Decreto Legge - 12/09/2014 - n. 133 art. 23 - (Disciplina dei contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili) (A)

Guglielmo Bevivino
aggiornato da Nicola Rumìne

(Disciplina dei contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili) (A)

 

1. I contratti, diversi dalla locazione finanziaria, che prevedono l'immediata concessione del godimento di un immobile, con diritto per il conduttore di acquistarlo entro un termine determinato imputando al corrispettivo del trasferimento la parte di canone indicata nel contratto, sono trascritti ai sensi dell' articolo 2645-bis codice civile. La trascrizione produce anche i medesimi effetti di quella di cui all' articolo 2643, comma primo, numero 8) del codice civile.

1-bis. Le parti definiscono in sede contrattuale la quota dei canoni imputata al corrispettivo che il concedente deve restituire in caso di mancato esercizio del diritto di acquistare la proprietà dell'immobile entro il termine stabilito1.

2. Il contratto si risolve in caso di mancato pagamento, anche non consecutivo, di un numero minimo di canoni, determinato dalle parti, non inferiore ad un ventesimo del loro numero complessivo. Per il rilascio dell'immobile il concedente può avvalersi del procedimento per convalida di sfratto, di cui al libro quarto, titolo I, capo II, del codice di procedura civile2.

3. Ai contratti di cui al comma 1 si applicano gli articoli 2668, quarto comma, 2775-bis e 2825-bis del codice civile. Il termine triennale previsto dal comma terzo dell'articolo 2645-bis del codice civile è elevato a tutta la durata del contratto e comunque ad un periodo non superiore a dieci anni. Si applicano altresì le disposizioni degli articoli da 1002 a 1007 nonché degli articoli 1012 e 1013 del codice civile, in quanto compatibili. In caso di inadempimento si applica l'articolo 2932 del codice civile.

4. Se il contratto di cui al comma 1 ha per oggetto un'abitazione, il divieto di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 20 giugno 2005, n.122, opera fin dalla concessione del godimento.

5. In caso di risoluzione per inadempimento del concedente, lo stesso deve restituire la parte dei canoni imputata al corrispettivo, maggiorata degli interessi legali. In caso di risoluzione per inadempimento del conduttore, il concedente ha diritto alla restituzione dell'immobile ed acquisisce interamente i canoni a titolo di indennità, se non è stato diversamente convenuto nel contratto.

6. In caso di fallimento del concedente il contratto prosegue, fatta salva l'applicazione dell'articolo 67, terzo comma, lettera c), del regio decreto 16 marzo 1942, n.267, e successive modificazioni. In caso di fallimento del conduttore, si applica l'articolo 72 del regio decreto 16 marzo 1942, n.267, e successive modificazioni; se il curatore si scioglie dal contratto, si applicano le disposizioni di cui al comma 53.

7. Dopo l'articolo 8, comma 5, del decreto-legge 28 marzo 2014, n.47, convertito con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, 4n.80, è aggiunto il seguente: "5-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai contratti di locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti e di vendita con riserva di proprietà, stipulati successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione.".

8. L'efficacia della disposizione di cui al comma 7 è subordinata al positivo perfezionamento del procedimento di autorizzazione della Commissione Europea di cui all'articolo 107 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea (TFUE), di cui è data comunicazione nella gazzetta ufficiale .

 

---------------

(A) In riferimento al presente articolo vedi: Circolare dell'Agenzia delle Entrate 19 febbraio 2015, n. 4/E (c.d. rent to buy).

[1] Comma inserito dall'articolo 1, comma 1, della Legge 11 novembre 2014, n. 164, in sede di conversione.

[2] Comma modificato dall'articolo 4, comma 2-bis, del D.L. 3 maggio 2016, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 giugno 2016, n. 119.

[3] Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, della Legge 11 novembre 2014, n. 164, in sede di conversione.

[4] Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, della Legge 11 novembre 2014, n. 164, in sede di conversione.

Inquadramento

Il fenomeno rappresentato dal recepimento di modelli negoziali elaborati in altri ordinamenti si realizza, ormai, anche in Italia e costituisce il risultato, in particolare, della circolazione a livello globale di schemi contrattuali che vengono sempre più realizzati e plasmati al fine di rispondere, in diversi contesti ordinamentali, a medesime esigenze.

Da una prospettiva più ampia, anche le ragioni rapidamente sopra stilizzate, il modificarsi costante del modo di approcciare le questioni giuridiche impongono un confronto costante, realizzato attraverso il metodo comparatistico, con altri sistemi di regole e, in particolare, con le soluzioni adottate da questi differenti modelli di regole. La comparazione giuridica, d'altra parte, almeno sulla base delle letture di maggiore interesse, sembra svolgere un ruolo fondamentale all'interno della c.d. argomentazione giuridica.

Da un punto di vista socio-economico, deve invece porsi in evidenza come la crisi economica che ha attraversato recentemente anche il nostro modello produttivo ha condotto alla ricerca di nuovi sistemi di finanziamento e di investimento, favorendo al contempo la creazione e la elaborazione di nuove figure contrattuali.

La dottrina ha posto in particolare in evidenza come, in questo contesto rapidamente stilizzato, le operazioni negoziali connesse alla materia della quale ci stiamo occupando tendano a soddisfare l'interesse a rimandare a un momento successivo il trasferimento proprio del contratto traslativo per eccellenza: la compravendita; ciò consentendo, tuttavia, al futuro acquirente di godere immediatamente della disponibilità dell'immobile, dilazionando il pagamento del prezzo; il venditore può invece giovarsi della smobilizzazione e monetizzazione rapida della propria ricchezza immobiliare (in questi termini, ad esempio, Zanelli, 12 e ss.).

Per quel che interessa in questa sede, nel nostro sistema, all'interno delle prassi rappresentate dalle compravendite immobiliari, si è assistito ad operazioni genericamente definibili come rent to buy. Tali operazioni si caratterizzano essenzialmente per l'essere distinguibili attraverso la ricognizione di due fasi distinte: la prima fase è volta a garantire l'immediato godimento di un bene immobile a fronte del pagamento di un canone periodico; la seconda fase è invece volta al trasferimento della proprietà dell'immobile (per una definizione si veda anche, in giurisprudenza, Corte giust. trib. Emilia Romagna, Reggio Emilia, I, n. 52/2023).

La letteratura giuridica ha di recente messo bene in evidenza le ragioni di politica economica che stanno alla base della disciplina delle figure contrattuali riconducibili allo schema qui in esame; si è in particolare scritto che «introdotti di recente nel nostro sistema, i contratti di godimento finalizzati al successivo acquisto di immobili rappresentano un'operazione contrattuale sorta da predominanti ragioni di politica economica, dirette a rianimare lo stagnante mercato immobiliare, che disegna una nuova ipotesi di scissione tra titolarità del diritto e godimento, ma con la finalizzazione di quest'ultimo, fin dall'inizio, alla sua riunione con la prima attraverso una scelta rimessa al potenziale acquirente [...]» (in questi termini, in particolare, Poletti, 9 e ss.).

Il dato rappresentato dal rilievo della prassi ai fini dell'individuazione dei tratti caratterizzanti la figura in esame ha indotto la letteratura giuridica a proporre un raffronto con la figura del contratto di leasing parlando di «prassi negoziali di diversi contratti che presentano poco di atipico e innominato senza che tuttavia il disegno contrattuale possa essere ricondotto a regolamenti tipici» (cfr. Zanelli, 12 e ss.).

