Codice Civile art. 1130 bis - Rendiconto condominiale (1).Rendiconto condominiale (1). [I]. Il rendiconto condominiale contiene le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve, che devono essere espressi in modo da consentire l'immediata verifica. Si compone di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario, nonché di una nota sintetica esplicativa della gestione con l'indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti. L'assemblea condominiale può, in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate, nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio. La deliberazione è assunta con la maggioranza prevista per la nomina dell'amministratore e la relativa spesa è ripartita fra tutti i condomini sulla base dei millesimi di proprietà. I condomini e i titolari di diritti reali o di godimento sulle unità immobiliari possono prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo ed estrarne copia a proprie spese. Le scritture e i documenti giustificativi devono essere conservati per dieci anni dalla data della relativa registrazione. [II]. L'assemblea può anche nominare, oltre all'amministratore, un consiglio di condominio composto da almeno tre condomini negli edifici di almeno dodici unità immobiliari. Il consiglio ha funzioni consultive e di controllo. (1) Articolo inserito dall'art. 11, l. 11 dicembre 2012, n. 220. La modifica è entrata in vigore il 18 giugno 2013. InquadramentoIn generale, il rendiconto (Cincotti, 1447) ha natura di dichiarazione di scienza, proveniente dal soggetto al quale è affidata una gestione patrimoniale, dichiarazione diretta a rappresentare le variazioni qualitative o quantitative verificatesi nel corso di un predeterminato arco temporale in relazione al patrimonio gestito. Il rendiconto ha perciò una funzione essenzialmente informativa, concernente i fatti, così individuati, occorsi nel periodo considerato, che hanno dato luogo ad una entrata o ad una uscita. Quello del rendiconto è di regola un obbligo gravante su colui il quale, come l'amministratore di condominio, esercita un'attività gestoria nell'interesse altrui, in vista di un triplice scopo: far conoscere al soggetto gestito il risultato complessivo del conto; far conoscere al soggetto gestito se, in conseguenza dell'esecuzione dell'incarico, egli sia creditore o debitore del gestore; consentire al soggetto gestito di valutare la correttezza e la diligenza dell'esecuzione dell'incarico da parte del gestore. Prima della riforma di cui alla l. 11 dicembre 2012, n. 220, l'obbligo dell'amministratore di redigere un rendiconto trovava fondamento essenzialmente nell'ultimo comma dell'art. 1130 c.c., secondo cui egli, alla fine di ciascun anno, deve rendere il conto della sua gestione (v. in tempi recenti Trib. Taranto 21 settembre 2015). Inoltre, alla cessazione dell'incarico l'amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini; tale obbligo era configurabile anche prima della riforma della l. n. 220 del 2012, sebbene non espressamente previsto dalla legge ma discendente dal dovere di diligenza posto a carico del mandatario, che comprende anche il dovere di collaborazione con il nuovo amministratore (Cass. II, n. 40134/2021; Cass. VI, n. 18185/2021). L'esigenza di redazione del rendiconto nasce dunque dalla stessa configurazione dell'amministratore, quale mandatario della compagine condominiale, e va posta in diretta correlazione con le funzioni affidate dalla legge all'amministratore. Questi, per i fini della gestione delle cose comuni deve difatti stipulare contratti con soggetti terzi: si pensi, evidentemente, alle imprese erogatrici di acqua, di carburante per il funzionamento dell'impianto di riscaldamento, di servizi di pulizia e di manutenzione. Da ciò discende l'opportunità di individuare le spese che il condominio dovrà sostenere nell'arco dell'anno di gestione. All'esito, occorrerà verificare che vi sia corrispondenza tra quanto realmente speso e quanto preventivato. Sicché, nel rendiconto consuntivo devono essere analiticamente indicate le voci delle spese effettuate e degli incassi ricevuti, per lo più i versamenti dei condomini, ma anche, ad esempio, il rimborso della compagnia d'assicurazione per un sinistro che ha interessato una parte comune o, sempre a titolo di esempio, il pagamento del canone di locazione, inerente all'ex abitazione del portiere (Tortorici, 375). Tali caratteri del rendiconto consuntivo non ricorrono invece per il rendiconto preventivo, per il quale non rilevano la dedotta inesattezza dei conteggi in relazione ai versamenti eseguiti dai condomini che è connaturale, invece, all'approvazione di un rendiconto e non di un preventivo (Izzo, 93). Gli approdi dottrinali e giurisprudenziali raggiunti, e per lo più ancora attuali pur nel mutato quadro normativo, meritano qui di essere richiamati. L'obbligo di rendicontoSul piano ricostruttivo, l'obbligo di rendiconto veniva fatto discendere, come accennato, dalla configurazione dell'amministratore quale mandatario della compagine condominiale (su detta posizione, in giurisprudenza, tra le tante Cass. II, n. 10204/2010; Cass. II, n. 7498; Cass. II, n. 3596/2003). Da tale inquadramento era desunto anche per l'amministratore (quale particolare tipo di mandatario) l'obbligo previsto dall'art. 1713 c.c. di «rendere al mandante il conto del suo operato e rimettergli tutto ciò che ha ricevuto a causa del mandato». Il citato obbligo trovava poi ulteriore riscontro nel passaggio assembleare previsto dal n. 3) dell'art. 1135 c.c., in forza del quale l'assemblea «provvede all'approvazione del rendiconto condominiale». Il medesimo congegno deve ritenersi operante nei riguardi dell'amministratore nominato in sede giudiziaria. Difatti, in tema di condominio negli edifici, l'amministratore nominato dal Tribunale ex art. 1129, comma 1, c.c., in sostituzione dell'assemblea che non vi provvede, non riveste la qualità di ausiliario del giudice, né muta la propria posizione rispetto ai condomini, con i quali instaura, benché designato dall'autorità giudiziaria, un rapporto di mandato: in conseguenza, lo stesso deve rendere conto del proprio operato soltanto all'assemblea e la determinazione del suo compenso rimane regolata dall'art. 1709 c.c. (Cass. II, n. 21966/2017, che ha confermato la decisione di merito, che aveva ritenuto legittima la deliberazione assembleare di approvazione, tra le voci del rendiconto consuntivo, del compenso in favore dell'amministratore nominato dal tribunale). Sicché – si è aggiunto – trattandosi di un dovere scaturente direttamente dalla legge, l'obbligo di rendiconto non avrebbe potuto essere oggetto di preventiva dispensa se non in forza di una unanime deliberazione dell'assemblea stessa tale da configurare una clausola contrattuale (Salciarini, 499). In tale contesto, l'irregolarità o mancata presentazione del conto costituiva giusta causa di revoca assembleare o giudiziale dell'incarico nonché di responsabilità dell'amministratore per gli eventuali danni cagionati. Si è ritenuto costituisca dunque grave irregolarità, tale da determinare la revoca dell'incarico, il comportamento dell'amministratore di condominio che omette o trascura o ritarda per lungo tempo la presentazione del rendiconto della gestione, anche se limitatamente a singoli aspetti o settori o parti di essa, ad esempio, per consumi di acqua (Trib. Messina 15 novembre 2011; Trib. Messina, 29 novembre 2011; ma v. Trib. Foggia 18 febbraio 1997, secondo cui non ricorre l'ipotesi di revoca dell'amministratore di condominio disposta dall'art. 1129, comma 3, c.c. il quale prevede il caso di assoluta mancanza di resa della gestione per due anni, qualora l'amministratore non presenti il rendiconto in assemblea, ma rediga e presenti ai singoli condòmini una relazione contabile semestrale evidenziante, mediante entrate ed uscite, una chiara situazione contabile di cui ogni condomino sia a conoscenza ed in ordine alla quale possa proporre le proprie osservazioni). Da ultimo, nel vigore della nuova disciplina, è stato ribadito che, nell'ipotesi di omessa presentazione del rendiconto condominiale nel termine di legge, l'amministratore viola la normativa che pone una inderogabile dimensione annuale della gestione del condominio, in quanto detta scadenza garantisce il controllo dell'andamento di tale gestione da parte dei condomini (Trib. Roma 7 luglio 2017, che ha disposto la revoca della carica di amministratore del condominio). È stato anche osservato che l'amministratore, con la scelta di organizzare la contabilità condominiale tramite registri informatici deve adottare tutte le necessarie cautele per prevenire eventuali rischi di distruzione, anche parziale, della documentazione contabile, essendo evidente che la diligenza del bonus pater familias impone di non esporre il condominio alla perdita di dati essenziali per la ricostruzione del quadro complessivo della gestione al medesimo affidata. Né l'amministratore potrà mai liberarsi delle proprie responsabilità affermando – come avvenuto nel caso in esame che i dati siano stati distrutti dall'attacco di un virus, poiché il costante rischio cui sono sottoposti i sistemi informatici richiede l'uso di precauzioni che, nel presente, rappresentano un fattore di ordinario comportamento nell'espletamento della quotidiana attività gestoria. Accortezza che risulta essere ancora più evidente solo se si consideri che, secondo il disposto dell'art. 1130-bis c.c. (rendiconto condominiale), l'assemblea «può, in qualsiasi momento o per più annualità specificatamente identificate, nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio». Il tutto con delibera assembleare assunta secondo il disposto dell'art. 1136, comma 2, c.c., e con spese ripartite tra tutti i condomini in base ai millesimi di proprietà (Trib. Roma 10 febbraio 2017). Inoltre, laddove l'amministratore tenga la contabilità in maniera approssimativa e incompleta, rediga rendiconti incoerenti con le spese effettivamente sostenute, utilizzando i fondi condominiali per ragioni estranee alla gestione del condominio, oltre a essere obbligato a restituire le somme indebitamente utilizzate, egli è tenuto altresì al risarcimento del danno morale subito dal condominio, per aver cagionato con detta condotta un danno al condominio, con abuso della fiducia che in lui hanno riposto i condòmini e distraendo somme versate dagli stessi, in violazione degli art. 1129,1130, e 1130-bis c.c. ( Trib. Torino 13 aprile 2021, n. 1875 ). Peraltro l'irregolarità dei conti condominiali, l'incompletezza e l'inattendibilità del rendiconto in relazione al quale sia stata esibita dall'ex amministratore documentazione frammentaria, non essendo state riscontrate le movimentazioni in entrate degli incassi dei condomini ed in uscita delle spese, non costituiscono, di per sè, prova di un danno effettivo e diretto conseguente