Codice Civile art. 1442 - Prescrizione.

Cesare Taraschi

Prescrizione.

[I]. L'azione di annullamento si prescrive in cinque anni [428 3, 761 2, 775 2].

[II]. Quando l'annullabilità dipende da vizio del consenso [1427 ss.] o da incapacità legale [1425 s.], il termine decorre dal giorno in cui è cessata la violenza, è stato scoperto l'errore o il dolo, è cessato lo stato d'interdizione o d'inabilitazione [429], ovvero il minore ha raggiunto la maggiore età [2].

[III]. Negli altri casi il termine decorre dal giorno della conclusione del contratto [428 3, 775 2].

[IV]. L'annullabilità può essere opposta dalla parte convenuta per l'esecuzione del contratto, anche se è prescritta l'azione per farla valere.

Inquadramento

L'azione di annullamento si prescrive nel termine breve di cinque anni (Bianca, 632). Si tratta di previsione inderogabile, come tutte le disposizioni che regolano l'istituto della prescrizione. Termini più brevi sono stabiliti dagli artt. 184 (Cass. II, n. 10653/2015), 768-quinquies, 1137, 2098, 2377 c.c. (Cass. I, n. 3020/2008).

Tuttavia il termine iniziale non decorre fino a quando il titolare dell'azione sia di fatto nell'impossibilità di agire, periodo in cui la prescrizione deve considerarsi sospesa ex lege (Messineo, 478). La previsione del comma 2 della norma in esame, inerente al decorso del termine di prescrizione dalla cessazione della violenza o dalla scoperta dell'errore o del dolo o dalla cessazione dello stato di interdizione o di inabilitazione o dal raggiungimento della maggiore età del minore, costituirebbe una fattispecie, del tutto eccezionale, di rilevanza degli impedimenti di fatto sul decorso della prescrizione (Grasso, voce Prescrizione, in Enc. dir., 1986, 64). Altri qualificano la previsione del comma 2, anziché eccezionale, come speciale, a fronte della previsione generale del comma 3 (per una diversa impostazione, Nannini, La prescrizione dell'azione di annullamento nei contratti dell'incapace, in Riv. dir. civ. 1979, II, 20).

La prescrizione dell'azione di annullamento soggiace agli istituti dell'interruzione e della sospensione, secondo le norme generali in tema di prescrizione di cui agli artt. 2941, 2942 e 2943 ss. c.c. (Messineo, 479). Tuttavia, la prescrizione dell'azione di annullamento del contratto può essere interrotta solo dalla domanda giudiziale, poiché ha ad oggetto un potere processuale non suscettibile di essere esercitato al di fuori del suo esperimento in giudizio (Bianca, 632; Sacco, in Tr. Vas., 1975, 431). Il termine quinquennale vale sia per i contratti sia per gli atti unilaterali tra vivi a contenuto patrimoniale ex art. 1324 c.c. (Messineo, 478).

Anche la giurisprudenza rileva che la prescrizione dell'azione di annullamento del contratto può essere interrotta solo dalla domanda giudiziale e non dalla costituzione in mora (Cass. II, n. 25468/2010). Nel caso di impugnazione del licenziamento, ai fini dell'interruzione, è sufficiente il deposito del ricorso introduttivo del giudizio nella cancelleria del giudice adito, senza che sia necessaria anche la notificazione dell'atto al datore di lavoro (Cass. sez. lav., n. 10016/2017), mentre non è idoneo il compimento di una diversa attività, quale l'istanza per il tentativo di conciliazione stragiudiziale (Cass. sez. lav., n. 24675/2016).

È possibile anche una rinuncia tacita alla prescrizione, ma tale fattispecie ricorre solo nell'ipotesi d'incompatibilità assoluta tra il fatto positivo o negativo del debitore e la volontà di opporre la causa estintiva dell'altrui diritto (Cass. III, n. 5849/1980)

Il dies a quo del termine prescrizionale

Il decorso del termine prescrizionale varia in relazione alla qualità del vizio (Messineo, 478).

Se l'incapacità deriva da interdizione o da inabilitazione, dovrà attendersi il passaggio in giudicato della sentenza di revoca del provvedimento. Con riferimento all'interdizione, secondo parte della dottrina, il dies a quo stabilito dal comma 2 concernerebbe soltanto la posizione dell'interdetto, mentre per il tutore il termine prescrizionale di cinque anni decorrerebbe dal giorno in cui l'interdetto ha compiuto l'atto, qualora si tratti dell'annullamento di atti compiuti dopo la pubblicazione della sentenza di interdizione, e dal giorno in cui è stata pubblicata la sentenza di interdizione, qualora si tratti di atti compiuti dopo la nomina del tutore provvisorio (Bruscuglia, L'interdizione per infermità di mente, Milano, 1983, 125).

Per l'annullamento causato da vizi del consenso, si opera una distinzione tra negozi tra vivi e negozi per causa di morte: per i primi il termine decorre dalla cessazione della violenza o dalla scoperta dell'errore o del dolo; per i secondi il termine decorre, ai sensi dell'art. 624 c.c., dal giorno in cui si è avuta notizia del vizio. In particolare, se la disposizione testamentaria sia annullabile per incapacità legale del testatore, vizio del volere o altro difetto di forma (art. 606 c.c.), il termine decorre dall'esecuzione della disposizione testamentaria. Se il contratto è stato concluso dal rappresentante legale del minore e il vizio interessi lo stato psichico del rappresentante, il termine decorre dalla scoperta del suo errore o dalla cessazione della violenza da lui subita, anche se questi eventi si verifichino prima del raggiungimento della maggiore età da parte del minore (Messineo, 479).

Nei casi non espressamente regolati dal comma 2, il termine di prescrizione comincia a decorrere dalla conclusione del contratto e non dal momento in cui questo comincia a produrre effetti: così accade, ad es., nel caso di contratto concluso dal rappresentante in conflitto di interessi con il rappresentato (Cass. II, n. 6755/2003) ovvero di contratto concluso dall'amministratore in conflitto d'interessi con la società (Cass. I, n. 3514/1999), nonché nel caso di annullamento, per mancanza o invalidità degli atti amministrativi prescritti dalla legge, dei contratti di diritto privato conclusi dalla P.A. (Cass. I, n. 345/1971).

Secondo la giurisprudenza, il comma 2 della norma in esame — nella parte in cui prevede che, qualora l'annullabilità di un contratto dipenda da incapacità legale di uno dei contraenti, l'azione di annullamento si prescrive nel termine di cinque anni decorrente dal giorno in cui è cessato lo stato d'interdizione o d'inabilitazione (Cass. II, n. 14781/2009) — riguarda non soltanto il caso in cui il contratto sia stato stipulato direttamente dall'incapace, ma anche quello in cui il contratto sia stato concluso dal rappresentante legale senza le autorizzazioni degli organi tutelari prescritte dalla legge per il compimento, in nome del minore, di alcune categorie di atti giuridici, ricorrendo anche in questo caso, caratterizzato come il primo da un vizio dell'atto determinato dalla sua stipulazione senza le garanzie previste dalla legge nell'interesse dell'incapace, l'esigenza di tutela di questo soggetto dagli effetti negativi dell'inerzia del tutore (Cass. II, n. 2725/1993)

Il termine decorre dal raggiungimento della maggiore età del rappresentato quando l'annullabilità derivi dalla mancanza della prevista autorizzazione del giudice tutelare (Cass. III, n. 5849/1980; Cass. II, n. 1140/1977). Ove l'errore si manifesti dopo la morte del contraente ignaro, i suoi eredi potranno proporre l'azione di annullamento a decorrere dalla sua scoperta (Cass. II, n. 18248/2016).

Inoltre, la norma in commento, per la quale il termine di prescrizione dell'azione di annullamento del contratto decorre dal giorno della scoperta dell'errore, deve essere riferita, dato il richiamo operato dall'art. 1433 c.c. alla disciplina dell'errore vizio, non solo all'errore inteso come vizio del consenso (cd. errore ostativo, consistente nella difformità fra la volontà, come stato soggettivo interno, e la sua manifestazione: Cass. sez. lav., n. 274/2018), ma anche all'errore nella dichiarazione e nella sua trasmissione, dovendo conseguentemente escludersi che, per quest'ultimo, il termine suindicato decorra dal giorno della conclusione del contratto (Cass. II, n. 3835/1983).

La scoperta del dolo non può essere identificata con la percezione di un consistente divario tra i valori delle prestazioni dedotte in contratto, ma deve farsi coincidere con la percezione da parte dell'attore dei mezzi fraudolenti messi in opera (Cass. II, n. 1717/1975). Nel caso di costituzione di parte civile nei confronti dell'imputato cui sia stata contestata la truffa contrattuale, tale costituzione, implicando la piena conoscenza degli estremi fattuali del reato ascritto, e quindi del dolo, è idonea a far decorrere il termine quinquennale di prescrizione dell'azione di annullamento (Cass. I, n. 18930/2016).

Quando l'azione sia stata esercitata oltre il termine di cinque anni dalla stipulazione del negozio, è onere dell'attore dimostrare il momento in cui è cessata la violenza o è stato scoperto l'errore o il dolo ai fini del decorso del termine di prescrizione (Cass. II, n. 8063/1992)

L'eccezione di annullamento

Il comma 4 detta una norma di chiusura, che prevede la possibilità di eccepire in ogni tempo l'annullabilità del contratto anche se la relativa azione si sia prescritta, secondo il brocardo quae temporalia ad agendum, perpetua sunt ad excipiendum.

In conseguenza di ciò, la domanda di adempimento può essere respinta in base all'eccezione di annullabilità proposta dal convenuto, anche se per sua inerzia imputabile si sia prescritta l'azione di annullamento (Cass. sez. lav., n. 427/1993). Questa previsione non si riferisce solo alle ipotesi in cui l'annullabilità derivi da incapacità legale o da vizi del consenso, ma anche a tutti gli altri casi di annullabilità richiamati dal comma 3, e pertanto deve ritenersi applicabile anche nel caso di annullamento del contratto concluso dal rappresentante in conflitto di interessi col rappresentato (Cass. II, n. 6755/2003).

In base ad un indirizzo espresso in dottrina, quando il convenuto resista ad una domanda di adempimento, allegando una causa di annullamento del contratto, potrà considerarsi avanzata un'eccezione in senso tecnico ovvero una domanda riconvenzionale, a seconda che tramite la difesa il convenuto medesimo intenda semplicemente paralizzare l'azione avversaria oppure persegua anche l'intenzione di ottenere una pronuncia di annullamento del contratto (Verde, Profili del processo civile, I, Napoli, 2008, 115). Secondo altra tesi, è dubbio che il giudice, anche in presenza di una semplice eccezione, possa non pronunziare l'annullamento (Mandrioli, Diritto processuale civile, I, Napoli, 1979, 369).

Secondo la giurisprudenza, il convenuto per l'adempimento ha la facoltà di chiedere l'annullamento, ove non sia ancora decorso il termine prescrizionale, ovvero, pur in assenza di apposita domanda giudiziale, di sollevare apposita eccezione di annullamento, non soggetta ai limiti di prescrizione previsti per la domanda di annullamento, limitandosi così a denunziare il vizio all'unico scopo di paralizzare la pretesa di controparte (Cass. III, n. 12083/2015; tuttavia, secondo Cass. II, n. 1556/1989, l'eccezione è proponibile, al fine di paralizzare l'avversa domanda, anche prima che l'azione di annullamento si sia prescritta), senza concorrere, nella seconda ipotesi, a definire gli effetti del giudicato e senza poter avanzare pretese restitutorie. Si è, anche precisato che la categoria dell'accertamento costitutivo in via incidentale si può considerare categoria generale, in quanto le norme degli artt. 1442, comma 4, e 1449, comma 2 c.c., che espressamente la prevedono, sono suscettibili di applicazione analogica, non potendo qualificarsi come norme eccezionali (Cass. III, n. 6733/2005).

La disposizione del comma 4 della norma in esame non si applica, però, in materia di deliberazioni assembleari, il cui annullamento può essere conseguito attraverso un'impugnazione soggetta ad un termine di decadenza e non di prescrizione (Cass. I, n. 384/2018), né in materia di amministrazione dei beni della comunione legale tra coniugi (Cass. II, n. 10653/2015). È stata, invece, ritenuta applicabile in caso di incapacità naturale (Cass. n. 3721/1956) e nell'ipotesi di annullabilità di negozi unilaterali inter vivos e non anche di negozi mortis causa (Cass. n. 1686/1957).

L'eccezione non può essere opposta dopo che il contratto abbia avuto esecuzione, al fine di resistere alla domanda di accertamento della sua esistenza ed efficacia (Cass. II, n. 1279/1996). In proposito, un contratto deve considerarsi non eseguito non solo quando non sia stato realizzato il suo effetto principale, ma anche tutte le volte che lo stesso non abbia avuto completa attuazione, ossia che non sia adempiuta una qualsiasi delle obbligazioni assunte. Correlativamente, ai fini della disposizione in oggetto, una parte si deve intendere convenuta per l'esecuzione del contratto tutte le volte che venga convenuta per l'adempimento di una qualsiasi delle obbligazioni da essa assunta con quel contratto, pur se accessoria rispetto a quella principale (Cass. I, n. 6526/1998).

Qualora la parte incorra nella decadenza della domanda riconvenzionale di annullamento del contratto proposta tardivamente, in forza del principio di conversione dell'atto processuale nullo, la domanda produce l'effetto di una semplice eccezione di annullabilità, mirante al rigetto della domanda di esecuzione del contratto proposta dalla controparte (Cass. III, n. 19985/2004), purché, tuttavia, non sia maturata anche la decadenza per le eccezioni di merito non rilevabili d'ufficio di cui all'art. 167 c.p.c.

L'esistenza di un vizio che comporti l'annullabilità del contratto, così come può essere eccepita dal convenuto per paralizzare la pretesa attorea senza limiti di tempo, allo stesso modo può essere invocata senza limiti di tempo dall'attore allorché, chiesto l'adempimento del contratto, si sia visto eccepire l'esistenza di un patto aggiunto impeditivo della domanda di condanna, ma annullabile per vizio del consenso (Cass. III, n. 10638/2012).

Inoltre, per «parte convenuta», ai sensi del comma 4 della norma in esame, deve intendersi anche il debitore che resista alla pretesa esecutiva con l'opposizione (Cass. III, n. 18223/2013).

Sotto il profilo processuale, la parte che abbia proposto azione di annullamento del contratto e sia destinataria in via riconvenzionale della domanda della controparte di esecuzione dello stesso, non può validamente opporre in grado di appello l'eccezione di annullabilità del contratto al fine di paralizzare la domanda di adempimento, qualora, rimasta soccombente in primo grado, non abbia provveduto ad impugnare anche il capo della decisione che ha respinto la sua domanda, trovando l'opponibilità dell'eccezione ostacolo nel giudicato formatosi sulla pronuncia di rigetto della domanda di annullamento (Cass. II, n. 15573/2005)..

Bibliografia

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