La progressiva diffusione di tali prassi ha indotto il Consiglio Nazionale del Notariato a formulare una proposta di legge ai fini di ottenere l'introduzione, all'interno del nostro ordinamento giuridico, di una compiuta disciplina dei contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili. L'esperienza della quale ci stiamo occupando rappresenta esemplificazione di come il processo di produzione giuridica stia nel tempo sempre più modificandosi e probabilmente evolvendosi.

Ad una concezione della produzione (giuridica) nei termini di mero atto formale che si conclude con il dato altrettanto formale della promulgazione si contrappone ora, sempre più, l'attenzione per tutti quei processi che prescindono da una tale modo di raggiungere determinati risultati del processo di produzione normativa.

La relazione fra prassi ed intervento di recepimento normativo è sottolineata in termini generali, e quindi, anche a prescindere dalla vicenda in esame, attraverso l'osservazione secondo cui «il contenuto dei negozi può essere vario e complesso; i soggetti, purché non violino norme imperative, sono liberi di fissare tutte le clausole che essi stimano convenienti e per di più possono regolare i loro interessi sia con negozi tipici, cioè previsti e disciplinati dalle norme legali, sia con negozi atipici o innominati, cioè non previsti dalla legge; il mondo degli affari, complesso e dinamico, fa sorgere sempre nuovi schemi negoziali che si adattano a mutati interessi e che in conseguenza di un uso prolungato nel tempo, vengono spesso riconosciuti dal diritto e disciplinati dalla legge» (Trabucchi, 139 e ss.).

All'interno della proposta sopra richiamata è possibile scorgere, comunque, l'esigenza di lasciare un notevole spazio all'autonomia privata, affinché le parti possano determinare il contenuto del contratto nel modo più confacente alla realizzazione dei rispettivi interessi. Fermi, quindi, determinati paletti, necessari ai fini dell'applicazione della nuova disciplina, le parti possono regolamentare i propri assetti, con particolare riferimento soprattutto alle clausole più di dettaglio, nel modo che ritengono più rispondente al soddisfacimento dei propri interessi.

In questa medesima direzione si è mosso anche il legislatore che con l'art. 23 del d.l. n. 133/2014 (tale decreto è conosciuto, come è noto, a mezzo della formula «Decreto Sblocca Italia») ha dato vita ad una regolamentazione che non risulta, a dispetto delle intenzioni del promotore dell'iniziativa legislativa, così ampia e a maglie larghe.

Possiamo in questa fase introduttiva osservare come dalla definizione contenuta nel primo comma della richiamata disposizione emerga come il legislatore abbia in realtà disciplinato una fattispecie più ristretta rispetto a quella individuata nella proposta nella quale il riferimento è a quei contratti che «prevedono l'immediata concessione in godimento di un immobile, con il diritto per il conduttore di acquistarlo entro un termine predeterminato, imputando al corrispettivo del trasferimento la parte di canone indicata nel contratto».

Da queste prime osservazioni emerge chiaramente una questione che appare, dobbiamo dire, di certo ineludibile: quale è l'utilità del rent to buy che sembra nella sostanza un modello del tutto sovrapponibile alla locazione unita a un patto di opzione di futura vendita? In tale caso infatti l'opzione sarebbe concessa dal locatore alienante a favore del conduttore acquirente. Analogie sono state riscontrate, sebbene sul punto torneremo nel corso della trattazione, anche con la vendita a rate con riserva della proprietà disciplinata dagli artt. 1523-1526 del codice civile.

La dottrina pone in evidenza come già prima della introduzione di questa figura fosse possibile combinare schemi negoziali differenti, quali in particolare la locazione, il contratto preliminare e il contratto di compravendita al fine di raggiungere il medesimo risultato (su questi aspetti in particolare Castellano, 45 e ss.; Delfini, 817 e ss.).

Nonostante queste apparenti similitudini, occorre osservare come la Relazione al Disegno di legge per la conversione del decreto n. 133/2014 abbia inteso precisare che la figura in esame rappresenta in realtà un «nuova tipologia contrattuale a valenza generale».

Anche la ricostruzione concreta e fattuale di un'ipotesi corrispondente alla fattispecie astratta di rent to buy sembra avvalorare quanto appena sopra descritto. Il corrispettivo versato per il godimento del bene oggetto di questo negozio (corrispettivo più alto rispetto ai canoni di locazione classicamente intesi, ma al contempo più basso di una vendita con riserva della proprietà) sarà destinato in parte a remunerare la concessione in godimento e in parte sarà configurabile quale anticipazione sul futuro prezzo di vendita.

La dottrina ha di recente evidenziato la distinzione fra rent to by e contratto preliminare ad effetti anticipati; si è infatti evidenziato che in quest'ultimo caso l'obbligo a contrarre, accompagnato o meno dalla previsione del pagamento di una quota ulteriore di denaro, rende sempre esclusiva la funzione di acquisto rispetto alla quale una fase di godimento a titolo personale può solo occasionalmente e temporalmente collegarsi, non invece causalmente giustificarsi entro di esso (Ugas, 1115 e ss.).

La letteratura ha osservato come il rent to buy descritto dall'art. 23 del d.l. n. 133/2014 sia connotato da una struttura negoziale bifasica soltanto eventuale.

Si ritiene che «mentre è presente una prima fase, necessaria e ad effetti obbligatori, nella quale il concedente-locatore, all'atto della sottoscrizione del contratto, immette immediatamente il conduttore nel godimento dell'immobile, a fronte del pagamento da parte di quest'ultimo di un canone, vi è, invece, una seconda fase, eventuale e ad effetti reali, nella quale un impulso del conduttore che eserciti il proprio diritto di acquisto, obbligherà il concedente a dar corso al trasferimento della proprietà in favore dello stesso conduttore, con contestuale imputazione al prezzo di vendita di quella parte dei canoni già pagati, secondo le previsioni convenzionali» (Di Mauro, 36 e ss.; sui tratti caratterizzanti la figura qui in esame anche Semprini, 102 e ss.).

Un elemento che certamente non può essere trascurato nello studio del fenomeno in esame è quello relativo all'opportunità di collocare lo strumento giuridico di nuova introduzione nell'ambito di un processo interpretativo che valga soprattutto a valorizzarne le peculiarità al fine di distinguere la figura giuridica da «vecchie» figure tipizzate e sulle quali si è già sufficientemente stratificato sia il formante giurisprudenziale che quello dottrinale.

Su questa linea si segnala in particolare la prospettiva procedimentale che individua nel rent to buy «una procedimentalizzazione dell'effetto traslativo che si produce non attraverso due atti (preliminare definitivo) ma mediante il ricorso al concetto tecnico di procedimento unitario nella prospettiva romaniana; nel caso del rent to buy deve tendenzialmente ritenersi superabile l'opinione di una precisa deroga al principio consensualistico stabilita dell'art. 1367 c.c.» (in dottrina cfr. Palazzo, 38 e ss.; per un'applicazione del metodo procedimentale all'istituto del patto di famiglia sia consentito il rinvio a Bevivino, 217 e ss.).

A questa impostazione si deve anche l'osservazione per cui «l'efficacia immediata del trasferimento è un carattere normale, non essenziale, di ogni contratto di compravendita (come emerge dall'art. 1476, n. 2 c.c. nel quale si stabilisce che l'acquisto può non essere effetto immediato del contratto)» (in questi termini cfr., Palazzo, 38; sul procedimento in generale, fra gli altri, Alcaro, 52 e ss.).

La disciplina essenziale del rent to buy

Norma centrale nella materia di cui ci stiamo occupando è sicuramente l'art. 23 sopra richiamato. I commi 1 e 1-bis di tale disposizione debbono essere letti in maniera sistematica.

