Codice Civile art. 1299 - Regresso tra condebitori.

Rosaria Giordano

Regresso tra condebitori.

[I]. Il debitore in solido che ha pagato l'intero debito può ripetere dai condebitori soltanto la parte di ciascuno di essi.

[II]. Se uno di questi è insolvente, la perdita si ripartisce per contributo tra gli altri condebitori, compreso quello che ha fatto il pagamento [754, 755].

[III]. La stessa norma si applica qualora sia insolvente il condebitore nel cui esclusivo interesse l'obbligazione era stata assunta [1203 n. 3].

Inquadramento

La disposizione in esame regolamenta l'esercizio del diritto di regresso nei rapporti interni tra condebitori, sul presupposto che uno di essi abbia effettuato, anche soltanto in parte, il pagamento in favore del creditore e prevede quali sono sul riparto complessivo tra i condebitori le conseguenze dell'insolvenza di uno di essi.

Il diritto di regresso spetta purché il debitore in solido abbia adempiuto nei confronti del comune creditore in forma superiore alla propria quota nell'obbligazione, sebbene non si tratti di adempimento integrale (Cass. II, n. 21197/2018).

Presupposti del diritto di regresso

La S.C. ha da lungo tempo chiarito che il debitore che ha pagato non è tenuto ad effettuare alcuna previa diffida o costituzione in mora per esercitare il regresso, purché abbia posto in essere un pagamento valido ed efficace, in ordine ad un debito scaduto, idoneo ad estinguere nei confronti di tutti i debitori l'obbligazione solidale verso il creditore (v., tra le altre, Cass. n. 48/1970).

È inoltre consolidato l'assunto per il quale il condebitore solidale, sia ex contractu sia ex delicto, che paga al creditore una somma maggiore rispetto a quella dovuta, ha diritto di regresso anche se non ha corrisposto l'intero, giacché anche in tal caso, come in quello del pagamento dell'intero debito, egli ha subito un depauperamento del proprio patrimonio oltre il dovuto, con corrispondente indebito arricchimento dei condebitori (Cass. II, n. 21197/2018).

È dominante anche in dottrina l'indirizzo interpretativo per il quale il regresso può essere esercitato anche quando il condebitore abbia adempiuto parzialmente, purché oltre il valore della sua quota interna (Amorth, 264; Rubino, 229).

Quando, invece, la misura della prestazione eseguita da uno dei condebitori sia pari o addirittura inferiore alla sua quota, il diritto di regresso non spetta: per vero al condebitore adempiente spetta l'azione di regresso nei confronti degli altri condebitori soltanto se la somma da lui pagata ecceda la quota di sua spettanza, e soltanto nei limiti di tale eccedenza, previa concreta dimostrazione, in sede giudiziaria, che la prestazione da lui eseguita risulti effettivamente superiore alla sua quota (Trib. Roma VIII, n. 7157/2016).

Le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno inoltre chiarito che, ove la transazione stipulata tra il creditore ed uno dei condebitori solidali abbia avuto ad oggetto solo la quota del condebitore che l'ha stipulata, il residuo debito gravante sugli altri debitori in solido si riduce in misura corrispondente all'importo pagato dal condebitore che ha transatto solo se costui ha versato una somma pari o superiore alla sua quota ideate di debito; se, invece, il pagamento è stato inferiore alla quota che faceva idealmente capo al condebitore che ha raggiunto l'accordo transattivo, il debito residuo gravante sugli altri coobbligati deve essere ridotto in misura pari alla quota di chi ha transatto (Cass. S.U., n. 30174/2012).

In dottrina si è precisato che colui il quale agisce in regresso ha diritto, oltre che alla quota parte della prestazione eseguita, anche al proporzionale rimborso delle spese sostenute per l'adempimento nonché agli interessi decorrenti dal momento in cui l'adempimento è avvenuto (Rubino, 244).

