Codice Civile art. 2546 - Nozione (1).

Lorenzo Delli Priscoli

Nozione (1).

[I]. Nella società di mutua assicurazione le obbligazioni sono garantite dal patrimonio sociale.

[II]. I soci sono tenuti al pagamento dei contributi fissi o variabili, entro il limite massimo determinato dall'atto costitutivo.

[III]. Nelle mutue assicuratrici non si può acquistare la qualità di socio, se non assicurandosi presso la società, e si perde la qualità di socio con l'estinguersi dell'assicurazione, salvo quanto disposto dall'articolo 2548.

(1) V. nota al Titolo VI.

Inquadramento

Nonostante la lettura della legge delega 3 ottobre 2001, n. 366 (che ha portato alla riforma delle società di capitali di cui al d.lgs. 17 gennaio 2003 n. 6) porti ad escludere che quest'ultima comprendesse la regolamentazione delle mutue assicuratrici (Desana, 2051), le stesse sono state oggetto di intervento, sia pure in termini invero minimi, da parte del suddetto d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6. Le mutue assicuratrici sono disciplinate dal codice civile e dalle leggi che regolano l'esercizio dell'attività assicurativa (e in particolare dal d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209), che costituisce l'oggetto della loro attività.

Nel mercato assicurativo le mutue si connotano per essere società con oggetto predeterminato dalla legge predisposte all'esclusivo esercizio di attività assicurativa attraverso lo strumento giuridico particolare della c.d. «assicurazione mutua», definita come «un contratto plurilaterale con comunione di scopo assicurativo, ove la garanzia individuale si realizza attraverso la sopportazione reciproca dei rischi tra gli assicurati, ed ove, verificatisi i sinistri, le indennità assicurative sono corrisposte con l'impiego di somme anticipatamente o successivamente versate dagli stessi assicurati, in relazione ai rispettivi rischi, secondo il metodo della contribuzione, fissa o variabile, o della ripartizione» (De Luca, 3).

Le mutue assicuratrici sono un modello di impresa mutualistica che si diversificano rispetto alle società cooperative per il diverso modo in cui realizzano la mutualità. La funzione direttamente mutualistica riconosciuta dalla legge alle mutue si caratterizza per la stretta compenetrazione tra rapporto sociale e rapporto assicurativo, nel senso che il socio di una mutua acquista il diritto alla prestazione assicurativa immediatamente per effetto della nascita del rapporto sociale (Bassi, 906).

Ciò che caratterizza la mutua assicuratrice rispetto alle altre società mutualistiche è quindi il modo in cui il vantaggio mutualistico è conseguito dai soci, con un meccanismo che non consente il fenomeno del cosiddetto socio inerte. L'adesione al contratto sociale è da sola idonea a soddisfare immediatamente l'interesse mutualistico, dando al socio la prestazione mutualistica (Campobasso, 627).

Non manca però chi sottolinea che la legislazione speciale in materia assicurativa, vietando sconti sui premi ed imponendo tariffe inderogabili, abbia attenuato, fino quasi a farlo scomparire, il carattere mutualistico delle mutue (Gambino, 9).

La cosiddetta “tassa d'entrata” a carico del nuovo socio di una mutua assicuratrice, qualora venga versata, anziché a titolo di irripetibile contributo alle spese generali della società, a titolo di apporto destinato ad incrementare il patrimonio della società medesima, come parte integrante del conferimento del socio, non ha natura di corrispettivo delle prestazioni assicurative, e, pertanto, non e assoggettata all'imposta sulle assicurazioni, prevista dall'art 4 della l. 29 ottobre 1961, n. 1216. Ne rileva, in contrario, che la corrispondente somma sia stata poi distratta ed utilizzata per la gestione ordinaria della società, a meno che l'amministrazione finanziaria non deduca e dimostri la simulazione del predetto titolo del versamento, e, cioè, un preordinato accordo fra le parti, rivolto a dare al versamento medesimo, fin dall'origine, la natura ed effettiva funzione di corrispettivo del rapporto assicurativo (Cass. I, n. 6039/1978).