alla stessa (App. Roma 18 gennaio 2021, n. 327). È stata ritenuta nulla, e non semplicemente annullabile, la delibera assembleare che approvi rendiconti pluriennali, in quanto contraria alla regola della necessaria annualità (v. in tempi recenti Trib. Taranto 21 settembre 2015). È stato considerato che l'art. 1129 c.c. attribuisce la legittimazione attiva a proporre l'azione per la revoca dell'amministratore al singolo condomino, come a dire che la volontà della maggioranza assembleare, che vada nella direzione dell'approvazione del suo operato, nonostante la violazione commessa, non può escludere di per sé l'illecito e la sua gravità. Si è aggiunto che il non rendere il conto della gestione rileva di per sé ai sensi dell'art. 1129 c.c. come grave irregolarità, al pari dell'omessa convocazione dell'assemblea per la sua approvazione, che al più tardi deve avvenire nei 180 giorni prescritti ex art. 1130, ultimo comma, c.c. Si è quindi sottolineato che quando ci si trova di fronte a delibera assembleare che approvi rendiconti pluriennali, non osservandosi la regola della necessaria annualità del rendiconto, si configura una forma di nullità e non di semplice annullabilità della delibera. Tanto a rimarcare la gravità della violazione in parola, sotto il profilo qui in esame, anche quando sia avvenuta con riferimento ad un solo esercizio. Si deve peraltro osservare che conclusioni diverse paiono raggiunte dalla Suprema Corte, la quale ha evidenziato che la disciplina codicistica non detta, in tema di approvazione dei bilanci consuntivi del condominio, il principio dell'osservanza di una rigorosa sequenza temporale nell'esame dei vari rendiconti presentati dall'amministratore e relativi ai singoli periodi di esercizio in essi considerati, con la conseguenza che va ritenuta legittima la delibera assembleare che (in assenza di un esplicito divieto pattiziamente convenuto al momento della formazione del regolamento contrattuale) approvi il bilancio consuntivo senza prendere in esame la situazione finanziaria relativa al periodo precedente, atteso che i criteri di semplicità e snellezza che presiedono alle vicende dell'amministrazione condominiale consentono, senza concreti pregiudizi per la collettività dei comproprietari, finanche la possibilità di regolarizzazione successiva delle eventuali omissioni nell'approvazione dei rendiconti (Cass. II, n. 8521/2017; v. pure Cass. II, n. 11526/1999; Cass. II, n. 13100/1997). In mancanza di specifica disciplina degli aspetti formali e sostanziali del rendiconto, si riteneva in passato, nella dottrina, che esso dovesse soddisfare esigenze di trasparenza ed intelligibilità (Salciarini, 499) e che dovesse genericamente contenere l'elencazione delle spese sostenute, il prospetto del riparto tra i condomini, l'indicazione dei contributi riscossi, il saldo finale della gestione (Marina-Giacobbe, 834). Con riguardo ai principi contabili da applicare alla redazione del rendiconto si rinvengono in giurisprudenza decisioni – spesso formatesi in relazione alla validità delle deliberazioni assembleari di approvazione del rendiconto – relativamente elastiche. È stato così più volte ripetuto che la validità dell'approvazione, da parte dell'assemblea dei condomini, del rendiconto di un determinato esercizio non postula che la contabilità sia stata redatta dall'amministratore con forme rigorose, analoghe a quelle previste per i bilanci delle società, purché essa sia idonea a rendere intelligibile ai condòmini le voci di entrata e di spesa, anche con riferimento alla specificità delle partite, atteso che quest'ultimo requisito – come si desume dagli artt. 263 e 264 c.p.c., (disciplinanti la procedura di rendiconto ed applicabili anche al rendiconto sostanziale) – costituisce il presupposto indispensabile affinché il destinatario del conto assolva l'onere di indicare specificamente le partite che intende contestare (Cass. II, n. 10153/2011; Cass. II, n. 3747/1994; Cass. II, n. 896/1984; Cass. II, n. 2625/1981, nella giurisprudenza di merito Trib. Messina 19 novembre 2012; in precedenza, tra le altre, v. Trib. Torre Annunziata 12 febbraio 1998). Anche da ultimo (Cass. II, n. 454/2017; Trib. Genova 17 maggio 2021, n. 1131) è stato ribadito il consolidato orientamento della Suprema Corte per la validità della delibera di approvazione del bilancio condominiale non è necessario che la relativa contabilità sia tenuta dall'amministratore con rigorose forme analoghe a quelle previste per i bilanci delle società, essendo, invece, sufficiente che essa sia idonea a rendere intellegibile ai condomini le voci di entrata e di spesa, con le quote di ripartizione; nè si richiede che queste voci siano trascritte nel verbale assembleare, ovvero siano oggetto di analitico dibattito ed esame alla stregua della documentazione giustificativa, in quanto rientra nei poteri dell'organo deliberativo la facoltà di procedere sinteticamente all'approvazione stessa, prestando fede ai dati forniti dall'amministratore alla stregua della documentazione giustificativa. Spetta, comunque, all'assemblea dei condomini approvare il conto consuntivo, come confrontarlo con il preventivo ovvero valutare l'opportunità delle spese affrontate d'iniziativa dell'amministratore. Com'è noto, poi, il sindacato dell'autorità giudiziaria sulle delibere delle assemblee condominiali non può estendersi alla valutazione del merito ed al controllo del potere discrezionale che l'assemblea esercita quale organo sovrano della volontà dei condomini, ma deve limitarsi al riscontro della legittimità. Ne consegue che non è suscettibile di controllo da parte del giudice, attraverso l'impugnativa di cui all'art. 1137 c.c., l'operato dell'assemblea condominiale in relazione alla questione inerente alla approvazione in sede di rendiconto di spese che si assumano superflue. Infine, è funzione tipica del consuntivo proprio l'approvazione della erogazione delle spese di manutenzione ordinaria e di quelle relative ai servizi comuni essenziali, le quali non richiedono la preventiva approvazione dell'assemblea dei condomini, in quanto trattasi di esborsi ai quali l'amministratore provvede in base ai suoi poteri e non come esecutore delle delibere dell'assemblea. L'approvazione di dette spese è richiesta soltanto in sede di consuntivo, giacché con questo poi si accertano le spese e si approva lo stato di ripartizione definitivo che legittima lo amministratore ad agire contro i condomini per il recupero delle quote poste a loro carico. In sintesi, il rendiconto condominiale, a norma dell'art. 1130-bis c.c., deve specificare nel registro di contabilità le voci di entrata e di uscita, documentando gli incassi e i pagamenti eseguiti, in rapporto ai movimenti di numerario ed alle relative manifestazioni finanziarie, nonché, nel riepilogo finanziario e nella nota sintetica esplicativa della gestione, ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, con indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti, avendo riguardo al risultato economico delle operazioni riferibili all'esercizio annuale, che è determinato dalla differenza tra ricavi e costi maturati. Affinché la deliberazione di approvazione del rendiconto, ovvero dei distinti documenti che lo compongono, possa dirsi contraria alla legge, agli effetti dell'art. 1137, comma 2, c.c., occorre accertare, alla stregua di valutazione di fatto che spetta al giudice di merito, che dalla violazione dei diversi criteri di redazione dettati dall'art. 1130-bis c.c. discenda una divaricazione tra il risultato effettivo dell'esercizio, o la rappresentazione della situazione patrimoniale del condominio e quelli di cui il bilancio invece dà conto, ovvero che comunque dal registro di contabilità, dal riepilogo finanziario e dalla nota esplicativa della gestione non sia possibile realizzare l'interesse di ciascun condomino alla conoscenza concreta dei reali elementi contabili, nel senso che la rilevazione e la presentazione delle voci non siano state effettuate tenendo conto della sostanza dell'operazione (Cass. II, n. 28257/2023). Ove sia dichiarata l'invalidità di un rendiconto che abbia suddiviso le spese facendo applicazione di un criterio convenzionale illegittimo, sorge in sede di predisposizione dei rendiconti per gli esercizi successivi l'onere per l'amministratore di tener conto delle ragioni di detta invalidità, ovvero di correggere i bilanci successivi a quello annullato, sottoponendo quelli rettificati nuovamente all'approvazione dell'assemblea (Cass. II, n. 20888/2023). In ordine al grado di specificità delle singole appostazioni è stato ad esempio chiarito che, in tema di modalità di redazione del rendiconto da parte dell'amministratore del condominio, deve escludersi che la mancata, analitica indicazione dei nominativi dei condòmini morosi nel pagamento delle quote condominiali e degli importi da ciascuno di essi dovuti incida sulla validità della delibera di approvazione del medesimo, non comportando siffatta omissione neppure una irregolarità formale di detta delibera, sempre che le poste attive e passive risultino correttamente iscritte nel loro importo (Cass. II, n. 1544/2004). Neppure è richiesta la trascrizione delle voci di entrata e di spesa, con le quote di ripartizione, nel verbale assembleare, ovvero che esse siano oggetto di analitico dibattito ed esame alla stregua della documentazione giustificativa, in quanto rientra nei poteri dell'organo deliberativo la facoltà di procedere sinteticamente all'approvazione stessa, prestando fede ai dati forniti dall'amministratore alla stregua della documentazione giustificativa. Sono, pertanto, valide le deliberazioni assembleari con le quali si stabilisce che il bilancio preventivo per il nuovo esercizio sia conforme al preventivo o al consuntivo dell'esercizio precedente, in tal modo risultando determinate, per riferimento alle spese dell'anno precedente, sia la somma complessivamente stanziata, sia quella destinata alle singole voci, mentre la ripartizione fra i singoli condòmini deriva automaticamente dall'applicazione delle tabelle millesimali (Cass. II, n. 1405/2007). Nella stessa prospettiva è stato osservato, in epoca ante riforma, che nessuna norma codicistica detta, in tema di approvazione dei bilanci consuntivi del condominio, il principio dell'osservanza di una rigorosa sequenza temporale nell'esame dei vari rendiconti presentati dall'amministratore e relativi ai singoli periodi di esercizio in essi considerati, con la conseguenza che va ritenuta legittima la delibera assembleare che (in assenza di un esplicito divieto pattiziamente convenuto al momento della formazione del regolamento contrattuale) approvi il bilancio consuntivo senza prendere in esame la situazione finanziaria relativa al periodo precedente, atteso che i criteri di semplicità e snellezza che presiedono alle vicende dell'amministrazione