Presupposti e rimedi per il provvedimento che “sospende” l'opposizione all'exequatur o il riconoscimento di sentenza comunitaria, in Riv. dir. internaz. priv. e proc. 1998, 745; Di Biase, Provvedimenti cautelari e Convenzione di Bruxelles, in Riv. dir. internaz. 1987, 5; Gademet Tallon, Le Règlement n. 1347/2000 du Conseil du 29 mai 2000: “Compétence, reconnaissance et exécution des décisions en matière matrinomiale et en matière de responsabilité parentale des enfants communs”, in Journ. Dr. int. 2001, 381; Gancitano, Il riconoscimento della sentenza straniera di divorzio è operante anche se essa richiama il contenuto dei patti in contemplation of divorce, in Fam. e dir. 2013, n. 10, 879; Lupoi, Conflitti transazionali di giurisdizione, 2 tomi, Milano 2002; Nascimbene, Divorzio, diritto internazionale privato e dell'Unione europea, Milano 2011; Nascimbene, Riconoscimento di sentenza straniera e “ordine pubblico europeo”, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2002, 659 ss.; Oberto, Matrimoni misti e unioni paramatrimoniali: ordine pubblico e principi sovranazionali, in Fam. e dir. 2010, n. 1, 75; Picone, I provvedimenti temporanei e urgenti in pendenza di separazione e di divorzio nel diritto internazionale privato e processuale italiano, in Riv. dir. internaz. 1994, 333; Salerno, La giurisdizione italiana in materia cautelare, Padova 1993; Savarese, Sul riconoscimento di provvedimenti provvisori stranieri in materia familiare, in Riv. dir. internaz. priv. e proc. 2005, 723; Uccella, La prima pietra per la costruzione di un diritto europeo delle relazioni familiari: il regolamento n. 1347/2000 relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di potestà dei genitori sui figli di entrambi i coniugi, in Giust. civ. 2001, II, 313; Vanin, Ripudio islamico, principio del contraddittorio e ordine pubblico italiano, in Nuova giur. civ. comm. 2015, n. 11, 1102. |