Codice Civile art. 1957 - Scadenza dell'obbligazione principale.Scadenza dell'obbligazione principale. [I]. Il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell'obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate [1267]. [II]. La disposizione si applica anche al caso in cui il fideiussore ha espressamente limitato la sua fideiussione allo stesso termine dell'obbligazione principale. [III]. In questo caso però l'istanza contro il debitore deve essere proposta entro due mesi. [IV]. L'istanza proposta contro il debitore interrompe la prescrizione anche nei confronti del fideiussore [2943 ss.; 190 trans.]. InquadramentoL'art. 1957 c.c. prevede che la fideiussione si estingue quando il creditore non ha proposto le sue istanze nei confronti del debitore entro sei mesi dalla scadenza dell'obbligazione e non le ha diligentemente continuate. Tale termine che si riduce a due mesi quando il fideiussore ha espressamente limitato la propria obbligazione allo stesso termine dell'obbligazione principale. La norma, nell'imporre al creditore di proporre la sua istanza contro il debitore entro i sei mesi dalla scadenza per l'adempimento dell'obbligazione garantita dal fideiussore, a pena di decadenza dal suo diritto verso quest'ultimo, tende a far sì che il creditore stesso prenda sollecite e serie iniziative contro il debitore principale per recuperare il proprio credito, in modo che la posizione del garante non resti indefinitamente sospesa (Cass. II, n. 1724/2016). Il termine semestrale previsto dalla norma è considerato un termine di decadenza (Fragali, 496) e decorre dalla scadenza dell'obbligazione garantita. E' stato precisato, da ultimo, che la clausola della fideiussione che stabilisce espressamente la solidarietà tra garante e debitore principale non può essere interpretata come un'implicita deroga alla disciplina dell'art. 1957 c.c., poiché l'esplicita esclusione del "beneficium excussionis" non è incompatibile con la liberazione del fideiussore per il caso in cui il creditore non agisca contro il debitore principale nel termine di sei mesi dalla scadenza della obbligazione (Cass. II, n. 9862/2020). Iniziative da proporre nei confronti del debitore principaleSi ritiene che, agli effetti della norma in esame, il creditore debba proporre una istanza giudiziale volta ad ottenere, in via di cognizione o in executivis, nelle forme e nei modi previsti dalla legge, l'accertamento o il soddisfacimento della pretesa (Cass. II, n. 1724/2016). A tal fine non è sufficiente un atto stragiudiziale né una missiva (v., di recente, Trib. Roma IX, 7 luglio 2017, n. 13895). Poiché la ratio dell'art. 1957 c.c. è quella di imporre al creditore l'avvio di sollecite e serie iniziative contro il debitore principale per recuperare il proprio credito, la giurisprudenza ritiene che il termine «istanza» vada riferito a tutti i vari mezzi di tutela giurisdizionale del diritto di credito, in via di cognizione o di esecuzione, che possano ritenersi esperibili al fine di conseguire il pagamento, indipendentemente dal loro esito e dalla loro concreta idoneità a sortire il risultato sperato (Cass. II, n. 1724/2016). Resta, invece, escluso che, in quello stesso termine, possa rientrare un semplice atto stragiudiziale, o una denuncia o una querela presentate in sede penale, o un ricorso per accertamento tecnico preventivo (Cass. II, n. 283/1997). Anche le trattative per comporre bonariamente la controversia, non avendo quale precipuo presupposto l'ammissione totale o parziale della pretesa avversaria e non rappresentando riconoscimento del diritto altrui, non valgono, di per sé, ad impedire la decadenza ex art. 1957 c.c. (Cass. I, n. 10120/2006). La S.C. ha poi ritenuto non costituire «istanza» ai fini dell'art. 1957 c.c. un precetto non seguito da esecuzione (Cass. III, n. 6823/2001). La norma, inoltre, non impone al creditore di escutere nel termine semestrale le eventuali garanzie prestate dal debitore o di richiedere il pagamento di crediti ceduti dal debitore (Cass. I, n. 24391/2010). La Corte di legittimità ha chiarito che la disposizione in esame trova applicazione anche nell'ipotesi di apertura, a carico del debitore principale, di una procedura concorsuale, in quanto tale evenienza non implica l'impossibilità giuridica di proporre istanze contro il debitore e di coltivarle diligentemente, ma comporta soltanto che la diligenza del creditore sia valutata in relazione alle possibilità concesse dall'ordinamento in tali casi, consistenti nella richiesta di accertamento del credito nelle forme dell'insinuazione al passivo, da proporre nel termine