Decreto legislativo - 1/09/1993 - n. 385 art. 125 quater - Contratti a tempo indeterminato 1Contratti a tempo indeterminato1
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 125-ter, nei contratti di credito a tempo indeterminato il consumatore ha il diritto di recedere in ogni momento senza penalita' e senza spese. Il contratto puo' prevedere un preavviso non superiore a un mese. 2. I contratti di credito a tempo indeterminato possono prevedere il diritto del finanziatore a: a) recedere dal contratto con un preavviso di almeno due mesi, comunicato al consumatore su supporto cartaceo o altro supporto durevole; b) sospendere, per una giusta causa, l'utilizzo del credito da parte del consumatore, dandogliene comunicazione su supporto cartaceo o altro supporto durevole in anticipo e, ove cio' non sia possibile, immediatamente dopo la sospensione. [1] Articolo inserito dall'articolo 1 del D.Lgs. 13 agosto 2010, n. 141. InquadramentoLa disciplina del credito al consumo si sofferma su alcuni temi di particolare importanza in questo settore come la regolamentazione della gestione delle banche dati; come avviene in altri settori del diritto dei consumatori, inoltre, si interviene fissando i requisiti di forma e di contenuto del contratto nonché in punto di recesso, non solo del consumatore ma pure del fornitore. L'accesso alle banche datiL'art. 125 T.U.B., contiene una serie di prescrizioni dedicate all'utilizzo delle banche dati nell'ambito del credito ai consumatori. Se da un lato il progresso nelle nuove tecnologie e, in particolare, nelle nuove tecniche di comunicazione, può favorire grandemente lo sviluppo degli scambi transfrontalieri e più in generale del mercato europeo, dall'altro lato esso è in grado fornire un importante contributo anche sul piano del controllo. In tal senso, l'utilizzo di apposite banche dati da parte degli operatori economici consente di recensire i soggetti interessati e di reperire con facilità le informazioni ad essi relative. Nel particolare caso del credito al consumo, ciò permette innanzitutto di effettuare una migliore valutazione del merito creditizio dei sovvenuti, per evitare di creare situazioni di instabilità nel mercato del credito dovute ad un eccesso di situazioni di insolvenza; nel fare ciò, peraltro, si devono al contempo tutelare le esigenze dei soggetti le cui informazioni vengono raccolte, sia per ragioni di riservatezza, sia per evitare che eventuali errori e problematiche nella gestione delle banche dati possano riverberarsi sui soggetti deboli di questo particolare settore. Con la preliminare proposta di direttiva sui consumatori si era cercato di ovviare al problema della mancanza di strumenti per fronteggiare il problema del c.d. sovra indebitamento del consumatore, attraverso la previsione di oneri di diligenza a carico del finanziatore nel senso di dover valutare con ogni mezzo le capacità economiche del sovvenuto nonché mediante l'istituzione di una banca dati centralizzata che consentisse la registrazione dei consumatori con problemi di rimborso di finanziamenti. Come è stato osservato, tuttavia, alla fine una parte consistente di tali strumenti non è stata adottata mentre, in merito all'utilizzo delle banche dati, l'attuale art. 125 T.U.B., si limita a prevedere che i gestori di queste devono consentire l'accesso ai finanziatori degli Stati membri a condizioni non discriminatorie rispetto a quelle previste per gli operatori nazionali (Carriero, 1877 ss.). L'art. 125 T.U.B., poi, detta una serie di prescrizioni nei confronti dei finanziatori, per garantire un corretto ed equilibrato funzionamento dell'utilizzo delle banche dati. In particolare si precisa che se il rifiuto della concessione del credito si basa sulle informazioni ottenute tramite una banca dati, il finanziatore deve comunicare al consumatore, immediatamente e gratuitamente, il risultato della consultazione e gli estremi della banca dati (art. 125, comma 2 T.U.B.). Si prevede poi che i finanziatori debbano informare i consumatori prima di effettuare una prima segnalazione negativa nei loro confronti a una banca dati (art. 125, comma 3 T.U.B.). Inoltre, per evidenti ragioni di tutela dei consumatori, i finanziatori devono assicurare che le informazioni comunicate alle banche dati siano esatte e aggiornate e, in caso di errore, devono provvedere ad una pronta rettifica dei dati comunicati (art. 125, comma 4 T.U.B.). I finanziatori, infine, devono informare i consumatori circa gli effetti che le informazioni negative registrate nelle banche dati possono produrre nei loro confronti in caso di future richieste di accesso al credito (art. 125, comma 5 T.U.B.). Come è stato affermato in sede di legittimità, Cass. I, n. 14685/2017, ai fini del trattamento dei dati personali del consumatore, nell'ambito di un contratto di credito al consumo, l'onere gravante sull'intermediario finanziario di avvertire preventivamente il consumatore dell'imminente registrazione dei suoi dati ai sensi dell'art. 4, comma settimo, della delibera del Garante per la protezione dei dati personali del 16 novembre 2004, n. 8, risulta assolto soltanto nel caso in cui la relativa comunicazione abbia effettivamente raggiunto il domicilio del destinatario, salvo quest'ultimo provi di essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilità di averne notizia. Un precedente interessante sul punto arriva dall'Arbitro Bancario e Finanziario, nella sua superiore composizione di coordinamento, 20 ottobre 2016, decisione n. 9311, secondo cui l'art. 125, comma 3 T.U.B., ai sensi del quale i finanziatori devono informare preventivamente i consumatori la prima volta che segnalano a una banca dati le informazioni negative previste dalla relativa disciplina, risulta applicabile, oltre che ai consumatori, anche ai professionisti persone fisiche; invero, l'art. 40, comma 2 d.l. n. 201/2011, conv. con modificazioni in l. n. 214/2011, che ha modificato l'art. 4 del d.lgs. n. 196/2003, prevedendo una riduzione degli oneri in materia di privacy circoscritta alle sole persone giuridiche, agli enti e alle associazioni, appare un chiaro indice dell'intenzione del legislatore di tutelare diversamente la persona fisica. Peraltro, la possibile tenuta di questa ricostruzione andrebbe adesso vagliata alla luce del mutato contesto normativo in tema di privacy. Requisiti di forma e di contenuto del contratto di credito al consumoL'art. 125-bis T.U.B., disciplina i requisiti di forma e di contenuto dei contratti di credito ai consumatori, prescrivendo che il contratto sia redatto su supporto cartaceo o su altro supporto durevole che comunque soddisfi i requisiti della forma scritta nei casi previsti dalla legge. Si prevede poi che una copia del contratto sia consegnata ai clienti. Come è stato evidenziato, mentre il previgente art. 124 T.U.B., in linea con l'art. 4, par. 1, direttiva 1987/102/CEE, richiedeva che il contratto fosse redatto per iscritto, la nuova direttiva adotta un'impostazione più liberale, necessaria per favorire gli scambi transfrontalieri attraverso lo sfruttamento delle possibilità offerte dai nuovi mezzi di comunicazione. Per quanto attiene alla previsione della consegna di una copia del contratto ai clienti, a ben vedere la direttiva prevedeva che, una volta stipulato il contratto, tutte le parti avessero il diritto di ricevere una copia; considerato che di fatto la parte nel cui interesse è stata dettata la norma è il consumatore, è apprezzabile la scelta del legislatore italiano di fare direttamente riferimento ai clienti. Il mancato rispetto del requisito formale determina la nullità integrale del contratto ai sensi del combinato disposto degli artt. 125-bis, comma 2 e 117, comma 3 T.U.B. (De Cristofaro, Oliviero, 318 ss.). Peraltro, si è pure sottolineato come il riferimento ai ‘clienti' piuttosto che ai ‘consumatori' sia il frutto di una svista del legislatore italiano, il quale si è limitato a trasporre quanto disposto dal primo comma dell'art. 117 T.U.B., senza preoccuparsi troppo della necessità di adattarne il testo. Circa le conseguenze per la mancata consegna della copia del contratto, la dottrina più accreditata la configurerebbe come un'ipotesi di inadempimento, ma altri autori hanno ritenuto di ravvisarvi il mancato assolvimento di una parte formativa del contratto e quindi un caso di sua nullità o comunque inefficacia (Maugeri, 53 ss.). Ai sensi dell'art. 125-bis T.U.B., i contratti di credito sono redatti su supporto cartaceo o su altro supporto durevole che soddisfi i requisiti della forma scritta nei casi previsti dalla legge. Il previgente art. 124, comma 1 T.U.B. prevedeva l'applicazione ai contratti di credito di quanto disposto dall'art. 117, comma 1 T.U.B., cioè della redazione del contratto esclusivamente per iscritto; peraltro, le disposizioni della Banca d'Italia sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari del 2009 precisavano che nei casi previsti dalla legge i requisiti della forma scritta sono soddisfatti dal documento informatico. Dunque, il legislatore della novella, pur non prevedendo adesso l'applicabilità dell'art. 117, comma 1 T.U.B. ai contratti di credito ai consumatori, non ha fatto altro che recepire il quadro normativo precedente sul punto. Tuttavia, ciò che è mutato significativamente è il d.lgs. n. 82/2005, c.d. codice dell'amministrazione digitale, a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 235/2010, in forza del quale, mentre per gli atti di cui ai nn. 1-12 dell'art. 1350 c.c. è necessaria una firma elettronica qualificata o digitale, negli altri casi il documento informatico sottoscritto con firma elettronica qualificata, digitale o anche avanzata, ha l'efficacia di scrittura privata ai sensi dell'art. 2702 c.c. Pertanto, per quanto riguarda i contratti di credito, oggi potrebbe ritenersi possibile e sufficiente, ai fini del rispetto del requisito formale prescritto dall'art. 125-bis T.U.B., che richiede «che soddisfi i requisiti della forma scritta nei casi previsti dalla legge», anche una sottoscrizione con firma elettronica avanzata. Il secondo comma dell'art. 125-bis T.U.B., comunque, richiama il comma secondo dell'art. 117 T.U.B., ai sensi del quale il CICR può prevedere che per motivate ragioni tecniche, particolari contratti possano essere stipulati in altra forma; dunque, si potrebbe attribuire valore ad ‘altri supporti durevoli' (Maugeri, La nullità del contratto per mancanza di forma, 23 ss.). Si noti poi che nelle disposizioni sulla «Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari. Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti» della Banca d'Italia del 29 luglio 2009 e ss.mm., nella sezione VII, par. 5.1, si rinvia alla nota 1 in calce alla sezione III, par. 2, dove si precisa che l'idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta è appunto disciplinata dagli artt. 20 e 21 del d.lgs. n. 82/2005. Il mancato rispetto della forma scritta è sanzionato con la nullità relativa disciplinata dall'art. 127, comma 2 T.U.B., ai sensi del quale le nullità del titolo VI operano soltanto a vantaggio del cliente e sono rilevabili d'ufficio dal giudice. In caso di declaratoria di nullità, ai sensi del comma nono dell'art. 125-bis T.U.B., il consumatore sarà tenuto alla restituzione nel limite delle somme utilizzate con diritto ad una rateizzazione secondo la periodicità prevista dal contratto o, in mancanza, di trentasei mesi (Antonucci, 1881 ss.). Per quanto riguarda il contenuto dei contratti, si precisa che questi devono riportare, in modo chiaro e conciso, le informazioni e le condizioni stabilite dalla Banca d'Italia, in conformità alle deliberazioni del CICR. Tali informazioni sono state elencate dettagliatamente all'interno delle disposizioni sulla «Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari. Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti» della Banca d'Italia del 29 luglio 2009 e ss.mm., sezione VII sul credito ai consumatori, parr. 5.2 ss., laddove, in particolare, il par. 5.2.2 riguarda i contratti di apertura di credito in conto corrente da rimborsare su richiesta della banca ovvero entro tre mesi dal prelievo, mentre il par. 5.2.1 concerne tutti gli altri contratti di credito. Si tratta di un elenco particolarmente nutrito di informazioni eterogenee, tra cui vi sono i riferimenti delle parti, il tipo di credito e la durata del contratto, l'importo totale del credito e le condizioni di utilizzo, ecc. Ai sensi dell'art. 125-bis, comma 1 T.U.B., come anticipato, il contratto deve contenere, in modo chiaro e conciso, le informazioni stabilite dalla Banca d'Italia, in conformità alle deliberazioni del CICR. In caso di omessa indicazione di tali informazioni, si ha uno slittamento della decorrenza del termine per l'esercizio del diritto di recesso del consumatore in forza dell'art. 125-ter T.U.B. (v. infra). Peraltro, se le informazioni mancanti riguardano il tipo di contratto, le parti del contratto, l'importo totale del finanziamento o le condizioni di prelievo e di rimborso, in questo caso ricorrerà un'ipotesi di nullità testuale del contratto ai sensi dell'art. 125-bis, comma 8 T.U.B. (si veda sul punto Maugeri, «La nullità del contratto per mancanza di specifiche informazioni essenziali e quella derivante dalla violazione dell'obbligo in caso di offerta contestuale di acquisire il consenso del consumatore per ciascun contratto», 46 ss. nonché Maugeri, «Le informazioni essenziali diverse da quelle previste dall'ottavo comma», 47 ss.). In forza dell'articolo 10, paragrafo 2 della direttiva 2008/48/CE, relativa ai contratti di credito ai consumatori, il giudice nazionale cui sia sottoposta una controversia riguardante un contratto di credito al consumo deve verificare, anche d'ufficio, il rispetto dell'obbligo di informazione previsto da tale disposizione e, qualora ne accerti la violazione, dovrà trarne le dovute conseguenze secondo il diritto nazionale, ma pur sempre nel rispetto delle prescrizioni dettate dall'art. 23 della direttiva in tema di sanzioni (CGUE, 24 aprile 2016, C-377/154, Radlinger e Radlingerová c. Finway). L'inserimento in un contratto di credito al consumo di un tasso di interesse inferiore a quello che poi il consumatore è tenuto a corrispondere costituisce una clausola abusiva; spetta agli Stati membri decidere se un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore siffatto debba essere radicalmente nullo ovvero sia possibile espungere soltanto la clausola abusiva (CGUE, 15 marzo 2012, C-453/10, Pereničová e Perenič c. SOS financ). Il recesso del fornitore e la sospensione dell'utilizzazione del creditoL'art. 125-quater T.U.B., contiene una particolare disciplina per l'ipotesi dei contratti a tempo indeterminato. Non viene introdotta una disciplina speciale sul diritto di recesso del professionista, bensì una norma che si riferisce esclusivamente ai casi in cui il contratto sia a tempo indeterminato. Conseguentemente, per ricavare la disciplina generale sul diritto di recesso del finanziatore si dovrà prestare attenzione alle regole speciali e ai principi generali vigenti nei rispettivi Stati membri. Con particolare riferimento all'ordinamento italiano, ad esempio, si può prendere in considerazione l'art. 1845, commi primo e secondo, c.c., a mente del quale, nell'ambito delle aperture di credito bancario, salvo patto contrario, la banca può recedere dal contratto prima della scadenza del termine solo in presenza di una ‘giusta causa'; in caso di esercizio del diritto di recesso, quindi, vi sarà l'immediata sospensione della possibilità di utilizzare il credito da parte del sovvenuto che dovrà quindi procedere alla restituzione nel termine di quindici giorni delle somme utilizzate e dei relativi accessori (De Cristofaro –Oliviero, 322 ss.). Ai sensi dell'art. art. 125-quater, comma 2, lett. a), T.U.B., in caso di contratti a tempo indeterminato le parti possono convenire un'ipotesi di diritto di recesso del finanziatore, ma sarà necessario un preavviso di almeno due mesi, da comunicarsi al consumatore su supporto cartaceo ovvero mediante altro supporto durevole. La norma in esame, dunque, prevede la possibilità per le parti di attribuire al finanziatore un diritto di recesso dal contratto che non richiede particolari motivazioni, non contemplando tale norma alcun presupposto di carattere sostanziale: si tratta evidentemente di un'ipotesi di recesso ad nutum che è valido ed efficace a prescindere dall'esistenza di giustificati motivi. Proprio la mancanza di requisiti giustificativi, pone un importante problema di coordinamento dell'art. 125-quater, comma 2, lett. a) T.U.B., con la disciplina sulle clausole abusive e in particolare con quanto previsto all'art. 33, comma 3, lett. a) cod. cons., dove si afferma che non è vessatoria la clausola, inserita all'interno di un contratto avente ad oggetto la prestazione di servizi finanziari a tempo indeterminato, mediante la quale si attribuisce al professionista il diritto di recedere dal contratto senza preavviso, purché vi sia un ‘giustificato motivo'. Certa dottrina, da un'analisi congiunta delle due norme ha dedotto che la disposizione in esame contenuta nell'art. 125-quater T.U.B. ha determinato un'ipotesi di abrogazione tacita della disposizione sulle clausole abusive, nell'ambito della disciplina sul credito ai consumatori (De Cristofaro, Oliviero, 322 ss.; sul punto si veda Sirena, 1174 ss.). Per quanto attiene agli effetti dell'esercizio del diritto di recesso, questi non si producono immediatamente, ma soltanto una volta decorso il termine di preavviso, pari almeno a due mesi: pertanto, il rapporto contrattuale dovrà considerarsi sciolto soltanto a partire dall'ultimo giorno del secondo mese successivo alla ricezione da parte del consumatore del supporto contenente la dichiarazione di recesso (De Cristofaro, Oliviero, 322 ss.). Ai sensi del medesimo comma, è poi consentito alle parti di attribuire al finanziatore il diritto di sospendere l'utilizzo del credito da parte del consumatore, per una giusta causa e con comunicazione anticipata su supporto cartaceo o mediante altro supporto durevole; ove non sia possibile una comunicazione previa, questa dovrà essere effettuata immediatamente dopo la sospensione (art. 125-quater, comma 2, lett. b) T.U.B.). Per quanto concerne la necessaria esistenza di ‘giustificati motivi', nel considerando n. 33 della direttiva si precisa che tra essi potrebbero rientrare, a titolo esemplificativo, il sospetto di un utilizzo fraudolento o non autorizzato del credito o il significativo incremento del rischio di insolvenza del debitore, ferma restando ovviamente la generale disciplina nazionale sulle risoluzione per inadempimento e sulla sospensione dell'esecuzione per mutamento delle condizioni patrimoniali (Tucci, 1901 ss.). Trattando dei giustificati motivi di sospensione per il finanziatore, pare utile richiamare il caso particolare della risoluzione del contratto di mutuo di scopo da parte del sovventore nel caso in cui le somme finanziate siano state distratte dalla finalità convenuta tra le parti. A questo proposito la Suprema Corte di Cassazione, con la decisione Cass. I, n. 317/2001, ha avuto modo di precisare che il mutuo di scopo è preordinato alla realizzazione di una finalità convenzionale necessaria, tale da contrassegnare la funzionalità del negozio che consiste nel fornire al sovvenuto una disponibilità economica per un utilizzo vincolato; esso si caratterizza quindi per il fatto che una somma di denaro viene trasferita ad un soggetto esclusivamente per raggiungere una determinata finalità, la quale viene espressamente inserita nel sinallagma contrattuale. Nel mutuo di scopo, così, il sovvenuto si obbliga non soltanto alla restituzione della somma ricevuta e alla corresponsione degli interessi, ma altresì alla realizzazione del fine previsto mediante la concreta attuazione dell'attività programmata; quest'ultima prestazione assume in questo modo rilievo sotto il profilo causale, in corrispettività dell'attribuzione della somma erogata. Per queste ragioni, tale particolare figura negoziale è risolubile per inadempimento del mutuatario quando è mancata la realizzazione della finalità prevista. Il recesso del consumatoreIl diritto di recesso del consumatore, nello specifico ambito del credito al consumo, è destinatario di una particolare disciplina declinata agli artt. 125-ter e 125-quater T.U.B., dove il primo riguarda tutti i contratti di credito al consumo in generale, mentre il secondo detta una regolamentazione specifica per l'ipotesi dei contratti a tempo indeterminato. In via generale, per i contratti di credito ai consumatori l'art. 125-ter, comma 1 T.U.B., riconosce il diritto del consumatore di recedere dal contratto entro quattordici giorni dalla relativa conclusione ovvero, se successivo, dal momento in cui egli ha ricevuto le informazioni e le condizioni ai sensi dell'art. 125-bis, comma 1 T.U.B. Si tratta dunque di una disposizione che disciplina, a differenza di quanto esaminato per la posizione del finanziatore, un'ipotesi generalizzata di recesso ad nutum del consumatore. Il secondo comma dell'art. 125-ter T.U.B., specifica le modalità mediante le quali il consumatore deve esercitare il diritto di recesso, stabilendo che egli deve darne comunicazione al finanziatore secondo le modalità prescelte nel contrato tra quelle previste dall'art. 64, comma 2 cod. cons. (adesso art. 54 cod. cons.: sui problemi di rinvio si veda quanto osservato da De Cristofaro, F. Oliviero, I contratti di credito ai consumatori, 329, nota n. 133 e 331, nota n. 137); la comunicazione deve essere inviata prima della scadenza del termine di cui al primo comma. Si stabilisce poi che nel caso in cui il contratto abbia avuto esecuzione, in tutto o in parte, il consumatore dovrà provvedere alla restituzione del capitale, alla corresponsione degli interessi maturati sino alla restituzione calcolati secondo quanto previsto in contratto e al rimborso al finanziatore delle somme da quest'ultimo versate alla pubblica amministrazione che non sono ripetibili; per l'adempimento di tali prestazioni è previsto il termine di trenta giorni dall'invio della comunicazione di recesso da parte del consumatore. Ai sensi del comma terzo dell'art. 125-ter T.U.B., infine, il finanziatore non può pretendere il pagamento di somme ulteriori rispetto a quelle appena indicate. Ai sensi del comma quarto dell'art. 125-ter T.U.B., il recesso esercitato dal consumatore ai sensi di tale disposizione si estende automaticamente, eventualmente anche in deroga alla normativa di settore, ai contratti aventi ad oggetto servizi accessori che siano connessi al contratto di credito, qualora tali servizi siano stati prestati da un terzo o dal finanziatore in forza di un accordo con quest'ultimo; l'esistenza dell'accordo è presunta salvo prova contraria da parte del terzo. Come è stato osservato da attenta dottrina, il diritto del consumatore di recedere dal contratto di credito al consumo è oggetto di due separate previsioni normative: una, quella di cui all'art. 125-ter T.U.B., è valevole per tutti i contratti di credito al consumo e si connota come una tipologia di recesso ‘straordinario' la cui previsione, regolamentazione e costruzione è ascrivibile alla logica e alla ratio dello ius poenitendi che altre direttive europee hanno già attribuito ai consumatori; poi vi è appunto la previsione contenuta nell'art. 125-quater, comma 1 T.U.B., che trova applicazione soltanto per i contratti a tempo indeterminato e che quindi rappresenta una forma di recesso qualificabile come ‘ordinario' (G. De Cristofaro, F. Oliviero, 326 ss.; si veda anche Maugeri, Il c.d. «recesso di pentimento» del consumatore, 107 ss.). Per quanto concerne la fattispecie disciplinata dall'art. 125-ter T.U.B., non essendo richiesta la sussistenza e l'esplicitazione di una giustificazione per l'esercizio di esso, tale recesso risulta esperibile ad nutum, mediante il semplice invio di una comunicazione; peraltro, trattandosi di atto unilaterale recettizio, questo sarà produttivo di effetti una volta giunto alla legale conoscenza del suo destinatario. A questo proposito, benché la disposizione normativa nazionale non contenga una individuazione espressa della sua natura in tali termini, l'art. 14, comma primo e il considerando 34° della direttiva specificano che il consumatore può recedere senza obbligo di giustificazione. Secondo certa dottrina, peraltro, l'assenza di vincoli in proposito non dovrebbe condurre al punto di legittimare l'esercizio di tale recesso in modo arbitrario ed abusivo (Tucci, 1891 ss.). In dottrina è stata evidenziata una fragilità della disciplina dello ius poenitendi contenuta nell'art. 125-ter T.U.B., con particolare riferimento alla regolamentazione delle restituzioni. Invero, nel caso in cui il finanziatore risulti inadempiente rispetto agli obblighi di cui all'art. 125-bis, comma 1 T.U.B., l'unica tutela prevista per il consumatore si risolve nella posticipazione della decorrenza del termine di quattordici giorni per recedere dal contratto ma nulla si prevede in merito alle restituzioni: non si è ritenuto corretto che il consumatore debba comunque provvedere alla corresponsione degli interessi maturati in una situazione in cui il fornitore non lo aveva informato secondo quanto prescritto; ciò, evidentemente, limita il libero esercizio del diritto di recesso (Pagliantini, 110 ss.). Per quanto riguarda la sorte dei servizi accessori di cui al quarto comma dell'art. 125-ter T.U.B., in dottrina si è rimarcata la differenza tra la fattispecie in esame, relativa ai servizi accessori, rispetto alla più ampia questione dei contratti collegati (sulla quale si veda infra), benché da un punto di vista strutturale la distinzione risulti poco agevole. In tal senso, mentre sono collegati il contratto di compravendita di un bene e quello di credito, come nella vendita rateale, è invece accessorio il contratto di assicurazione a vantaggio degli eredi, rispetto all'obbligo di pagamento, per il caso di morte del debitore. Le analogie presenti, comunque, spiegano l'omogeneità di trattamento delle due fattispecie in merito al problema del recesso del consumatore (Tucci, 1900 ss.). La seconda parte del primo comma dell'art. 125-ter, creando un collegamento con la disciplina sulla commercializzazione a distanza dei servizi finanziari, precisa che se il contratto è stato concluso con tecniche di comunicazione a distanza, il termine per il recesso è calcolato ai sensi dell'art. 67-duodecies, comma 3 cod. cons. Sempre in un'ottica di raccordo con la regolamentazione di cui al codice del consumo, il comma 5 dell'art. 125-ter T.U.B., stabilisce che, fatto salvo quanto previsto dai commi primo e secondo, ai contratti di credito al consumo non si applicano le disposizioni contenute rispettivamente agli artt. 64, 65, 66 (adesso artt. 52 ss.), 67-duodecies e 67-terdecies del cod. cons. Dunque, nel caso in cui il contratto di credito sia stato stipulato in condizioni e con modalità tali da poterlo sussumere nello schema della contrattazione a distanza ovvero fuori dei locali commerciali, le disposizioni relative allo ius poenitendi di cui agli attuali artt. 52 ss. nonché agli artt. 67-duodecies e 67-terdecies cod. cons., non potranno trovare applicazione e il recesso sarà regolamentato secondo quanto previsto dall'art. 125-ter T.U.B. (De Cristofaro, Oliviero, 329 ss.). Come anticipato, oltre alla disciplina generale sul diritto di recesso del consumatore nel credito al consumo, dettata dall'art. 125-ter T.U.B., in merito a tale istituto si deve fare riferimento al successivo art. 125-quater, comma 1 per quanto concerne la particolare ipotesi dei contratti a tempo indeterminato. In tal caso, si stabilisce che il consumatore ha il diritto di recedere dal contratto senza penalità e senza spese in ogni momento. Peraltro, le parti possono convenire di introdurre un termine di preavviso ma che non sia superiore a un mese. In mancanza di indicazioni sul punto, pare corretto configurare questa fattispecie come un'ipotesi di recesso ad nutum, non essendo previsti particolari presupposti sostanziali per il suo esercizio. In mancanza di prescrizioni anche in merito alla forma per la comunicazione del diritto di recesso, diversamente da quanto previsto nel primo comma per il finanziatore, si è ritenuto pacifico che tale comunicazione possa essere effettuata in qualsiasi forma, tanto scritta quanto verbale, con atto giudiziale ovvero stragiudiziale. Si ritiene poi che in caso di mancata previsione di un termine convenzionale di preavviso, il recesso produca i suoi effetti dal momento in cui la relativa comunicazione giunge a conoscenza del professionista. La gratuità del recesso e l'esclusione di spese e penali nei termini indicati, comporta l'impossibilità di introdurre convenzionalmente multe penitenziali e clausole comunque volte a riconnettere oneri, diversi e ulteriori rispetto a quelli che i principi generali del diritto comune patrimoniale fanno conseguire allo scioglimento del rapporto contrattuale, all'esercizio del diritto di recesso da parte del consumatore (De Cristofaro, Oliviero, 327 ss.). Il tipo di recesso in esame è stato definito ‘di liberazione', anziché ‘di pentimento' come quello invece regolato dall'art. 125-ter T.U.B., poiché la finalità che esso persegue è quella di apporre un termine finale al contratto di credito. A differenza della fattispecie di cui all'articolo precedente, qua non sono prescritte particolari modalità di esercizio che dunque può essere fatto in ogni modo (Maugeri, Recesso nei contratti a tempo indeterminato, 114 ss.). 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Pagliantini, Il credito ai consumatori, Milano, 2013, 53-54; Maugeri, La nullità del contratto per mancanza di forma, in Maugeri, Pagliantini, Il credito ai consumatori, Milano, 2013, 23-26; Maugeri, La nullità del contratto per mancanza di specifiche informazioni essenziali e quella derivante dalla violazione dell'obbligo in caso di offerta contestuale di acquisire il consenso del consumatore per ciascun contratto, in Maugeri, Pagliantini, Il credito ai consumatori, Milano, 2013, 46-47; Maugeri, Le informazioni essenziali diverse da quelle previste dall'ottavo comma, in Maugeri, Pagliantini, Il credito ai consumatori, Milano, 2013, 47-52; Maugeri, Recesso nei contratti a tempo indeterminato, in Maugeri, Pagliantini, Il credito ai consumatori, Milano, 2013, 114-116; Pagliantini, Ius poenitendi e inadempimento dell'obbligo informativo: quale contenuto per l'obbligazione restitutoria?, in Maugeri, Pagliantini, Il credito ai consumatori, Milano, 2013, 110-114; Sirena, Ius variandi, commissione di massimo scoperto e recesso dal contratto, in Contratti, 2009, 12, 1169-1175; Tucci, Art. 125-ter – Recesso del consumatore, in Capriglione (diretto da), Commentario al Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, III, Padova, 2012, 1888-1901; Tucci, Art. 125-quater – Contratti a tempo indeterminato, in Capriglione (diretto da), Commentario al Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, III, Padova, 2012, 1901-1904. |