L'assegnazione delle azioni è commisurata al conferimento da parte dei soci e rende compatibile e logica l'attribuzione delle azioni ai soci anche in relazione ai premi pagati con versamenti effettuati da terzi perché comunque riferibili alla posizione dei soci destinatari dell'utilità corrispondente al versamento del premio (Cass. I, n. 23438/2013).

Uno dei principali difetti della nostra legislazione cooperativa è sempre stato quello di non voler fissare con chiarezza i contenuti identitari della società cooperativa. Questa lacuna particolarmente evidente nel codice di commercio, che si limitava a individuare nel capitale variabile e nel voto per testa i caratteri distintivi dell'istituto, si è solo apparentemente attenuata a partire dal codice civile del 1942 e nella successiva riforma del 2003, con il riferimento allo scopo mutualistico come elemento causale di questo tipo di società. In altre parole, il nostro legislatore, anche il più recente, invece di seguire le orme di una significativa parte dei legislatori europei che descrivono in termini di gestione di servizio al socio l'operare della cooperativa, ha preferito affidarsi alla magia della parola mutualità per definire in termini sintetici le caratteristiche identitarie dell'istituto. Peccato però che il termine in questione sia a dir poco equivoco, potendosi riferire a concetti e fenomeni estremamente diversi. Infatti la mutualità non è una caratteristica solo della cooperativa, potendo riguardare anche istituti del tutto o parzialmente estranei ad essa come, appunto, la  mutua assicuratrice, gli enti mutualistici, il mutuo soccorso, i consorzi (Bonfante, 714).

Assicurazione di non soci

Nella pratica è molto diffuso che la mutua concluda contratti di assicurazione con soggetti estranei alla compagine sociale.

La possibilità che la mutua assicuri terzi non soci, nel silenzio delle norme codicistiche, non è, però, unanimemente ammessa in dottrina. Infatti, mentre secondo alcuni l'art. 2546, limitandosi a stabilire che per acquistare la qualità di socio è necessario assicurarsi, tacendo sulla necessità che ogni assicurato sia anche socio, consentirebbe l'attività assicurativa verso i terzi, non ponendosi quest'ultima in contraddizione con i principî che governano la mutua assicuratrice, specialmente se contenuta in porzioni limitate rispetto al complessivo volume assicurativo (Bassi, 907); altri, invece, ritenendo che l'attività assicurativa nei confronti di terzi ridurrebbe la mutualità ad una circostanza meramente formale, ne sostengono l'inammissibilità, concludendo, comunque, nel senso della validità del contratto di assicurazione stipulato con i terzi e della rilevabilità da parte dell'autorità di vigilanza della irregolarità nella gestione (Bassi, 920; Tedeschi, 140). Parimenti si è negata la possibilità di una attività assicurativa esterna per essere quest'ultima contrastante con il rapporto che la legge impone tra fondo di garanzia (in cui confluiscono i contributi fissi e variabili degli assicurati e la cui gestione costituisce funzione principale della società) e i rischi assicurati: lo svolgimento di attività assicurativa esterna consentirebbe la copertura sulla base di un rapporto di scambio di rischi propri di soggetti che non hanno contribuito alla formazione del fondo di garanzia, così consentendo l'esistenza di una categoria di assicurati, quella degli assicurati non soci, che si gioverebbe di una posizione “poziore”, quale è quella dei creditori della mutua, rispetto alla categoria degli assicurati soci (Ferri, 846).

Rapporto tra contratto di società e contratto di assicurazione

Secondo l'art. 2546, per divenire socio di una mutua assicuratrice è necessario assicurarsi. La sussistenza in capo al socio della duplice qualità di socio e di assicurato, geneticamente collegate, ha originato numerose questioni, sulle quali ancora non vi è accordo, circa il rapporto tra l'aspetto sociale e quello assicurativo, al fine di individuare nei singoli casi la disciplina applicabile (Bassi, 915; De Luca, 58).