condominiale consentono, senza concreti pregiudizi per la collettività dei comproprietari, finanche la possibilità di regolarizzazione successiva delle eventuali omissioni nell'approvazione dei rendiconti (Cass. II, n. 11526/1999; Cass. II, n. 13100/1997). Fanno parte del rendiconto i saldi passivi, regolarmente approvati e ripartiti per gli esercizi precedenti, i quali costituiscono una effettiva posta di debito nei confronti del condominio, con la conseguente obbligatorietà ed ottenimento, in caso di mancata estinzione, dello speciale decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, previsto dall'art. 63 disp. att. c.c. (App. Genova 11 maggio 2009). Neppure risulta mai approfonditamente chiarito, in epoca antecedente alla riforma, se il rendiconto debba essere predisposto in applicazione del principio di competenza (che consiste nel riportare tutte le entrate e le spese di competenza dell'anno indipendentemente dalla loro manifestazione finanziaria, ossia dall'effettivo incasso o pagamento) ovvero del principio di cassa (secondo cui l'appostazione va per l'appunto effettuata in relazione al momento in cui ha avuto luogo l'incasso o il pagamento). Si trova difatti genericamente affermato trattarsi «di un consuntivo che, come quello della gestione condominiale, soggiace al criterio di cassa» (Cass. II, n. 10153/2011, cit., in motivazione), ovvero che «il bilancio, o meglio, il conto consuntivo della gestione condominiale non deve essere strutturato in base al principio della competenza, bensì a quello di cassa; l'inserimento della spesa va pertanto annotato in base alla data dell'effettivo pagamento» (Trib. Milano 20 giugno 1991). Si è altresì affermato che possono essere adottati sia l'uno che l'altro criterio, sicché, qualora il rendiconto annuale sia redatto secondo il criterio di cassa, i crediti vantati da un singolo condomino vanno inseriti non nel bilancio relativo al periodo in cui gli stessi siano stati semplicemente avanzati, ma nel consuntivo relativo all'esercizio in pendenza del quale sia avvenuto il loro accertamento (Cass. II, n. 15401/2014). Viceversa, in dottrina si tende a privilegiare l'applicazione del principio di competenza, operante in materia societaria (Colonna-Carrino, 435). Per converso, come si vedrà più avanti, la giurisprudenza di merito pare aver optato, successivamente alla riforma, per il principio di cassa. Quanto al valore probatorio del rendiconto approvato dall'assemblea, si è chiarito che l'approvazione da parte dell'assemblea condominiale del rendiconto dell'amministratore recante indicazione di un importo di spese superiore a quello dei contributi condominiali pagati dai condòmini, può valere come riconoscimento di debito da parte di tutti i condòmini in favore dell'amministratore, ma solo limitatamente alle poste a debito dei condòmini che siano state indicate nel rendiconto con sufficiente specificità e chiarezza (Cass. II, n. 10153/2011, cit.). In punto di efficacia, la deliberazione di approvazione delle spese, adottata dall'assemblea e divenuta inoppugnabile, fa sorgere l'obbligo dei condomini di pagare al condominio i contributi dovuti, rimanendo indipendenti l'obbligazione del singolo partecipante verso il condominio e le vicende delle partite debitorie del condominio verso i suoi creditori. Ne consegue che il condomino non può ritardare il pagamento delle rate di spesa, in attesa dell'evolversi delle relazioni contrattuali del condominio, così riversando sugli altri condomini gli oneri del proprio ritardo nell'adempimento, né può dedurre che il pagamento sia stato effettuato direttamente al terzo, in quanto ciò altererebbe la gestione complessiva del condominio, ma deve, adempiere all'obbligazione verso quest'ultimo, salva l'insorgenza, in sede di bilancio consuntivo, di un credito da rimborso nei confronti della gestione condominiale, ove residuino avanzi di cassa per mancati esborsi o per la risoluzione dei contratti precedentemente stipulati (Cass. II, n. 2049/2013). D'altro canto, il credito dell'amministratore di condominio per le anticipazioni delle spese da lui sostenute non può ritenersi provato in mancanza di una regolare contabilità che, sebbene non debba redigersi con forme rigorose, analoghe a quelle prescritte per i bilanci delle società, deve, però, essere idonea a rendere intellegibili ai condomini le voci di entrata e di uscita, con le relative quote di ripartizione, così da rendere possibile l'approvazione da parte dell'assemblea condominiale del rendiconto consuntivo (Cass. II, n. 3892/2017). La deliberazione dell'assemblea condominiale che approva il rendiconto annuale dell'amministratore può essere impugnata dai condòmini assenti e dissenzienti, oggi anche astenuti, nel termine stabilito dall'art. 1137, comma 3, c.c. non per ragioni di merito, ma solo per ragioni di mera legittimità, restando esclusa una diversa forma di invalidazione ex art. 1418 c.c., non essendo consentito al singolo condomino rimettere in discussione i provvedimenti adottati dalla maggioranza se non nella forma dell'impugnazione della delibera, da considerarsi, perciò, annullabile (Cass. II, n. 5254/2011). La nuova normaSulla scia dell'indirizzo giurisprudenziale in precedenza esaminato il legislatore ha stabilito che «i condòmini e i titolari di diritti reali o di godimento sulle unità immobiliari possono prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo ed estrarne copia a proprie spese. Le scritture e i documenti giustificativi devono essere conservati per dieci anni dalla data della relativa registrazione». Il controllo dei condòmini sull'operato dell'amministratore risulta rafforzato, nel suo complesso, da una serie di ulteriori inizitive dovute alla novella. Possono, infatti, leggersi nella medesima prospettiva di ricerca della trasparenza dell'attività di amministrazione l'obbligo dell'amministratore di comunicare «il locale ove si trovano i registri [...] nonché i giorni alle ore in cui ogni interessato [...] può prenderne gratuitamente visione e ottenere, previo rimborso della spesa» (art. 1129, comma 2, c.c.); l'obbligo «di far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condòmini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio», con il correlativo diritto di ciascun condomino di prendere visione ed estrarre copia della rendicontazione (art. 1129, comma 7, c.c.). In giurisprudenza è stato affermato che gli artt. 1129, comma 2, c.c. e 1130-bis c.c., come novellati dalla l. n. 220/2012, prevedono la facoltà dei condomini di ottenere l'esibizione di registri e documenti contabili condominiali in qualsiasi tempo, non necessariamente in sede di rendiconto annuale e di approvazione del bilancio da parte dell'assemblea, sempreché l'esercizio del diritto di accesso non si risolva in un intralcio all'amministrazione, ponendosi in contrasto con il principio della correttezza ex art. 1175 c.c.; al condomino istante - il quale non è tenuto a specificare le ragioni della richiesta – fa capo l'onere di dimostrare che l'amministratore non gli abbia consentito l'esercizio della facoltà in parola (Cass. II, n. 15996/2020). Il mancato invio da parte dell'amministratore ai condomini richiedenti della documentazione condominiale posta a fondamento dei bilanci presentati all'assemblea per l'approvazione, è suscettibile di determinare l'annullamento della successiva delibera, in quanto, in applicazione dell'art. 1130-bis configura un vizio incidente sul procedimento formativo delle relative maggioranze assembleari. (Trib. Tivoli 3 settembre 2024, n. 1017). Inoltre, ciascun condòmino ha diritto di prendere visione dei documenti riguardanti il condominio e l'amministrazione e di estrarne copia, senza con ciò condizionare l'esercizio condominiale, né ritardarne il corso, ancorché si deve ritenere che tale diritto vada evaso in tempi ragionevoli; in mancanza, il condòmino può chiedere un'ingiunzione di consegna (Trib. Ivrea 30 luglio 2024, n. 917, che, sulla base del suesposto principio, ha ritenuto non ragionevole un periodo di tre-quattro mesi per adempiere alla istanza avanzata dal condòmino, ammettendo la possibilità di agire monitoriamente per ottenere quanto richiesto). D'altro canto, gli artt. 1129, comma 2, e 1130-bis, come novellati dalla legge n. 220 del 2012, prevedono la facoltà dei condomini di ottenere l'esibizione di registri e documenti contabili condominiali in qualsiasi tempo, non necessariamente in sede di rendiconto annuale e di approvazione del bilancio da parte dell'assemblea, sempreché l'esercizio del diritto di accesso non si risolva in un intralcio all'amministrazione, ponendosi in contrasto con il principio della correttezza ex art. 1175; al condomino istante ― il quale non è tenuto a specificare le ragioni della richiesta ― fa capo l'onere di dimostrare che l'amministratore non gli abbia consentito l'esercizio della facoltà in parola (Trib. Roma 7 maggio 2024, n. 7767). Per altro verso, il diritto di prendere visione ed estrarre copia della documentazione condominiale va esercitato presso i luoghi ove è custodito l'incartamento, nei giorni e negli orari prestabiliti dall'amministratore; pertanto il condòmino non può esigere che l'amministratore ricerchi ed invii copia dei documenti senza rispetto di alcun limite o condizione, laddove l'obbligo di consegna è invece ipotizzabile nei confronti dell'amministratore uscente che, una volta scaduto il mandato, deve consegnare all'amministratore subentrante i documenti concernenti la gestione condominiale. Ne deriva che il condòmino può far ricorso a ricorso monitorio solo se ha formalizzato una richiesta di accesso agli atti, a fronte della quale l'amministratore sia rimasto inerte, inadempiente o abbia opposto un rifiuto (Trib. S. Maria Capua V. 8 febbraio 2024). Desta interesse, in proposito, la decisione dell'Arbitro bancario finanziario Milano 19 aprile 2011, che riconosce al condomino il diritto di ottenere copia degli estratti conto direttamente dalla banca presso cui è aperto il conto corrente del condominio); l'obbligo dell'amministratore di «fornire al condominio che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso» (art. 1130, n. 9, c.c.); il diritto dei condòmini di «prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo», con l'obbligo dell'amministratore di conservare i medesimi per 10 anni dalla data della relativa registrazione (art. 1130-bis, c.c.); la facoltà di nomina del consiglio di condominio (art. 1130-bis, c.c.); la possibilità di creazione di un sito Internet del condominio (art. 71-ter disp. att. c.c.). Anche quanto alle modalità di presentazione del rendiconto, la disposizione introdotta dalla l. 11 dicembre 2012, n. 220, persegue lo scopo di colmare il vuoto normativo determinato dalla mancata indicazione normativa dei criteri di redazione, del contenuto e della forma del rendiconto. Non sembra