Codice Civile art. 1838 - Deposito di titoli in amministrazione.Deposito di titoli in amministrazione. [I]. La banca che assume il deposito di titoli in amministrazione deve custodire i titoli, esigerne gli interessi o i dividendi, verificare i sorteggi per l'attribuzione di premi o per il rimborso di capitale, curare le riscossioni per conto del depositante, e in generale provvedere alla tutela dei diritti inerenti ai titoli. Le somme riscosse devono essere accreditate al depositante. [II]. Se per i titoli depositati si deve provvedere al versamento di decimi [2344] o si deve esercitare un diritto di opzione [2441], la banca deve chiedere in tempo utile istruzioni al depositante e deve eseguirle, qualora abbia ricevuto i fondi all'uopo occorrenti. In mancanza di istruzioni, i diritti di opzione devono essere venduti per conto del depositante a mezzo di un agente di cambio. [III]. Alla banca spetta un compenso nella misura stabilita dalla convenzione o dagli usi, nonché il rimborso delle spese necessarie da essa fatte. [IV]. È nullo il patto col quale si esonera la banca dall'osservare, nella amministrazione dei titoli, l'ordinaria diligenza [1176 2, 1229]. InquadramentoIl deposito di titoli a custodia o in amministrazione si presenta come un sottotipo del contratto di deposito bancario, diverso dal contratto di deposito di danaro. I depositi di denaro costituiscono operazioni passive per la banca inerenti all'attività di raccolta, mentre il deposito di titoli in amministrazione si presenta come un servizio bancario accessorio (Campobasso, 1; Mastropaolo, 264). Nei depositi in amministrazione, oltre agli obblighi di custodia, la banca assume l'obbligo di provvedere al tempestivo esercizio dei diritti e al compimento degli atti che a tal fine sono necessari (esazione degli interessi e dei dividendi, verifica dei sorteggi, esercizio dei diritti di opzione, deposito dei titoli in occasione di assemblee, versamento dei decimi, sostituzione dei titoli, ecc.). Quando sia necessario provvedere al pagamento di somme, l'obbligazione della banca si esaurisce, salvo patto contrario, nella richiesta delle somme necessarie al depositante: ma, se le somme sono richieste per l'esercizio del diritto di opzione la banca deve curare, in caso di mancata risposta del depositante, la vendita del diritto di opzione. L'ultimo comma dell'art. 1838 contempla la nullità del patto con cui la banca si esonera dall'osservare l'ordinaria diligenza nell'amministrazione dei titoli. Per il servizio prestato la banca ha diritto a un compenso in aggiunta al rimborso delle spese sostenute. La banca non può utilizzare i titoli in custodia o in amministrazione senza il consenso del depositante, pena la responsabilità civile della banca e penale di coloro che hanno commesso l'abuso. Nel caso in cui il depositante consenta l'uso dei titoli può verificarsi un'ipotesi di comodato o di locazione bancaria a seconda che sia previsto oppure no un corrispettivo a carico della banca per l'esercizio dei diritti inerenti i titoli. Il contratto di deposito di titoli in amministrazione si distingue dalla gestione attiva di patrimonio mobiliare, limitandosi nel primo caso la banca ad adempiere gli obblighi di custodia ed amministrazione, senza alcuna sollecitazione del pubblico risparmio né divulgazione di informazioni dirette a creare affidamento presso gli investitori. Natura giuridicaIl deposito di titoli a custodia o in amministrazione si presenta come un sottotipo del contratto di deposito bancario, diverso dal contratto di deposito di danaro. Le due fattispecie si differenziano sia per struttura che per disciplina e riguardano profili diversi dell'attività delle banche: i depositi di denaro costituiscono operazioni passive per la banca inerenti all'attività di raccolta, mentre il deposito di titoli in amministrazione si presenta come un servizio bancario accessorio (Campobasso, ult. cit.; Mastropaolo, ult. cit.). La complessità del contratto, che deriva dalla previsione di obblighi di amministrazione accanto agli obblighi di custodia, ha dato adito a perplessità in ordine alla qualificazione giuridica del contratto, attribuendosi talora prevalente rilievo agli obblighi di custodia e considerandosi come meramente accessori gli obblighi di amministrazione e altra volta invece attribuendosi prevalente importanza agli obblighi di amministrazione e considerandosi gli obblighi di custodia come meramente strumentali e, infine, ponendosi entrambi gli obblighi su uno stesso piano e configurandosi l'operazione come una operazione complessa, risultante dal collegamento di un mandato con un deposito (Fiorentino, in Comm. S. B., 1972, 68). L'opinione maggioritaria ritiene che il deposito di titoli in amministrazione unisca in un'unica figura negoziale complessa elementi tipici del deposito (le prestazioni di consegna, di custodia e restituzione dei medesimi beni consegnati) e del mandato (attività di gestione dei titoli depositati), con la conseguenza che la disciplina applicabile va ricavata dalle norme sul deposito o dalle norme sul mandato, a seconda dell'aspetto che viene in considerazione (Ferri, 290). Diligenza e responsabilità della banca depositaria e divieto di esoneroLa banca nello svolgimento sia dell'attività di custodia che di quella di gestione è tenuta ad osservare la diligenza richiesta dalla particolare natura dell'attività professionale espletata ex art. 1176, comma 2 (Trib. Milano 23 febbraio 1989). La giurisprudenza di merito ha ritenuto che, nel caso in cui fra banca e investitore sia in corso un contratto di deposito in custodia ed amministrazione, non può ritenersi sussistente in capo alla prima l'obbligo di segnalare al cliente l'aggravamento delle condizioni economiche dell'emittente dei titoli immessi nel deposito, non trovando ciò fondamento in alcuna disposizione normativa e essendo tale obbligo espressamente previsto dall'art. 24 TUF (d.lgs. n. 58/1998) con esclusivo riferimento al rapporto di gestione patrimoniale (Trib. Bologna 5 febbraio 2008). L'ultimo comma dell'art. 1838 stabilisce la nullità del patto con cui la banca si esonera dall'osservare l'ordinaria diligenza nell'amministrazione dei titoli. Tra gli interpreti si ritiene che il divieto sia giustificato da principi di equità e morale secondo cui alla banca non è consentito di liberarsi da obbligazioni relative ad un contratto che la stessa ha pubblicizzato e invogliato l'altra parte a concludere (Fiorentino, in Comm. S. B., 1972, 71). Il divieto di esonero riguarda solo la prestazione di «amministrazione dei titoli», nulla invece viene detto in ordine alla prestazione di «custodia» sebbene trattasi di prestazione essenziale nell'ottica del contratto. Per tale ragione la dottrina, evidenziando che la prestazione di custodia costituisce presupposto di quella di amministrazione, estende il divieto di esonero anche alla custodia dei titoli (Molle, in Tr. C. M., 1981, 647). Pignoramento dei titoli in depositoLa giurisprudenza, muovendo dalla considerazione che nel deposito in amministrazione la banca depositaria non acquisisce la titolarità dei diritti inerenti ai titoli depositati, ma solo la legittimazione ad esercitarli per conto del titolare, ha ritenuto che il pignoramento si può eseguire presso il terzo, essendo il titolo una cosa del debitore posseduta dal terzo stesso (Cass. III, n. 4653/2007). Deposito costituito da più personeIl contratto di deposito titoli in custodia ed in amministrazione può essere costituito da più depositanti. In siffatta ipotesi, per quanto riguarda la restituzione dei titoli depositati si deve distinguere a seconda che sia previsto l'esercizio congiunto o disgiunto l'esercizio delle facoltà e dei poteri derivanti dal contratto per i depositanti. Nel primo caso è necessario il consenso di tutti i depositanti per la restituzione, non essendo possibile una restituzione pro quota stante l'indivisibilità delle cose depositate, diversamente nel caso di facoltà di agire disgiuntamente si configura un'ipotesi di solidarietà attiva per cui ogni depositante ha diritto di chiedere la restituzione dell'intero, purché non vi sia l'opposizione anche di uno solo dei depositanti (Mastropaolo, 269). La giurisprudenza ha rimarcato che il contratto di deposito titoli a custodia e in amministrazione non presuppone necessariamente la proprietà, ma solo la disponibilità dei titoli stessi, con la conseguenza che la contitolarità del contratto non comporta necessariamente la dimostrazione della comproprietà dei titoli da parte dei contitolari, comproprietà che deve essere desunta da ulteriori elementi (Cass. I, n. 12552/2000). Comodato bancarioLa banca non può utilizzare i titoli in custodia o in amministrazione senza il consenso del depositante, pena la responsabilità civile della banca e penale di coloro che hanno commesso l'abuso. Nel caso in cui il depositante consenta l'uso dei titoli può verificarsi un'ipotesi di comodato o di locazione bancaria a seconda che sia previsto oppure no un