Codice Civile art. 2323 - Cause di scioglimento.Cause di scioglimento. [I]. La società si scioglie, oltre che per le cause previste nell'articolo 2308 [2322], quando rimangono soltanto soci accomandanti o soci accomandatari, sempreché nel termine di sei mesi non sia stato sostituito il socio che è venuto meno. [II]. Se vengono a mancare tutti gli accomandatari, per il periodo indicato dal comma precedente gli accomandanti nominano un amministratore provvisorio per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione. L'amministratore provvisorio non assume la qualità di socio accomandatario [2458]. InquadramentoLa norma conferma la caratteristica tipologica della società la cui compagine deve mantenere l'essenziale ripartizione nelle due categorie di soci, accomandanti e accomandatari, per tutta la sua durata. Decorso il termine di sei mesi senza la ricostituzione della categoria di soci mancanti la società si scioglie. Si ritiene, però, che lo scioglimento operi ex nunc allo scadere del termine semestrale con la conseguenza che le operazioni compiute medio tempore saranno valide ed efficaci tanto nei confronti della società che dei terzi. In alternativa, i soci superstiti potrebbero deliberare la trasformazione in società in nome collettivo. La dottrina ritiene che tale trasformazione operi automaticamente in caso in cui, in costanza della categoria dei soci accomandatari e sempre che detti soci siano almeno due, la gestione societaria prosegua oltre il termine semestrale. Qualora la ricostituzione della categoria avvenga dopo i sei mesi, si determina una reviviscenza della società per la quale è necessaria l'unanimità dei consensi e, avendo lo scioglimento già prodotto i suoi effetti, è necessario che non vi sia opposizione da parte dei creditori particolare del socio, non potendo il diritto alla quota di liquidazione di cui all'art. 2270 c.c., nelle more consolidatosi, essere compresso senza la loro volontà. Dal comma 1 si ricava che la duplice categoria di soci che caratterizza la società in accomandita semplice deve persistere per tutta la durata della società (Ferri 688; Campobasso, 589). La ricostituzione della categoria dei soci mancanti opera retroattivamente e deve perciò considerarsi avvenuta nel momento in cui è venuta a mancare: pertanto essa impedisce l'operare della causa di scioglimento e determina (non la creazione di una nuova società ma) la continuazione della società già esistente, sia pure modificata nella sua struttura (Trib. Roma 26 gennaio 1972, Giust. civ. 1972, I, 1672). Nello stesso senso, in dottrina, Ferri, 654. La Cassazione ha affermato che, in caso di sopravvenuta mancanza di tutti i soci accomandatari, l'art. 2323 c.c., nel prevedere la sostituzione dei soci venuti meno e la nomina in via provvisoria di un amministratore per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione, esclude implicitamente la possibilità di riconoscere al socio accomandante, ancorché unico superstite, la qualità di rappresentante della società per il solo fatto di aver assunto in concreto la gestione sociale, posto che l'ingerenza del socio accomandante nell'amministrazione, pur comportando la perdita della limitazione di responsabilità ai sensi dell'art. 2320, non determina l'acquisto, da parte sua, del potere di rappresentanza della società (Cass. I, n. 15067/2011). Secondo un giudice di merito (Trib. Agrigento 2 aprile 2015, in Giur. comm., 2016, II, 377), la domanda diretta ad ottenere la nomina dell'amministratore provvisorio ex art. 2323 c.c. è inammissibile, in quanto non espressamente prevista dall'ordinamento. Sopravvenuta mancanza di tutti i soci accomandatariSecondo la Cassazione la sopravvenuta mancanza di tutti i soci accomandatari non determina alcuna investituraope legisin favore dell'accomandante superstite, in quanto l'art. 2323, nel prevedere la sostituzione dei soci venuti meno e la nomina in via provvisoria in un amministratore per gli atti di ordinaria amministrazione, esclude implicitamente la possibilità di riconoscere al socio accomandante, ancorché unico superstite, la qualità di rappresentante della società, per il solo fatto che abbia in concreto assunto la gestione sociale (Cass. I, n. 7204/1983, Dir. fall. 1984, II, 26). Si è affermato che nella società in accomandita semplice, in caso di sopravvenuta mancanza di tutti i soci accomandatari, l'art. 2323, nel prevedere la sostituzione dei soci venuti meno e la nomina in via provvisoria di un amministratore per gli atti di ordinaria amministrazione, esclude implicitamente la possibilità di riconoscere al socio accomandante, ancorché unico superstite, la qualità di rappresentante della società per il solo fatto di aver in concreto assunto la gestione sociale; ponendo in evidenza che in tale tipo di società, a differenza di quanto accade nella società in accomandita per azioni (dove vi è necessaria coincidenza tra la qualifica di socio accomandatario e quella di amministratore), se è vero che tutti gli amministratori devono essere soci accomandatari, non è però