Codice Civile art. 2445 - Riduzione del capitale sociale (1).Riduzione del capitale sociale (1). [I]. La riduzione del capitale sociale può aver luogo sia mediante liberazione dei soci dall'obbligo dei versamenti ancora dovuti, sia mediante rimborso del capitale ai soci, nei limiti ammessi dagli articoli 2327 e 2413. [II]. L'avviso di convocazione dell'assemblea deve indicare le ragioni e le modalità della riduzione. Nel caso di società cui si applichi l'articolo 2357, terzo comma, la riduzione deve comunque effettuarsi con modalità tali che le azioni proprie eventualmente possedute dopo la riduzione non eccedano la quinta parte del capitale sociale [III]. La deliberazione può essere eseguita soltanto dopo novanta giorni (3) dal giorno dell'iscrizione nel registro delle imprese, purché entro questo termine nessun creditore sociale anteriore all'iscrizione abbia fatto opposizione. [IV]. Il tribunale, quando ritenga infondato il pericolo di pregiudizio per i creditori oppure la società abbia prestato idonea garanzia, dispone che l'operazione (4) abbia luogo nonostante l'opposizione. (1) V. nota al Capo V. (2) Comma sostituito dall'art. 7, comma 3 sexies, del d.l. 10 febbraio 2009, n. 5, conv. con modif. dalla l. 9 aprile 2009, n. 33. Il testo precedente, recitava: «L'avviso di convocazione dell'assemblea deve indicare le ragioni e le modalità della riduzione. Nel caso di società cui si applichi l'articolo 2357, terzo comma, la riduzione deve comunque effettuarsi con modalità tali che le azioni proprie eventualmente possedute dopo la riduzione non eccedano la decima parte del capitale sociale». L'art. 1, comma 7, del d.lg. 4 agosto 2008, n. 142, aveva sostituito, nel testo precedente del presente comma, le parole «Nel caso di società cui si applichi l'articolo 2357, terzo comma, la riduzione» alle parole «La riduzione». (3) V. Avviso di rettifica in G.U. 4 luglio 2003, n. 153. (4) Le parole «l'operazione» sono state sostituite alle parole «la riduzione» dall'art. 1 d.lg. 17 gennaio 2003, n. 6, modif. dall'art. 5 1dd) d.lg. 6 febbraio 2004, n. 37. InquadramentoLa riduzione del capitale sociale può essere reale o nominale, a seconda che sia o meno accompagnata da una contestuale riduzione del patrimonio sociale. La disposizione in esame disciplina la riduzione reale (talvolta definita anche “volontaria” o “facoltativa”), mentre è una forma di riduzione nominale quella per perdite, che implica semplicemente un riallineamento tra l'importo del capitale sociale, da un lato, e l'importo del patrimonio netto di cui la società effettivamente dispone. Innovando rispetto alla disciplina previgente, l'art. 2445 c.c. (come novellato dal d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6) non richiede più, ai fini dell'ammissibilità della riduzione reale, che il capitale sociale sia esuberante rispetto all'oggetto sociale, per cui la maggioranza assembleare dispone di uno spazio di discrezionalità nella decisione dell'operazione, che, tuttavia, essendo potenzialmente pericolosa per i soci di minoranza ed creditori sociali, è subordinata a particolari cautele procedimentali, finalizzate ad assicurare l'adeguata informazione dei soci ed a scongiurare qualsiasi pregiudizio per i creditori. Le modalità di esecuzione.La riduzione reale può aver luogo mediante liberazione dei soci dall'obbligo dei versamenti ancora dovuti o mediante rimborso agli stessi del capitale: in entrambi i casi deve essere rispettato il principio della parità di trattamento fra i soci, che svolge, nell'ambito della riduzione volontaria del capitale sociale, un duplice ruolo di garanzia: a) che tutti i soci beneficino della riduzione proporzionalmente alla misura della partecipazione detenuta; b) che la partecipazione al capitale sociale di ciascun socio risulti invariata a seguito della riduzione (Scano, 2700). Entrambe le modalità attuative implicano la riduzione del valore nominale delle azioni in circolazione o l'annullamento proporzionale dei titoli esistenti, eventualmente previa determinazione del rapporto di conversione delle vecchie con le nuove azioni (Guerrera, 1199); se le azioni sono senza valore nominale, l'operazione non richiede invece alcun intervento sui titoli, il cui numero complessivo rimarrà immutato (Nobili, 308). La prima delle modalità sopra indicate riguarda ovviamente ed esclusivamente i conferimenti in denaro (giacché quelli in natura devono essere immediatamente liberati al momento della sottoscrizione) e presuppone che il capitale non