semestrale previsto dall'art. 1957, decorrente dalla data di apertura della procedura concorsuale (Cass. I, n. 16807/2009; Cass. I, n. 24060/2006; conf. Trib. Modena I, 7 maggio 2012, n. 718). È stato inoltre precisato che, se il debitore fallisce, in caso di fideiussione con pattuizione del beneficio di escussione (art. 1944, comma 2 c.c.), il creditore garantito, per evitare la decadenza dalla fideiussione prevista dall'art. 1957, comma 1 c.c., non potendo più assumere iniziative individuali, deve proporre istanza di insinuazione al passivo fallimentare nel termine semestrale previsto dallo stesso art. 1957 c.c., decorrente dalla data di apertura della procedura concorsuale, mentre nell'ipotesi di fideiussione senza beneficio di escussione (cd. fideiussione solidale — art. 1944, comma 1, c.c.), il creditore, esercitando la facoltà di scelta che è propria delle obbligazioni solidali, potrà promuovere le sue «istanze» indifferentemente nei confronti del debitore principale fallito (mediante domanda di ammissione al passivo del fallimento) ovvero nei confronti del garante (nelle forme ordinarie: Cass. III, n. 24296/2017). Per altro verso la S.C. ha chiarito — sull'assunto per il quale in tema di contratto autonomo di garanzia, ove le parti abbiano convenuto che il pagamento debba avvenire «a prima richiesta», l'eventuale rinvio pattizio alla previsione della clausola di decadenza di cui all'art. 1957, comma 1, c.c., deve intendersi riferito, giusta l'applicazione del criterio ermeneutico previsto dall'art. 1363 c.c., esclusivamente al termine semestrale indicato dalla predetta disposizione — che deve ritenersi sufficiente ad evitare la decadenza la semplice proposizione di una richiesta stragiudiziale di pagamento, non essendo necessario che il termine sia osservato mediante la proposizione di una domanda giudiziale, secondo la tradizionale esegesi della norma, atteso che, diversamente interpretando, vi sarebbe contraddizione tra le due clausole contrattuali, non potendosi considerare «a prima richiesta» l'adempimento subordinato all'esercizio di un'azione in giudizio (Cass. III, n. 22346/2017). Secondo una recente decisione di merito la caducazione del rapporto di fideiussione non comporta la liberazione assoluta del fideiussore, posto che questi rimane impegnato al pagamento di tutti i debiti, anche se sorti o maturati in seguito, dipendenti dai rapporti esistenti al momento in cui il recesso ha effetto (Trib. Roma, sez. XVII, 30 settembre 2021, n. 15167). DerogabilitàLa norma di cui all'art. 1957 c.c., in quanto non posta a presidio di alcun interesse di ordine pubblico, può essere validamente derogata dalle parti, trattandosi di una disposizione la cui deroga comporta soltanto l'assunzione volontaria, da parte del garante, del maggior rischio insito nella persistenza longis temporibus della propria corresponsabilità patrimoniale. Nella giurisprudenza di legittimità è consolidato il principio in forza del quale la decadenza del creditore dall'obbligazione fideiussoria ai sensi dell'art. 1957 c.c. per effetto della mancata tempestiva proposizione delle azioni contro il debitore principale può formare oggetto di rinuncia preventiva da parte del fideiussore, trattandosi di pattuizione affidata alla disponibilità delle parti che non urta contro alcun principio di ordine pubblico, comportando soltanto l'assunzione da parte del fideiussore, del maggior rischio inerente al mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore (Cass. I, n. 9379/2018; cfr. Trib. Bari II, 15 settembre 2016, n. 4629, secondo cui ove il fideiussore dispensi l'azienda di credito dall'agire entro i termini previsti dall'art. 1957 c.c., siffatta clausola è valida, trattandosi di materia non sottratta alla disponibilità delle parti e non contrasta con l'art. 1229, comma 1 c.c. (che prevede la nullità di qualsiasi patto che esclude o limita preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o colpa grave), atteso che essa aggrava, anziché limitare, la responsabilità del fideiussore, il quale assume la veste di debitore nel rapporto (unilaterale) di fideiussione). La deroga può anche essere implicita: invero, qualora la durata di una fideiussione sia correlata non alla scadenza dell'obbligazione principale ma al suo integrale adempimento, l'azione del creditore nei confronti del fideiussore non è soggetta al termine di decadenza previsto dall'art. 1957 c.c. (Cass. I, n. 16836/2015). In sostanza, una deroga implicita all'operatività della norma in commento può essere costituita dall'impegno del fideiussore di garantire comunque, senza limiti di