Il primo dispone che «I contratti, diversi dalla locazione finanziaria, che prevedono l'immediata concessione del godimento di un immobile, con diritto per il conduttore di acquistarlo entro un termine determinato imputando al corrispettivo del trasferimento la parte di canone indicata nel contratto, sono trascritti ai sensi dell'art. 2645-bis c.c. La trascrizione produce anche i medesimi effetti di quella di cui all'art. 2643, comma 1, n. 8 c.c.».

Il secondo dispone invece che «le parti definiscono in sede contrattuale la quota dei canoni imputata al corrispettivo che il concedente deve restituire in caso di mancato esercizio del diritto di acquistare la proprietà dell'immobile entro il termine stabilito».

Da una analisi sistematica delle disposizioni contenute in tali commi emerge in maniera evidente la dualità funzionale del canone nel contratto di rent to buy. Tale dualità fa sì che l'assenza di una previsione contrattuale che assegni un doppio ruolo al canone esclude la possibilità di considerare la fattispecie concreta quale contratto di rent to buy.

Provando ad esplicare ulteriormente quanto detto possiamo ritenere, anche alla luce degli indici normativi appena sopra richiamati, che soltanto una parte del canone del contratto in esame potrà essere imputata a corrispettivo e al contempo soltanto una quota di tale corrispettivo rimarrà acquisita dal concedente per l'ipotesi di mancato acquisto del bene immobile (per un caso di inadempimento dell'obbligo di pagare il canone “rent to buy” si veda Cass. III, n. 6892/2024).

La opportunità e correttezza di una interpretazione quale quella appena sopra suggerita derivano inoltre dalla considerazione di come l'interpretazione sistematica non debba essere attuata soltanto nel campo della c.d. interpretazione della legge; esistono chiari indici, infatti, che consentono di predicare la validità e la opportunità dell'interpretazione sistematica anche nell'ambito dell'interpretazione contrattuale.

A riguardo, in particolare, possiamo segnalare l'art. 1363 c.c. ai sensi del quale «le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell'atto». Naturalmente, nell'economia di questa trattazione, non è possibile ogni ulteriore indagine sulla disposizione da ultimo evocata e si rinvia pertanto alla parte del lavoro ad essa dedicata.

La dottrina ha evidenziato che nella fattispecie sopra richiamata (mancata indicazione della duplicità funzionale del contratto di rent to buy) non ricorre tecnicamente una ipotesi di nullità del contratto, ma la necessità di qualificare in maniera differente la fattispecie concreta (cfr. Di Mauro, 65 e ss.).

Questo tipo di impostazione nasce da una lettura più generale secondo la quale solo nell'ipotesi in cui una determinata norma rappresenti l'unico strumento ai fini dell'attuazione del principio corrispondente tale norma potrà essere considerata quale norma imperativa e, di conseguenza, la corrispondente violazione rappresenterà una causa di nullità del contratto (Perlingieri, Femia, 13 e ss.).

Traslando queste riflessioni nella fattispecie in esame, può dirsi che certamente alla base del contratto di rent to buy possono individuarsi alcuni principi di riferimento: tali principi sono rappresentati dalla tutela del risparmio e dall'acquisto di beni strumentali per la realizzazione di una esistenza libera e dignitosa della persona; questi medesimi principi sarebbero individuabili attraverso una lettura sistematica dell'art. 2, dell'art. 36 e dell'art. 47 della Carta costituzionale.

L'art. 23, secondo la ricostruzione che stiamo considerando in questa sede, rappresenterebbe soltanto uno dei possibili modi per raggiungere il soddisfacimento dei principi richiamati. Ne consegue che la violazione dell'art. 23 più volte evocato non possa rappresentare violazione di una norma imperativa e per come già chiarito causa di nullità del contratto.

Quanto sopra affermato non vale certamente ad escludere altre possibili interpretazioni o letture del fenomeno in esame. Il considerare il canone nel contratto di rent to buy quale elemento essenzialmente duplice nel quale deve coesistere la determinazione della quota da considerarsi quale corrispettivo del trasferimento della proprietà e la determinazione della quota da ritenersi corrispettivo per il godimento del bene quindi canone di locazione impone di ritenere, seguendo una logica ferrea, che la assenza di un tale elemento essenziale o meglio di un elemento essenziale così congegnato implichi, rispetto alla realizzazione del procedimento di sussunzione, l'impossibilità di ritenere efficace quel dato schema contrattuale.

Parte della letteratura giuridica evidenzia due scelte particolari del legislatore, che ha fornito una disciplina del rent to buy in particolare in riferimento ai rapporti fra i contraenti.

Da un primo punto di vista, si è posto in risalto come la scelta di disciplinare i reciproci diritti e obblighi dei contraenti facendo riferimento alla disciplina dell'usufrutto (attraverso la tecnica del rinvio espresso) piuttosto che a quella delle locazioni racchiude implicazioni di carattere sistematico.

Tale scelta, infatti, conferma la natura speciale della disciplina delle locazioni (cfr. in particolare la l. n. 392/1978 e la l. n. 431/1998) che è tendenzialmente orientata, nel settore immobiliare, a favorire l'interesse del conduttore rispetto a quello del proprietario; da un secondo punto di vista, invece, rileva la scelta, sempre del legislatore della riforma, di fornire una definizione del criterio di imputazione al prezzo delle somme corrisposte in pendenza del godimento; questo criterio si fonda sulla necessità di distinguere ab origine quanto è attribuibile al corrispettivo per il godimento e quanto invece è connesso all'aspettativa di acquistare il bene (cfr., in particolare, Maltoni, 100 e ss.).

La fattispecie rent to buy e le ipotesi analoghe

La prassi ha delineato, accanto alla fattispecie sino a qui descritta, fattispecie analoghe che prendono rispettivamente il nome di help to buy e buy to rent (in dottrina, ad esempio, Fusaro, 420 e ss.).

Il primo, in realtà, rappresenta un contratto preliminare di vendita con effetti parzialmente anticipati: la consegna del bene è immediata e dall'altro lato (lato compratore) vi sarebbero pagamenti dilazionati anteriori al trasferimento che avviene, naturalmente, seguendo lo schema classico, attraverso il contratto definitivo. In buona sostanza questo modello appena descritto non riuscirebbe ad usciere da quelle che sono le classiche caratteristiche del duplice rapporto fra contratto preliminare e contratto definitivo.

Il buy to rent produce, invece, effetti invertiti rispetto alla figura qui in esame. Nell'ipotesi in cui il venditore necessiti di trasferire un bene in termini piuttosto brevi in ragione, ad esempio, dell'eccessivo carico di imposte egli può prendere accordi con gli acquirenti i quali possono a loro volta, in un primo momento, assolvere al pagamento di un canone locativo elevato, applicando ad un tradizionale contratto di compravendita una clausola in virtù della quale il pagamento verrà dilazionato nel tempo; vi sarebbe, a completare il congegno negoziale, inoltre, la previsione secondo la quale in caso di inadempimento si avrà il rientro della proprietà in capo al venditore (cfr. Di Mauro, 65 e ss.).

Un ulteriore schema, simile da un punto di vista funzionale allo schema qui in esame, è di certo la vendita con riserva della proprietà: contratto al quale abbiamo già fatto riferimento in altri passaggi di questa trattazione; ci riferiamo, comunque, più nello specifico, alla locazione con clausola di trasferimento della proprietà ex art. 1526, comma 3 (in dottrina Tassinari, 830 e ss.).