sia stato interamente versato (Scano, 2699) e che tutti i soci siano obbligati verso la società per i versamenti ancora dovuti nella stessa percentuale, mentre nel caso in cui solo alcuni soci siano obbligati per il versamento dei conferimenti promessi il principio della parità di trattamento impone il ricorso a modalità miste di riduzione del capitale sociale, cioè tramite rimborso del capitale a favore degli azionisti che hanno effettuato per intero il loro conferimento e liberazione degli azionisti le cui azioni non siano interamente liberate; analogamente, qualora i soci siano obbligati al versamento dei conferimenti promessi in percentuali diverse, la società potrà liberare tutti i soci dall'obbligo dei versamenti ancora dovuti e compensare coloro che hanno versato una percentuale maggiore, rimborsando la differenza in denaro (Benassi, 2007, 901; Scano, 2701). Per quanto riguarda il rimborso del capitale, si ritiene che non debba per forza essere effettuato immediatamente ed in denaro, ben potendo avvenire ratealmente (Guerrera, 1199; Scano, 2699), nonché mediante assegnazione di altri beni (sia a valore contabile che a valore corrente, in quest'ultimo caso previa rivalutazione dei beni da assegnare: Nobili, 306, nt. 26), purché si tratti di beni quantitativamente e qualitativamente eguali, perché altrimenti, derogandosi al principio della parità di trattamento, è necessario il consenso unanime degli azionisti (Guerrera, 1199; Scano, 2700). Al riguardo, il Consiglio Notarile di Firenze, nell'orientamento n. 9/2009, ha affermato che l'esecuzione della deliberazione di riduzione effettiva del capitale sociale mediante assegnazione ai soci dei beni in natura deve avvenire nel rispetto del principio di parità di trattamento tra i soci, se votata a maggioranza; se votata all'unanimità, può prescindere dall'applicazione di detto principio. Ulteriore modalità esecutiva della riduzione non esplicitamente considerata dall'art. 2445 c.c. è rappresentata dal preventivo riacquisto di azioni proprie e dal loro successivo annullamento (Benassi, 2007, 901; Scano, 2699; Campobasso, 516; Guerrera, 1199), con la precisazione che, laddove l'annullamento riguardi azioni già detenute dalla società, senza acquisto dei titoli dai soci, non si avrà in effetti alcun rimborso in favore dei soci stessi (Ferrara, Corsi, 726) e non troverà conseguentemente applicazione l'art. 2445 c.c. (v. massima n. 37 del Consiglio Notarile di Milano, secondo cui la deliberazione di annullamento delle azioni proprie non è soggetta alla disciplina dell'art. 2445 c.c. quando sia configurata in modo tale da far sì che all'esito dell'annullamento non si verifichi alcuna riduzione del capitale sociale). Analogamente non si assiste ad alcun rimborso né ad una riduzione effettiva del patrimonio sociale nel caso in cui la riduzione del capitale venga attuata mediante la creazione di un'apposita riserva di ammontare pari alla riduzione effettuata e quindi mantenendo a disposizione della società a titolo di riserva i corrispondenti mezzi finanziari (tale modalità attuativa è ritenuta ammissibile da Associazione Disiano Preite, 236; Benassi, 2005, 1661; Campobasso, 516, not. 65; Ginevra, 281; Scano, 2699; Guerrera, 1199; Nobili, 307). È controverso se sia ammissibile la riduzione del capitale sociale attuata attraverso il meccanismo del sorteggio delle azioni da rimborsare: secondo alcuni il sorteggio sarebbe ammissibile solo se approvato all'unanimità (Nobili-Spolidoro, 239), mentre altri ritengono legittimo tale sistema, a condizione che ai possessori delle azioni sorteggiate per il rimborso vengano assegnate azioni di godimento (Cottino, 526; Di Sabato, 398). Per quanto riguarda i profili fiscali, Cass. n. 25677/2006 ha stabilito che in tema di imposta di registro, la riduzione del capitale sociale per esubero, con rimborso ai soci di somme di denaro proporzionali alle rispettive quote, non è qualificabile come assegnazione ai soci, assoggettabile ad imposta proporzionale ai sensi dell'art. 4 lett. d) della parte I della tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, rientrando invece tra le modifiche statutarie di cui alla lett. c) del medesimo articolo, che soggiacciono ad imposta in misura fissa: tale operazione, infatti, diversamente dall'assegnazione del residuo che consegue alla liquidazione della società, costituisce un atto di organizzazione orientato ad una più sana gestione mediante la liberazione di una parte del capitale di rischio, e non comporta