Codice Civile art. 1955 - Liberazione del fideiussore per fatto del creditore.InquadramentoLa norma in esame contempla una causa speciale di estinzione della obbligazione del fideiussore quando, per fatto del creditore, non può avere effetto la surrogazione nei diritti, nelle garanzie e nei privilegi del creditore. La ratio della disposizione è coerente con la struttura del negozio fideiussorio, poiché, se il diritto del fideiussore alla surrogazione è stato leso, si opera un mutamento delle condizioni di attuabilità dell'obbligazione garantita che esistevano al tempo della fideiussione e se questo mutamento pregiudizievole è dovuto al fatto del creditore è quest'ultimo a doverne sopportare le conseguenze (Fragali, 1957, 466). Resta fermo che il fatto del creditore, rilevante ai sensi dell'art. 1955 c.c., non comporta l'automatica liberazione del fideiussore, essendo, a tal fine, necessaria la prova che da esso sia derivato un pregiudizio giuridico, non solo economico, che deve concretizzarsi nella perdita del diritto di surrogazione o di regresso e non nella mera maggiore difficoltà di attuarlo per le diminuite capacità satisfattive del patrimonio del debitore (Cass. III, n. 6685/2024). Il fatto del creditore rilevante ex art. 1955 c.c.Nel delineare la nozione di fatto del creditore, rilevante ai sensi dell'art. 1955 c.c. ai fini della liberazione del fideiussore, la S.C. ha più volte affermato che lo stesso deve costituire violazione di un dovere giuridico imposto dalla legge o nascente dal contratto ed integrante un fatto quanto meno colposo, o comunque illecito, dal quale sia derivato un pregiudizio giuridico e non solo economico, come la perdita del diritto di surrogazione ex art. 1949 c.c. o di regresso ex art. 1950 c.c. (v., tra le più recenti, Cass. III, n. 4175/2020; Cass. I, n. 21833/2017, che ha escluso che l'impiego da parte del creditore delle somme ricavate dalla liquidazione di titoli dell'obbligato principale costituiti in pegno, al fine di ridurre la sua esposizione debitoria, potesse costituire condotta idonea a determinare la liberazione dei fideiussori). Le cause di estinzione della fideiussione previste dagli artt. 1955 e 1957 c.c. hanno presupposti diversi: la prima ipotesi (liberazione del fideiussore che, per fatto del creditore, perda il diritto di surrogazione) esige infatti una condotta colposa e antigiuridica del creditore e l'esistenza di un pregiudizio giuridico nella sfera del fideiussore, rappresentato dalla perdita del diritto, occorrendo, all'uopo, che il creditore abbia omesso un'attività dovuta per legge o in forza di contratto; la seconda ipotesi (liberazione del fideiussore per mancato esercizio del diritto da parte del creditore entro sei mesi dalla scadenza dell'obbligazione) opera invece in modo oggettivo, a prescindere dall'atteggiamento colposo o meno del creditore e senza che assuma alcun rilievo il danno, conseguendo la invocata decadenza ipso facto al mancato, diacronico esercizio del diritto. Ne consegue che, invocata dal fideiussore la decadenza di cui all'art. 1957 c.c., non è consentito al giudice dichiarare l'estinzione della fideiussione in base alla previsione di cui all'art. 1955 c.c., stante l'impredicabilità di una sostanziale omogeneità dei fatti costitutivi destinati a sorreggere l'applicazione alternativa delle norme indicate (nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva ritenuto integratala fattispecie estintiva dell'obbligazione di garanzia prevista dall'art. 1955 c.c., rispetto all'originaria eccezione del fideiussore sollevata ex art. 1957 c.c., evidenziando che, attesa la diversità dei temi di indagine implicati dalle due disposizioni, il giudice non avrebbe potuto, se non illegittimamente, sovrapporne i relativi piani, onde giungere, in via officiosa, a predicare una violazione di legge mai invocata, né eccepita, dalla parte interessata a tanto onerata). Dunque, il fatto del creditore, rilevante ai sensi dell'art. 1955 c.c. ai fini della liberazione del fideiussore, non può consistere nella mera inazione, ma deve costituire violazione di un dovere giuridico imposto dalla legge o nascente dal contratto ed integrante un fatto quanto meno colposo, o comunque illecito, dal quale sia derivato un pregiudizio giuridico, non solo economico, che deve concretizzarsi nella perdita del diritto (di surrogazione ex art. 1949 c.c. o di regresso ex art. 1950 c.c.), e non già nella mera maggiore difficoltà di attuarlo per le diminuite capacità satisfattive del patrimonio del debitore (Trib. Bari IV, 13 ottobre 2015, n. 4348, in conformità a Cass. I, n. 6171/2003). Pertanto, ai fini della liberazione del fideiussore ex art. 1955 c.c., non assume rilievo una condotta inattiva come il silenzio da parte del creditore, ad esempio, sul peggioramento delle condizioni patrimoniali del debitore, essendo necessaria la violazione di un dovere imposto dalla legge o dal contratto che costituisca un fatto colposo o illecito, da cui derivi un pregiudizio giuridico (perdita del diritto di surrogazione, o di regresso) e non solo economico per il garante (Cass. I, n. 21654/2010, cui adde, in sede di merito, Trib. Bari I, 30 maggio 2016, n. 2968). È inoltre irrilevante ogni comportamento del creditore che sia fonte per il fideiussore di un mero pregiudizio economico o che comporti una maggiore difficoltà per far valere i diritti allo stesso spettanti (cfr., tra le molte, Cass. III, n. 2301/2004, in