Codice Civile art. 1965 - Nozione.

Rosaria Giordano

Nozione.

[I]. La transazione è il contratto [1350 n. 12, 2643 n. 13] col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro [764, 1304].

[II]. Con le reciproche concessioni si possono creare, modificare o estinguere anche rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione delle parti [1976].

Inquadramento

La transazione è il contratto con il quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine ad una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra di loro, compresa l'ipotesi di una controversia stragiudiziale che potrebbe sfociare successivamente in un processo (art. 1965, comma 1, c.c.).

Le reciproche concessioni sono un elemento essenziale del negozio transattivo, come più volte evidenziato nella stessa giurisprudenza di legittimità (Cass. II, n. 24169/2013). Presupposto del negozio transattivo è, inoltre, la lite (in atto o futura) ovvero la res litigiosa, intesa come conflitto di natura giuridica.

Secondo la prevalente dottrina e giurisprudenza, con il termine lite il legislatore ha voluto fare riferimento ad una lite giudiziale, mentre con l'espressione «prevenire una lite» si fa riferimento ad una mera lite di fatto.

Per stabilire quando una lite possa definirsi “già incominciata» bisogna avere riguardo al momento giudiziale di inizio della lite (per esempi,o la notifica dell'atto di citazione).

Più difficile è definire il momento di esistenza di una “lite che può sorgere tra le parti”: secondo la teoria prevalente, per la validità della transazione, è sufficiente l'esistenza di una res litigiosa ossia di un potenziale dissenso, anche se ancora da definire nei più precisi termini di una lite, non esteriorizzato in una rigorosa formulazione.

Si discute, invece, se la res dubia ovvero la situazione di incertezza in relazione ai propri diritti costituisca presupposto necessario e autonomo per la valida conclusione del contratto (v., di recente, per una sintesi e riferimenti su questi aspetti, Galletto, 1379 ss.).

Profili generali

La transazione è il contratto con il quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine ad una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra di loro, compresa l'ipotesi di una controversia stragiudiziale che potrebbe sfociare successivamente in un processo (art. 1965, comma 1 c.c.).

Le reciproche concessioni sono un elemento essenziale del negozio transattivo, come più volte evidenziato nella stessa giurisprudenza di legittimità (Cass. II, n. 24169/2013).

Le reciproche concessioni, cui si riferisce il primo comma dell'art. 1965 c.c., devono essere intese in correlazione con le reciproche pretese e contestazioni e non già in relazione ai diritti effettivamente a ciascuna delle parti spettanti (Cass. lav., n. 16154/2021).

Presupposto del negozio transattivo è, inoltre, la lite (in atto o futura) ovvero la res litigiosa, intesa come conflitto di natura giuridica.

Secondo la prevalente dottrina e giurisprudenza, con il termine lite il legislatore ha voluto fare riferimento ad una lite giudiziale; laddove, invece, parla di «prevenire una lite», fa riferimento ad una mera lite di fatto.

Per stabilire quando una lite possa definirsi “già incominciata” occorre avere riguardo al momento giudiziale di inizio della lite (per esempio la notifica dell'atto di citazione).

Più difficile è definire il momento di esistenza di una “lite che può sorgere tra le parti”: secondo la teoria prevalente, per la validità della transazione, è sufficiente l'esistenza di una res litigiosa ossia di un potenziale dissenso, anche se ancora da definire nei più precisi termini di una lite, non esteriorizzato in una rigorosa formulazione.

La giurisprudenza richiede, inoltre, l'esistenza di uno stato di incertezza soggettiva, affermando che affinché un negozio possa essere considerato transattivo è necessario, da un lato, che esso abbia ad oggetto una res dubia, e cioè cada sopra un rapporto giuridico avente, almeno nell'opinione delle parti, carattere d'incertezza, e, dall'altro lato, che, nell'intento di far cessare la situazione di dubbio venutasi a creare tra loro, i contraenti si facciano delle concessioni reciproche, nel senso che l'uno sacrifichi qualcuna delle sue pretese in favore dell'altro, indipendentemente da qualsiasi rapporto di equivalenza fra datum e retentum (Cass. III, n. 7999/2010).