tuttavia che la nuova disposizione abbia sciolto tutti i dubbi addensatisi intorno ai caratteri del rendiconto condominiale. Anzitutto la norma non chiarisce se il rendiconto debba essere redatto in applicazione del principio di competenza ovvero del principio di cassa, limitandosi essa ad affermare che il rendiconto deve contenere «le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve, che devono essere espressi in modo da consentire l'immediata verifica»: formulazione, quest'ultima, compatibile con la redazione del rendiconto sia in ossequio al principio di competenza che di cassa. In mancanza di più precisa indicazione di fonte legislativa sui caratteri del rendiconto, ci si interroga sulla possibilità di colmare la carenza normativa attraverso l'applicazione analogica di disposizioni dettate in materia societaria. Secondo alcuni, tanto in ambito societario che condominiale, sarebbe possibile cogliere la medesima esigenza di tutela dell'amministrato rispetto ai poteri-doveri dell'amministratore, esigenza che si traduce nel diritto dell'uno di controllare l'operato dell'altro. Se la ratio è comune – è stato osservato – «si ravvedono elementi, se non altro di opportunità, per suggerire il ricorso proprio a quei criteri e principi contabili utilizzati nella contabilità aziendale (chiarezza, rappresentazione veritiera e corretta, competenza economica), ai quali peraltro la giurisprudenza si ispira non espressamente ma inequivocabilmente quando è stata chiamata a pronunciarsi in materia» (Colonna-Carrino, 435). [*GIURI*] In giurisprudenza si è optato decisamente per l'adozione del principio di cassa, escludendosi, peraltro, che possa farsi applicazione della disciplina dettata in materia societaria. È stato difatti affermato che in tema di delibera di approvazione del bilancio consuntivo condominiale, la mancata applicazione del criterio di cassa è idonea ad inficiare sotto il profilo della chiarezza la situazione patrimoniale del condominio. Pertanto laddove l'assemblea abbia approvato un consuntivo che non sia improntato a tale criterio e violi, quindi, i diritti dei condomini lo stesso ben potrà essere dichiarato illegittimo (Trib. Roma 2 ottobre 2017, concernente un caso in cui l'amministratore non si era attenuto correttamente al criterio di cassa non avendo riportato, neanche nella situazione patrimoniale, il saldo ed i movimenti del conto corrente, dati essenziali per la verifica della corretta ricostruzione contabile essendo l'esame della movimentazione del conto – che proviene da un terzo, la banca – il riscontro di tutte le entrate e le spese in danaro). È stato osservato che il rendiconto, predisposto dall'amministratore, risponde all'esigenza di porre i condomini in grado di sapere come effettivamente sono stati spesi i soldi versati. Si è escluso che il bilancio debba essere redatto in forma rigorosa posto che non trovano diretta applicazione, nella materia condominiale, le norme prescritte per i bilanci delle società. Pur tuttavia, prosegue la pronuncia, per essere valido, il rendiconto deve essere privo di vizi intrinseci e deve essere accompagnato dalla documentazione che giustifichi le spese sostenute. Inoltre deve essere intellegibile onde consentire ai condomini (i quali generalmente non hanno conoscenze approfondite sul come un bilancio debba essere formato e letto) di poter controllare le voci di entrata e di spesa anche con riferimento alla specificità delle partite atteso che tale ultimo requisito, come si desume dagli artt 263 e 264 c.p.c. che prevedono disposizioni applicabili anche al rendiconto sostanziale, costituisce il presupposto fondamentale perchè possano essere contestate, appunto, le singole partite. Invero il rendiconto che viene portato all'approvazione dell'assemblea non è un mero documento contabile contenente una serie di addendi ma un atto con il quale l'obbligato giustifica le spese addebitate ai suoi mandanti sì che vi sono delle regole minime che debbono essere rispettate. Ed il bilancio, o meglio, il conto consuntivo della gestione condominiale non deve essere strutturato in base al principio della competenza, bensì a quello di cassa; l'inserimento della spesa va pertanto annotato in base alla data dell'effettivo pagamento, così come l'inserimento dell'entrata va annotato in base alla data dell'effettiva corresponsione. La mancata applicazione del criterio di cassa, è idonea ad inficiare sotto il profilo della chiarezza, dalla quale non si può prescindere, il bilancio. In particolare, non rendendo intelligibili e riscontrabili le voci di entrata e di spesa e le quote spettanti a ciascun condomino, non si evidenzia la reale situazione contabile. Pertanto laddove l'assemblea abbia approvato un consuntivo (che deve essere, come detto, un bilancio di cassa) che non sia improntato a tali criteri e violi, quindi, i diritti dei condomini lo stesso ben potrà essere dichiarato illegittimo. Il criterio di cassa, in base al quale vengono indicate le spese e le entrate effettive per il periodo di competenza, consente infatti di conoscere esattamente la reale consistenza del fondo comune. Laddove il rendiconto sia redatto, invece, tenendo conto sia del criterio di cassa e che di competenza (cioè indicando indistintamente, unitamente alle spese ed alle entrate effettive, anche quelle preventivate senza distinguerle fra loro) i condomini possono facilmente essere tratti in inganno se non sono chiaramente e separatamente indicate le poste o non trovino riscontro documentale. Inoltre, con il bilancio, devono sempre essere indicati (con possibilità di facile riscontro documentale) la situazione patrimoniale del condominio e gli eventuali residui attivi e passivi, l'esistenza e l'ammontare di fondi di riserva obbligatori (ad esempio l'accantonamento per il trattamento di fine rapporto del portiere) o deliberati dall'assemblea per particolari motivi (ad esempio fondo di cassa straordinario). Ovviamente, la situazione patrimoniale deve rispettare il prospetto approvato nella gestione precedente onde verificare la possibilità di un'eventuale scomparsa di somme di danaro. Il criterio di cassa consente altresì di fare un raffronto tra le spese sostenute ed i movimenti del conto corrente bancario intestato al condominio; a ciascuna voce di spesa deve corrispondere un prelievo diretto a mezzo assegno o bonifico sul/dal conto corrente condominiale. Inoltre, per consentire ai condomini di apprezzare e valutare il bilancio, l'amministratore dovrà indicare ed inviare ad ogni condomino un elenco delle spese sostenute (con data e causale dell'importo) già diviso per categorie secondo il criterio di ripartizione (come spese generali, acqua riscaldamento, ecc), l'indicazione delle quote incassate dai condomini e quelle ancora da incassare, l'indicazione delle spese ancora da sostenere, le eventuali rimanenze attive (fondi, combustibile ed altro) ed il piano di riparto che indichi per ogni condomino e per ogni categoria di spesa il criterio di riparto e la quota a suo carico. Modalità di predisporre il bilancio previste anche dal legislatore con il novellato art. 1130-bis c.c. Onde la mancanza di tali indicazioni, che conferiscono certezza e chiarezza al bilancio, ovvero la presenza di elementi che ne inficino la veridicità quali l'omissione o l'alterazione dei dati (ad esempio sugli interessi dei depositi) determina l'illegittimità del bilancio stesso che si estende alla delibera che l'approvi e che sia oggetto di contestazione. Analogamente, si è di recente ribadito che il bilancio del condominio non deve essere redatto in forma rigorosa, posto che non trovano diretta applicazione, nella materia condominiale, le norme prescritte per i bilanci delle società. Pur tuttavia, per essere valido, il rendiconto deve essere privo di vizi intrinseci e deve essere accompagnato dalla documentazione che giustifica le spese sostenute. Inoltre deve essere intellegibile onde consentire ai condomini (i quali generalmente non hanno conoscenze approfondite sul come un bilancio debba essere formato e ‘letto') di poter controllare le voci di entrata e di spesa anche con riferimento alla specificità delle partite atteso che tale ultimo requisito, come si desume dagli artt 263 e 264 cpc che prevedono disposizioni applicabili anche al rendiconto sostanziale, costituisce il presupposto fondamentale perché possano essere contestate, appunto, le singole partite. Invero il rendiconto non è un mero documento contabile contenente una serie di addendi ma un atto con il quale l'obbligato giustifica le spese addebitate ai suoi mandanti sì che vi sono delle regole minime che debbono essere rispettate. Ed il bilancio, o meglio, il conto consuntivo della gestione finanziaria condominiale non deve essere strutturato in base al principio della competenza, bensì a quello di cassa (ciò non toglie il fatto che, separatamente, possano anche essere catalogate le spese/entrate di pertinenza dell'anno in esame non ancora sostenute/incassate); l'inserimento della spesa và pertanto annotato in base alla data dell'effettivo pagamento, così come l'inserimento dell'entrata va annotato in base alla data dell'effettiva corresponsione (Trib. Roma 9 luglio 2020, n. 10015). Le componenti del rendicontoIl rendiconto, stabilisce la norma, si compone di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario, nonché di una nota sintetica esplicativa della gestione con l'indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti. Com'è stato osservato (v. sulle considerazioni che seguono Colonna-Carrino, 438), il registro di contabilità può per contenuto e forme identificarsi con il registro di cassa, nel quale vanno annotate analiticamente tutte le voci in entrata e uscita in ordine cronologico. In tale prospetto viene ricostruita tutta la movimentazione effettiva della cassa condominiale con indicazione di tutti gli incassi ed esborsi effettivamente operati durante l'anno. Occorre pertanto riportare i saldi liquidi iniziali aggiungendo i movimenti in entrata e uscita, così da aggiungere alla consistenza finale di cassa al 31 dicembre dell'anno di riferimento. Si deve in proposito altresì richiamare il dettato dell'art. 1130 c.c., intitolato: «Attribuzioni dell'amministratore», il quale indica ai nn. 6) e 7) i registri condominiali da tenere, ossia il registro di anagrafe condominiale, il registro dei verbali delle assemblee, il registro di nomina e revoca dell'amministratore e, infine, per l'appunto, il registro di contabilità. Come è stato ribadito (Marostica, 698), esso consiste in un libro cassa, nel quale l'amministratore deve annotare in ordine cronologico tutti i movimenti in entrata ed in uscita; la registrazione deve essere effettuata entro trenta giorni da quello dell'effettuazione del movimento; è possibile la tenuta con modalità informatizzate (v. art. 1130, comma 1, n. 7, c.c.). Considerato