Parte della letteratura osserva come, pur essendo il godimento immediato del bene immobile caratteristica accomunante entrambi i modelli contrattuali qui richiamati, il medesimo godimento assume una differente connotazione: nella vendita con riserva della proprietà il godimento equivale all'esercizio di un diritto reale; nel rent to buy il godimento equivale al diritto del detentore, poiché è di fatto connesso alla posizione di locatore/conduttore (Bianca, 1041 e ss.).

La distinzione in tal caso sarebbe l'effetto di una differente qualificazione delle posizioni sostantivate che possono riconoscersi in capo al soggetto «detentore» nel contratto di rent to buy e del soggetto che ha acquistato nella vendita con riserva della proprietà.

In un caso ci troveremmo di fronte a un diritto di natura relativa e più specificamente un diritto personale di godimento, nell'altro caso ci troveremmo di fronte a un vero e proprio diritto reale e, quindi, a un diritto caratterizzato, se si condivide l'impostazione tradizionale, dalla c.d. assolutezza.

Qui solo incidentalmente osserviamo come la differenziazione fra diritti reali assoluti e diritti relativi sia oramai più correttamente fondata sul concetto di autosufficienza che su quello di opponibilità erga omnes.

Quest'ultimo concetto, infatti, si mostrerebbe eccessivamente evanescente, mentre il concetto di autosufficienza varrebbe a delineare (in positivo e in negativo) con maggiore certezza i tratti caratterizzanti le differenti categorie di diritti. Alla luce di tale nozione il diritto reale provocherebbe il soddisfacimento dell'interesse giuridico rilevante del titolare senza la necessità del comportamento di un altro soggetto contro-interessato.

Nel caso del diritto relativo (il diritto di credito, come è noto, rappresenterebbe l'espressione paradigmatica di tale categoria) il soddisfacimento dell'interesse giuridicamente rilevante del titolare di tale situazione giuridica soggettiva passerebbe per il comportamento necessitato di un altro soggetto che può anche definirsi come altra parte del rapporto obbligatorio.

Il diritto personale di godimento sopra richiamato si caratterizzerebbe in quanto diritto relativo caratterizzato a sua volta da due facoltà nettamente differenti. In una prima fase vi sarebbe una pretesa creditoria funzionale all'esercizio della seconda facoltà, la c.d. facoltà di godimento. Da questo punto di vista, quindi dal punto di vista delle facoltà che caratterizzano il contenuto del diritto, si tratterebbe di un diritto che si trova a cavallo fra il diritto di credito (pretesa creditoria) e la facoltà di godimento (che, assieme alla facoltà di disposizione, caratterizza diritti reali).

Occorre tuttavia precisare che se convince la qualificazione della posizione del detentore nei termini di diritto personale di godimento, meno convincente si può considerare la posizione del destinatario dell'attribuzione nel caso di vendita con riserva della proprietà.

In tal caso si dovrebbe qualificare tale posizione ricorrendo a uno dei diritti reali tipici e appare di non facile soluzione la questione della sussunzione in uno dei modelli normativamente descritti. Se, infatti, nessun dubbio pare poter sussistere rispetto all'acquisizione della titolarità del diritto di proprietà soltanto al completamento della fattispecie (che potremmo definire procedimentale: vendita con riserva della proprietà) maggiori dubbi riguardano la possibilità di una qualificazione nei termini di diritto reale per la posizione preliminare in capo alla controparte del venditore.

Il tema dell'atipicità dei diritti reali, che non può essere affrontato nell'economia di questa trattazione, rappresenta uno dei principali nodi problematici della area dei diritti reali. Dalla risoluzione di tale questione discendono a catena tutta una serie di questioni, ben note alla letteratura giuridica, e alle quali non possiamo fare riferimento in questi passaggi della trattazione.

Per una disamina volta a individuare una completa disciplina della fattispecie rent to buy

Quanto alla questione della disciplina non espressamente contemplata negli strumenti regolamentari che affrontano il tema del rent to buy può ricordarsi come una delle tematiche certamente più rilevanti e, quindi, pertanto, anche più dibattute sia quella relativa all'applicabilità delle norme sulla durata in materia di locazione. Si ritiene che tali disposizioni, sia quando relative alla durata minima, che alla durata massima, che, ancora, all'eventuale rinnovo, non debbano trovare applicazione rispetto al contratto qui in esame.

D'altro canto l'art. 23 del d.l. n. 133/2014 non dispone alcunché su questo aspetto né, si rileva, sembra opportuno recuperare le disposizioni in materia di locazione, facendo riferimento al criterio dell'adeguatezza e della congruità (cfr. Di Mauro, 152 e ss.).

Assimilabile pare, invece, tutta la normativa applicabile in tema locazione e che si ispira al principio di solidarietà e di cooperazione reciproca fra le parti, ai fini di un migliore soddisfacimento degli interessi di entrambe.

Non parrebbero inoltre compatibili con lo schema del rent to buy le disposizioni che regolamentano lo sfratto per morosità; tali disposizioni sono particolarmente vantaggiose per il conduttore e inoltre contrasterebbero con l'interesse, sebbene prospettico, di vendere l'immobile. Da questo punto di vista anche soltanto la possibilità di un acquisto futuro che faccia parte dello schema funzionale del contratto in esame sembra escludere l'applicabilità a questa fattispecie delle discipline che presuppongono l'esistenza di un vero e proprio contratto di locazione.

Per quanto concerne il parallelismo con il contratto di compravendita, alcune disposizioni inserite nella regolamentazione di quest'ultimo accordo potrebbero ritenersi acconce alla disciplina del rent to buy. Facciamo riferimento in particolare alla disciplina in materia di garanzie e quindi, in particolare, alla garanzia per vizi, all'aliud pro alio etc.

Per quanto concerne i profili fiscali occorre ricordare come l'Agenzia delle entrate abbia differenziato il canone; il canone di godimento viene equiparato al canone di locazione, sia ai fini delle imposte dirette che indirette; diversamente l'anticipazione sul corrispettivo viene risolta nei cc.dd. acconti prezzo.

Alla luce di quanto abbiamo sino a qui osservato possiamo ritenere che il contratto in esame non rappresenti un contratto atipico, né al contempo un contratto sprovvisto di una disciplina. Le differenti disposizioni già richiamate e quelle che richiameremo nel corso della trattazione sembrano confermare, infatti, che la fattispecie in esame, oltre ad avere una primaria regolamentazione, è fornita di una definizione normativa che vale a segnalarne i tratti caratterizzanti e gli strumenti per agevolare il procedimento di sussunzione.

La letteratura giuridica proprio su tale questione ha osservato come «le ricostruzioni oscillano tra la sicura tipizzazione, la trans-tipicità, la tipizzazione aperta o il modello (legalmente) tipico» (in questi termini Poletti, 12 e ss.).

Per quanto non espressamente regolamentato si dovrà prevalentemente fare riferimento al contratto di locazione e al contratto di compravendita. Tali schemi regolamentari sono, infatti, gli schemi che maggiormente si avvicinano alla descrizione delle differenti fasi che scandiscono questa figura giuridica. La scelta della disciplina applicabile per il caso in cui quella speciale si mostri carente dipende dalle similitudini delle prestazioni e delle attribuzioni. In altri termini se queste ultime saranno più accostabili allo schema della compravendita si applicherà la disciplina che regolamenta tale tipo di contratto; ove tale accostamento dovesse avvenire rispetto al contratto di locazione si applicherà la disciplina del contratto di locazione.