Il diritto all'indennizzo si prescrive, ex art. 2949 c.c., in cinque anni (Bassi, 919; Campobasso, 581).

Patrimonio della mutua assicuratrice

I soci sono tenuti al versamento di contributi, e, ex art. 2548 c.c., possono esser tenuti, in qualità di soci sovventori, a speciali conferimenti. I contributi sono versamenti periodici assimilabili ai premi assicurativi, mentre i conferimenti, effettuati contestualmente all'acquisto della qualità di socio, hanno una funzione analoga a quella dei conferimenti nelle società lucrative (Bassi, 924; De Luca, 554, secondo cui i contributi non possono considerarsi né solo premi né conferimenti: non solo premi in quanto costituiscono anche l'apporto che giustifica la partecipazione al vincolo associativo; non conferimenti in senso stretto perché non sarebbero destinati alla formazione di un capitale sociale né darebbero luogo a quote di partecipazione. I contributi possono essere fissi o variabili; i primi sono preferiti nelle mutue di ristrette dimensioni, operanti esclusivamente nel ramo danni, i secondi dalle mutue di dimensioni maggiori e da quelle esercenti il ramo vita (Bassi, 924; De Luca, 552).

I contributi, che costituiscono il patrimonio della mutua, confluiscono, insieme ai conferimenti, nel fondo di garanzia. Tale fondo di garanzia è equiparato nella normativa di vigilanza al capitale minimo delle società per azioni (De Luca, 554).

Si ammette che la mutua possa emettere obbligazioni (De Luca, 556). Il patrimonio sociale garantisce ai sensi dell'art. 2546 le obbligazioni della società, per tali intendendosi non solo quelle che derivano dal mero vincolo sociale, ma anche quelle derivanti dal rapporto assicurativo con i soci. In dottrina si ammette altresì che la società possa anche avvalersi dei rimedi di cui agli artt. 2524 c.c. (oggi art. 2531 c.c.) e 2527 c.c. (oggi art. 2533 c.c.) (Bassi, 919).

La dottrina più recente, infine, riscontra nelle mutue l'esistenza di un capitale sociale e la possibilità di avanzi di gestione, distribuibili ai soci, a titolo di dividendo o di ristorno e accantonabili a riserva (Gambino, 10).

Mutue minori

Col termine mutue minori si suole indicare, ai sensi dell'art. 107 disp. att. c.c., le mutue assicuratrici regolate da leggi speciali, cui si applica, in quanto compatibile, la disciplina dettata dal codice civile per le mutue assicuratrici. La disciplina delle c.d. particolari mutue assicuratrici è oggi prevista dagli artt. 52 ss., d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, che, in particolare, attribuiscono all'Isvap la competenza per fissare, con normativa regolamentare, la procedura per il rilascio, l'estensione o il diniego della autorizzazione (De Luca, 555).

Tra le mutue minori la dottrina ricomprende le associazioni agrarie di mutua assicurazione (l. 7 luglio 1907, n. 526; l. 12 aprile 1935, n. 303 e successive modificazioni), le casse mutue infortuni agricoli (d.l.lgt. 23 agosto 1917, n. 1450), le casse mutue malattia e le società di mutuo soccorso (l. 15 aprile 1886, n. 3818) (Bassi, 910).

L'art. 345, d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 prevede che alle società di mutuo soccorso costituite ai sensi della l. 15 aprile 1886, n. 3818, che provvedano direttamente al pagamento a favore degli iscritti di capitali o rendite di qualsiasi importo, non si applichino le disposizioni di cui al medesimo decreto legislativo; se le società di mutuo soccorso contraggono impegni al pagamento a favore degli iscritti di capitali o rendite complessivamente superiori a euro centomila per ciascun esercizio le medesime sono sottoposte alle disposizioni del titolo IV, d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 in quanto compatibili. Qualora le medesime società stipulino contratti di assicurazione per conto degli iscritti, ai soci sono comunque fornite le informazioni di cui al titolo IX, capi III, e XII del medesimo d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 in quanto compatibili (Piras, 1870).