Casistica

Da ultimo, le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno chiarito che l'azione "di regresso nei confronti dei responsabili del sinistro per il recupero dell'indennizzo pagato nonché degli interessi e delle spese", prevista dall'art. 292, comma 1, d.lgs. n. 209 del 2005 (codice delle assicurazioni private) ed esercitata dall'impresa designata dal Fondo di garanzia per le vittime della strada, ha natura autonoma e speciale - non essendo assimilabile né allo schema del regresso tra coobbligati solidali, né a quello della surrogazione nel diritto del danneggiato - in ragione della peculiarità della solidarietà passiva, atipica e ad interesse unisoggettivo, esistente, nel sistema dell'assicurazione obbligatoria, tra impresa assicuratrice e responsabile civile (Cass., S.U., 7 luglio 2022, n. 21514).

La sentenza dichiarativa della filiazione produce gli effetti del riconoscimento, ai sensi dell'art. 277 c.c., e, quindi, giusta l'art. 261 c.c., implica per il genitore tutti i doveri propri della procreazione legittima, incluso quello del mantenimento ex art. 148 c.c.. La relativa obbligazione si collega allo status genitoriale ed assume, di conseguenza, pari decorrenza, dalla nascita del figlio, con il corollario che l'altro genitore, il quale nel frattempo abbia assunto l'onere del mantenimento anche per la porzione di pertinenza del genitore giudizialmente dichiarato (secondo i criteri di ripartizione di cui al citato art. 148 c.c.), ha diritto di regresso per la corrispondente quota, sulla scorta delle regole dettate dall'art. 1299 c.c. nei rapporti fra condebitori solidali. Tuttavia, la condanna al rimborso di detta quota per il periodo precedente la proposizione dell'azione non può prescindere da un'espressa domanda della parte, attenendo tale pronuncia alla definizione dei rapporti pregressi tra debitori solidali, ossia a diritti disponibili, e, quindi, non incidendo sull'interesse superiore del minore, che soltanto legittima l'esercizio dei poteri officiosi attribuiti al giudice dall'art. 277, comma 2, c.c. La necessità di analoga domanda non ricorre riguardo ai provvedimenti da adottare in relazione al periodo successivo alla proposizione dell'azione, atteso che, durante la pendenza del giudizio, resta fermo il potere del giudice adito, in forza della norma suindicata, di adottare di ufficio i provvedimenti che stimi opportuni per il mantenimento del minore (cfr. Cass. I, n. 7960/2017, la quale ha annullato la sentenza impugnata per aver trascurato sia la circostanza che le parti avevano compiutamente delimitato, in termini temporali, l'ambito delle rispettive pretese, sia che, al momento dell'introduzione dell'azione, la figlia non era minorenne, con la conseguenza che non residuava alcuno spazio per l'esercizio di poteri officiosi da parte del giudice).

Il riconoscimento del figlio implica per il genitore tutti i doveri propri della procreazione legittima, incluso quello del mantenimento ex art. 148 c.c. La relativa obbligazione si collega allo status genitoriale ed assume, di conseguenza, pari decorrenza, dalla nascita del figlio, con il corollario che l'altro genitore, il quale nel frattempo abbia assunto l'onere del mantenimento anche per la porzione di pertinenza del genitore giudizialmente dichiarato (secondo i criteri di ripartizione di cui al citato art. 148 c.c.), ha diritto di regresso per la corrispondente quota, sulla scorta delle regole dettate dall'art. 1299 c.c. nei rapporti fra condebitori solidali (Trib. Reggio Emilia I, 8 febbraio 2018).