Una conferma a quanto appena affermato si desume dal secondo comma dell'art. 23 più volte richiamato in questa sede. Tale disposizione statuisce testualmente che «il contratto si risolve in caso di mancato pagamento, anche non consecutivo, di un numero di minimo di canoni, determinato dalle parti, non inferiore ad un ventesimo del loro numero complessivo».

La letteratura giuridica ha posto in risalto come la disposizione appena richiamata rappresenti, in buona sostanza, la riproposizione della regolamentazione fornita dall'art. 1525 c.c.; tale disposizione, si è scritto, «risponde alla medesima logica di privilegiare la parte potenziale acquirente allorché il contratto è funzionalmente orientato a favorire l'acquisto del bene come esito finale dell'operazione» (cfr., per queste osservazioni, Maltoni, 100 e ss.)

Sulla base di queste considerazioni possiamo ritenere applicabile a questa fattispecie una sorta di teoria della combinazione, solitamente adatta ai contratti atipici, che si adegua alle peculiarità del caso e al fatto che nell'ipotesi in esame esiste tuttavia uno schema disciplinare che abbisogna, ad ogni modo, in determinati casi, di un completamento disciplinare.

Ancora sulla qualificazione del ruolo del corrispettivo

Come emerso dalla trattazione sino a qui, il comma primo dell'art. 23 d.l. n. 133/2014 prevede il diritto del conduttore di acquistare l'immobile oggetto del contratto, prevedendo altresì, in caso di esercizio del diritto, l'imputazione a corrispettivo per il trasferimento del bene di una parte predeterminata del canone periodico versato durante la fase di godimento.

Ai sensi del comma 1-bis (tale comma è stato introdotto in sede di approvazione presso la Camera dei deputati) le parti, nel conformare il regolamento contrattuale, devono definire la quota dei canoni imputata al corrispettivo che il concedente deve restituire in caso di mancato esercizio del diritto di acquistare la proprietà dell'immobile.

La letteratura giuridica pone in evidenza che, nell'assenza di una disposizione quale quella appena richiamata, il conduttore avrebbe dovuto tentare di recuperare le somme versate utilizzando ulteriori e differenti strumenti e probabilmente l'azione generale di arricchimento senza giusta causa descritta e disciplinata dagli artt. 2041 e 2042 del codice civile (cfr. Guardigli, 805 e ss.).

La medesima dottrina ha posto in evidenza che il rapporto fra le due disposizioni sopra richiamate deve essere letto nel senso che le parti hanno il potere di determinare la parte di canone che deve essere imputata a corrispettivo ai fini del trasferimento dell'immobile, ma prevedendo e operando le diverse imputazioni attraverso la prefigurazione delle due possibili alternative previste dalla disposizione in materia: pertanto, sia per il caso in cui l'operazione vada a compimento e si realizzi, possiamo dire, fino in fondo, attraverso il trasferimento del diritto reale, sia, diversamente, per il caso in cui ciò non avvenga e quindi l'operazione non si concluda attraverso l'acquisizione della proprietà in capo all'originario conduttore.

Alla luce di quanto sopra affermato e alla luce di una interpretazione che parrebbe anche conforme alla lettura della disposizione potrebbe rimettersi alle parti il potere di operare una tale determinazione e al contempo il potere di discernere in tale medesima determinazione l'ipotesi in cui il trasferimento si realizza e quella in cui il trasferimento non si realizza.

Sembrerebbe potersi evocare, sotto alcuni aspetti, la figura della condizione contrattuale nel senso che la determinazione dell'ammontare può ritenersi in un caso sospensivamente condizionata alla realizzazione del trasferimento; nell'altro caso la medesima condizione si può ritenere subordinata al mancato avveramento dell'evento futuro incerto rappresentato dall'avvenuto trasferimento del bene.

Si tratterebbe in sostanza di due previsioni condizionali contestuali e escludenti in quanto l'entrata in vigore dell'una importerebbe la mancata applicazione dell'altra e viceversa.

Il ruolo del notaio nella nuova fattispecie normativa

Qualche considerazione deve essere riservata, in questa parte della trattazione, al ruolo del notaio nella nuova figura introdotta attraverso la disciplina alla quale abbiamo fatto riferimento sino a qui.

La trascrizione nei pubblici registri delle scritture oggetto della novella implica quindi il necessario intervento del notaio il quale parteciperà direttamente alla redazione dell'atto pubblico, ovvero procederà all'autentica delle firme nella scrittura privata.

Nell'un caso provvederà direttamente a intervenire nella fase di redazione del contenuto del contratto, traducendo le volontà delle parti e individuando i profili non accoglibili o necessari di modificazione; nell'altro caso si limiterà ad accertare la provenienza delle dichiarazioni da parte dei soggetti che hanno sottoscritto.

Come è noto, ai fini della trascrizione è necessario che il contratto di rent to buy, come tutti gli altri contratti che abbiano questa tipologia di esigenza, assuma la forma scritta e, in particolare, la forma che consenta la realizzazione della formalità trascrizione.

La dottrina pone in evidenza come «viste le lacune della legge, le incertezze circa la disciplina applicabile, l'ampio spazio rimesso all'autonomia privata, necessaria sarà la c.d. funzione di adeguamento nel confezionamento di tali contratti; occorrerà, infatti, porre particolare attenzione agli interessi in concreto coinvolti e alle esigenze dei singoli contratti, e disciplinare, nei limiti di legge, il profilo relativo allo scioglimento del vincolo contrattuale, all'inadempimento ed alle sue conseguenze riguardo obblighi e termini di restituzione a carico di entrambe le parti» (Zanelli, 12 e ss.).

Proprio con riferimento a quanto appena sopra posto in risalto, non può trascurarsi il dato rappresentato dalla modificazione del contenuto precettivo dell'art. 474 c.p.c. con conseguente attribuzione all'atto notarile della valenza di titolo esecutivo rispetto alle somme di denaro contenute nell'atto medesimo e degli obblighi di consegna e di rilascio.

La disposizione da ultimo richiamata, infatti, dopo aver al primo comma statuito che «l'esecuzione forzata non può avere luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile», fa rientrare all'interno della categoria dei cc.dd. titoli esecutivi descritti al numero 3, «gli atti ricevuti dal notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli».

Con riferimento a quanto posto in risalto appena sopra, la letteratura giuridica ha affermato che «in considerazione delle incertezze evidenziate, opportuno sarebbe, dal punto di vista formale, che a prescindere dalla tipologia contrattuale utilizzata, le parti, ove vogliano godere degli effetti di cui alla norma in commento, ne facciano espressa richiesta in atto così da colmare con riferimento alla sostanza causale concreta ogni possibile dubbio in proposito» (Zanelli, 15 e ss.).

Qualche considerazione sul rent to buy di azienda

Qualche riflessione merita anche la tematica relativa alla presenza o meno di qualche spazio di pratica utilità per il rent to buy di azienda.

Si è scritto di recente che «la tecnica di scomposizione del canone con relativi accantonamenti per il successivo acquisto, ma anche la possibilità, in caso di insuccesso dell'operazione, di agire con la convalida di sfratto e la diversa disciplina dettata, sul piano fallimentare, per i contratti di godimento in funzione del successivo acquisto rispetto all'affitto di azienda, paiono rappresentare elementi di attrattività del tipo per il contraente-imprenditore» (cfr. le osservazioni di Poletti, 16 e ss.).