che il condominio è oggi sottoposto ad un obbligo di dotarsi di un conto corrente condominiale, sul quale l'amministratore deve fare transitare ogni somma in entrata ed in uscita, e tenuto conto delle evidenziate caratteristiche del registro di contabilità, è da ritenere che il registro di contabilità debba trovare riscontro nel conto bancario e viceversa. La verifica in proposito rientra nelle facoltà del singolo condomino, poiché egli ha diritto di accedere all'estratto conto bancario, del quale può prendere visione, estraendone copia. È stato osservato che il diritto alla visione della rendicontazione periodica di cui all'art. 1129, comma 7, c.c. si pone in relazione con l'attestazione che l'amministratore deve fornire al condomino che ne faccia richiesta circa lo stato dei pagamenti degli oneri condominiali di cui all'art. 1130, n. 9), c.c.: «si è voluto consentire al condomino di controllare che le somme di cui alla situazione contabile risultante dall'attestato di cui al n. 9) dell'art. 1130 cod. civ. vengano effettivamente versate sul conto corrente» (Triola, 124). La mancata tenuta del registro di contabilità costituisce una grave irregolarità dell'amministratore (v. art. 1129, comma 12, c.c.). Il riepilogo finanziario rappresenta lo stato patrimoniale del condominio, e contiene lo stato delle attività e passività, indicando crediti, debiti ed eventuali fondi di riserva. Il riepilogo finanziario ha cioè la finalità di fotografare la situazione dello stato patrimoniale del condominio amministrato. Nell'attivo, oltre all'esistenza di cassa e di conto corrente, vanno riportati in dettaglio i crediti distinti per titolo (quote ordinarie, quote straordinarie, conguagli ecc.) nonché per anno di insorgenza. Nel passivo vanno riportati tutti debiti distinti per gruppi di creditori (condomini per conguaglio, fornitori ecc.), i debiti tributari o previdenziali, le riserve costituite a qualsiasi titolo (fondo cassa, fondo lavori ecc.). La nota sintetica esplicativa ha finalità di descrivere sinteticamente l'intera gestione annuale, dando conto non solo dei rapporti in corso, ma anche delle questioni pendenti. Detta nota non contiene una esplicazione totale dei singoli dati, ma commenta quelli di maggior rilievo nonché quelli che sono stati oggetto di sensibili variazioni rispetto ai periodi precedenti, dando conto delle circostanze che hanno determinato accadimenti di particolare importanza nel corso della gestione, con i conseguenti riflessi economico-patrimoniali. In tale prospettiva, può farsi luogo anche ad un prospetto dei conti individuali nel quale riportare, in una sorta di estratto conto individuale, le somme dovute dal condomino (anche relative a precedenti «debiti») e quelle versate, nonché quelle dovute a conguaglio, che non costituiscono morosità (Parodi, 149). In giurisprudenza si è osservato che, in tema di condominio di edifici, deve considerarsi rilevante anche l'osservanza ai precetti del novellato art. 1130-bis c.c. in tema di tenuta e redazione della contabilità, sicché, risultando elementi imprescindibili del rendiconto il registro di contabilità, il riepilogo finanziario ed una nota di accompagnamento sintetica, esplicativa della gestione annuale, in difetto di quest'ultima la delibera approvativa del rendiconto deve considerarsi viziata (Trib. Torino 4 luglio 2017; Trib. Genova 14 luglio 2021, n. 1684), con la precisazione che tale omissione non costituisce motivo di nullità, bensì di annullabilità (Trib. Cosenza 6 luglio 2021, n. 1560). Viene rammentato che, secondo la giurisprudenza di legittimità, non è necessario che la contabilità sia tenuta dall'amministratore con rigorose forme analoghe a quelle previste per i bilanci delle società, essendo invece sufficiente che essa sia idonea a rendere intellegibile ai condomini le voci di entrata e di spesa, con le quote di ripartizione; nè si richiede che queste voci siano trascritte nel verbale assembleare, ovvero siano oggetto di analitico dibattito ed esame alla stregua della documentazione giustificativa, in quanto rientra nei poteri dell'organo deliberativo la facoltà di procedere sinteticamente all'approvazione stessa, prestando fede ai dati forniti dall'amministratore alla stregua della documentazione giustificativa. Il principio di cui sopra – aggiunge tuttavia il Tribunale – è stato però affermato prima della riforma del 2012, la quale sembra ispirarsi a regole diverse. L'art. 1130-bis c.c. prevede ora, infatti, la redazione di un rendiconto condominiale annuale che deve contenere una serie di specifiche voci contabili, indispensabili alla ricostruzione e al controllo della gestione dell'amministratore da parte di ogni condomino. In particolare, elementi imprescindibili del rendiconto sono: a) il registro di contabilità; b) il riepilogo finanziario; c) una nota di accompagnamento sintetica, esplicativa della gestione annuale. È interessante notare che, nel caso esaminato, il Tribunale ha riconosciuto che il bilancio approvato era sostanzialmente corretto e veritiero, ma non conteneva la nota esplicativa. Ora, dovendo il Tribunale giudicare secondo le vigenti regole del codice, esso ha escluso potesse riconoscersi come conforme a diritto e non in violazione di legge la delibera che approvi un bilancio che conforme al disposto dell'art. 1130-bis c.c. non è. Secondo il giudice, non è escluso che in futuro la giurisprudenza di legittimità possa arrivare ad affermare che una violazione di questo genere non ha carattere sostanziale e che ciò che rileva, anche ai fini dell'art. 1137 c.c., è che sostanzialmente il bilancio sia veritiero, anche se privo di taluno degli elementi prescritti dalla legge. Oggi, però, in assenza di affermazioni di principio in tal senso, e, soprattutto, a fronte del mutato scenario normativo, l'approdo alla tesi più rigorosa appare quello più conforme alla lettera (se non, forse, allo spirito) della legge. Il revisore contabileL'art. 1130-bis c.c. – occupandosi del rendiconto condominiale – considera la possibilità («può») da parte dell'assemblea dei condòmini di nominare in qualsiasi momento o per più annualità specificamente indicate un «revisore che verifichi la contabilità del condominio». È così possibile operare una verifica analitica della contabilità di quel periodo da parte di un professionista attrezzato per tale compito e che può immediatamente individuare (e «bloccare» sul nascere) eventuali discrasie (di qualsivoglia tipo) nella gestione dell'amministratore. Per quanto riguarda il quorum, l'art. 1130-bis c.c. richiama l'art. 1136 c.c., con riguardo alla nomina dell'amministratore. Occorre dunque per la validità delle deliberazioni l'approvazione con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio. Può rammentarsi che il revisore legale dei conti, alla stregua del d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 39, recante: «Attuazione della direttiva 2006/43/CE, relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati, che modifica le direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE, e che abroga la direttiva 84/253/CEE», è un professionista – in possesso di un diploma di laurea in materie economico-aziendali o giuridiche, ovvero di un diploma di laurea nelle stesse materie conseguito a seguito di un percorso di studi della durata minima di tre anni – iscritto nell'apposito Albo, dopo un periodo di praticantato di durata triennale (presso un revisore contabile avente ad oggetto il controllo di bilanci di esercizio e consolidati) e il superamento di un esame di Stato consistente in prove scritte e orali dirette all'accertamento delle conoscenze teoriche e della sua capacità di applicarle praticamente, nelle materie – fra le altre – di contabilità analitica e di gestione; disciplina dei bilanci di esercizio e consolidati; controllo della contabilità e dei bilanci; diritto civile e commerciale, fallimentare, tributario, del lavoro. Oltre alle persone fisiche, possono svolgere attività di revisione conti anche le Società di revisione, regolarmente iscritte in un apposito registro tenuto dalla Consob. La dottrina prevalente ritiene che l'incarico in questione possa essere ricoperto anche da soggetti diversi dai revisori dei conti in senso proprio, secondo la citata previsione del d.lgs. n. 39/2010, attuativa della Direttiva 2006/43/CE. Difatti, la Direttiva in questione si riferisce ai bilanci per cui la legge dispone il controllo (come nel caso delle società per azioni nell'ipotesi di cui all'art. 2409-bis c.c.), banche, società finanziarie e assicurative ecc. Il testo dell'art. 1130-bis c.c., viceversa, nulla dispone al riguardo e l'applicazione della normativa societaria al condominio non sembra trovare fondamento tecnico: e, del resto, la giurisprudenza esclude in generale l'applicazione del regime societario al bilancio condominiale. Sorge d'altro canto il quesito in ordine alla latitudine del controllo devoluto al revisore contabile. Ed infatti, dal momento che la legge non precisa dettagliatamente quali siano le modalità con cui il bilancio condominiale deve essere redatto, non è agevole individuare le regole di riferimento alle quali il revisore contabile debba parametrare la propria verifica. Come si è detto, la norma discorre di nomina di un revisore «che verifichi la contabilità». È stato detto inoltre che il legislatore ha utilizzato, volutamente, un termine preciso proprio perché fossero chiare le funzioni del revisore e quindi le finalità della consulenza. Il revisore deve, dunque, essenzialmente verificare la contabilità – e non necessariamente rifarla ex novo – ma questa verifica può avere diversi limiti a seconda della condizione in cui il revisore si troverà ad operare. Se si tratterà di verificare contabilità già presentate in assemblea e da questa approvate, l'attività di verifica si limiterà ad una analisi di fondatezza e congruità. Se la verifica riguarderà annualità prive di bilancio perché mai presentate o mai approvate, allora la verifica del revisore andrà anche oltre, fino a giungere alla redazione di tutti gli elaborati contabili necessari, tenendo anche conto dei criteri di ripartizione delle spese necessari, anche alla luce del regolamento e delle tabelle millesimali di quel condominio (Schena, 7, il quale osserva che non si può pensare di nominare un revisore perché rimetta in discussione i criteri di ripartizione, ancorché sbagliati, adottati in bilanci consuntivi già approvati dall'assemblea, posto che vizi in tal senso andrebbero contestati mediante l'impugnazione delle relative deliberazioni davanti all'autorità giudiziaria entro il termine perentorio dei trenta giorni canonici, a norma dell'art. 1137 c.c.). Nell'eventualità in discorso, i condomini ottengono, tramite l'opera del revisore, una corretta informativa economico-finanziaria e, in esito ad una revisione per così dire «positiva», una