Il genitore che, riconoscendo il figlio, ha provveduto al suo mantenimento in via esclusiva, successivamente alla pronuncia giudiziale di accertamento giudiziale di paternità, ovvero al volontario riconoscimento operato da parte dell'altro genitore, avrà il diritto di ripetere, nei confronti di quest'ultimo, qualora questi non abbia partecipato alle spese di mantenimento, una quota delle medesime. L'art. 1299 c.c. prevede, infatti, il regresso tra condebitori solidali, quando l'obbligazione sia stata adempiuta da uno solo di essi, e presuppone che il coobbligato solidale abbia adempiuto per l'intero l'obbligazione stessa. La domanda di rimborso delle spese avanzata dalla madre, pertanto, può esercitarsi nei limiti degli obblighi gravanti sui genitori in base ai principi di cui agli artt. 316 e 316-bis c.c., nel senso che è dovere dei genitori medesimi adempiere ai loro obblighi nei riguardi dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e capacità di lavoro professionale e casalingo. Tuttavia, trattandosi di rimborso di spese già sostenute, queste devono essere, almeno attraverso l'applicazione di un metodo presuntivo, adeguatamente provate nel loro an e nel quantum da chi alleghi di averle affrontate anche in luogo dell'altro obbligato, secondo le regole generali dell'azione di regresso. Non è possibile chiederne la rifusione, applicando matematicamente ed in via automatica al tempo passato la misura del contributo di mantenimento da fissarsi per il futuro, poiché il genitore che formula la domanda di regresso è onerato di provare, quanto meno in via presuntiva, gli esborsi effettivamente sostenuti (Trib. Roma I, n. 9191/2017, in Dir. Fam. e Pers., 2018, I, 943).

In tema di società in nome collettivo, la disciplina di cui all'art. 2291 c.c. prevede che i soci sono illimitatamente responsabili in solido fra loro per le obbligazioni sociali, per cui in forza dell'art. 1299 c.c. il socio che ha pagato l'obbligazione sociale avrà diritto di ottenere il regresso dagli altri soci (Trib. Milano, n. 3966/2014).

In tema di società in nome collettivo, il socio che, dopo lo scioglimento e la cancellazione di quest'ultima dal registro delle imprese, abbia provveduto al pagamento di un debito sociale residuo ha diritto, alla stregua degli art. 2291 e 1299 c.c., di rivalersi pro quota nei confronti degli altri soci come lui illimitatamente responsabili, a ciò non ostando il beneficio di escussione disciplinato dall'art. 2304 c.c. (operante solo nei confronti dei creditori sociali e non dei soci che abbiano pagato i debiti sociali, ed avente peraltro efficacia limitatamente alla fase esecutiva), né rilevando, a tal fine, l'avvenuta liquidazione e cancellazione della società dal registro delle imprese, posto che l'art. 2312 comma 2 c.c. consente anche in siffatte ipotesi ai creditori sociali insoddisfatti di far valere le proprie ragioni nei confronti dei soci, le cui reciproche posizioni continuano, pertanto, ad essere legate dal vincolo di solidarietà passiva (Cass. I, n. 4380/2013).

La compagnia di assicurazioni, responsabile della vigilanza sul proprio subagente, non è legittimata ad agire in giudizio ex art. 2043 c.c. nei confronti della banca negoziatrice di un assegno non trasferibile, assumendone la responsabilità aquiliana e chiedendo il risarcimento del danno per avere quest'ultima consentito l'incasso del titolo a persona diversa dal beneficiario, in violazione delle specifiche regole poste dall'art. 43 del r.d. n. 1736/1933, in quanto non è soggetto danneggiato, ma concorre con la banca nell'illecito commesso nei confronti dell'emittente l'assegno e, dunque, può convenirla in giudizio unicamente con l'azione di regresso ex art. 1299 c.c. (Cass. I, n. 16326/2016).

L'azione di risarcimento del danno per indebiti prelievi effettuati dal libretto di deposito bancario fallimentare, esercitata dalla curatela unicamente nei confronti della banca e non anche di tutti i soggetti solidalmente responsabili dell'ammanco, non preclude all'ente creditizio di agire, in via di regresso, nei confronti del curatore surrogato, al fine di far constare la sua condotta illecita, che ha contribuito alla produzione del danno: in tal modo, la banca fa valere, sia pure al limitato fine dell'accoglimento dell'azione di regresso, non già una propria pretesa verso il curatore nascente dalla scorretta gestione del rapporto di deposito, ma una pretesa di credito della stessa procedura, derivante dal mancato rispetto delle regole cui il curatore medesimo si sarebbe dovuto attenere nell'esercizio delle proprie funzioni (Cass. I, n. 8233/2013).