Altro elemento essenziale della transazione è dato dalle reciproche concessioni da intendersi come parziale abdicazione alle posizioni assunte dalle parti in lite (Cass. II, n. 24169/2013; Cass. II, n. 72/2011). Pertanto, le dichiarazioni rese da una parte all'altra in sede transattiva non integrano confessione, non potendo ritenersi sorrette dall'animus confitendi (dalla intenzione cioè di ammettere un fatto sfavorevole al dichiarante), ed essendo invece strumentali al proposito di evitare la lite attraverso reciproche concessioni (Cass. sez. lav., n. 5776/1987).

In sostanza, affinché una transazione sia validamente conclusa, è necessario, da un lato, che essa abbia ad oggetto una res dubia e, cioè, che cada su un rapporto giuridico avente, almeno nella opinione delle parti, carattere di incertezza, e, dall'altro, che, nell'intento di far cessare la situazione di dubbio, venutasi a creare tra loro, i contraenti si facciano delle concessioni reciproche: peraltro, l'oggetto della transazione non è il rapporto o la situazione giuridica cui si riferisce la discorde valutazione delle parti, ma la lite cui questa ha dato luogo o può dar luogo, e che le parti stesse intendono eliminare mediante reciproche concessioni, sicché è invalida la transazione contenente il pieno riconoscimento della pretesa di una parte a fronte di una totale rinuncia da parte dell'altra (Trib. Roma III, 19 ottobre 2017, n. 19708).

Per altro verso, occorre considerare che l'oggetto del negozio transattivo va identificato non in relazione alle espressioni letterali usate dalle parti, non essendo necessaria una puntuale specificazione delle contrapposte pretese, bensì all'oggettiva situazione di contrasto che le parti stesse hanno inteso comporre mediante le reciproche concessioni, in quanto la transazione — quale strumento negoziale di prevenzione di una lite — è destinata, analogamente alla sentenza, a coprire il dedotto ed il deducibile (Cass. VI, n. 23482/2017). A tal fine, il giudice del merito, al fine di indagare sulla portata e sul contenuto transattivo di una scrittura negoziale, secondo le norme sull'ermeneutica contrattuale, può attingere ad ogni elemento idoneo a precisare e chiarire i termini dell'accordo, ancorché non richiamati nel documento, senza che ciò comporti violazione del principio in base al quale la transazione deve essere provata per iscritto (Cass. sez. lav., n. 3714/1988, in Arch. civ., 1989, n. 1, 42, con nota di Santarsiere).

L'efficacia della transazione, al pari di quella di ogni altro contratto, può essere subordinata, oltre che a determinate condizioni espresse, anche al verificarsi o al permanere — quale evento di carattere obiettivo indipendente dalla volontà delle parti — di una situazione di fatto non espressa ed esternata dai contraenti, ma da questi tenuta presente nella formazione della volontà negoziale (cfr., tra le altre, Cass. sez. lav., n. 9272/1987, per la quale l'accertamento, positivo o negativo, di tale condizione non espressa, cd. cosiddetta presupposizione, che va condotto sul piano dell'interpretazione della volontà negoziale e che, non potendo prescindere dalla funzione adempiuta dal singolo contratto, deve essere particolarmente rigoroso riguardo alla transazione, in considerazione della sua finalizzazione, mediante reciproche concessioni, alla composizione di una lite in atto o alla prevenzione di una lite potenziale, è riservato al giudice del merito, la cui valutazione, se adeguatamente motivata, è incensurabile in sede di legittimità).

La transazione stipulata tra le parti in sede di conciliazione giudiziaria non necessariamente deve essere limitata ai rapporti giuridici dedotti in giudizio, ma può riguardare anche rapporti ulteriori e diversi intercorrenti tra le stesse parti (cfr. Cass. sez. lav., n. 7193/1986). Peraltro ove, rispetto ad un medesimo rapporto, siano sorte o possano sorgere tra le parti più liti, in relazione a numerose questioni tra loro controverse, l'avere dichiarato, nello stipulare una transazione, di non aver più nulla a pretendere in dipendenza del rapporto, non implica necessariamente che la transazione investa tutte le controversie potenziali o attuali, dal momento che a norma dell'art. 1364 c.c. le espressioni usate nel contratto per quanto generali, riguardano soltanto gli oggetti sui quali le parti si sono proposte di statuire (cfr. Cass. I, n. 12367/2018, la quale ha di conseguenza ritenuto che, se il negozio transattivo concerne soltanto alcuna delle stesse, esso non si estende, malgrado l'ampiezza dell'espressione adoperata, a quelle rimaste estranee all'accordo, il cui oggetto va determinato attraverso una valutazione di tutti gli elementi di fatto, con apprezzamento che sfugge al controllo di legittimità qualora sorretto da congrua motivazione).