durata, l'adempimento dell'obbligazione principale, impegno che può desumersi, a sua volta, dall'interpretazione complessiva del contratto di garanzia e del contratto principale (Cass. III, n. 9455/2012). In sostanza, nell'ambito del termine ex art. 1957 c.c., il creditore può consentire al debitore le proroghe che ritiene opportune, assumendosi, tuttavia, il rischio di quelle che non gli consentono di agire entro i termini di legge (cfr. Cass. II, n. 40829/2021, per la quale, di conseguenza, ove per questo motivo non possa agire contro il debitore ovvero, pur avendone la possibilità, non agisca contro quest'ultimo per propria inerzia, così inottemperando al dovere impostogli, il creditore non potrà più fare valere, nei confronti del garante, l'obbligazione fideiussoria). Occorre inoltre considerare che al contratto autonomo di garanzia, in difetto di diversa previsione da parte dei contraenti, non si applica la norma in esame poiché la stessa si fonda l'accessorietà dell'obbligazione fideiussoria, instaurando essa un collegamento tra la scadenza dell'obbligazione di garanzia e quella dell'obbligazione principale (Cass. II, n. 2762/2015). Sulla questione, la S.C. non ha trascurato di precisare che la circostanza che le parti, in un contratto di garanzia, abbiano regolamentato gli oneri gravanti sul creditore ai sensi dell'art. 1957 c.c., non è da sola sufficiente a escludere il carattere autonomo della garanzia stessa, essendo tale norma espressione di un'esigenza di tutela del fideiussore, che può essere considerata meritevole di protezione anche in caso di garanzia non accessoria. Deve — infatti — privilegiarsi (anche sulla base del criterio di cui all'art. 1367 c.c.) una interpretazione che, valorizzando la autonomia negoziale delle parti, riconosca al contratto in concreto concluso la portata desumibile non dai tipi astratti della garanzia autonoma, ma dalla concreta configurazione che a tale garanzia le parti hanno inteso dare (Cass. III, n. 14205/2014). La S.C. ha per altro verso chiarito che la deroga all'art. 1957 non può ritenersi implicita qualora sia inserita, all'interno del contratto di fideiussione, una clausola di «pagamento a prima richiesta», o altra equivalente, non solo perché la disposizione è espressione di un'esigenza di protezione del fideiussore che, prescindendo dall'esistenza di un vincolo di accessorietà tra l'obbligazione di garanzia e quella del debitore principale, può essere considerata meritevole di tutela anche quando tale collegamento sia assente, ma anche perché una tale clausola non ha rilievo decisivo per la qualificazione di un negozio come «contratto autonomo di garanzia» o come «fideiussione», potendo tali espressioni riferirsi sia a forme di garanzia svincolate dal rapporto garantito (e quindi autonome), sia a garanzie, come quelle fideiussorie, caratterizzate da un vincolo di accessorietà, più o meno accentuato, nei riguardi dell'obbligazione garantita, sia, infine, a clausole il cui inserimento nel contratto di garanzia è finalizzato, nella comune intenzione dei contraenti, a una deroga parziale della disciplina dettata dal citato art. 1957 (ad esempio, limitata alla previsione che una semplice richiesta scritta sia sufficiente ad escludere l'estinzione della garanzia), esonerando il creditore dall'onere di proporre l'azione giudiziaria (Cass. I, n. 16825/2016; Cass. III, n. 84/2010). Anche in sede applicativa si è evidenziato, in senso consonante, che la deroga all'art. 1957 c.c. non può ritenersi implicita nell'inserimento, nella fideiussione, di una clausola di «pagamento a prima richiesta» o di altra equivalente, così che spetta al giudice di merito accertare, di volta in volta, la volontà in concreto manifestata dalle parti con la stipulazione della detta clausola, è altrettanto vero che l'interpretazione sistematica delle clausole dei negozi fideiussori oggetto di causa induce a ritenere che i garanti abbiano accettato di derogare alla previsione ex art. 1957 c.c., considerando sufficiente, al fine di evitare la decadenza, la richiesta scritta in luogo dell'instaurazione tempestiva di azioni giudiziali (Trib. Latina II, 5 marzo 2018, n. 610). La rinuncia preventiva non costituisce una clausola onerosa che richiede l'approvazione per iscritto (Cass. I, n. 21645/2010; Cass. III, n. 9245/2007). Distinzione dalla fattispecie di estinzione di cui all'art. 1955 c.c.Le cause di estinzione della fideiussione previste dagli artt. 1955 e 1957 c.c. hanno presupposti diversi: la prima ipotesi (liberazione del fideiussore che, per fatto del creditore, perda il diritto di surrogazione) esige infatti