necessario che tutti gli accomandatari siano anche amministratori, con la conseguenza che se i soci accomandanti perdono la limitazione della responsabilità e, sotto questo profilo, vengono equiparati agli accomandatari, non per questo, a causa della loro intromissione nell'amministrazione, acquisiscono poteri di rappresentanza della società (Cass. I, n. 21803/2006). In dottrina si ammette che possa essere nominato amministratore provvisorio non solo un estraneo (Graziani, Diritto delle società, Napoli 1962, 157), ma anche il socio accomandante (Ferri, 654; Campobasso, 588). Società di due sociSe la società in accomandita semplice è composta da un unico accomandante e da un unico accomandatario la morte di quest'ultimo rende applicabile la disciplina prevista dall'art. 2323 integrata da quella prevista dall'art. 2284. Conseguentemente, l'accomandante deve liquidare la quota agli eredi dell'accomandatario, sempre che non preferisca sciogliere la società o continuarla con gli eredi consenzienti. All'accomandante superstite non spetta, comunque, il diritto alla liquidazione della quota nei confronti degli eredi ma, soltanto in caso di scioglimento, la quota di liquidazione attivabile con la nomina di un liquidatore che compete allo stesso socio superstite (Trib. Milano 28 dicembre 1989, in Soc. 1990, 640). Revoca dell'unico accomandatario dalla carica di amministratoreNell'esaminare un caso in cui l'unico socio accomandatario di una società in accomandita semplice era stato privato giudizialmente della facoltà di amministrare, la Cassazione ha escluso che in detta ipotesi possa applicarsi analogicamente l'art. 2323, comma 2 (a norma del quale, ove vengano meno tutti gli accomandatari per il periodo indicato nel comma precedente, gli accomandanti nominano, per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione, un amministratore provvisorio), in quanto si determina una causa di scioglimento della società, per impossibilità di funzionamento, tenendo conto che il potere di amministrazione è riservato esclusivamente al socio accomandatario (Cass. I, n. 12732/1992). Per l'opposta opinione v., tuttavia, Pret. Venezia 20 marzo 1991 (Giur. it. 1991, I, 2, 891), secondo cui in seguito alla revoca giudiziale ex art. 700 c.p.c. dell'amministratore di società in accomandita semplice con due soci, applicando analogicamente la norma di cui al comma 2 dell'art. 2323, può essere nominato, in accordo fra i soci, un amministratore provvisorio per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione e per il periodo di sei mesi, decorso il quale, la società si scioglie. Tale orientamento è stato ancora ribadito da Trib. Torino 16 gennaio 2017 (Giur. it., 2017, 1624), e da Trib. Milano, 1 febbraio 2016 (Soc., 2016, 823), secondo cui alla revoca dei poteri gestori dell'amministratore unico socio accomandatario non consegue immediatamente lo scioglimento della società e risulta applicabile la disciplina ex art. 2323, comma 2, c.c., con conseguente possibilità per i soci di una rivisitazione dei patti sociali nel termine di sei mesi dalla revoca e di nomina medio tempore di un amministratore provvisorio. Tale ultima decisione ha, altresì, precisato che, in caso di revoca dei poteri gestori dell'unico socio accomandatario amministratore, il termine semestrale ex art. 2323 c.c. decorre dal momento in cui, revocata in via cautelare la facoltà di amministrare del socio accomandatario, la s.a.s. viene a trovarsi priva di soggetto dotato di poteri di amministrazione e, dunque, in una situazione rilevante ex art. 2272, n. 2, c.c., in quanto comportante l'impossibilità di conseguimento dell'oggetto sociale. Acquisto di tutte le quote da parte di un unico socioL'acquisto, da parte di un unico socio, di tutte le quote di una società in accomandita semplice non determina l'estinzione della società, ma in quanto fatto assimilabile, per analogia, alla situazione in cui nella società rimangono solo soci accomandatari o solo soci accomandanti (art. 2323 c.c.) o alla situazione in cui venga meno la pluralità dei soci (art. 2272 richiamato dall'art. 2323 c.c.), comporta soltanto scioglimento della società, con la conseguenza che questa continua ad esistere, e che, perciò, il socio unico risponde quale socio accomandatario di tutte le obbligazioni della società (nella specie: trattandosi della responsabilità per i debiti della società, la corte ha cassato con rinvio la sentenza del merito, che aveva ritenuto che un socio avesse acquistato la sola azienda della società, subentrando così nei soli debiti del cedente iscritti nei libri obbligatori, ai sensi dell'art. 2112 per l'accertamento del punto decisivo se il socio fosse divenuto, quale acquirente di tutte le quote, socio unico e quindi esclusivo responsabile di tutti i rapporti obbligatori della società) (Cass. I, n. 4985/1978). BibliografiaG.F. Campobasso, Diritto commerciale, II, Diritto della società, a cura di M. Campobasso, II, Torino, 2017; G. Ferri, Manuale di diritto commerciale, a cura di Angelici e G.B. Ferri, Torino, 2016. |