ragionevole sicurezza che il bilancio sia conforme alle norme che ne disciplinano i criteri, redatto, pertanto, con chiarezza e in maniera da fornire una rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale e finanziaria, in conformità al quadro normativo di riferimento. Per altro verso, venendosi a costituire tra il condominio e il revisore un rapporto di prestazione d'opera intellettuale, essi restano garantiti da errori del revisore dei conti, come nel caso in cui un ammanco di cassa, da parte dell'amministratore, non sia stato tempestivamente rilevato (per riferimenti, Cass.S.U., n. 5393/1995). Certamente anche prima dell'espressa previsione della quale si discorre l'assemblea dei condòmini, in relazione alla particolare situazione, avrebbe potuto disporre una revisione contabile: si apriva, in tal caso, la questione circa la maggioranza necessaria per conferire al professionista questo particolare incarico e i criteri per la suddivisione nel relativo onorario. L'art. 1130-bis ha voluto risolvere tale problema e ha stabilito, per il conferimento dell'incarico, la maggioranza prevista per la nomina dell'amministratore (cioè quella degli intervenuti che rappresenti almeno la metà del valore dell'edificio); per la relativa spesa, la ripartizione del corrispettivo secondo i millesimi di proprietà. Opportuna è stata ritenuta l'indicazione concernente la ripartizione della spesa per millesimi di proprietà, che evita possibili controversie qualora l'opera di revisione contabile abbia ad oggetto spese destinate ad essere ripartite secondo i millesimi di gestione, quali, ad esempio, quelli per la manutenzione dell'ascensore o per il servizio del riscaldamento centralizzato. È stato in tal modo stabilito un criterio legale che, è stato detto, potrebbe essere derogato dall'assemblea, non essendo indicato l'art. 1130-bis c.c. tra le disposizioni inderogabili ex art. 1138 c.c. Si è sostenuto che la deroga debba tuttavia essere assunta all'unanimità dall'intera compagine condominiale (Tortorici, 375). Alla stregua del dato normativo, quindi, in ogni momento di una gestione, l'assemblea convocata allo scopo, a fronte di una specifica domanda di almeno due condomini rappresentanti un sesto del valore millesimale del condominio, può deliberare la nomina di un revisore delle contabilità precedenti. La richiesta sembra poter essere avanzata anche in sede di assemblea annuale di fine gestione convocata dallo stesso amministratore, anche se la convocazione non riporti l'argomento nell'ordine del giorno (Tortorici, 375). Difatti, la verifica della contabilità, anche pregressa, può costituire un corollario integrativo all'esame del rendiconto annuale, al quale deve essere correlato e approvato il riparto delle spese, ai fini del conseguimento di un decreto ingiuntivo ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c., che riporta sempre i crediti e i debiti maturati da ogni condomino (Tortorici, 375). La circostanza che il successivo art. 1135 c.c. non preveda espressamente questo diritto, rafforza quanto sopra dedotto, svincolando il diritto in esame dalle rituali incombenze dell'assemblea al termine della gestione annuale (Tortorici, 375). Deve essere redatto, come per ogni altra assemblea, un verbale da allegare al registro dei verbali che l'amministratore deve conservare ex art. 1130 c.c. La delibera di nomina deve necessariamente indicare: a) le generalità del o dei revisori; b) il conferimento dell'incarico con le conseguenti mansioni e funzioni, essendo emanazione diretta dell'assemblea; c) il compenso dovuto se onnicomprensivo, o meno, per esempio, per i costi di fotocopie o per l'iva assolta sulle fatture dei professionisti; d) l'invito all'amministratore di mettere a disposizione del revisore tutta la documentazione necessaria, affinché la verifica possa essere attuata correttamente; e) l'indicazione di massima, o il rinvio ad altra assemblea, delle decisioni da assumere nell'ipotesi venissero riscontrati errori, mancanze o omissioni, presupponendo, già, una loro qualche sussistenza (in questi termini Tortorici, 375). Il revisore della contabilità deve accettare l'incarico contenuto nella delibera assembleare e può farlo: 1) con la sottoscrizione del verbale di assemblea, se presente a questa; 2) con un contratto sottoscritto allo scopo. È stato altresì rilevato che: a) proprio in quanto il condominio è definito dalle prevalenti dottrina e giurisprudenza, un ente di gestione, seppure con tutte le remore che questa natura comporta, non necessita che il revisore, che deve verificare la contabilità, debba essere un revisore dei conti di cui al d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 39, potendo ben essere, tra gli altri, un dottore commercialista, un altro amministratore o uno stesso condomino. Questi potrebbe anche essere, o essere stato, un membro del consiglio di condominio, istituito ai sensi del comma 2 dell'articolo in esame, considerato che questo organo ha una funzione meramente consultiva per l'amministratore e non una di controllo del suo operato, come ha, invece, il revisore dei conti; peraltro è opportuno che, in questa fattispecie, sia un soggetto diverso ed estraneo al condominio; b) l'articolo in esame prevede che gli aventi diritto possano chiedere, seppure a loro spese, copia dei documenti giustificativi delle stesse; tra costoro devono essere ricompresi anche i conduttori delle unità immobiliari site nello stabile, anche se limitatamente alle stesse che per legge o per convenzione con il condomino-locatore sono poste a loro carico. Ne consegue che l'espressione «l'assemblea potrebbe possa riferirsi indistintamente ai condomini e ai conduttori, pur sempre nei limiti della valida costituzione del collegio decisorio per i diversi argomenti che devono essere deliberati; per esempio, l'assemblea con la partecipazione dei conduttori può deliberare di nominare un revisore dei bilanci inerenti esclusivamente al servizio del riscaldamento e del condizionamento centralizzati; infatti, indipendentemente dalle clausole contrattuali che un conduttore ha stipulato con il proprio locatore, che gli consentono di poter verificare i documenti giustificativi delle spese che deve rimborsargli, il diritto di partecipare all'assemblea con diritto di voto, non può che circoscriversi nell'ambito del disposto dell'art. 10 della l. 27 luglio 1978, n. 392 (Tortorici, 375). Il revisore della contabilità è da considerare un mandatario dell'assemblea; ne consegue che all'incarico conferito si debbano applicare le norme sul mandato, con particolare riferimento all'art. 1710 c.c. per quanto attiene alla diligenza del buon padre di famiglia nell'esecuzione dello stesso, rilevando ogni irregolarità che riscontra nel suo controllo; la gravità o meno di queste saranno poi valutate e deliberate in assemblea. È stato ritenuto applicabile anche l'art. 1708 c.c., norma che rende possibile richiedere, per esempio, ai fornitori del condominio copia delle fatture emesse, con la relazione delle reali attività effettuate per stabilire la congruità dell'intervento (Tortorici, 375). È stato infine affermato che la verifica delle annualità pregresse non possa eccedere i dieci anni, durata questa prevista per la conservazione delle scritture contabili e dei documenti giustificativi delle spese del condominio (Tortorici, 375). La funzione del revisore è istituzionalmente diretta ad un controllo contabile, ma è stato ritenuto che tale mandato possa essere allargato anche ad altre situazioni. I condomini, in altri termini, possono ricorrere alla nomina del revisore, non solo per verificare la contabilità di gestioni precedenti, ma anche quando la situazione lo richieda: ad esempio, in caso di ingenti interventi straordinari, come le ristrutturazioni dei prospetti o altri interventi gravosi, in cui si deve obbligatoriamente accantonare il fondo straordinario dedicato a detti lavori, il revisore nominato dall'assemblea, è stato considerato uno strumento utile e di supporto, in qualità di garante sia dei condomini, sia dell'amministratore, per quanto attiene al controllo della gestione del conto corrente bancario e/o postale, in cui sono depositati i fondi straordinari dei condòmini. Nella situazione dell'esempio, il revisore, nominato con il compito di supervisore, costituisce difatti una garanzia per i condòmini e uno stimolo per l'amministratore ad impegnarsi con maggiore attenzione alla gestione del fondo straordinario (Cardia, 1). Il consiglio di condominioÈ stata stabilita la possibilità della nomina di questo particolare «organo» del condominio, già previsto dall'art. 16 r.d.l. 15 maggio 1934, n. 56. Ed infatti, già in epoca antecedente alla riforma del condominio, accadeva sovente, perlopiù nei condomini di grandi dimensioni o nei supercondomini, che i regolamenti condominiali contemplassero l'istituzione di un organo denominato consiglio di condominio o anche consiglio dei condomini o consiglio di amministrazione. Tale organo non era disciplinato espressamente, giacché il codice civile, nell'originaria stesura, aveva ritenuto di non riproporre la disposizione, già contenuta nell'art. 16 r.d.l. 15 gennaio 1934, n. 56, secondo cui, in determinati condomini, l'amministratore poteva essere assistito nell'esercizio delle sue funzioni, da un consiglio composto di non meno di due membri, scelti tra i partecipanti al condominio. Oltre alla funzione consultiva, tale organo svolgeva anche compiti di controllo amministrativo e di conciliazione delle vertenze tra i condomini. I poteri del menzionato consiglio potevano essere inoltre allargati attraverso una previsione regolamentare, così da incidere sulla latitudine delle attribuzioni altrimenti affidate all'amministratore. Con la riforma del 2012 il legislatore ha espressamente previsto e disciplinato il consiglio di condominio, che può peraltro essere contemplato nei regolamenti condominiali. Tale organo, nella previsione codicistica, ha funzioni meramente consultive e di controllo. Sui presupposti e sui meccanismi per la costituzione dell'organo, la norma prescrive che «l'assemblea può anche nominare, oltre all'amministratore, un consiglio di condominio composto da almeno tre condòmini negli edifici di almeno dodici unità immobiliari». Premesso che la scelta della costituzione o meno di tale «consiglio» non è obbligatoria ma rimessa in ogni caso alla valutazione dell'assemblea («può»), quanto ai presupposti il dato testuale va interpretato non nel senso che la nomina del consiglio di condominio sia vietata in caso di edifici con meno di dodici unità immobiliari, bensì nel senso che, ove le unità immobiliari siano in numero di dodici o più, i consiglieri devono essere almeno tre. Pur essendo la previsione in discorso collocata nell'ambito della norma dedicata al «rendiconto», è da credere che la consultazione al consiglio di condominio