Riv. dir. comm., 2005, II, 1, con nota di Tarantino). La circostanza che il creditore abbia tenuto un comportamento contrario al dovere di buona fede e correttezza contrattuale, tale da comportare la possibile liberazione del fideiussore dai propri obblighi di garanzia nei riguardi del creditore medesimo, può essere provata dallo stesso con ogni mezzo consentito dall'ordinamento, ivi compreso il ricorso a presunzioni, secondo la regola generale di cui agli artt. 2727 e 2729 c.c. (Cass. I, n. 16667/2012). Le cause di estinzione della fideiussione previste dagli art. 1955 e 1957 c.c. hanno presupposti diversi: la prima ipotesi (liberazione del fideiussore che, per fatto del creditore, perda il diritto di surrogazione) esige infatti una condotta colposa e antigiuridica del creditore e l'esistenza di un pregiudizio giuridico nella sfera del fideiussore, rappresentato dalla perdita del diritto, occorrendo, all'uopo, che il creditore abbia omesso un'attività dovuta per legge o in forza di contratto; la seconda ipotesi (liberazione del fideiussore per mancato esercizio del diritto da parte del creditore entro sei mesi dalla scadenza dell'obbligazione) opera invece in modo oggettivo, a prescindere dall'atteggiamento colposo o meno del creditore e senza che assuma alcun rilievo il danno, conseguendo la invocata decadenza ipso facto al mancato, diacronico esercizio del diritto (cfr. Cass. III, n. 19736/2011, per la quale, di conseguenza, invocata dal fideiussore la decadenza di cui all'art. 1957 c.c., non è consentito al giudice dichiarare l'estinzione della fideiussione in base alla previsione di cui all'art. 1955 c.c., stante l'impredicabilità di una sostanziale omogeneità dei fatti costitutivi destinati a sorreggere l'applicazione alternativa delle norme indicate). La S.C. ha inoltre chiarito che il fideiussore non è liberato per fatto del debitore, ove il pegno, nel quale il fideiussore sostenga di non essersi potuto surrogare per il comportamento doloso o colposo del creditore, sia costituito da assegni bancari postdatati consegnati dal debitore o da un terzo a garanzia del credito, in quanto l'emissione di un assegno bancario postdatato a garanzia dell'adempimento di una propria obbligazione, costituisce atto contrario a norme imperative e non meritevole di tutela (Cass. III, n. 26232/2013). Casistica In tema di validità della fideiussione bancaria, va disattesa l'eccezione con la quale i garanti chiamati in causa invochino l'intervenuta estinzione della fideiussione, a norma dell'art. 1955 c.c., per avere essi perso, a causa della presunta condotta inerte della banca, il diritto di surrogarsi nelle ragioni del debitore principale qualora il fatto colposo della banca creditrice, dal quale dovrebbe discendere l'estinzione della garanzia, sarebbe rappresentato dall'inerzia serbata nell'agire contro il debitore principale, dopo che quest'ultimo si era estinto, cancellandosi dal registro delle imprese. Infatti, se il creditore tace al fideiussore l'involuzione economica subita dal debitore, il «garante» non può ritenersi liberato dall'obbligazione ex art. 1955 c.c., in quanto non è rilevante il comportamento meramente inattivo del creditore, richiedendosi la violazione di un dovere giuridico imposto dalla legge o nascente dal contratto e integrante un fatto quanto meno colposo, o comunque illecito, dal quale sia derivato un pregiudizio giuridico, non solo economico, che si sia concretizzato nella perdita del diritto (di surrogazione ex art. 1949 c.c., o di regresso ex art. 1950 c.c.), e non già nella mera maggiore difficoltà di attuarlo per le diminuite capacità satisfattive del patrimonio del debitore. Di conseguenza la liberazione del garante non opera se l'evento che avrebbe precluso ai garanti l'esercizio del diritto di surrogazione è del tutto estraneo alla condotta della banca, ricollegandosi, invece, ad una scelta volontaria della correntista, della quale i garanti erano pienamente consapevoli (Trib. Napoli II, 9 febbraio 2018, n. 1455). Si ha estinzione della fideiussione ex art. 1955 c.c. per comportamento del creditore contrario a buona fede (artt. n. 1175 — 1375 c.c.) allorché lo stesso — pur non essendo obbligato ad agire contestualmente contro il debitore e il fideiussore — non abbia informato i fideiussori degli inadempimenti e abbia loro notificato la sentenza contro il debitore dopo quattro anni (Trib. Milano 3 gennaio 2000, in Banca borsa tit. cred., 2001, II, 608, con nota di De Luca). BibliografiaArcella, La polizza fideiussoria: natura giuridica e disciplina applicabile, in Giust. civ., 1996, n. 1, II, 3 ss.; Barillà, Clausola «a prima richiesta», prova della frode e condictio indebiti nelle garanzie autonome tra commercio interno e internazionale, in Banca borsa tit. cred., 2016, n. 4, 449; Biscontini, Solidarietà fideiussoria e decadenza, Camerino-Napoli, 1980; Biscontini, Assunzione di debito e garanzia del credito, Camerino-Napoli, 1993 Bozzi, La fideiussione, Milano, 1995; Carpino, Del pagamento con surrogazione: artt. 1201-1205 c.c., in Comm. S.B., Bologna 1988; Didone, Note in tema di ammissione al passivo del coobligato non ancora escusso, in Giust. civ., 2012, I, 2309; Falqui Massidda, voce La fideiussione, in Enc. giur., XIV, Roma, 1989; Fragali, voce Fideiussione, in Enc. dir., XVII, Milano, 1968; Giusti, La fideiussione e il mandato di credito, in Tr. 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