Il d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, è il primo provvedimento normativo che ha assunto un ruolo centrale nella regolamentazione dei fondi sanitari integrativi; in attuazione della delega contenuta nella l. 23 ottobre 1992, n. 421, il Governo ha dettato talune disposizioni relative al riordino della disciplina in materia sanitaria. L'art. 9 del suddetto decreto legislativo prevedeva nella sua versione originaria la possibilità di attuare « forme differenziate di assistenza » per particolari tipologie di prestazioni, fermi restando i livelli uniformi di assistenza di cui all'art. 1, ovvero i servizi e le prestazioni standard che il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), come è noto, deve assicurare ad ogni cittadino (art. 1 del d.lgs. n. 502/1992). Le c.d. forme differenziate di assistenza consistevano innanzitutto nella possibilità, accordata all'assistito, di beneficiare di un contributo economico per la fruizione della prestazione sanitaria a pagamento; in alternativa, esse si sostanziavano nell'attribuzione a soggetti singoli o consortili, comprese le mutue volontarie, della facoltà di negoziare con gli erogatori delle prestazioni del SSN, per conto della generalità degli aderenti o di soggetti appartenenti a categorie predeterminate, modalità e condizioni di assistenza che ne assicurassero qualità e costi ottimali. L'iscrizione alla mutue comportava per l'aderente la rinuncia alla pretesa di prestazioni ordinarie da parte del SSN. Il successivo d.lgs. 7 dicembre 1993, n. 517, ha sostituito l'intero art. 9, nella cui rinnovata versione, in luogo della originaria locuzione «forme differenziate di assistenza», veniva utilizzata l'espressione «forme integrative di assistenza sanitaria». Venivano, altresì, indicate specificamente le fonti istitutive dei fondi: contratti o accordi collettivi, anche aziendali, ovvero, in mancanza, accordi di lavoratori promossi dai sindacati firmatari di contratti collettivi nazionali di lavoro; accordi tra lavoratori autonomi o fra liberi professionisti; regolamenti di enti e aziende o enti locali o associazioni senza scopo di lucro o società di mutuo soccorso. Risultavano, invece, connotate da una certa sinteticità le disposizioni relative alle modalità di gestione dei fondi. In modo laconico la legge stabiliva che il fondo sanitario integrativo potesse essere «autogestito» o, in alternativa, potesse essere affidato in gestione mediante una convenzione con le società di mutuo soccorso o con una impresa assicurativa autorizzata. È rimasta, infine, lettera morta la disposizione che prevedeva l'emanazione, entro 120 giorni dalla entrata in vigore del provvedimento, di un regolamento ministeriale che disciplinasse nel dettaglio l'ordinamento interno dei fondi sanitari integrativi. Nel 1999, l'impianto originario dell'art. 9 è stato ulteriormente modificato dal d.lgs. 19 giugno 1999 n. 229 – contenente «norme per la razionalizzazione del Servizio Sanitario Nazionale» (c.d. Riforma Bindi) – il quale ha apportato significative novità. Innanzitutto ha precisato che l'istituzione dei fondi sanitari integrativi è finalizzata a potenziare l'erogazione di trattamenti e prestazioni sanitarie non comprese nei livelli uniformi ed essenziali di assistenza. Quindi, in virtù di tale disposizione, possono essere erogate nell'ambito della sanità integrativa esclusivamente prestazioni che non coincidono con quelle effettuate dal SSN, con il quale ai fondi sanitari integrativi è consentito entrare in relazione solamente esercitando un ruolo aggiuntivo. Nella prassi, siffatti fondi sono denominati «fondi doc» per distinguerli dai fondi già esistenti (c.d. «fondi non doc») al momento di entrata in vigore della Riforma Bindi e che