Da un punto di vista squisitamente giuridico, il tema dell'utilizzabilità del modello in esame ai fini del trasferimento di azienda può trovare plausibile soluzione attraverso il ricorso all'art. 1322 c.c.; l'autonomia privata sarebbe lo strumento attraverso il quale si potrebbe vestire di rilevanza giuridica uno strumento modellato sulla disciplina qui in esame, ma avente ad oggetto un bene del tutto peculiare come l'azienda.

Si è scritto di recente che «giusta la lettera dell'art. 1322 c.c., nulla osta, in astratto, a costruire un contratto che riproduca la disciplina legislativa del già citato d.l. n. 133; pertanto l'interrogativo che si pone è stabilire se la causa del contratto in parola sia idonea, da un lato, a favorire la vicenda circolatoria dell'azienda e, dall'altro, consenta di applicare in via diretta, per quanto qui interessa, la disciplina del corrispettivo e le relative conseguenze» (in questi termini Bassi, 68 e ss.).

Fra le differenti problematiche che tale utilizzazione pone si può di certo menzionare quella della sorte dei crediti e dei debiti dal concedente al potenziale acquirente; l'unitarietà dell'operazione e la sua funzionalizzazione al successivo acquisto potrebbero far propendere per una soluzione che si cristallizzi sul trasferimento automatico.

Sempre la letteratura giuridica ha posto in risalto come un altro gruppo di problemi può essere connesso all'insuccesso dell'operazione legato al mancato esercizio del diritto di acquisto.

Si è scritto a riguardo che «nel caso di affitto di azienda, le parti che ritengano di attribuire specifica rilevanza all'avviamento potranno inserire nel contratto una clausola che preveda il riconoscimento al termine del contratto di affitto del relativo valore, rapportato per esempio al maggior fatturato o al maggior utile conseguito; così, alla scadenza del contratto potrà essere riconosciuto un maggior avviamento a favore dell'affittuario, in forza della differenza tra quello determinato all'inizio e quello riscontrato alla fine del contratto; lo schema contrattuale dell'art. 23, essendo previsto per un godimento statico, al termine del quale il conduttore restituirà lo stesso bene salvo il deterioramento dovuto all'uso, e ferme le cautele che contrattualmente potranno essere in merito previste per l'ipotesi di danneggiamento del bene, contempla solo il diritto del concedente di trattenere una quota della parte di canone imputata a corrispettivo»; sempre la medesima letteratura rileva, in conclusione del suo ragionamento, che «nel caso dell'azienda, le clausole contrattuali dovranno (o potranno) specificamente prevedere anche le debite articolazioni dettate dalla intrinseca produttività del bene, sia che questa risulti aumentata, sia che risulti diminuita, dovendo regolare anche la restituzione del fascio di contratti stipulato per l'esercizio dell'attività d'impresa» (Poletti, 16 e ss.).

Un'ultima, finale riflessione deve essere fatta rispetto alla compatibilità fra la figura negoziale in esame e la natura giuridica del bene azienda. Da questo punto di vista sembra non esserci alcun tipo di incompatibilità in quanto il contratto di rent to buy consente di mantenere l'unicità aziendale e allo stesso tempo consente di assicurare la gestione del complesso aziendale.

La letteratura giuridica a conferma di quanto sopra affermato osserva che a favore della soluzione della compatibilità fra rent to buy e azienda vi sarebbe il confronto con la vendita con riserva della proprietà.

A riguardo si rileva che le norme contenute negli artt. 1523 e ss. «sono collocate nella sezione della vendita di cose mobili, cionondimeno costituisce un dato acquisito la possibilità di stipulare contratti di vendita con patto di riservato dominio aventi per oggetto beni immobili o aziende; in sostanza nella misura in cui si ammette che la vendita con riserva della proprietà costituisce tipo contrattuale il cui oggetto può essere tanto un bene mobile, quanto un immobile, così come un'universitas, nonostante la collocazione sistematica, in ragione della peculiare funzione (al contempo traslativa e di garanzia) che detto contratto riesce a soddisfare, si dovrebbe, mutatis mutandis, coerentemente ritenere, rilevata l'autonomia causale del rent to buy, che la disciplina del godimento in funzione della successiva alienazione possa riguardare (nei limiti di compatibilità, ma certamente per il corrispettivo) l'azienda» (in questi termini Bassi, 70 e ss.).

Rent to buy e passaggio intergenerazionale dell'azienda

Un'ulteriore questione che il tema del rent to buy certamente solleva è quella del rapporto fra l'istituto e alcune importanti tematiche legate al passaggio intergenerazionale dell'azienda. Quest'ultima vicenda si pone in tutta la sua rilevanza in quanto ha addirittura condotto il legislatore ad intervenire con una importante riforma che ha introdotto, come è noto, la figura del c.d. patto di famiglia.

Tale fattispecie è stata volta a evitare gli aspetti deteriori connessi all'impiego degli istituti successori anche nel caso di passaggio mortis causa dell'azienda.

Al fine di evitare la dissoluzione dei valori aziendali, il legislatore della riforma ha introdotto gli artt. 768- bis e ss. c.c. con i quali è di fatto prevista la possibilità che il disponente individui il beneficiario dell'azienda, attribuendogli l'obbligo di liquidare le quote di legittima spettanti ai cc.dd. legittimari in pectore al fine di evitare che il trasferimento aziendale sia soggetto alle azioni successorie.

La ratio di tale figura è, in estrema sintesi e nell'economia di questa parte della trattazione, quella di dare vita ad uno strumento che consenta al disponente di scegliere il successore dell'azienda di famiglia che ritenga più adatto alla continuazione dell'attività di impresa.

La dottrina ha cercato di utilizzare lo strumento qui in esame anche al fine di verificare la compatibilità dello stesso con la risoluzione delle problematiche legate al passaggio intergenerazionale della ricchezza.

Si fa a riguardo l'esempio in cui il concedente sia l'imprenditore e il concessionario uno degli eredi; al contempo il contratto sia stipulato in un periodo nel quale, a cagione dell'età avanzata o della malattia dell'imprenditore, quest'ultimo senta l'esigenza di programmare il passaggio generazionale; al contempo, in ultimo, il contratto sia stipulato per la durata massima consentita dal legislatore per l'operatività delle tutele accordate dal legislatore: nella fattispecie in esame dieci anni (per questa esemplificazione cfr. Nazzaro, 27 e ss.).

La scadenza del contratto apre la strada a differenti possibili alternative; ci può essere il caso in cui il concedente sia ancora in vita: il concessionario potrebbe, in tal caso, decidere se esercitare l'opzione «avendo scontato già gran parte del prezzo di cessione dell'azienda concordato e potrebbe, avendo già gestito l'azienda per 10 anni, aver creato i presupposti per ottenere un finanziamento o autofinanziare l'acquisto, ben sapendo che quella somma andrà a incrementare il patrimonio del concedente del quale egli presto o tardi sarà erede» (in questi termini, Nazzaro, 27 e ss.).

Un'ulteriore alternativa è che il concedente muoia prima della scadenza del contratto. Il quesito che si pone è in buona sostanza se sia assolutamente sicuro che l'azienda sulla quale pende il c.d. diritto di opzione possa essere dissolta in quanto divisa fra i differenti eredi. Una tale soluzione darebbe vita alla preclusione dell'esercizio del diritto di opzione. In tal caso gli eredi si troverebbero nella posizione di essere titolari di una fattispecie definibile a formazione progressiva nella quale, tuttavia, il completamento della stessa deriva dal compimento di un atto di volontà di un soggetto terzo.

