Codice Civile art. 1959 - Sopravvenuta insolvenza del mandante o del terzo.Sopravvenuta insolvenza del mandante o del terzo. [I]. Se, dopo l'accettazione dell'incarico, le condizioni patrimoniali di colui che lo ha conferito o del terzo sono divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito, colui che ha accettato l'incarico non può essere costretto ad eseguirlo [1461, 1956]. [II]. Si applica inoltre la disposizione dell'articolo 1956. InquadramentoAi sensi della disposizione in esame il mandato di credito consiste nell'accettazione dell'incarico di fare credito ad un terzo e produce, pertanto, in capo al mandante, un'obbligazione fideiussoria per i debiti che insorgano in attuazione del mandato stesso (cfr. Graziani, 113). In dottrina è oggetto di ampio dibattito la natura giuridica dell'istituto, con i relativi riflessi sulla disciplina concreta dello stesso (v., tra gli altri, Simonetto, 149). Struttura e perfezionamento del contrattoLa S.C. ha più volte affermato il principio per il quale il mandato di credito è un contratto bilaterale che esige per il perfezionamento l'accettazione del mandatario (Cass. I, n. 2965/1990, in Giur. it., 1991, I, 1, 321; in sede di merito si è ritenuto, peraltro, che un mandato di credito ex art. 1958 c.c., ravvisabile nella richiesta rivolta ad una banca in una lettera di patronage di voler concedere nuove linee di credito al patrocinio, può essere perfezionato mediante il consenso manifestato dalla banca con il comportamento concludente costituito dall'effettiva erogazione al patrocinio del finanziamento oggetto della richiesta: Trib. Milano 30 maggio 1983, in Banca borsa tit. cred., 1984, II, 333). La stessa Corte di legittimità ha da lungo tempo sottolineato che, invero, il contratto di mandato di credito non è un negozio trilatero, perché si perfeziona col solo intervento del mandante e del mandatario, ed e giuridicamente autonomo rispetto al mutuo concesso dal mandatario in esecuzione di esso (Cass. I, n. 1433/1974, in Foro it., 1974, 1, 3380, con nota di Di Lalla). In ogni caso, nel mandato di credito, l'esistenza di istruzioni del mandante promissario non attiene al momento della formazione del contratto ma a quello della sua esecuzione (Cass. I, n. 1553/1966). Natura giuridicaLa giurisprudenza di legittimità che si è confrontata con la questione, ha evidenziato che, in tema di mandato di credito, l'equiparazione del mandante al fidejussore importa l'applicabilità, in via di analogia, delle norme sulla fidejussione, alla obbligazione sussidiaria di garanzia derivante a carico del mandante (Cass. S.U., n. 2548/1964, in Giust. civ., 1965, 1, 523; Cass. I, n. 1433/1974, in Foro it., 1974, 1, 3380, con nota di Di Lalla). In dottrina, invece, si discute in ordine alla riconducibilità del contratto in esame alla fideiussione per obbligazione futura ovvero al mandato ovvero ad un contratto innominato avente i caratteri sia della fideiussione che del mandato (Simonetto, 149 ss.). Disciplina del rapportoIl mandatario — promittente è tenuto a far credito al terzo e deve seguire le istruzioni di chi gli ha conferito l'incarico in applicazione della disciplina in tema di mandato (Fragali, 556). Il mandante — promissario ha il dovere nei confronti del promittente di cooperare per l'esecuzione dell'obbligo di fare credito al terzo e quello di adempiere l'obbligazione del terzo verso il promittente qualora questi sia inadempiente. Il comma 2 dell'art. 1958 c.c. attribuisce al mandante — promissario il potere di revocare l'incarico, salvo l'obbligo di risarcire i danni. È discusso in dottrina sino a quando tale revoca possa intervenire. Infatti, per alcuni, dovendo trovare applicazione la regola generale espressa dall'art. 1373, comma 2, c.c. la revoca dovrebbe essere ammessa anche dopo l'esecuzione del mandato ove il credito sia stato concesso solo in parte rispetto al credito non erogato (Fragali, 573). Per altri, invece, la concessione, anche parziale, del credito impedisce la revoca (Santoro Passarelli, 59). Mutamento delle condizioni patrimonialiL'art. 1959 c.c. prevede che, tuttavia, se, dopo l'accettazione dell'incarico, le condizioni patrimoniali di colui che lo ha conferito o del terzo sono divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito, colui che ha accettato l'incarico non può essere costretto ad eseguirlo (nel senso che si tratterebbe soltanto di una sospensione dell'obbligazione cfr. Abbadessa, 539). Il riferimento, da parte del capoverso della predetta norma, all'art. 1956 c.c. implica che se il peggioramento della situazione patrimoniale riguarda il terzo ed il promittente adempie senza un'autorizzazione del promissario quest'ultimo è liberato dalla propria obbligazione fideiussoria. Applicazioni giurisprudenzialiQuando una parte si impegna, su specifico incarico di un'altra che si dichiari solidalmente responsabile per le conseguenti obbligazioni restitutorie, a far credito in proprio ad un terzo, non ricorre la funzione della lettera di patronage, negozio giuridico unilaterale contenente una dichiarazione normalmente emessa a favore di istituti bancari in connessione con l'erogazione di finanziamenti a soggetti sui quali il dichiarante è in condizione di esercitare la propria influenza, ma la funzione tipica del mandato di credito ex art. 1958 c.c. In tal caso, l'equiparazione del mandante al fideiussore importa l'applicabilità, in via analogica, delle norme sulla fideiussione, alla obbligazione sussidiaria di garanzia derivante a carico del mandante e quindi anche dell'art. 1957 c.c., ai sensi del quale il fideiussore resta obbligato anche dopo la scadenza dell'obbligazione principale soltanto laddove il creditore, entro sei mesi, «abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate» (App. Milano 5 febbraio 2005, in Giur. Merito, 2006, n. 2, 286, con nota di Bruno e di De Divittis, nonché in Banca borsa tit. cred., 2006, n. 6, 717). Se la linea di credito è concessa in data successiva alla lettera, quest'ultima può essere considerata un mandato di credito ex art. 1958 c.c., mentre se, al contrario, la linea di credito è concessa in un tempo anteriore e la lettera di patronage è solo successiva, la lettera viene ad atteggiarsi quale promessa del fatto del terzo, con la conseguenza che, in tale ultimo caso, l'obbligazione diviene impossibile per effetto dell'ammissione del patrocinante al concordato preventivo (Trib. Bergamo II, 18 gennaio 2007, n. 227, in Riv. dott. comm., 2008, n. 2, 329, con nota di Giorgetti). BibliografiaAbbadessa, voce Obbligo di far credito, in Enc. dir., XXIX, Milano, 1979; Bozzi, La fideiussione, le figure affini e l'anticresi, in Trattato di dir. priv. diretto da Rescigno, XIII, Torino, 1985, 275; Figone, Mandato di credito, in Dig. civ., XI, Torino, 1994; Graziani, Il mandato di credito, in Studi di dir. civ. e comm., Napoli, 1953; Lomeo, D'Ippolito, Il mandato di credito come contratto ad effetti preparatori, in Riv. not., 1969, 325; Simonetto, Mandato di credito, in Nss. D.I., Torino, X, 1964. |