possa avvenire, anche da parte di singoli condòmini, per qualunque aspetto che attiene allo svolgimento delle vicende condominiali (e non solo per quanto riguarda la predisposizione e l'esame del bilancio); analogamente è da dire per le funzioni di controllo che possono esplicarsi su tali vicende. Il consigliere di condominio è comunque, estraneo ai momenti gestionali del condominio, restando figura ben diversa da quella dell'amministratore, con la conseguenza che – dovendo essere comunque scelto tra i condòmini – non deve essere in possesso dei requisiti che l'art. 71-bis disp. att. c.c. pretende per l'amministratore. Questa estraneità all'amministrazione comporta che per la nomina dei consiglieri sia sufficiente la maggioranza semplice (in seconda convocazione, maggioranza degli intervenuti – che è sufficiente siano un terzo dei condòmini – e di un terzo del valore dell'edificio). L'incarico deve essere accettato ed appare opportuno – poiché concreta un mandato a svolgere particolari attività – che, nell'occasione, siano specificati i compiti nonché l'indicazione della sua eventuale gratuità, giacché altrimenti, stante la presunzione di onerosità del mandato (art. 1709 c.c.), i consiglieri potrebbero pretendere il corrispettivo. Il diritto del condomino al controllo della gestioneIn generale, in materia di condominio negli edifici, la violazione del diritto di ciascun condomino di esaminare, a sua richiesta e secondo adeguate modalità di tempo e di luogo, la documentazione attinente ad argomenti posti all'ordine del giorno di una successiva assemblea condominiale, determina, in quanto incidente sul procedimento di formazione delle maggioranze assembleari, l'annullabilità della delibera di approvazione dei medesimi (Trib. Genova 22 gennaio 2016). Si è dunque riconosciuto al singolo condomino il diritto di controllare, non solo in sede di assemblea convocata per l'approvazione del rendiconto, la gestione e la relativa documentazione giustificativa: ciò, tuttavia, a sue spese. In tema di approvazione del bilancio da parte dell'assemblea condominiale, benché l'amministratore del condominio non abbia l'obbligo di depositare la documentazione giustificativa del bilancio negli edifici, egli è tuttavia tenuto a permettere ai condòmini che ne facciano richiesta di prendere visione ed estrarre copia, a loro spese, della documentazione contabile, gravando sui condòmini l'onere di dimostrare che l'amministratore non ha loro consentito di esercitare detta facoltà (Cass. II, n. 1544/2004, secondo cui la mancata indicazione nell'avviso di convocazione dell'assemblea del luogo e delle ore in cui sarebbe stato possibile l'esame della documentazione contabile non è sufficiente a far ritenere dimostrato da parte dei condòmini l'impossibilità di prenderne visione; nello stesso senso Cass. II, n. 12650/2008; nella giurisprudenza di merito v. Trib. Monza 3 dicembre 2003). L'obbligo di rendiconto può cioè legittimamente dirsi adempiuto quando il mandatario abbia fornito la relativa prova attraverso i necessari documenti giustificativi non soltanto della somma incassata (oltre che, se del caso, della qualità e della quantità dei frutti percetti) e dell'entità causale degli esborsi, ma anche di tutti gli elementi di fatto funzionali alla individuazione ed al vaglio delle modalità di esecuzione dell'incarico, onde stabilire (anche in relazione ai fini da perseguire ed ai risultati raggiunti) se il suo operato si sia adeguato, o meno, ai criteri di buona amministrazione (Trib. Bari 18 aprile 2011). La violazione del diritto del singolo condomino di esaminare a sua richiesta la documentazione contabile, non resa disponibile da parte dell'amministratore, comporta, in sede di approvazione del consuntivo, la violazione da parte dell'amministratore dell'obbligo di rendiconto e l'invalidità della relativa delibera di approvazione, mentre non può essere invocata quale causa di invalidità della delibera di approvazione del preventivo, giacché normalmente la previsione di spesa viene fatta sulla base della gestione dell'anno precedente (Cass. II, n. 11940/2003). Anche nel vigore della nuova norma è stato ribadito che la violazione del diritto di ciascun condomino di esaminare, a sua richiesta e secondo adeguate modalità di tempo e di luogo, la documentazione attinente ad argomenti posti all'ordine del giorno di una successiva assemblea condominiale, determina, in quanto incidente sul procedimento di formazione delle maggioranze assembleari, l'annullabilità della delibera di approvazione dei medesimi (Trib. Genova 22 gennaio 2016). Nello stesso senso, muovendo dal riconoscimento del diritto del singolo condomino di prendere visione dei documenti contabili riguardanti il condominio, diritto che può essere esercitato, come si è visto, non solo in occasione del rendiconto annuale, ma anche al di fuori di tale sede (Cass. II, n. 15159/2001; Cass. II, n. 8460/1998), è stato posto in risalto come l'impedimento frapposto all'esercizio del diritto del singolo condomino di informarsi adeguatamente, mediante l'esame dei documenti pertinenti, sugli argomenti oggetto di future delibere condominiali, incide sul corretto esplicarsi della dialettica assembleare, sicché ai fini della validità delle delibere adottate non può assumere alcuna rilevanza la maggioranza più o meno ampia con cui queste sono state approvate (Cass. II, n. 13350/2003). La deliberazione dell'assemblea condominiale di approvazione del rendiconto di gestione può essere impugnata dal condomino che, prima della riunione, abbia chiesto, infruttuosamente, all'amministratore di prendere visione (ed eventualmente estrarre copia) della documentazione su cui si fonda la rendicontazione del mandatario. Spetta a quest'ultimo e quindi al condominio dimostrare che era impossibile soddisfare la richiesta, che la stessa è stata soddisfatta o che non è stato possibile darvi seguito per colpa del condomino (Cass. II, n. 19210/2012). Anche nel vigore della nuova disciplina è stato affermato che è diritto del condomino prendere visione dei documenti giustificativi di spesa. I condomini hanno il diritto di chiedere all'amministratore di condominio di prendere visione dei documenti giustificativi di spesa e di estrarne copia a proprie spese, tuttavia non possono essere considerati come tali le matrici di assegni bancari del conto corrente intestato al condominio, gli stati di avanzamento dei lavori e i relativi certificati di pagamento relativi a lavori straordinari (Trib. Catania 30 giugno 2017, che censura tale richiesta come esercizio abusivo del diritto di copia ex art. 1130-bis c.c. essendo tale documentazione non sussumibile nella nozione di «documenti giustificativi di spesa», avendo peraltro il legislatore nella riforma di cui alla l. n. 220/2012 distinto tra giustificativi di spesa e altre scritture attinenti la gestione dell'ente condominiale). Secondo il Tribunale etneo il diritto dei condomini – di cui al ridetto art. 1130-bis c.c. - di estrarre copia, a proprie spese (ma a cura dell'amministratore che ne è depositario), dei documenti giustificativi di spesa ben si presti ad essere sovrapposto al «diritto alla consegna di una cosa mobile determinata» di cui al citato art. 633 c.p.c. proprio perché, invero, il diritto sostanziale de quo ha ad oggetto la copia della documentazione di cui si intenda acquisire contezza e non, invece, la documentazione in originale: al diritto che nella specie fa capo ai condomini, pertanto, non si correla propriamente – dal lato passivo del rapporto obbligatorio – alcun obbligo di facere attinente l'attività di riproduzione della documentazione in originale, facere che per converso si atteggia soltanto a presupposto di fatto dell'esercizio del diritto alla consegna di copia dei documenti giustificativi di spesa. Aggiunge la sentenza che il diritto dei condomini di «prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo ed estrarne copia a proprie spese» ha a suo antecedente logico e giuridico l'obbligo di «conservare tutta la documentazione inerente alla propria gestione riferibile sia al rapporto con i condomini sia allo stato tecnico-amministrativo dell'edificio e del condominio» che ex art. 1130, n. 8), c.c. fa capo all'amministratore, e non al condominio: amministratore che negli stabili con più di otto membri è organo istituzionale dell'ente condominiale, e che proprio perchè organo istituzionale è titolare per diritto positivo – ex art. 1130 c.c. – di una serie di specifiche attribuzioni. Se l'obbligo che si individui in capo ad amministratore condominiale trovi dunque diretto fondamento nella norma di legge piuttosto che nei termini negoziali del mandato che la collettività condominiale abbia conferito al soggetto incaricato della gestione del patrimonio comune, dell'obbligo medesimo dovrà essere l'amministratore in proprio a rispondere, piuttosto che il Condominio. Fate tali premesse, tuttavia, il giudice ha ritenuto si fosse in presenza di un esercizio abusivo del diritto di copia ex art. 1130-bis c.c. Deve riconoscersi, infatti, quale arbitraria ed in nessun modo riconducibile entro l'alveo della norma codicistica di riferimento la pretesa di estrarre copia anche di documentazione in nessun modo sussumibile alla nozione di «documenti giustificativi di spesa» imposta al riguardo dal legislatore della riforma ex l. n. 220 del 2012: perchè non possono certamente considerarsi pezze giustificative nè le matrici di assegni, né gli stati avanzamento lavori e relativi certificati di pagamento attinenti i lavori di manutenzione straordinaria di parti comuni avviati nel 2011 ed ultimati nel gennaio del 2014. Ragionamento non dissimile è stato svolto in un'altra occasione, in cui un diverso giudice di merito ha parimenti ritenuto che la richiesta del condomino di accesso agli atti condominiali non deve essere vessatoria e contraria alla buona fede (Trib. Avellino 22 marzo 2016). Si è detto che la richiesta inviata dal condomino all'amministratore di condominio durante il periodo estivo per la consegna di tutti i documenti giustificativi di spesa relativi a più esercizi, con assegnazione di un termine di soli 5 giorni per provvedervi recapitandoli in copia al richiedente, senza che sia stata messa a disposizione alcuna somma per tale incombente, appare vessatoria e contraria a buona fede. Ha osservato il Tribunale che la violazione, da parte dell'amministratore, dell'obbligo, di cui all'art. 1130-bis, comma 1, c.c., di consentire in ogni tempo ai condomini di prendere visione dei documenti giustificativi di spesa e di estrarne copia a proprie spese non è compresa tra i casi espressamente previsti dall'art. 1129 c.c, di gravi irregolarità comportanti la revoca dell'amministratore. Di qui il giudice ha riconosciuto la necessità di valutare sia con riferimento al testo previgente sia con riferimento al testo attuale dell'art. 