Qualora lo scioglimento della comunione ereditaria avvenga per sentenza, e non per negozio, l'imposta di registro, quale costo per la fruizione del servizio pubblico dell'amministrazione della giustizia, è a carico di tutte le parti del giudizio di divisione, sicché il condividente, assegnatario del compendio, che abbia pagato l'intera imposta ha diritto di regresso nei confronti degli altri condividenti, debitori solidali verso il fisco (Cass. VI, n. 3532/2014).

Il venditore che abbia pagato l'imposta integrativa di registro a seguito di concordato fiscale concluso con l'Amministrazione, senza coinvolgere nel procedimento di accertamento con adesione l'acquirente, non ha azione di regresso verso quest'ultimo, il cui diritto postula, ai sensi degli art. 1299 e 1203 n. 3, c.c., l'adempimento di un'obbligazione del terzo, la cui esistenza ed entità siano divenute certe per fatti o atti giuridici opponibili a questi (Cass. III, n. 9859/2014).

Profili processuali

L'art. 1306 c.c. si applica nei soli rapporti tra creditore e coobbligato solidale e in quelli di regresso tra i vari condebitori, con la conseguenza che il condebitore il quale, pagato il debito, agisca in regresso nei confronti dell'altro coobbligato, non può invocare nei confronti di questi il giudicato che lo abbia condannato al pagamento, né il coobbligato convenuto può a lui opporre altro e contrastante giudicato, col quale invece sia stata rigettata la pretesa creditoria nei suoi confronti (Cass. III, n. 16117/2013).

Per altro verso, poiché la solidarietà passiva nel rapporto obbligatorio è prevista dal legislatore nell'interesse del creditore e serve a rafforzare il diritto di quest'ultimo consentendogli di ottenere l'adempimento dell'intera obbligazione da uno qualsiasi dei condebitori, mentre non ha alcuna influenza nei rapporti interni tra condebitori solidali fra i quali l'obbligazione si divide secondo quanto risulta dal titolo o, in mancanza, in parti uguali, se il creditore conviene in giudizio più debitori sostenendo la loro responsabilità solidale, e venga pronunciata condanna di uno solo di essi con esclusione del rapporto di solidarietà, il debitore condannato, ove non abbia proposto alcuna domanda di rivalsa nei confronti del preteso condebitore solidale, non ha un interesse ad impugnare tale sentenza, perché essa non aggrava la sua posizione di debitore dell'intero, né pregiudica in alcun modo il suo eventuale diritto di rivalsa (Cass. III, n. 2227/2012).

Bibliografia

Amorth, L'obbligazione solidale, Milano, 1959; Bianca, Diritto civile, IV, L'obbligazione, Milano, 1997; Breccia, Le obbligazioni, Milano, 1991; Busnelli, L'obbligazione soggettivamente complessa (Profili sistematici), Milano, 1974, Busnelli, voce Obbligazione soggettivamente complessa, in Enc. dir., Milano, 1979; Di Majo, voce Obbligazioni solidali (e indivisibili), in Enc. dir., Milano, 1979; Fantozzi, La solidarietà tributaria, in Trattato di diritto tributario diretto da A. Amatucci, Padova, 1994, II, 449; Giorgianni, voce Obbligazione solidale e parziaria, in Nss. D. I., Torino, 1965; Mazzoni, Specie di obbligazioni: solidali e indivisibili, in Tr. Res., IX, Torino, 1999; Rescigno, voce Obbligazione, in Enc. dir., Milano, 1979.

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