una condotta colposa e antigiuridica del creditore e l'esistenza di un pregiudizio giuridico nella sfera del fideiussore, rappresentato dalla perdita del diritto, occorrendo, all'uopo, che il creditore abbia omesso un'attività dovuta per legge o in forza di contratto; la seconda ipotesi (liberazione del fideiussore per mancato esercizio del diritto da parte del creditore entro sei mesi dalla scadenza dell'obbligazione) opera invece in modo oggettivo, a prescindere dall'atteggiamento colposo o meno del creditore e senza che assuma alcun rilievo il danno, conseguendo la invocata decadenza ipso facto al mancato, diacronico esercizio del diritto. La S.C. ha ritenuto, in conseguenza di ciò che, che, invocata dal fideiussore la decadenza di cui all'art. 1957 c.c., non è consentito al giudice dichiarare l'estinzione della fideiussione in base alla previsione di cui all'art. 1955 c.c., stante l'impredicabilità di una sostanziale omogeneità dei fatti costitutivi destinati a sorreggere l'applicazione alternativa delle norme indicate (cfr. Cass. III, n. 19736/2011, la quale ha annullato la sentenza di merito che aveva ritenuto integrata la fattispecie estintiva dell'obbligazione di garanzia prevista dall'art. 1955 c.c., rispetto all'originaria eccezione del fideiussore sollevata ex art. 1957 c.c., evidenziando che, attesa la diversità dei temi di indagine implicati dalle due disposizioni, il giudice non avrebbe potuto, se non illegittimamente, sovrapporne i relativi piani, onde giungere, in via officiosa, a predicare una violazione di legge mai invocata, né eccepita, dalla parte interessata a tanto onerata). Invero, la liberazione del fideiussore per fatto del creditore, disciplinata dall'art. 1955 c.c., esige una condotta colposa e antigiuridica del creditore e l'esistenza di un pregiudizio giuridico nella sfera del fideiussore, rappresentato dalla perdita del diritto, occorrendo, all'uopo, che il creditore abbia omesso un'attività dovuta per legge o in forza di contratto. La giurisprudenza di legittimità, peraltro, ha chiarito che non è rilevante, ai fini dell'art. 1955 c.c., il comportamento meramente inattivo del creditore, richiedendosi la violazione di un dovere giuridico imposto dalla legge o nascente dal contratto e integrante un fatto quanto meno colposo, o comunque illecito, dal quale sia derivato un pregiudizio giuridico, non solo economico, che si sia concretizzato nella perdita del diritto di surrogazione ex art. 1949 c.c., o di regresso ex art. 1950 c.c., e non già nella mera maggiore difficoltà di attuarlo per le diminuite capacità satisfattive del patrimonio del debitore (Cass. n. 9695/2011). La liberazione del fideiussore per mancato esercizio del diritto da parte del creditore entro sei mesi dalla scadenza dell'obbligazione, disciplinata dalla norma in esame, opera, invece, in modo oggettivo, a prescindere dall'atteggiamento colposo o meno del creditore e senza che assuma alcun rilievo il danno, conseguendo la invocata decadenza ipso facto al mancato, diacronico esercizio del diritto. Diversi sono anche gli ambiti di indagine da esplorare per verificare la sussistenza dell'una o dell'altra fattispecie, dovendosi accertare il dies a quo del termine di decadenza nell'ipotesi di cui all'art. 1957 c.c. (e la compatibilità degli oneri che tale norma introduce a carico del creditore garantito con la natura della garanzia a prima richiesta); la colpa e il danno contra ius nell'ipotesi di cui all'art. 1955 c.c. Tali differenze comportano effetti anche sul piano processuale, non potendo il giudice, se non violando il precetto di cui all'art. 112 c.p.c. (che impone la corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato) sovrapporre i relativi piani e ritenere applicabile — come invece accaduto nella fattispecie sottoposta al vaglio della Suprema Corte — il disposto dell'art. 1955 c.c. a fronte di una eccezione della parte convenuta incentrata sulla decadenza disciplinata dall'art. 1957 c.c., stante la diversità dei fatti costitutivi destinati a sorreggere l'applicazione alternativa delle norme indicate. BibliografiaBiscontini, Solidarietà fideiussoria e decadenza, Camerino-Napoli, 1980; Biscontini, Assunzione di debito e garanzia del credito, Camerino-Napoli, 1993; Bozzi, La fideiussione, Milano, 1995; Falqui Massidda, voce La fideiussione, in Enc. giur., XIV, Roma, 1989; Fragali, voce Fideiussione, in Enc. dir., XVII, Milano, 1968; Nicolai, Le fattispecie fideiussorie fra solidarietà passiva, regresso e surrogazione, in Banca borsa tit. cred., 3, 2014, 261; Ravazzoni, Fideiussione, in Dig. civ., VII, Torino, 1992. |