corrispettivo a carico della banca per l'esercizio dei diritti inerenti i titoli (ad es. l'esercizio del diritto di voto in assemblea, o la possibilità di dare a pegno). La titolarità della cosa rimane del depositante. In dottrina non vi è un'opinione unanime in ordine alla qualificazione giuridica di tale operazione. Secondo una parte della dottrina si sarebbe in presenza di un comodato improprio o irregolare, oppure una ipotesi autonoma detta «comodato bancario» (Molle, in Tr. C. M., 1981, 763). Secondo altri autori, invece, non avendo il contratto ad oggetto la facoltà per la banca di disporre dei titoli con l'obbligo di restituirne il tantundem, la fattispecie sarebbe stata da ricondursi al mutuo o al deposito irregolare, con la conseguenza che il depositante avrebbe perso la titolarità dei titoli e conservato soltanto un diritto di credito, tutelato con il risarcimento del danno in caso di impossibilità imputabile di restituzione. Gli abusi derivanti da questa ricostruzione hanno indotto nel tempo a ridurre le operazioni concluse (Mastropaolo, ult. cit.). Deposito di titoli in amministrazione e contratto di gestione attiva di patrimonio immobiliareIl contratto di deposito di titoli in amministrazione, come disciplinato dalla norma in commento, si distingue dalla gestione attiva di patrimonio mobiliare, limitandosi nel primo caso la banca ad adempiere gli obblighi di custodia ed amministrazione, senza alcuna sollecitazione del pubblico risparmio né divulgazione di informazioni dirette a creare affidamento presso gli investitori. Nonostante la differenza tra le due tipologie contrattuali, si era posta la questione se la banca depositaria dovesse rendere edotto il depositante del deteriorarsi del titolo in deposito e amministrazione, al fine di fargli valutare l'eventuale smobilizzo. La S.C. ha ritenuto che deve escludersi che l'intermediario nella compravendita di valori mobiliari, quando abbia stipulato con il cliente solo un contratto di deposito titoli in custodia ed amministrazione, abbia un obbligo di informazione, proprio del contratto di gestione del portafoglio, relativo all'aggravamento del rischio dell'investimento già effettuato (Cass. I, n. 16318/2017). I giudici di legittimità hanno all'uopo evidenziato che gli obblighi di informazione gravanti sull'intermediario ex d.lgs. n. 58/1998, art. 21, comma 1, lett. b), («Nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e accessori i soggetti abilitati devono: (...) b) acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati»), ancorché ne sia ipotizzabile la cogenza anche in relazione alle prestazioni accessorie assunte da questo e, quindi, anche in relazione ai contratti di gestione ed amministrazione titoli di cui l'intermediario assume i compiti di custodia, non sono tuttavia scindibili dal contratto quadro di investimento regolato dal d.lgs. n. 58/1998, art. 23 e ne presuppongono la stipulazione, non essendo altrimenti configurabili se non in quanto afferenti alle prestazioni accessorie al cui adempimento l'intermediario si sia obbligato all'atto di concludere il contratto quadro. Se è infatti vero che gli obblighi di informazione previsti dall'art. 21 d.lgs. n. 58 del 1998(TUF), non riguardano soltanto la fase anteriore alla stipula del contratto di negoziazione, ma anche la fase successiva, è pur vero che gli obblighi relativi alla fase di esecuzione attengono allo svolgimento successivo del rapporto quale è predeterminato dallo stesso contratto quadro, che disciplina le modalità con cui devono essere impartiti gli ordini dal cliente ed eseguiti dall'intermediario i singoli ordini di investimento o disinvestimento; si devono invece escludere obblighi di informazione successivi alla concreta erogazione del servizio e relativi, quindi, all'investimento effettuato, quando non sia previsto nel contratto un servizio di gestione del portafoglio o un servizio di consulenza (Cass. I, n. 2185/2013). BibliografiaCampobasso, Deposito, III, Deposito bancario, in Enc. giur., X, Roma, 1988; Ferri, voce Deposito Bancario, in Enc. dir., XII, Milano, 1964; Guglielmucci, Deposito bancario, in Dig. comm., IV, Torino, 1989; Maggiolo, Libretto di deposito, in Noviss. Dig. it., IX, Torino, 1963; Mastropaolo, Deposito di titoli a custodia o in amministrazione, in Digesto comm., IV, Torino, 1989; Santoro, voce Libretto di deposito a risparmio, in Enc. dir., XXIV, Milano, 1974; Sotgia, Contratti bancari, in Commentario al codice civile a cura di D'Amelio e Finzi, Firenze, 1949. |