continuano, tutt'oggi, ad operare nell'ambito dell'assistenza garantita dal SSN. Ulteriore aspetto significativo della riforma è da ricondursi al divieto, in capo ai soggetti che istituiscono fondi integrativi, di adottare politiche di selezione dei rischi, con la conseguenza che ad essi è fatto obbligo di consentire l'accesso alle prestazioni sanitarie a chiunque, a prescindere dall'età e dal suo eventuale stato di salute. Quanto ai soggetti legittimati alla costituzione dei fondi, viene riproposto, nella sostanza, l'elenco indicato dalla precedente disciplina legislativa, estendendo esplicitamente anche alle Regioni e ad altri soggetti pubblici e privati la possibilità di istituire fondi sanitari. Relativamente a quest'ultima categoria di fonti istitutive, non è da escludere che la lettera della norma consenta alle imprese di assicurazione di svolgere un ruolo attivo nel settore, anche se di fatto il divieto di adottare strategie e comportamenti di selezione dei rischi contemplato, come si è visto, dal già citato comma 4 dell'art. 9 preclude, nella sostanza, alle compagnie assicurative di operare nel rispetto dei requisiti in materia di esercizio dell'attività assicurativa imposti dalla vigente disciplina legislativa nazionale e comunitaria. Anche la Riforma Bindi ha previsto l'entrata in vigore di un regolamento ministeriale, il quale avrebbe dovuto specificare nel dettaglio le regole attinenti all'ordinamento interno dei fondi; inoltre, ha contemplato, a favore dei fondi costituiti ex novo nel rispetto delle disposizioni da essa dettate e di quelli preesistenti che si fossero ad essa adeguati, benefici fiscali superiori rispetto ai quelli previsti per i fondi già esistenti. Non essendo siffatto regolamento mai entrato in vigore, la riforma del d.lgs. n. 229/1999 non è decollata. A distanza di quasi un decennio sono intervenuti due decreti ministeriali: il primo, emanato il 31 marzo 2008, con il quale è stata istituita l'Anagrafe dei fondi sanitari integrativi del SSN ed è stata prevista l'equiparazione dal punto di vista fiscale tra fondi doc e non doc, a condizione che quest'ultimi destinino annualmente il 20% dell'ammontare complessivo delle risorse raccolte dagli iscritti alla copertura delle prestazioni garantite dai fondi doc. Tale percorso è stato completato dal secondo d.m. 27 ottobre 2009 che ha specificato il funzionamento dell'anagrafe e ha precisato ed ampliato ulteriormente l'elenco delle prestazioni ammissibili ai fini del rispetto della menzionata soglia del 20%. Al quadro legislativo e regolamentare ora tratteggiato si affianca la disciplina di settore relativa ai singoli soggetti legittimati ad operare nella sanità integrativa, quali le imprese di assicurazione e le società di mutuo soccorso, quest'ultime degne di nota in quanto sono state oggetto di una recente riforma che ne ha modificato significativamente l'impianto originario (Piras, 1880).

Bibliografia

Bassi, Delle imprese cooperative e delle mutue assicuratrici, in Comm. S., Milano, 1988, 905; Bonfante, L'“altra” mutualità, in Giur. comm. 2013, I, 714; Campobasso G.F., Diritto commerciale, II, Diritto della società, a cura di M. Campobasso, II, Torino, 2017; De Luca, Mutue assicuratrici, in Comm. S.B., Bologna Roma, 2006, 1; Desana, Delle mutue assicuratrici, in Comm. Cottino, Bonfante, Cagnasso, Montalenti, Torino, 2004, 2051;Ferri, Manuale di diritto commerciale, a cura di Angelici e G.B. Ferri, Torino 2016; Gambino, Le mutue assicuratrici: funzione contrattuale e posizione giuridica dei soci, in Giur. comm. 1991, I, 1; Piras, Fondi sanitari integrativi e società di mutuo soccorso: le nuove frontiere della sanità integrativa, in Resp. civ. prev. 2016, 1870.

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