pertanto un trasferimento di ricchezza, potendo essere realizzata anche mediante la liberazione dei soci dall'obbligo di eseguire i versamenti ancora dovuti, la cui sottoposizione ad un regime tributario differenziato risulterebbe d'altronde priva di ragionevolezza. I limiti alla riduzione reale.La riduzione reale del capitale sociale incontra una serie di limiti: innanzitutto, la disposizione in esame richiama, al primo comma, il limite previsto dall'art. 2327 c.c., per cui il capitale sociale non può scendere al disotto del minimo legale, a meno che contemporaneamente non si addivenga alla trasformazione del tipo di società (Nobili, 303). In secondo luogo, il primo comma della norma in commento richiama il limite di cui all'art. 2413 c.c., per cui la società che ha emesso obbligazioni non può ridurre il capitale sociale se, a seguito della riduzione, le obbligazioni emesse superano il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio approvato. Un ulteriore limite è poi previsto dal secondo comma della norma in esame per le società che fanno ricorso al capitale di rischio, dovendo la riduzione essere effettuata con modalità tali che le azioni proprie eventualmente possedute dopo la riduzione non eccedano la quinta parte del capitale sociale. Oltre a tali limitazioni esplicitamente poste dalla disposizione in esame, la dottrina si è interrogata sulla esistenza di altri limiti alla riduzione volontaria del capitale sociale. In particolare, anche alla luce dell'abolizione del requisito dell'esuberanza, si nega che l'esistenza di riserve distribuibili iscritte in bilancio sia di ostacolo alla riduzione (Nobili, 304; Scano, 2697); viceversa, si reputa che un limite implicito alla riduzione effettiva del capitale sociale derivi dallo stato di liquidazione in cui eventualmente si trovi la società, posto che il rimborso dei conferimenti o la liberazione dal relativo obbligo comportano l'aggiramento della regola, inderogabile, che in sede di liquidazione impone di distribuire il patrimonio sociale ai soci soltanto dopo il soddisfacimento dei creditori della società (Guerrera, 1198; Nobili, 305; Scano, 2697). In senso parzialmente diverso si è invece espresso il Consiglio Notarile di Milano nella massima n. 93, affermando la legittimità della delibera di riduzione reale del capitale sociale nella fase di liquidazione, con la precisazione che spetta ai liquidatori verificare che sussistano le condizioni per la materiale esecuzione del rimborso e cioè che lo stesso non incida sui mezzi necessari al soddisfacimento dei creditori sociali. La presenza di perdite impedisce la riduzione reale del capitale: non è infatti possibile che ad una società, alla quale l'art. 2433 c.c. impedisce di distribuire gli utili, sia consentito rimborsare i conferimenti (Benassi, 2005, 902). Parzialmente diverso il parere del Consiglio Nazionale del Notariato – Quesito di Impresa n. 272 –2014 –che ha ritenuto la riduzione reale del capitale sociale illegittima soltanto in presenza di perdite superiori al terzo del capitale sociale. La delibera di riduzione.Ai fini della valida assunzione della delibera il legislatore non richiede (come avveniva ante riforma) che la riduzione del capitale sociale presupponga la concreta sua esuberanza rispetto all'oggetto sociale, per cui devono ritenersi ampi gli spazi di discrezionalità della maggioranza assembleare nella decisione dell'operazione, con il solo limite, di carattere generale, del rispetto delle norme in tema di conflitto d'interessi e di abuso della maggioranza (Nobili, 299), con conseguente affievolimento della tutela dei soci di minoranza (Guerrera, 1196). Bisogna però considerare che l'avviso di convocazione dell'assemblea straordinaria «deve indicare le ragioni...della riduzione», onde consentire ai soci la partecipazione informata e consapevole al procedimento (Guerrera, 1196) e, se i motivi della riduzione proposta devono essere indicati in tale avviso, a maggior ragione – si argomenta – gli stessi devono essere chiaramente esposti nella delibera di riduzione, che deve essere supportata da una motivazione congrua ed analitica (Guerrera, 1196; analogamente Di Sabato, 453, esclude che la delibera di riduzione possa essere “immotivata”; in senso contrario v. però Associazione Disiano Preite, 236): al riguardo, è stato affermato (Ginevra, 282, nt. 59) che la necessaria motivazione della delibera di riduzione del capitale comporta una sorta di inversione dell'onere della prova gravante sugli azionisti di minoranza che volessero dimostrare il carattere abusivo della delibera, nel senso che mentre di regola spetta a questi provare l'abuso quale unica ragione della delibera, nel caso della riduzione del capitale è la maggioranza assembleare a dover fornire, nella delibera stessa, le ragioni che giustificano, sotto il profilo dell'interesse sociale, la programmata riduzione, pena l'illegittimità della decisione. In modo ancor più incisivo è stato sostenuto che l'assemblea debba non soltanto esplicitare i motivi che giustificano la riduzione reale del capitale, ma anche procedere ad una valutazione comparativa degli interessi coinvolti: l'interesse sociale, da un lato, e l'interesse dei soci di minoranza a mantenere invariato il livello del loro investimento nella società (Scano, 2704), per cui mentre nel sistema previgente la motivazione svolgeva la funzione (più) specifica di esporre i dati a riprova dell'esuberanza del capitale sociale, nel sistema attuale, presentandosi la riduzione effettiva come «strumento funzionalmente neutro» utilizzabile «per realizzare qualsivoglia interesse sociale» (D'Attorre, 326) e quindi come atto «autenticamente discrezionale» (Scano, 2704), la legge esige l'esplicitazione della valutazione comparativa dell'interesse sociale perseguito a cospetto dell'interesse dei soci di minoranza alla conservazione del livello di capitale fissato contrattualmente. In senso parzialmente diverso altra parte della dottrina esclude che il diritto dei soci di minoranza a mantenere inalterato il livello dell'investimento possa essere sacrificato solo in presenza di un interesse sociale «oggettivamente adeguato» (a prescindere dal giudizio della maggioranza), con conseguente possibilità di controllo giurisdizionale di tale “adeguatezza” (Nobili, 300; Benassi, 2007, 1662): in tale diversa prospettiva la necessità di una motivazione congrua ed analitica della delibera di riduzione rappresenta soltanto lo strumento che consente di verificare che non ricorra un eccesso di potere o un abuso del diritto di voto ai danni della minoranza (Benassi, 2005, 1662; Guerrera, 1196). La riduzione volontaria, comportando una modificazione dello statuto societario, è soggetta al controllo preventivo di cui all'art. 2436 c.c., per cui si pone il problema della natura e dei limiti del controllo di legalità sostanziale demandato al notaio rogante. In proposito, è stato affermato che il notaio debba soltanto “prendere atto” della esistenza di una motivazione, senza poterne sindacare la congruità (Guerrera, 1196). In giurisprudenza, dopo la riforma del diritto societario, Trib. Milano 22 settembre 2015 ha statuito che la decisione assembleare di riduzione del capitale tramite annullamento delle azioni è viziata per mancanza di informazione ai soci laddove le ragioni e le modalità dell'operazione non risultino indicate nell'avviso di convocazione, né tantomeno esplicate durante l'assemblea. Tale situazione di asimmetria informativa non rientra comunque nell'ipotesi di abuso di maggioranza, che sussiste solo nel caso in cui l'abuso di voto da parte della maggioranza non si risolva in un sindacato sulla convenienza o sull'opportunità della decisione ma quando la stessa sia il risultato di un'intenzionale attività fraudolenta dei soci di maggioranza a danno dei diritti di partecipazione e patrimoniali di quelli di minoranza. La tutela dei creditori.La riduzione reale del capitale sociale è un'operazione potenzialmente pericolosa per i creditori sociali, comportando una diminuzione del patrimonio sociale o quanto meno, nel caso in cui avvenga mediante la creazione di una riserva, la rimozione del vincolo d'indisponibilità che i soci avevano impresso ad una porzione di patrimonio netto di valore corrispondente alla misura del capitale sociale. Di ciò si fa carico il legislatore riconoscendo ai creditori sociali il diritto di opporsi alla delibera di riduzione del capitale sociale nel termine di novanta giorni dalla iscrizione nel registro delle imprese e prevedendo che, in pendenza del termine per la opposizione e per tutta la durata dell'eventuale giudizio, la delibera non possa essere eseguita. L'efficacia della delibera di riduzione volontaria del capitale sociale è quindi sottoposta alla condizione sospensiva della mancata opposizione da parte dei creditori nel termine di novanta giorni dalla sua iscrizione nel registro delle imprese ovvero del rigetto dell'opposizione eventualmente proposta e fino all'avverarsi di tale condizione