Sul piano processuale, occorre considerare che l'eccezione di intervenuta transazione non forma oggetto di un'eccezione in senso stretto sottratta al rilievo officioso, come quelle per le quali la legge richiede espressamente che sia soltanto la parte a rilevare i fatti impeditivi, estintivi o modificativi, e pertanto essa può essere rilevata dal giudice d'ufficio, anche in appello, non essendo il relativo rilievo subordinato alla specifica e tempestiva allegazione della parte, purché i fatti risultino documentati "ex actis" (Cass. III, n. 26118/2021).

Tipi di transazione

Si distingue la transazione semplice o pura, il cui oggetto coincide con quello della lite, dalla transazione complessa o mista (art. 1965, comma 2, c.c.) ove l'oggetto è più ampio di quello della lite stessa, in quanto con le reciproche concessioni si creano, modificano o si estinguono anche rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa o della contestazione delle parti.

La transazione può essere generale quando le parti fanno riferimento a tutti gli affari che possono intercorrere tra loro, volendo chiudere ogni contestazione sui propri rapporti reciproci, determinando il sorgere di una nuova situazione.

Con la cd. transazione conservativa le parti si limitano a regolare il rapporto preesistente mediante reciproche concessioni, senza crearne uno nuovo (Cass. II, n. 11632/2010).

La transazione conservativa è, in particolare, quella mediante la quale le parti si limitano a regolare il rapporto preesistente mediante reciproche concessioni (cfr., di recente, Trib. Arezzo 2 gennaio 2018, n. 1, secondo la quale il rapporto che ne discende è comunque regolato dall'accordo transattivo e non da quello che in precedenza vincolava le parti medesime).

La transazione novativa si realizza, invece, in presenza di una situazione di oggettiva incompatibilità tra il rapporto preesistente e quello originato dall'accordo transattivo, in virtù della quale le obbligazioni reciprocamente assunte dalle parti devono ritenersi oggettivamente diverse da quelle preesistenti (cfr. Trib. Brescia 3 novembre 2017, n. 3163, per la quale ne consegue che, al di fuori dell'ipotesi in cui sussista un'espressa manifestazione di volontà delle parti in tal senso, il giudice di merito deve accertare se le parti, nel comporre l'originario rapporto litigioso, abbiano inteso o meno addivenire alla conclusione di un nuovo rapporto, costitutivo di autonome obbligazioni). Si è quindi ritenuto che l'accordo transattivo «a saldo e stralcio» non costituisce una transazione novativa poiché in esso le parti si limitano a convenire una diversa entità del debito e nuovi termini e modalità di pagamento dello stesso rapporto preesistente, il quale rivivrà in ipotesi di mancato rispetto delle nuove condizioni (Trib. Roma XI, 26 giugno 2017, n. 13077).

In sostanza, la cd. transazione novativa (art. 1976) determina l'estinzione del precedente rapporto cui si sostituisce integralmente, di modo che si verifichi una situazione di oggettiva incompatibilità tra il rapporto preesistente e l'accordo transattivo, con la conseguente insorgenza dall'atto di un'obbligazione oggettivamente diversa dalla precedente (Cass. VI, n. 21371/2020; Cass. III, n. 15444/2011; Cass. sez. lav., n. 13717/2006).

Per una prima impostazione, il carattere novativo prescinde dall'intenzione delle parti e dalla loro consapevolezza: deve farsi riferimento all'incompatibilità assoluta tra situazione pregressa e regolamento transattivo ed alla circostanza che dalla transazione sorge un'obbligazione oggettivamente diversa da quella preesistente (cfr. Cass. n. 7830/2003).

Per altra tesi, suffragata dalla giurisprudenza dominante, è necessario accertare se le parti, nel comporre l'originario rapporto litigioso, abbiano inteso, o meno, addivenire alla conclusione di un nuovo rapporto diretto a costituire nuove e autonome obbligazioni incompatibili con alcune delle obbligazioni oggetto del precedente rapporto, dando a tale volontà forma e contenuto adeguati (ciò può essere desunto anche per fatti concludenti). A riguardo, si è ad esempio recentemente affermato che l'efficacia novativa della transazione presuppone una situazione di oggettiva incompatibilità tra il rapporto preesistente e quello originato dall'accordo transattivo, in virtù della quale le obbligazioni reciprocamente assunte dalle parti devono ritenersi oggettivamente diverse da quelle preesistenti, con la conseguenza che, al di fuori dell'ipotesi in cui sussista un'espressa manifestazione di volontà delle parti in tal senso, il giudice di merito deve accertare se le parti, nel comporre l'originario rapporto litigioso, abbiano inteso o meno addivenire alla conclusione di un nuovo rapporto, costitutivo di autonome obbligazioni» (Cass. I, n. 23064/2016; Cass. II, n. 1400/1086).

Nell'ipotesi di transazione novativa non può essere richiesta la risoluzione per inadempimento, salvo che il diritto alla risoluzione sia stato espressamente stipulato (art. 1976 c.c.).

La transazione avente efficacia novativa del rapporto in ordine al quale era insorto conflitto tra le parti ha effetto estintivo delle garanzie reali originariamente prestate, salvo che i contraenti non abbiano convenuto di conservarle anche in relazione al nuovo contratto, ma, in tale caso, il patto opera esclusivamente inter partes, occorrendo, ai fini della conservazione di garanzie prestate da terzi, il necessario consenso del garante; peraltro, la novazione dell'obbligazione garantita determina l'estinzione anche delle garanzie personali, ove non espressamente mantenute, sia «accessorie», in considerazione del nesso di dipendenza che lega la obbligazione di garanzia a quella principale, sia «autonome» in considerazione del nesso indissolubile che lega la causa concreta di garanzia autonoma alla esistenza del rapporto garantito (Cass. III, n. 8342/2017).

Peraltro, l'accordo transattivo di carattere novativo, stipulato tra le parti in causa ed avente ad oggetto il rapporto obbligatorio dedotto in giudizio, determina la cessazione della materia del contendere, atteso che da detto negozio derivano obbligazioni oggettivamente diverse da quelle preesistenti (Cass. II, n. 4257/2017).

La transazione complessa o mista, prevista dal comma 2 dell'art. 1965, consiste nel caso, estremamente frequente, in cui le prestazioni che costituiscono il contenuto delle concessioni esorbitano dal rapporto controverso (Cass. II, n. 8330/1990).

La S.C. ha all'uopo rimarcato che la transazione può avere funzione traslativa soltanto con riguardo a rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione delle parti, dovendosi ritenere inconcepibile il trasferimento tra le parti in lite, mediante transazione, di un diritto la cui appartenenza sia incerta perché oggetto di contestazione (Cass. III, n. 14432/2016).

Casistica

Nel caso di transazione del giudizio, non sussiste la responsabilità solidale delle parti al pagamento degli onorari degli avvocati, prevista dall'art. 68 del r.d.l. n. 1578 del 1933, solo se la decisione contenga una statuizione del giudice sulla liquidazione delle spese senza che, invece, rilevi la ragione della definizione della causa (per cessazione della materia del contendere o per abbandono), poiché il presupposto per l'applicazione dell'art. 68 cit. è proprio l'esistenza di un accordo che sottragga al giudice anche la pronuncia sulle spese (Cass. II, n. 20266/2023).

L'obbligo solidale di pagare le competenze professionali dei difensori, ex art. 68 del r.d.l. n. 1578 del 1933, in caso di definizione della lite mediante transazione, grava su tutti coloro che abbiano aderito a quest'ultima ed abbiano partecipato al giudizio in tal modo definito, non estendendosi, al contrario, nei confronti di chi, pur prestando adesione alla transazione, non abbia però assunto la qualità di parte processuale (Cass. VI, n. 3052/2021).

Anche nella disciplina dei rapporti patrimoniali tra coniugi è ammissibile il ricorso alla transazione per porre fine o per prevenire l'insorgenza di una lite tra le parti, sia pure nel rispetto della indisponibilità di talune posizioni soggettive, ed è configurabile la distinzione tra contratto di transazione novativo e non novativo, realizzandosi il primo tutte le volte che le parti diano luogo ad un regolamento d'interessi incompatibile con quello preesistente, in forza di una previsione contrattuale di fatti o di presupposti di fatto estranei al rapporto originario (cfr. Cass. I, n. 4647/1994, la quale ha confermato la decisione di merito che ha ritenuto novativa e, quindi, non suscettibile di risoluzione per inadempimento, a norma dell'art. 1976 c.c., la transazione con la quale il marito si obbligava espressamente, in vista della separazione consensuale, a far conseguire alla moglie la proprietà di un appartamento in costruzione, allo scopo di eliminare una situazione conflittuale tra le parti).

L'accordo transattivo tra il difensore della parte vincitrice in primo grado, dichiaratosi antistatario, e la parte soccombente avente ad oggetto i soli compensi professionali del primo, non può ritenersi esteso anche al rapporto oggetto della controversia tra le parti processuali e non denota alcuna acquiescenza alla sentenza di primo grado, in quanto il procuratore ha partecipato alla stipula dell'atto solo in qualità di procuratore antistatario, essendo titolare di un autonoma pretesa a conseguire direttamente la prestazione dalla parte processuale soccombente e non avendo alcuna procura ad negotia idonea a vincolare stragiudizialmente la propria assistita (Cass. III, n. 13367/2018).

L'accordo con cui le parti di un contratto di locazione definiscono transattivamente le liti giudiziarie fra loro pendenti circa la durata del rapporto e l'ammontare del canone, stabilendo una determinata scadenza per il rilascio dell'immobile ed un corrispettivo per il suo ulteriore godimento, trova la sua inderogabile regolamentazione nei patti del negozio transattivo e, in via analogica, nella normativa generale delle locazioni urbane, ma si sottrae — data la sua genesi e l'unicità della causa che avvince il complesso rapporto — alla speciale disciplina giuridica che regola la materia delle locazioni (leggi di proroga legale, legge cosiddetta dell'equo canone e successive modificazioni). Peraltro il precedente rapporto (convenzionalmente estinto alla data della transazione) resta regolato dallo stesso negozio transattivo e, in mancanza di patti contrari, dalla normativa ordinaria e speciale previgenti (Cass. III, n. 11806/1995).

Nella transazione fra assicuratore e parte danneggiata, in cui quest'ultima dichiari di avere accettato la somma corrisposta in via di definizione amichevole del sinistro, non possono essere compresi i danni non ancora manifestatasi, i quali non potevano essere previsti per anticipazione in mancanza di elementi obiettivi attuali che li rendessero conoscibili (Cass. III, n. 3888/1996).

Ai fini della qualificabilità come transazione dell'accordo intervenuto, nell'assicurazione contro i danni, tra assicuratore e assicurato-danneggiato circa l'indennizzo a quest'ultimo dovuto, è sufficiente che sussistano tra le parti difformità di valutazioni in ordine all'entità del danno e, conseguentemente, all'indennità dovuta dall'assicuratore, poiché anche in tal caso si rendono necessarie quelle reciproche concessioni dei contraenti in cui si sostanzia la transazione. D'altra parte, considerato che la temerarietà della pretesa che comporta l'annullabilità della transazione sussiste solo se la stessa pretesa sia obiettivamente e assolutamente infondata, deve ritenersi che esattamente il giudice di merito escluda la configurabilità di tale causa di invalidità — dedotta dall'assicurato — dell'accordo transattivo raggiunto in merito all'indennizzo assicurativo, quando a tal fine dia rilievo, con adeguata motivazione, a risultanze relative alla scarsa entità delle merci distrutte (Cass. I, n. 2730/1995).

Ha natura transattiva l'accordo con cui, al dichiarato fine di evitare liti future, il lavoratore rinunci a fare valere le proprie pretese per il periodo anteriore e, in cambio, venga assunto dalla società, sia pure a tempo determinato; la res dubia può infatti essere ravvisata nella qualificazione dei precedenti contratti. La mancanza di un'effettiva assistenza sindacale, che deve essere provata dal lavoratore, non muta la natura negoziale dell'accordo, che deve essere impugnato nel termine semestrale di cui all'art. 2113 c.c. (Cass. sez. lav., n. 20201/2017).

Caratteristica della transazione novativa è quella di essere, al pari della transazione propria (non novativa) un negozio di secondo grado, ma non un negozio ausiliario, bensì un negozio principale: pertanto — a differenza di quel che accade nella transazione propria, nella quale il contratto di transazione è complementare rispetto al fatto causativo del rapporto originario ed è quindi fonte concorrente di diritti e di obblighi — nella transazione novativa il contratto di transazione rappresenta l'unica fonte dei diritti e degli obblighi delle parti. Ne consegue, in materia di lavoro subordinato, che qualora intervenga tra datore di lavoro e lavoratore una transazione novativa la somma di denaro dovuta dal datore di lavoroexart. 12 della l. n. 153/1969 in esecuzione del suddetto contratto ancorché mantenga natura retributiva non può essere considerata, ai fini contributivi, come corrisposta «in dipendenza del rapporto di lavoro», essendo tale rapporto estinto nel momento della conclusione della transazione novativa (Cass. sez. lav., n. 4811/1999, in Mass. giur. lav., 1999, n. 12,1386, con nota di Olgiati).

Una transazione nella quale si preveda che una delle parti possa proseguire nell'uso di un marchio, pur simile e confondibile con altro marchio del cui brevetto è titolare l'altra parte, non costituisce atto di disposizione del diritto di esclusiva di quest'ultima e non è, quindi, affetta da nullità ne' per il fatto di non essere accompagnata da un correlativo atto di disposizione dell'azienda o del ramo di essa cui il marchio inerisce, ne' per il fatto che rende possibile l'uso di un marchio confondibile con quello oggetto della suddetta titolarità, in quanto l'azione a difesa del proprio diritto di esclusiva nei confronti di chi usi marchi confondibili è attribuita a tutela di un diritto disponibile (Cass. I, n. 4225/1991).

Il rapporto giuridico che si ricollega (come nuovo rapporto o come lo stesso rapporto modificato) al contratto di transazione, non è determinato nella sua natura da tale contratto, che è soltanto l'elemento genetico della sua costituzione o modificazione, restando qualificato dalle situazioni giuridiche sostanziali che lo strutturano, sicché ove le parti, a seguito di transazione stipulata nel rispetto della legge in vigore, convengano sostanzialmente soltanto una ulteriore predeterminata durata del già vigente rapporto di affitto di fondo rustico a coltivatore diretto con la rinuncia, da parte dell'affittuario, alla proroga legale e l'impegno al rilascio per una determinata data, il nuovo rapporto resta strutturato e, quindi, qualificato come affitto di fondo rustico, con la conseguenza che ove sorga controversia deducendosi in causa tale rapporto, la competenza resta devoluta alla sezione specializzata agraria, ai sensi dell'art. 26 l. n. 11/1971 (Cass. III, n. 6980/1998).

In tema di revocatoria fallimentare, promossa per far valere l'affermata sproporzione tra le reciproche prestazioni rinunciate nell'ambito di una transazione intercorsa tra le parti, l'onere della prova incombe sulla parte che ha proposto l'azione revocatoria, ed ha per oggetto anche il valore della rinuncia operata da controparte, senza che possa distinguersi tra elementi dedotti dalla parte attrice ed elementi dedotti dalla convenuta, le cui allegazioni sul punto non possono considerarsi oggetto di un'eccezione in senso stretto, avendo invece natura di mere contestazioni o difese (Cass. VI, n. 8635/2018).

Transazione ed obbligazioni solidali

La transazione non si presta ad essere compresa tout court né tra gli atti vantaggiosi, né tra quelli pregiudizievoli, implicando benefici (l'aliquid retentum), a fronte dei quali stanno però oneri (l'aliquid datum), sicché la sua eventuale convenienza dipende da una complessa valutazione comparativa che dovrà tener conto non solo del saldo algebrico di siffatti costi e benefici, ma anche di un calcolo probabilistico circa gli ipotetici esiti della controversia, qualora non composta, dei rischi di infruttuosità di eventuali azioni di regresso ecc. (cfr., tra gli altri, Del Prato, 833).

In questa prospettiva si giustifica la disciplina dettata dall'art. 1304, comma 1, c.c., laddove estende gli effetti della transazione stipulata dal condebitore al solo debitore solidale che manifesti la volontà di profittarne, che non deroga al principio generale secondo cui le vicende vantaggiose del rapporto obbligatorio verificatesi nei confronti di uno dei condebitori giovano anche agli altri, bensì lo adatta nell'unico modo possibile ad un tipo di vicenda — la composizione transattiva della lite — che si sottrae ad essere inquadrata ex se nella categoria di quelle vantaggiose (e dunque efficaci erga alios) o nella categoria di quelle svantaggiose (e dunque inefficaci ultra partes). Pertanto l'attribuzione agli accordi transattivi di un'efficacia automatica ultra partes rischierebbe di estendere al consorte le conseguenze pregiudizievoli del contratto stipulato inter alios; così come un'automatica inefficacia rischierebbe di sottrargli i vantaggi che da quell'accordo potessero eventualmente discendere, vantaggi che il sistema di legge vuole invece estesi al condebitore (v., anche per i riferimenti, C. D'Alessandro 2012, 68 ss.).

Questa posizione è avallata anche dalla giurisprudenza di legittimità all'interno della quale si è osservato che la transazione è atto negoziale con il quale le parti pongono fine ad una vicenda giudiziaria facendosi concessioni reciproche (e, dunque, prescindendo dall'affermazione o dalla negazione di qualunque reciproca responsabilità), e non ha, pertanto, alcuna natura di confessione stragiudiziale, dannosa per gli eventuali condebitori e che, da tale natura «neutra» dell'atto di transazione rispetto al punto della questione controverso, la legge fa discendere, in via ordinaria, la mancanza di effetti nei confronti dei soggetti che ad essa non abbiano partecipato, salvo che, avendone titolo in qualità di condebitori, essi non chiedano di profittarne (Cass. I, n. 19549/2004).

È stato chiarito che l'art. 1304, comma 1, c.c., peraltro, si riferisce unicamente alla transazione che abbia ad oggetto l'intero debito, e non la sola quota del debitore con cui è stipulata, poiché è la comunanza dell'oggetto della transazione che comporta, in deroga al principio per cui il contratto produce effetti soltanto tra le parti, la possibilità per il condebitore solidale di avvalersene, pur non avendo partecipato alla sua stipulazione (v., da ultimo, Cass. I, n. 16087/2018).

È pertanto necessario distinguere il caso in cui la transazione tra il creditore e uno dei condebitori investa l'intera obbligazione solidale da quello in cui essa riguardi invece solo la quota di quest'ultimo (Del Prato, 51 ss.; Franzoni 300 ss.; in senso contrario v., tuttavia, Schlesinger, 425 ss.).

Nella diversa situazione nella quale la transazione abbia avuto ad oggetto esclusivamente la quota del condebitore transigente, il residuo debito gravante sugli altri debitori in solido si riduce proporzionalmente solo nell'ipotesi in cui il transigente abbia versato una somma pari o superiore alla sua quota ideale di debito, mentre, nell'ipotesi inversa, il residuo credito risarcitorio va determinato detraendo da esso non la somma pagata, ma la quota gravante sui transigenti (Cass. III, n. 26113/2016). Invero, la transazione parziale, in quanto volta a determinare lo scioglimento della solidarietà passiva, riguarda unicamente il debitore che vi aderisce e non può coinvolgere gli altri condebitori, che non hanno alcun titolo per profittarne (Cass. III, n. 19541/2015).

L'inefficacia verso gli altri condebitori o concreditori solidali si estende sia agli effetti favorevoli sia agli effetti sfavorevoli, sia ai rapporti esterni sia ai rapporti interni (Cass. III, n. 8946/2006).

Secondo autorevole dottrina le parti potrebbero escludere la possibilità per il condebitore in solido di dichiarare di profittare della transazione, nell'ipotesi in cui la stessa sia una transazione novativa (Rubino, 275).

Superando il contrasto che si era formato più in generale sulla problematica nella propria giurisprudenza, le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno chiarito che la transazione, anche se stipulata da uno solo dei debitori che opera anche nei confronti del condebitore il quale dichiari di voler profittare della transazione, non può essere impedita dall'inserimento nel medesimo contratto di una clausola di contrario tenore, essendo inibito alle parti contraenti disporre dell'anzidetto diritto potestativo che la legge attribuisce ad un terzo estraneo al vincolo negoziale (Cass. S.U., n. 30174/2011; nei medesimi termini nella giurisprudenza di merito si era osservato che nella fattispecie in questione non è applicabile il disposto dell'art. 1411, comma 2, c.c., che consente allo stipulante di revocare o modificare la stipulazione finché il terzo non dichiari di volerne profittare, in quanto il condebitore solidale non è terzo rispetto al rapporto oggetto di transazione: App. Perugia 15 febbraio 2008).

Secondo una parte della giurisprudenza di legittimità precedente all'intervento risolutore delle Sezioni Unite, invece, della transazione tra il creditore e uno o più obbligati solidali gli altri non possono giovarsi sia qualora venga inserita in essa una clausola di esclusione di tale possibilità, sia qualora la transazione non possa di per sé stessa essere stipulata autonomamente se non con l'intervento di ulteriori condizioni (Cass. I, n. 9901/2007).

La diversa posizione accolta dalle Sezioni Unite è peraltro ormai consolidata ed è stata ribadita anche di recente dalla S.C., la quale ha evidenziato che la dichiarazione del terzo di voler profittare della transazione costituisce un diritto potestativo esercitabile, come tale, anche nel corso del processo (Cass. I, n. 16087/2018) e, dunque, non costituisce un'eccezione da far valere nei tempi e nei modi processuali ad essa pertinenti, essendo esercitabile in corso di causa senza requisiti di forma né limiti di decadenza (Cass. II, n. 20250/2014).

Peraltro, il diritto potestativo di aderire, nel caso di obbligazione solidale, alla transazione stipulata da altri — ai sensi dell'art. 1304 c.c. — deve ritenersi tacitamente rinunciato ove l'interessato opti per la instaurazione o la prosecuzione della lite, invece che per la chiusura transattiva della stessa, in quanto tali condotte processuali sono logicamente antitetiche rispetto alla volontà di transigere, né potrebbe ammettersi che chi sia ormai parte in giudizio si riservi di manifestare in seguito quella volontà, perché ne deriverebbe uno squilibrio inammissibile del processo, il destino del quale sarebbe condizionato dalla volontà unilaterale di una parte, investita del potere di farlo cessare o porne nel nulla gli effetti in ogni momento secundum eventum litis, in contrasto con il principio di parità delle parti processuali (Cass. I, n. 17198/2013).

Profili tributari

La transazione può atteggiarsi come atto di composizione dell'originario rapporto litigioso mediante la conclusione di un rapporto costitutivo di obbligazioni autonome, diverse da quelle originarie (transazione novativa), ovvero come atto di composizione del rapporto litigioso esclusivamente mediante modifiche alle obbligazioni preesistenti, senza elisione del collegamento con l'originario rapporto (transazione semplice), sicché, in ragione della propria natura e dei propri effetti, quella novativa si sottrae al regime di alternatività Iva-registro riferibile al rapporto originario (Cass. V, n. 17869/2021).

Mediante una recente pronuncia, la S.C. ha chiarito che, in tema di imposta di registro, ai sensi dell'art. 29 del d.P.R. n. 131 del 1986, la transazione semplice, che ha natura dichiarativa e reca la rinuncia delle parti alle rispettive pretese - a differenza della transazione traslativa o di quella novativa - è soggetta ad imposta fissa, anche quando prevede restituzioni in denaro, poiché tali restituzioni non comportano alcun arricchimento in capo al beneficiario, ma determinano il ripristino della situazione "quo ante" (Cass. V, n. 24642/2022, fattispecie nella quale la S.C. ha cassato la decisione di merito, ritenendo assoggettato ad imposta fissa l'accordo transattivo con il quale le parti avevano risolto un preliminare di compravendita prevedendo, oltre alla rinuncia ad ogni reciproca pretesa, anche il rimborso dell'IVA alla promittente venditrice che aveva emesso fattura per l'acconto del prezzo mai corrisposto).

Bibliografia

Carresi, Transazione (dir. vig.), in Nss. D.I., XIX, Torino, 1973; Carresi, La transazione, Milano, 1992; Colangeli, La Transazione, Milano, 2012; D'Alessandro, La transazione del condebitore solidale, Milano, 2012; Del Prato, voce Transazione (dir. priv.), in Enc. dir., XLIV, Milano, 1992; Falzea, voce Accertamento (Teoria generale), in Enc. dir., I, Milano, 1958; Galletto, La transazione: complessità dell'istituto ed attualità della funzione; in Riv. trim. dir. proc. 2013, 4, 1379; Moscarini, Corbo, voce Transazione, in Enc. giur., Roma, 1994; Santarsiere, Ratifica del contratto e ricerca dell'oggetto della transazione: modalità, in Arch. civ., 1989, n. 1, 42; Santoro Passarelli, La Transazione, Napoli, 1986.

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