La letteratura giuridica rispetto a quest'ultimo soggetto osserva che egli «potrà godere, di fatto, di una situazione economica di favore poiché il prezzo da pagare, già fissato in anticipo, sarà ridotto della quota di canoni già pagati imputata al prezzo finale e della quota a lui spettante del patrimonio del de cuius» (in questi termini in particolare Nazzaro, 27 e ss.).

La dottrina ha osservato che la compatibilità dell'istituto con il sistema successorio «dipenderà dal prezzo di acquisto dell'azienda, anche se la valutazione dovrà essere fatta al momento della conclusione del contratto e non a quello dell'apertura della successione»; sempre a parere della medesima letteratura giuridica la predetta compatibilità «dipenderà dalle scelte contrattuali di obbligatorietà o meno della vendita, poiché è ovvio che il meccanismo può avere una concreta utilità soltanto se al futuro acquirente è attribuito un diritto di opzione vincolante per i venditori» (cfr. Nazzaro, 27 e ss.).

Una notazione conclusiva su questa tematica deve essere riservata al rapporto fra rent to buy e patto di famiglia.

Questo tipo di riflessione non si incentra naturalmente sulla differenza di disciplina, anche perché un tale modello di disamina necessiterebbe di una trattazione a parte. Ciò che preme invece rilevare in questa sede è che mentre il rent to buy nasce come disciplina volta a soddisfare esigenze differenti, disciplina, che come chiarito, può essere comunque piegata alle esigenze di contemperare l'istituto con il sistema successorio, il patto di famiglia nasce, sin dal principio, quale istituto volto a ridimensionare alcuni effetti deleteri degli schemi successori al fine della salvaguardia dei valori aziendali e del mantenimento di unità dell'impresa e della sua efficienza nel passaggio intergenerazionale.

È possibile ritenere, in conclusione, che mentre la disciplina del rent to buy pare caratterizzata dall'esigenza di, in un momento di crisi economica particolarmente pungente, garantire nuovi strumenti e nuove forme giuridiche per realizzare il finanziamento e/o l'investimento, la disciplina del patto di famiglia pare essere la risposta all'assenza di un adeguamento del sistema successorio tratteggiato dal legislatore del '42 al perpetuo modificarsi dell'esigenze socio-economiche in continua evoluzione e alla inadeguatezza degli originari strumenti ad assolvere a nuovi compiti.

Per quanto concerne le prime finalità sopra stilizzate non può assolutamente trascurarsi il rilievo della pubblicità, soprattutto se si accede all'interpretazione che utilizza la chiave di lettura della procedimentalizzazione anche rispetto al c.d. rent to buy di azienda.

Sul punto si è scritto, in particolare, di recente, che «accogliendo la prospettiva della procedimentalizzazione dell'acquisto si recupererebbe la opponibilità giuridica della vicenda negoziale, una volta iscritta nel registro delle imprese, già nella fase della sua formazione quale indice di circolazione dell'azienda, poiché da tale pubblicità emergono le istanze delle parti funzionali al progressivo instaurarsi dell'assetto di interessi negozialmente perseguito, cioè di un negozio ad effetti obbligatori immediati e con effetti traslativi differiti».

La medesima letteratura pone in evidenza come «l'iscrizione nel Registro delle imprese del contratto di godimento in funzione della successiva alienazione, non integrerebbe quindi una pubblicità con effetti prenotativi, diretta ad assicurare efficacia esterna non al primo, ma all'atto successivo idoneo a produrre gli effetti traslativi (come la dottrina prevalente ritiene di qualificare la trascrizione ai sensi dell'art. 2645-bis del contratto preliminare di vendita) bensì di pubblicità dichiarativa, idonea a dar rilievo erga omnes, ai fini della opponibilità, ad un modello procedimentale dell'acquisto del diritto, fonte di un effetto traslativo destinato a realizzarsi attraverso obbligazioni interinali» (Palazzo, 38).

Da tale riflessione si potrebbe desumere una ulteriore argomentazione che si mostra in grado di separare la fattispecie qui in esame da altre fattispecie tipizzate e fra queste anche dal contratto preliminare.

Per quanto concerne, chiudendo con questa tematica, la rappresentazione in bilancio della figura in ultimo in esame occorre partire dal dato per cui «la prevalenza della sostanza sulla forma è stata legislativamente sancita ed ha assunto il rango di principio di redazione del bilancio di esercizio».

Questa conclusione si può evincere anche applicando lo schema della causa in concreto; in questa ottica «sostanza economica» e «funzione economica» sarebbero concetti che potremmo definire equipollenti. Si fa l'esempio in particolare del contratto di riporto e si pone in evidenza che «da un punto di vista giuridico, il contratto pronti contro termine altro non è che una vendita a pronti con un patto di retrovendita dei medesimi a termine, con la funzione economica di investimento-finanziamento con durata prefissata, mentre l'essenza economica dell'operazione sarebbe quella di una forma di investimento temporaneo di liquidità e non di transazione di titoli» (cfr. Bucelli, 81 e ss.).

Anche in tal caso si avrebbe la prevalenza della sostanza sulla forma.

La letteratura, con riferimento a questa tematica, ha affermato che «il rent to buy d'azienda si lascia funzionalmente inquadrare in uno schema unitario» (cfr. Bucelli, 85 e ss.).

Tale medesima letteratura, applicando la soluzione che gli aziendalisti chiamano metodo della disponibilità, ha concluso per «l'iscrizione dei beni aziendali nel bilancio dell'utilizzatore, da cui consegue una più corretta rappresentazione dell'assetto patrimoniale del dante causa». Sulla base di questa impostazione «l'iscrizione dei beni aziendali nel sistema dei valori del concessionario darà conto della sostanza economica delle operazioni in corso».

Si potrebbe obiettare a questa impostazione che la medesima non terrebbe in adeguata considerazione dell'ipotesi del mancato esercizio del diritto di acquisto da parte dell'utilizzatore. Deve ad ogni modo evidenziarsi che la letteratura evocata in questa parte della trattazione tiene in debito conto anche della ipotesi appena segnalata.

La dottrina che richiamiamo, a chiusura del suo ragionamento, osserva, infatti che «se infine l'utilizzatore decidesse di non esercitare il diritto di acquisto, ovvero se dovesse risolversi il rapporto contrattuale, allora — come avviene alla scadenza dell'affitto d'azienda — il regime delle restituzioni comporterà la sistemazione delle differenze inventariali, tenendo conto sia dei danni che della perdita di avviamento medio tempore formatisi durante la gestione di quel soggetto che la disciplina legale del rent to buy immobiliare qualifica come «conduttore» e che tale rimarrà, non avendo coronato il programma di appropriarsi dell'azienda» (cfr. Bucelli, 85 e ss.).

Qualche riflessione merita infine il tema della ammissibilità del c.d. rento to buy di partecipazioni sociali. Con riferimento a questa specifica ipotesi, dobbiamo ragionare partendo dalla constatazione per cui l'unica forma di scissione del godimento dalla proprietà della partecipazione è rappresentata dalla costituzione del diritto di usufrutto.

Da tale premessa si potrebbe argomentare l'ammissibilità di un rent to buy che si realizzi attraverso l'attribuzione di un tale diritto reale a tempo determinato con pagamento di corrispettivo rateizzato. Tale attribuzione dovrebbe inoltre intendersi collegata ad un contratto di opzione di acquisto o ad un contratto preliminare di acquisto di piena proprietà della medesima partecipazione sociale.