l'inefficacia è assoluta ed il capitale sociale rimane quello stabilito precedentemente, per cui la società non può rimborsare il capitale ai soci, né liberarli dai conferimenti ancora dovuti (Nobili, 310; Scano, 2705). Nonostante l'opposizione, il tribunale può disporre che la riduzione abbia comunque luogo, non solo quando la società abbia prestato idonea garanzia (come già prevedeva la formulazione della norma ante riforma), ma anche quando ritenga infondato il pericolo di pregiudizio per i creditori. Legittimati all'opposizione sono i creditori sociali anteriori all'iscrizione e, quindi, data la genericità della formula legislativa, non solo i titolari di un credito liquido ed esigibile, ma anche i titolari di crediti non ancora scaduti o sottoposti a condizione, di crediti a scadenza periodica (quali canoni di affitto o di leasing), di crediti conseguenti all'esecuzione di una controprestazione non ancora eseguita (come ad es. crediti da somministrazione, appalto, ecc.), nonché i creditori di prestazioni non pecuniarie (Nobili, 313; Scano, 2707). Il termine per l'esercizio dell'opposizione è un termine di decadenza e perciò non soggetto a sospensione o interruzione (Scano, 2706). Secondo l'orientamento prevalente l'esercizio del diritto di opposizione avviene non tramite mera dichiarazione stragiudiziale, ma con la citazione in giudizio della società (Benassi, 2005, 1663; Nobili, 316) dinnanzi al Tribunale delle Imprese (ex art. 2 d.l. 24 gennaio 2012, n. 1) competente per materia (Scano, 2706). La circostanza che il tribunale debba valutare in sede cautelare, qualora la società richieda l'autorizzazione ad attuare la deliberata riduzione del capitale sociale in pendenza del procedimento di opposizione, «il pericolo di pregiudizio per i creditori» induce a ritenere che oggetto del giudizio sia proprio l'accertamento di tale potenziale pregiudizio alle ragioni del creditore opponente e quindi il rischio che la riduzione del capitale sociale pregiudichi la soddisfazione del credito (Nobili, 315; Campobasso, 515 ritiene pregiudizievole per il creditore anche la delibera di riduzione che rende “solo meno agevole la realizzazione del credito”). L'accertamento giurisdizionale di tale potenziale pregiudizio avverrà avendo riguardo alle circostanze del caso concreto: tentando di esemplificare le possibili circostanze rilevanti, la dottrina ha fatto riferimento all'importo del credito rispetto all'indebitamento complessivo della società (per cui anche un credito di ammontare esiguo potrebbe essere rilevante in una situazione di crisi finanziaria della società stessa); le date di scadenza del credito (quanto più lontane, tanto più difficile sarà riconoscere il pregiudizio); l'esistenza in bilancio di riserve che, per quanto si possa giudicare dalla passata esperienza, la società tende a non distribuire; un prevedibile trend di esercizi in utile; in una società che abbia emesso obbligazioni convertibili, la probabilità che (in relazione al prevedibile andamento del mercato) le obbligazioni vengano convertite in azioni, azzerando così il debito, ecc. (Nobili, 315). L'eventuale sentenza di accoglimento dell'opposizione impedisce definitivamente alla delibera di avere efficacia e, sebbene la legittimazione all'opposizione sia individuale, l'inefficacia è generale, posto che il capitale sociale non può che essere il medesimo per tutti i creditori (Di Sabato, 454; Spano, 2708). BibliografiaAssociazione Disiano Preite, Il diritto delle società, Bologna, 2012; Benassi, Sub art. 2439, in Commentario breve al diritto delle società, a cura di Maffei Alberti, Padova, 2007; Benassi, Sub art. 2439, in Il nuovo diritto delle società, a cura di Maffei Alberti, Padova, 2005; Campobasso, Diritto commerciale, 2, Diritto delle società, Torino, 2009; Cottino, Le società. Diritto commerciale, Padova, 1999; D'Attorre, Il principio di eguaglianza tra soci nelle società per azioni, Milano, 2007; Di Sabato, Diritto delle società, Milano, 2005; Ferrara, Corsi, Gli imprenditori e le società, Milano, 2009; Ginevra, Le azioni. Creazione ed estinzione, in Diritto commerciale, a cura di Cian, Torino, 2017; Guerrera, in Società di capitali, Commentario, a cura di Niccolini e Stagno d'Alcontres, Napoli, 2004; Nobili, in Il nuovo diritto delle società, diretto da Abbadessa e Portale, Torino, 2007; Nobili, Spolidoro, La riduzione di capitale, in Tr. Colombo-Portale, Torino, 1993; Scano, in Le società per azioni, diretto da Abbadessa e Portale, Milano, 2016. |