1129 c.c. se nella fattispecie al vaglio l'amministratore del condominio abbia commesso in proposito un'irregolarità, non codificata, tanto grave da giustificare la sua revoca dall'incarico. La sentenza ha ricordato l'orientamento giurisprudenziale secondo cui ciascun condomino ha la facoltà (di richiedere e) di ottenere dall'amministratore del condominio l'esibizione dei documenti contabili in qualsiasi tempo (e non soltanto in sede di rendiconto annuale e di approvazione del bilancio da parte dell'assemblea) e senza l'onere di specificare le ragioni della richiesta (finalizzata a prendere visione o estrarre copia dai documenti), purché l'esercizio di tale facoltà non risulti di ostacolo all'attività di amministrazione, non sia contraria ai principi di correttezza e non si risolva in un onere economico per il condominio, dovendo i costi relativi alle operazioni compiute gravare esclusivamente sui condomini richiedenti (vengono rammentati i principi formulati da Cass. II, n. 19210/2011; Cass. II, n. 15159/2001; Cass. II n. 8460/1998). Soggiunge la sentenza che grava sui condomini l'onere di dimostrare che l'amministratore non ha loro consentito di esercitare detta facoltà (secondo quanto già affermato da Cass. II, n. 1544/2004) Sulla distinzione tra obbligo di rendiconto e diritto di accesso del condomino alla documentazione contabile, attività che, seppur entrambe pertinenti al tema della gestione condominiale, non sono coincidenti né sovrapponibili, si è soffermato Trib. Massa 9 marzo 2017). È stato osservato che l'obbligo di rendiconto è assolto dall'amministratore mediante la predisposizione dei documenti previsti dall'art. 1130-bis c.c. e il rispetto dei termini di cui all'art. 1130, n. 10), c.c., obblighi che peraltro configurano una violazione dei doveri che può dar luogo a revoca dell'amministratore ai sensi dell'art. 1129 c.c. ma che – in astratto – non configura necessariamente un vizio della delibera. Nella specie è stato ritenuto che l'amministratore avesse osservato il precetto legale concernente la redazione del rendiconto, giacché esso per il suo contenuto consentiva al condomino quei poteri di controllo indicati dalla Suprema Corte (Cass. II, n. 8877/2005; Cass. II, n. 1544/2004). Distinta problematica è quella concernente la facoltà del singolo di accesso alla documentazione contabile, nel lasso di tempo antecedente alla assemblea, sì da poter esprimere un voto adeguatamente informato, circostanza che la giurisprudenza ha ritenuto poter costituire vizio della delibera ove tale facoltà sia gravemente compromessa o addirittura negata (Cass. II, n. 19210/2011). Nel caso di specie risultava che l'amministratore avesse inviato con adeguato anticipo rispetto al termine dilatorio di convocazione previsto dall'art. 66 disp. att. c.c.- buona parte della documentazione pertinente e che, in ogni caso, il condomino non avesse richiesto accesso allo studio dell'amministratore, ma semplicemente copia della documentazione. Viceversa, la facoltà di accesso, oggi espressamente prevista dall'art. 1129, comma 2, c.c., consente la visione presso lo studio dell'amministratore dei registri condominiali e della documentazione allegata, così come concorrente e complementare facoltà è consentita exartt. 1130-bis, comma 2, c.c. e 1129, comma 7, c.c. Tale facoltà non risultava fosse stata esercitata dagli attori, che avevano invece azionato l'ulteriore e diverso diritto di richiedere copia, che tuttavia – aldilà dei costi e dei tempi necessari – è attività che non può essere posta quale requisito pregiudiziale alla partecipazione informata alla assemblea. È, secondo il Tribunale, il condomino che, nei modi e tempi necessari alla verifica e preliminarmente alla adunanza, può recarsi presso lo studio dell'amministratore e visionare la documentazione che richiede, tenuto conto che gli accessi e, ancor più il rilascio di copie, devono contemperarsi con l'attività professionale dell'amministratore, non divenire un aggravio o peggio una emulazione. Sull'impugnazione della deliberazione di approvazione del rendiconto per violazione dell'art. 1130-bis c.c., dedotta in base all'omessa indicazione della situazione patrimoniale e della rendicontazione di lavori straordinari eseguiti, da parte dell'amministratore in sede di redazione dei bilanci consuntivi riferiti all'arco temporale di un quadriennio, si è recentemente pronunciato una pronuncia di merito (Trib. Larino 12 ottobre 2017), evidenziando trattarsi di censura della legittimità del rendiconto condominiale sotto il profilo dei dati formali e dei documenti contabili che la rendicontazione deve recare a cura dell'amministratore di condominio, ai sensi dell'art. 1130-bis c.c., frutto della novella legislativa del 2012. Tale norma prescrive l'indicazione in sede di rendiconto delle «voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio ...», al fine di «... consentire l'immediata verifica», e prevede la composizione dello stesso rendiconto in «un registro di contabilità», in «un riepilogo finanziario, nonché» in «una nota sintetica esplicativa della gestione con l'indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti». Ebbene, ha evidenziato il Tribunale molisano che l'indagine circa il rispetto degli adempimenti formali menzionati andava circoscritta al solo periodo successivo all'entrata in vigore della legge di riforma, a decorrere dal 18 giugno 2013, tenuto conto dell'assenza di norme transitorie ed in applicazione del principio di irretroattività della legge ex art. 11, comma 1, disp. att. c.c., con la conseguenza che le nuove prescrizioni in tema di redazione del rendiconto condominiale non sono applicabili ai rendiconti riferiti ad annualità antecedenti. Rendiconto approvato e prescrizioneMerita infine interrogarsi se l'inserimento nel rendiconto, successivamente approvato dall'assemblea, di crediti vantati dal condominio nei confronti di ciascun condomino determini interruzione della prescrizione del credito condominiale. Si tratta di questione complessa e discussa in dottrina, ma che trova invece in giurisprudenza risposte sufficientemente chiare ed univoche. Vale in argomento rammentare che il pagamento pro quota dei costi di gestione dell'edificio costituisce oggetto di un'obbligazione propter rem gravante sui condomini. Tale obbligo è soggetto a prescrizione quinquennale ex art. 2948, n. 4, c.c. (Cass. II, n. 4489/2014; Cass. II, n. 12596/2002). Il termine decorre dalla delibera di approvazione del rendiconto e dello stato di riparto, costituente il titolo nei confronti del singolo condomino. È il caso di precisare che l'art. 2948 c.c. si riferisce a «tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi», con la conseguenza che per le «spese straordinarie» (vale a dire, i costi che vengono sostenuti una tantum, senza periodicità, come quelli relativi ad una ristrutturazione dell'edificio) deve applicarsi la prescrizione ordinaria decennale prevista dall'art. 2946 c.c. Ciò detto, la prescrizione può essere interrotta attraverso un atto di costituzione in mora del debitore, ai sensi dell'art. 2943 c.c., attività che, nel condominio, è effettuata dall'amministratore. Tuttavia, secondo un consolidato orientamento della Suprema Corte (Cass. VI/II, n. 16465/2017) un atto (di messa in mora), per avere efficacia interruttiva, deve contenere oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato (elemento soggettivo), l'esplicitazione di una pretesa e l'intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l'inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto, nei confronti del soggetto indicato, con l'effetto sostanziale di costituirlo in mora. In effetti, le richieste di pagamento inviate dall'amministratore ai condomini non sempre posseggono tali requisiti, in mancanza dei quali non sono idonee ad ottenere l'effetto interruttivo della prescrizione. Inoltre, allo stesso modo della messa in mora, l'interruzione della prescrizione può essere determinata anche da un atto di riconoscimento del diritto da parte del debitore, ex art. 2944 c.c., cioè, in questo caso, del singolo condomino. Orbene, l'approvazione del bilancio condominiale da parte del condomino debitore può considerarsi riconoscimento di debito (Trib. Milano 10 luglio 2008) in quanto tale atto, pur non richiedendo formule speciali, deve tuttavia consistere in una ricognizione di debito chiara e specifica del diritto altrui, univoca e incompatibile con la volontà di non riconoscere il debito stesso (Cass. II, n. 7760/2009). Il riconoscimento si verifica solo in riferimento alle poste passive specificamente indicate e non ad altri elementi eventualmente desunti per deduzione (Cass. II, n. 10153/2011). In conclusione, l'approvazione del bilancio comporta l'interruzione della prescrizione relativamente alle poste passive specificamente indicate nel bilancio medesimo. Sicché, se il rendiconto contiene la specifica indicazione dei crediti vantati dal condominio nei confronti di ciascun condomino, la sua approvazione in sede condominiale, con la partecipazione del condomino debitore, comporta l'interruzione nel corso della prescrizione del relativo credito. BibliografiaCardia, Controlli a tutto campo per il revisore condominiale, in Quotidiano del Sole 24 ore Condominio, 7 marzo 2016; Carrato, La Cassazione fa il punto sul diritto di accesso dei singoli condomini alla documentazione condominiale, in Arch. loc. 2012, 44; Carrato, Omessa od insufficiente garanzia del diritto di accesso ai documenti condominiali e relative conseguenze sulle delibere assembleari, in Rass. loc. 2003, 587; Carrato, Riflessioni essenziali sul diritto permanente di ogni condomino di richiedere i documenti all'amministratore, in Rass. loc. 2002, 621; Cincotti, L'obbligazione di rendiconto: profili ricostruttivi, in Riv. dir. civ. 2017, fasc. 6, 1447; Colonna-Carrino, Art. 1130-bis, in Comm. c.c. diretto da Gabrielli, Della proprietà, III, a cura di Jannarelli-Macario, Torino, 2013; De Tilla, La impugnazione della delibera condominiale che approva il rendiconto annuale, in Arch. loc. 2011, 434; De Tilla, Sul bilancio condominiale, in Riv. giur. edil. 1998, I, 306; Izzo, L'impedita consultazione della documentazione condominiale determina l'annullabilità della deliberazione, in Giust. civ. 2004, I, 85; Marina-Giacobbe, Condominio negli edifici, in Enc. dir., VIII, Milano, 1961; Marostica, La contabilità e il rendiconto condominiale, in Immobili e proprietà 2017, 698; Salciarini, Le regole giuridiche del rendiconto condominiale, in Immobili e proprietà 2011, 499; Schena, La revisione del bilancio condominiale, Palermo, 2007; Scripelliti, Il rendiconto dell'amministratore condominiale, in Giur. it. 2012, 793; Tortorici, I revisori dei conti in condominio, in Immobili e proprietà 2015, 6, 375; Triola, La riforma del condominio tra novità e occasioni mancate, Milano, 2014. |