La letteratura giuridica ha tuttavia sottolineato, proprio con riferimento all'ipotesi appena sopra descritta, che «la qualificazione del diritto di godimento come usufrutto conduce, sul piano del titolo costitutivo, ovvero del tipo contrattuale che ne è fonte, ad una conseguenza molto significativa ai fini della nostra indagine; qualora la costituzione del diritto reale parziale avvenga verso un corrispettivo in denaro, il contratto si qualifica come vendita; nulla a che vedere con l'operazione economica rent to buy» della quale in questa sede ci stiamo occupando (cfr. Maltoni, 101).

Da questo punto di vista, la conseguenza sarebbe l'impossibilità di utilizzazione dello schema rent to buy al fine di soddisfare le esigenze che questo nuovo modello contrattuale tende a realizzare.

La medesima letteratura giuridica sopra richiamata continua il proprio ragionamento osservando come per il soddisfacimento delle finalità sopra esposte si potrebbe quindi utilizzare lo schema della vendita con riserva della proprietà: schema che di recente la dottrina ha utilizzato anche al fine di realizzare il trasferimento di una partecipazione societaria.

Una ulteriore alternativa sarebbe quella di impiegare la vendita con condizione risolutiva di inadempimento sulla cui ammissibilità non sembra oramai più dubitarsi (cfr. Maltoni, 101 e ss.).

Con riferimento a quest'ultima fattispecie si pone tuttavia il problema della individuazione della disciplina. Tale fattispecie infatti non pare provvista di un'autonoma disciplina in quanto risulta il prodotto di una elaborazione da parte del formante dottrinale e giurisprudenziale che ritiene applicabile l'elemento accidentale condizione anche rispetto a elementi definibili come essenziali all'interno dello schema negoziale.

Con riferimento a questa fattispecie, la dottrina ha posto in risalto che «la vendita condizionata all'inadempimento si presta a perseguire, con tecnica alternativa, finalità alle quali è tipicamente dedicato sia il contratto di vendita con patto di riservato dominio sia, in definitiva, il contratto di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili di cui all'art. 23 del d.l. n. 133/2014».

Se ne inferisce, ad opera della medesima letteratura, che «l'equivalenza funzionale non consente allora di escludere a priori l'applicabilità analogica anche dell'art. 1525 c.c. e dell'art. 23, comma 2, d.l. n. 133/2014, poiché non sembra impossibile ravvisare anche nella fattispecie condizionata la ricorrenza di quegli stessi interessi sostanziali che le norme richiamate mirano a tutelare; ne consegue, sul piano della tecnica redazionale, l'opportunità di valutare l'importanza dell'inadempimento anche alla luce del criterio offerto dalla disciplina del contratto di vendita con riserva di proprietà, per evitare una potenziale declaratoria di nullità del meccanismo condizionale per frode alla legge» (in questi termini, cfr. Maltoni, 103).

Da quanto appena sopra osservato è possibile dedurre delle conclusioni di carattere più ampio, sebbene i limiti del genere non consentano di intraprendere una più compiuta disamina con ripercussioni di carattere anche sistematico.

È possibile ad ogni modo ritenere che anche il contratto di rent to buy, sebbene figura giuridica caratterizzata da una minima autonomia disciplinare, sembra rappresentare una fattispecie provvista soltanto di alcuni frammenti di disciplina; frammenti di disciplina che devono essere ad ogni modo completati e integrati utilizzando determinati criteri.

Tali criteri dipenderanno, naturalmente, dalla complessità dell'operazione economica. Tale complessità fa si, naturalmente, che siano previste (oltre che dalla prassi dal legislatore anche a livello definitorio) differenti prestazioni e attribuzioni che, sebbene funzionalmente collegate al fine di dare vita ad una unica operazione, mantengono la propria autonomia e consentono, al contempo, di collocare le medesime all'interno di uno schema negoziale assolutamente tipizzato e autosufficiente.

Da questo punto di vista, pertanto, lo schema che nel concreto verrà adottato, al fine del completamento della disciplina carente della nuova fattispecie normativa, sarà quello nel quale è possibile sussumere la prestazione ovvero la attribuzione che si mostra carente rispetto a qualche aspetto disciplinare. Tale tecnica integrativa della disciplina rappresenta in altri termini una tecnica molto simile a quella analogica all'interno della quale le lacune legislative vengono colmate facendo riferimento alle discipline complete di quelle che potremmo definire (con riferimento al loro ambito oggettivo) materie simili.

Bibliografia

Alcaro, Effetti del contratto, in Alcaro, Bandinelli, Palazzo (a cura di), Trattato di diritto civile del Consiglio Nazionale del Notariato, Napoli, 2011, 52 e ss.; Bartolini, I contratti di godimento per lo sviluppo delle comunità energetiche, in Giur. it.,2023, XII, 2781 ss.; Bassi, Il corrispettivo quale elemento contrattuale idoneo a caratterizzare la figura in esame, in Landini, Palazzo (a cura di), Rent to buy di azienda, Milano, 2016, 62 e ss.; Bevivino, Il patto di famiglia: fra negozio e procedimento, in Giust. civ., 2010, 217 e ss.; Bianca, Vendita con riserva di proprietà quale alternativa al rent to buy, in Riv. dir. civ., 2015, 1041 e ss.; Bucelli, Rent to buy di azienda «Sostanza dell'operazione o del contratto» (art. 2423-bis, n. 1-bis, c.c.), in Landini, Palazzo (a cura di), Rent to buy di azienda, Milano, 2016, 85 e ss.; Casa, Il contratto di “rent to buy” d’azienda non è un contratto tipico (e pertanto si applica la legge fallimentare), in Fall. proc. conc., 2023, IV, 545 ss.; Castellano, Il rent to buy: un fenomeno sociale in cerca di definizione giuridica, in Riv. not., 2015, 45 e ss.; Delfini, La nuova disciplina del rent to buy nel sistema delle alienazioni immobiliari, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2015, 817 e ss.; Di Mauro, Rent to buy e tipo contrattuale, Napoli, 2018; Fusaro, Rent to buy, help to buy, buy to rent, tra modelli legislativi e rielaborazioni della prassi, in Contr. impr., 2014, 420 e ss.; Guardigli, I contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili: profili ricostruttivi, in Corr. giur., 2016, 797 e ss.; Maltoni, Rent to buy di partecipazioni sociali e di azienda, in Landini, Palazzo (a cura di), Rent to buy di azienda, Milano, 2016, 100 e ss.; Nazzaro, Rent to buy di azienda: specificità dell'oggetto e funzioni (possibili) del contratto, in Landini, Palazzo (a cura di), Rent to buy di azienda, Milano, 2016, 27 e ss.; Palazzo, Rent to buy di azienda: interessi sottesi e opponibilità ai terzi, in Landini, Palazzo (a cura di), Rent to buy di azienda, Milano, 2016, 38 e ss.; Perlingieri, Femia, Nozioni introduttive e principi fondamentali del diritto civile, Napoli, 2000; Poletti, Rent to buy immobiliare e rent to buy aziendale, in Landini, Palazzo (a cura di), Rent to buy di azienda, Milano, 2016, 9 e ss.; A. Semprini, Il contratto di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili (c.d. rent to buy), Milano, 2018; Tassinari, Dal rent to by al buy to rent: interessi delle parti, vincoli normativi e cautele negoziali, in I contratti, 2014, 830 e ss.; Trabucchi, Istituzioni di diritto civile, Padova, 2004, 139 e ss.; A.P. Ugas, Il preliminare con consegna anticipata: spunti di riflessione sul contratto, in Riv. dir. civ., 2020, 1115 e ss.; Zanelli, Rent to buy nelle leggi 80 e 164 del 2014: ora dunque emptio tollit locatum?, in Contr. impr., 2015, 12 e ss.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario