Codice Civile art. 1460 - Eccezione d'inadempimento.Eccezione d'inadempimento. [I]. Nei contratti con prestazioni corrispettive, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l'altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria [1901], salvo che termini diversi per l'adempimento siano stati stabiliti dalle parti o risultino dalla natura del contratto [1565]. [II]. Tuttavia non può rifiutarsi l'esecuzione se, avuto riguardo alle circostanze, il rifiuto è contrario alla buona fede [1375]. InquadramentoDi fronte all'alterazione dell'equilibrio sostanziale degli interessi tra le parti la legge non ha previsto soltanto rimedi diretti a rimuovere il vincolo, ma ha anche improntato strumenti diretti a conservare tale equilibrio ed a fungere al contempo da strumenti di pressione atti a promuoverne una possibile attuazione integrale nel futuro (Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, 874). Fra questi strumenti si collocano le eccezioni di inadempimento e di insolvenza, che legittimano la dilazione della prestazione a cura di uno dei contraenti (Sacco, De Nova, in Tr. Res., 1988, 526). Tali eccezioni costituiscono due aspetti di un medesimo istituto, oltre che applicazione del medesimo principio inadimplenti non est adimplendum (Mirabelli, 639; Persico, L'eccezione d'inadempimento, Milano, 1955, 7). In particolare, il principio posto a base della norma in commento trae fondamento dal nesso di interdipendenza che nei contratti a prestazioni corrispettive lega le opposte obbligazioni e prestazioni nell'ambito di un rapporto sinallagmatico, il cui contenuto, indipendentemente da esplicite previsioni negoziali, è correlato all'obbligo di correttezza delle parti, esteso alle cosiddette obbligazioni collaterali di protezione, di collaborazione, di informazione (Cass. II, n. 387/1997). In ragione dell'interpretazione analogica che viene data della norma si suole affermare che mentre l'art. 1461 c.c.tutela il contraente che deve adempiere per primo, l'art. 1460 c.c. si riferisce al contraente la cui prestazione deve essere eseguita contemporaneamente o successivamente all'esecuzione della prestazione della controparte (Sacco, De Nova, cit., 526). In realtà, tale discrimine ha una valenza meramente descrittiva, peraltro superata dalla pratica applicazione. Invero, l'eccezione di sospensione può essere opposta anche in caso di prestazioni con uguale scadenza, a giustificazione dell'inadempimento di una parte che abbia ragione di non confidare nell'adempimento dell'altra, quando le due prestazioni, sebbene entrambe scadute, non possano essere del tutto contemporanee (Mirabelli, 639). Per converso, nonostante il tenore letterale della norma, la quale sembra fare riferimento esclusivamente al c.d. adempimento mano contro mano, ossia che si determina quando non siano fissati termini per l'adempimento ovvero le scadenze dei termini fissati siano simultanee, l'eccezione ex art. 1460 c.c. può essere riconosciuta anche al contraente tenuto ad adempiere per secondo, quando il contraente che debba adempiere per primo non abbia adempiuto e nondimeno pretenda l'adempimento della controparte (Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, 875), nonché al contraente tenuto ad adempiere per primo, quando la controparte abbia preventivamente dichiarato di non voler adempiere o quando appaia fondata la probabilità dell'altrui inadempimento o quando sia decaduta dal beneficio del termine (Bigliazzi Geri, in Comm. S.B., 1988, 23; Persico, cit., 111; contra Mirabelli, 641). Da ciò deriva l'assunto secondo cui lo strumento di autotutela in commento costituisce un rimedio, non già contro l'inadempimento altrui, ma contro il rischio di inadempimento. Anche secondo la giurisprudenza l'exceptio inadimpleti contractus, benché di regola presupponga che le reciproche prestazioni siano contemporaneamente dovute, è tuttavia opponibile alla parte che debba adempiere entro un termine diverso e successivo, qualora questa abbia dichiarato di non volere adempiere, ovvero sia certo o altamente probabile che essa non sia in grado di adempiere o vi siano fondate probabilità di un ritardo tale da superare il termine contrattualmente fissato per la controprestazione, ovvero, ancora, vi sia un evidente pericolo di perdere la controprestazione (Cass. II, n. 20939/2017; Cass. III, n. 3787/2003; Cass. II, n. 7823/1998; Cass. II, n. 6441/1993). In dottrina si sottolinea che l'eccezione in esame è uno strumento di autotutela volto a paralizzare la pretesa avversaria nei contratti a prestazioni corrispettive. Essa può essere sollevata con questo scopo sia in via stragiudiziale sia in un giudizio contenzioso (Carresi, in Tr. C. M., 1987, 930; Bigliazzi Geri, cit., 4; Dalmartello, Eccezione di inadempimento, in Nss. D.I., 1964, 357). Sul piano processuale essa integra un'eccezione in senso sostanziale, rimessa all'iniziativa e alla disponibilità delle parti, che può essere sollevata in giudizio dalla parte contro cui è stato domandato l'adempimento o la risoluzione (Persico, 189; contra Grasso, 86, secondo cui l'eccezione può essere sollevata solo ove venga richiesto l'adempimento). Anche la giurisprudenza di legittimità sostiene che l'eccezione d'inadempimento è invocabile, oltre che per paralizzare la domanda di adempimento, anche al fine di escludere il diritto della controparte di far accertare e richiedere la risoluzione (anche di diritto exartt. 1454,1456 e 1457 c.c.) del contratto (Cass. II, n. 5933/2011; Cass. II, n. 4529/2001; Cass. II, n. 3400/1980). Tuttavia, l'eccezione in esame, anche se sollevata in buona fede, non ha effetti liberatori ma solo sospensivi; ne deriva che, quando ad essa faccia seguito una pronuncia di risoluzione del contratto per inadempimento della parte contro cui fu sollevata l'eccezione, gli effetti risarcitori, restitutori e liberatori della risoluzione restano disciplinati dall'art. 1458 c.c. (Cass. III, n. 8760/2019). La parte che si avvale legittimamente del suo diritto di sospendere l'adempimento della propria obbligazione pecuniaria a causa dell'inadempimento dell'altra non può essere considerata in mora (Cass. II, n. 14926/2010); tuttavia, la controparte che subisce l'avversa eccezione di inadempimento, pur non avendo diritto agli interessi moratori, ha diritto agli interessi compensativi sul prezzo (Cass. II, n. 27437/2013). L'eccezione di inadempimento non è subordinata alla presenza degli stessi presupposti richiesti per la risoluzione, in quanto la gravità dell'inadempimento è un requisito specificamente previsto dalla legge per la risoluzione e trova ragione nella radicale definitività di tale rimedio, mentre l'eccezione d'inadempimento non estingue il contratto, pur potendo il creditore avvalersi dell'eccezione anche nel caso di inesatto inadempimento (Cass. I, n. 18587/2024; Cass. VI-II, n. 12719/2021). Trattandosi di eccezione in senso stretto e non di mera difesa, essa deve essere sollevata ritualmente e tempestivamente dalla parte interessata e non può essere rilevata d'ufficio dal giudice. In senso contrario, alcuni autori ritengono che, qualora l'inadempimento dell'attore risulti dagli atti, il giudice dovrà automaticamente dichiarare legittimo il comportamento della controparte che rifiuti il proprio adempimento (Bigliazzi Geri, cit., 5; Sacco, De Nova, 527). Secondo la giurisprudenza, l'eccezione in esame è inammissibile se proposta per la prima volta in appello, trattandosi di eccezione in senso stretto non rilevabile d'ufficio (Cass. II, n. 6168/2011; Cass. II, n. 13746/2002). Inoltre, l'eccezione di inadempimento, al pari di ogni altra eccezione, non richiede l'adozione di forme speciali o formule sacramentali, essendo sufficiente che la volontà della parte di sollevarla sia desumibile in modo non equivoco dall'insieme delle sue difese e, più in generale, dalla sua condotta processuale (Cass. II, n. 3211/2024; Cass. I, n. 13024/2014; Cass. II, n. 17424/2010; Cass. II, n. 20870/2009; Cass. II, n. 11728/2002). Può essere dedotta per la prima volta in sede giudiziale, quand'anche non sia stata sollevata in precedenza per rifiutare motivatamente l'adempimento chiesto ex adverso, non ponendo l'art. 1460 c.c. alcuna limitazione temporale o modale alla sua esperibilità, salva l'ipotesi di termini differenziati di adempimento, né essendo l'esercizio della facoltà di sospendere l'esecuzione del contratto, a fronte del grave inadempimento della controparte, subordinato ad alcuna condizione né, in particolare, alla previa intimazione di una diffida o ad alcuna generica contestazione dell'inadempimento (Cass. II, n. 17214/2020; Cass. II, n. 8314/2003). Un autore rileva che, ove l'eccezione sia opposta in via stragiudiziale e non sia ripresa all'esito dell'instaurazione del giudizio, deve intendersi tacitamente rinunciata (Realmonte, Eccezione di inadempimento, in Enc. dir., 1965, 234). L'eccezione di inadempimento non preclude, comunque, la possibilità di proporre la domanda di risoluzione, di comunicare una diffida ad adempiere o di valersi di una clausola risolutiva espressa (Bigliazzi Geri, cit., 6). Essa, inoltre, interrompe il corso della prescrizione del credito dell'eccipiente (Bigliazzi Geri, cit., 6) I presuppostiLa possibilità di sollevare l'eccezione presuppone l'inadempimento della controparte o un adempimento inesatto (Cass. II, n. 23345/2009; Cass. II, n. 9517/2002), purché vi sia proporzionalità tra le reciproche inadempienze. A tal fine, il giudice non deve avere riguardo alle sole obbligazioni principali dedotte in contratto, ma anche a quelle secondarie a cui le parti abbiano attribuito carattere di essenzialità sul piano sinallagmatico (Cass. I, n. 10668/1999). L'eccezione è ammissibile solo se l'adempimento della controparte sia ancora possibile; infatti, ove l'inadempienza sia definitiva, non è legittimo il rifiuto di adempiere, con cui la parte voglia precostituirsi le condizioni per ottenere un risarcimento dei danni subiti (Cass. II, n. 2721/1988). Inoltre, l'eccezione in esame non è subordinata alla presenza degli stessi presupposti richiesti per la risoluzione, in quanto la gravità dell'inadempimento è un requisito specificamente previsto dalla legge per la risoluzione e trova ragione nella radicale definitività di tale rimedio, mentre l'eccezione d'inadempimento non estingue il contratto, pur potendo il creditore avvalersi dell'eccezione anche nel caso di inesatto adempimento (Cass. VI-II, n. 12719/2021). In senso parzialmente difforme, si è affermato che anche nel caso di inadempimento definitivo, con conseguente sostituzione alla prestazione originaria di un diritto al risarcimento dei danni, l'eccezione potrebbe eventualmente essere ancora proposta ove, a fronte dell'interesse di una parte ad ottenere l'equivalente risarcitorio, si ponga l'interesse dell'altra a ricevere la prestazione dovutale (Grasso, 134). L'eccezione può essere sollevata anche nei confronti del contraente il cui inadempimento sia incolpevole, ossia nei casi di impossibilità temporanea non imputabile (Bigliazzi Geri, cit., 18; Sacco, De Nova, cit., 528). In senso contrario, altro autore ha osservato che l'eccezione di inadempimento, così come l'azione di risoluzione, si configura come una sanzione avverso l'inadempimento altrui, sicché presuppone un addebito a carico dell'inadempiente (Auletta, 137). Al contempo, in astratto, può essere eccepito anche l'inadempimento di scarsa importanza della controparte, poiché il requisito della gravità dell'inadempimento, regolato dall'art. 1455 c.c., non costituisce un elemento richiesto per l'exceptio inadimpleti contractus, salvo che in concreto siffatta eccezione non risulti contraria al canone di buona fede (Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, 874). Ragion per cui anche un inadempimento di poca importanza potrebbe legittimare l'opposizione dell'eccezione, sia pure entro limiti di proporzionalità con la parte di prestazione non eseguita (Persico, 145; Carresi, in Tr. C. M., 1987, 930). Si osserva, poi, che, in caso di adempimento tardivo non dovuto a colpa del debitore, di fronte alla disponibilità del debitore ad adempiere, sia pure tardivamente, il creditore non ha la possibilità di opporre l'eccezione, sulla scorta del principio di cui all'art. 1256, comma 2 c.c., secondo cui il debitore non è responsabile del ritardo nel caso di impossibilità temporanea, finché essa perdura; se, invece, il ritardo è dovuto a colpa, l'eccezione è opponibile fino a quando e nei limiti in cui sia risarcito il danno (Persico, cit., 127). Una volta opposta l'eccezione di inadempimento, il creditore non risponde dell'impossibilità sopravvenuta della propria prestazione che non sia causalmente ascrivile ad una sua condotta, non potendo per definizione essere considerato in mora, pena l'integrazione di una contraddizione intrinseca del sistema tra il riconoscimento di un diritto e la sanzione conseguente al suo esercizio; piuttosto si applicherà la disciplina dell'impossibilità sopravvenuta non imputabile (Persico, 193). Nel caso in cui sopravvenga l'impossibilità non imputabile della prestazione di una parte, il rifiuto della controparte di eseguire la propria prestazione nei contratti ad efficacia obbligatoria trova ragione non nell'eccezione di inadempimento, ma nell'estinzione del vincolo sinallagmatico determinata dalla sopravvenuta impossibilità di una delle prestazioni (Bigliazzi Geri, cit., 339; Realmonte, cit., 227). Si ammette, poi, un'eccezione parziale, che permetterebbe all'eccipiente di ridurre la propria prestazione a fronte di un'inesattezza quantitativa o qualitativa della controprestazione che non sia tale da giustificare un'eccezione totale d'inadempimento (Bianca, 1994, 351). La giurisprudenza ritiene che l'esercizio dell'eccezione d'inadempimento prescinde dalla responsabilità della controparte, in quanto è meritevole di tutela l'interesse della parte a non eseguire la propria prestazione in assenza della controprestazione, e ciò per evitare di trovarsi in una situazione di diseguaglianza rispetto alla controparte medesima; sicché, detta eccezione può essere fatta valere anche nel caso in cui il mancato adempimento dipende dalla sopravvenuta relativa impossibilità della prestazione per causa non imputabile al debitore (Cass. II, n. 8102/2015; Cass. III, n. 21973/2007). Inoltre, quando la parte interessata abbia manifestato la volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa, il giudice deve valutare l'eccezione di inadempimento proposta dall'altra parte, attesa la pregiudizialità logica della stessa rispetto all'avverarsi degli effetti risolutivi che normalmente discendono in modo automatico, ai sensi dell'art. 1456 c.c., dall'accertamento di un inadempimento colpevole (Cass. II, n. 21115/2013; Cass. II, n. 4058/1989). Assai ristretto è lo spazio applicativo della norma con riferimento alle obbligazioni negative e di custodia (Bigliazzi Geri, Eccezione di inadempimento, in Dig. civ., 1991, 346). In particolare, per le obbligazioni negative la possibilità di opporre l'eccezione di inadempimento presuppone che l'inadempimento non sia definitivo e che sia osservato il limite della buona fede (Bigliazzi Geri, 346). L'eccezione può trovare accoglimento solo se sia accompagnata dall'offerta di adempimento della prestazione dovuta dall'eccipiente (Mirabelli, 640) La contrarietà a buona fedeL'eccezione di inadempimento è ammessa solo se il rifiuto di adempiere non sia contrario alla clausola di buona fede oggettiva, intesa come correttezza nell'esecuzione del rapporto obbligatorio. Con il riferimento alla buona fede il legislatore intende porre l'accento sulla necessità che vi sia equivalenza tra l'inadempimento o la mancanza di adempimento altrui e l'adempimento che è rifiutato mediante l'eccezione, ovvero che il rifiuto di adempimento per effetto della sollevazione dell'eccezione sia successivo e causalmente giustificato dall'inadempimento o dalla mancanza di adempimento altrui (Grasso, 136; Persico, cit., 140). Il giudizio sulla buona fede deve essere formulato, non soltanto avendo riguardo all'entità dell'inadempimento, ma più in generale facendo riferimento alla correttezza dei comportamenti tenuti (Bigliazzi Geri, 33). Inoltre, sulla valutazione della buona fede influiscono, oltre che fattori di tipo oggettivo, anche fattori di tipo soggettivo, come la consapevolezza della parte che formula l'eccezione del fatto che l'inadempimento dell'altra deriva da errore scusabile (Bigliazzi Geri, cit., 343; Realmonte, cit., 231). Pertanto, sotto tale profilo deve essere valutato il comportamento della parte che eccepisca l'inadempimento dell'altra, benché quest'ultima abbia prestato idonea garanzia, e ciò benché l'art. 1460 c.c., diversamente dall'art. 1461 c.c., non richiami espressamente tale causa di esclusione dell'eccezione (Bigliazzi Geri, 34). In senso contrario, altro autore ha evidenziato che l'eccezione può essere ugualmente opposta nonostante la prestazione della garanzia (Persico, 86). Secondo una tesi, lo spazio applicativo della buona fede sarebbe riferito anche all'ipotesi di adempimento parziale o comunque inesatto, ivi compreso l'inadempimento di obbligazioni accessorie, sicché in tali fattispecie l'eccezione sarebbe più appropriatamente qualificabile come exceptio non rite adimpleti contractus (Persico, cit., 126). In senso contrario, si osserva che la distinzione tra exceptio inadimpleti contractus ed exceptio non rite adimpleti contractus avrebbe un valore essenzialmente descrittivo (Bigliazzi Geri, cit., 96). Secondo la giurisprudenza, premesso che la buona fede richiamata nella norma in esame è solo quella in senso oggettivo (Cass. III, n. 8760/2019), il giudizio di buona fede presuppone una valutazione comparativa del comportamento dei contraenti con riguardo soprattutto alle inadempienze reciproche, sia sotto il profilo cronologico, sia sotto il profilo del nesso di causalità e di proporzionalità tra le stesse (Cass. III, n. 5682/2001; Cass. II, n. 4565/1990; Cass. II, n. 3371/1988). In sostanza, in base al principio di buona fede e correttezza, occorre verificare se la condotta della parte inadempiente, avuto riguardo all'incidenza sulla funzione economico-sociale del contratto, abbia influito sull'equilibrio sinallagmatico dello stesso, in rapporto all'interesse perseguito dalla parte, e perciò abbia legittimato causalmente e proporzionalmente la sospensione dell'adempimento dell'altra parte (Cass. III, n. 2154/2021; Cass. I, n. 2720/2009; Cass. III, n. 16822/2003). In particolare, ai fini della legittima proposizione dell'eccezione di inadempimento, è necessario che il rifiuto di adempimento, oltre a trovare concreta giustificazione nei legami di corrispettività e interdipendenza tra prestazioni ineseguite e prestazioni rifiutate, non sia contrario a buona fede, cioè non sia determinato da motivi non corrispondenti alle finalità per le quali esso è concesso dalla legge, come quando l'eccezione è invocata non per stimolare la controparte all'adempimento, ma per mascherare la propria inadempienza; al fine del relativo accertamento, assume rilevante importanza la circostanza che la giustificazione del rifiuto sia resa nota alla controparte solo in occasione del giudizio e non in occasione dell'attività posta in essere allo scopo di conseguire l'esecuzione spontanea del contratto (Cass. III, n. 22353/2010; Cass. III, n. 7528/2009; Cass. II, n. 10506/1994). Non vale ad escludere l'opponibilità dell'eccezione il fatto che la controparte inadempiente abbia prestato idonea garanzia (Cass. III, n. 908/1968). Si è, inoltre, affermato che costituisce vizio di sussunzione per falsa applicazione dell'art. 1460 c.c. ritenere legittimamente sollevata l'eccezione in esame da parte di chi, a fronte di un inadempimento altrui solo parziale, rifiuti per intero di adempiere la propria obbligazione (Cass. III, n. 8760/2019). Nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, poiché l'esecuzione avviene mediante coppie di prestazioni in corrispondenza di tempo, il sinallagma, alla cui tutela è predisposto il rimedio ex art. 1460 c.c., va considerato separatamente per ciascuna coppia di prestazioni; ne consegue che, in tali contratti, l'eccezione d'inadempimento può essere sollevata unicamente riguardo alla prestazione corrispondente a quella richiesta all'eccipiente, restando escluse, ai sensi dell'art. 1458, comma 1, c.c., le prestazioni già eseguite (Cass. I, n. 34341/2024; Cass. II, n. 4225/2022; Cass. III, n. 7550/2012). In tema di locazione, si ritiene che, qualora il conduttore abbia continuato a godere dell'immobile locato, pur in presenza di vizi, non è legittima la sospensione o riduzione unilaterale da parte sua del pagamento del canone, perché tale comportamento non sarebbe proporzionale all'inadempimento del locatore (Cass. VI-III, n. 17020/2022; Cass. VI-III, n. 13887/2011; Cass. III, n. 8425/2006); secondo altro orientamento, tuttavia, la sospensione parziale o totale del pagamento del canone può essere legittima non solo quando venga completamente a mancare la prestazione della controparte, ma anche nell'ipotesi di inesatto inadempimento, tale da non escludere ogni possibilità di godimento dell'immobile, purché essa appaia giustificata in relazione alla oggettiva proporzione dei rispettivi inadempimenti, riguardata con riferimento all'intero equilibrio del contratto e all'obbligo di comportarsi secondo buona fede (Cass. III, n. 2154/2021; Cass. III, n. 20322/2019 ; Cass. III, n. 16918/2019; Cass. III, n. 22039/2017). In tema di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello abitativo, il contegno del conduttore che, dopo aver denunciato i vizi del bene locato, accetti il rinnovo automatico del contratto alla prima scadenza, comporta l'implicita rinuncia a farli valere, in conseguenza della quale gli è precluso di chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del canone o il risarcimento del danno o l'esatto adempimento, nonché di avvalersi dell'eccezione di cui all'art. 1460 c.c. (Cass. III, n. 21845/2023). Per quanto attiene al rapporto tra la norma in esame e l'art. 1578 c.c., quest'ultimo offre al conduttore una tutela contro i vizi della cosa locata esistenti al momento della consegna, che presuppone l'accertamento giudiziale dell'inadempimento del locatore ai propri obblighi ed incide direttamente sulla fonte dell'obbligazione; al contrario, l'art. 1460 c.c. prevede una forma di autotutela che attiene alla fase esecutiva e non genetica del rapporto e consente al conduttore, in presenza di un inadempimento del locatore, di sospendere liberamente la sua prestazione, nel rispetto del canone della buona fede oggettiva, senza la necessità di adire il giudice ai sensi dell'art. 1478 c.c. (Cass. III, n. 16917/2019). Nell'ambito di un contratto di appalto, l'eccezione di inadempimento, formulata in considerazione di alcuni vizi ed incompletezze dei lavori, opera nei limiti del corrispondente importo, sicchè non esclude che per il residuo il committente, una volta effettuata la parziale compensazione tra i reciproci crediti delle parti, sia tenuto a corrispondere il corrispettivo dovuto per i lavori esenti da vizi, ed i relativi interessi di mora (Cass. II, n. 5869/2007); spetta, comunque, al giudice del merito accertare se la spesa occorrente per l'eliminazione delle difformità sia proporzionata a quella che il committente rifiuta di corrispondere all'appaltatore o che subordina a tale eliminazione (Cass. VI-II, n. 26365/2013). Sempre in tema di inadempimento del contratto d'appalto, si è statuito che, laddove l'opera risulti ultimata, il committente, convenuto per il pagamento, può opporre all'appaltatore le difformità ed i vizi dell'opera, in virtù del principio inadimpleti non est adimplendum al quale si ricollega la più specifica disposizione dettata dal secondo periodo dell'ultimo comma dell'art. 1667 c.c., analoga a quella di portata generale di cui all'art. 1460 c.c. in materia di contratti a prestazioni corrispettive, anche quando la domanda di garanzia sarebbe prescritta ed, indipendentemente, dalla contestuale proposizione, in via riconvenzionale, di detta domanda, che può anche mancare, senza pregiudizio alcuno per la proponibilità dell'eccezione in esame (Cass. II, n. 19979/2024; Cass. II, n. 7041/2023). In caso di appalto di servizi, a fronte dell'inadempimento, da parte dell'appaltatore, dell'obbligo di presentazione del documento unico di regolarità contributiva (DURC), il committente è legittimato a sospendere il pagamento delle prestazioni, ai sensi dell'art. 1460 c.c., stante la sinallagmaticità del rapporto contrattuale e l'esposizione del committente al rischio di rispondere in solido del versamento degli oneri previdenziali e contributivi ex art. 29 d.lgs. n. 276/2003 (Cass. II, n. 4079/2022). Il filtro della buona fede opera anche nelle ipotesi speciali di eccezione di inadempimento, contemplate dalla disciplina di singoli contratti, come in tema di assicurazione, ai sensi dell'art. 1901 c.c., dove è prevista la sospensione della garanzia per effetto del mancato pagamento del premio alle scadenze convenute (Cass. III, n. 27132/2006; Cass. III, n. 1698/2006; Cass. L, n. 15407/2000), nonché in tema di somministrazione, ai sensi dell'art. 1565 c.c., dove è riconosciuta la facoltà del somministrante di sospendere le proprie prestazioni, in caso di mancato pagamento dei corrispettivi alle previste scadenze (Cass. II, n. 10620/1990). Qualora il giudice rilevi che l'inadempimento della parte nei cui confronti è opposta l'eccezione non è grave ovvero ha scarsa importanza, in relazione all'interesse dell'altra parte a norma dell'art. 1455 c.c., deve ritenersi che il rifiuto di quest'ultima di adempiere la propria obbligazione non sia di buona fede e quindi non sia giustificato ai sensi dell'art. 1460, comma 2 c.c. (Cass. III, n. 22626/2016; Cass. L, n. 11430/2006). Si è, altresì, precisato che non incorre in alcuna contraddizione il giudice di merito che apprezzi un comportamento di inadempimento come contrario a buona fede ai fini di giustificare un'eccezione di inadempimento e poi lo consideri di scarsa importanza ai fini di un'azione di risoluzione del contratto per inadempimento. Infatti, i due piani di valutazione sono del tutto diversi. Ai fini della valutazione prevista dall'art. 1460 c.c., l'inadempimento della parte viene valutato solo nell'ottica della realizzazione del sinallagma contrattuale allo scopo di considerarlo o meno giustificato in dipendenza dell'inadempimento dell'altra. Tale valutazione si esprime in un confronto fra i due inadempimenti e non nell'oggettiva valutazione di ciascuno di essi e può risolversi negativamente sia per il fatto che le prestazioni corrispettive inadempiute dovessero eseguirsi in tempi diversi, sia perché uno degli inadempimenti non appaia conforme a buona fede. Il piano di valutazione supposto dall'art. 1455 c.c. in ordine alla non scarsa importanza dell'inadempimento, quale fatto giustificativo della risoluzione del contratto, è invece del tutto diverso, giacché non è funzionale all'apprezzamento della realizzazione del sinallagma contrattuale, ma del suo scioglimento, e l'inadempimento viene valutato non comparativamente alla condotta dell'altra parte, bensì nel suo significato oggettivo di impedimento alla realizzazione del sinallagma stesso (Cass. III, n. 28578/2024; Cass. III, n. 26334/2019; Cass. III, n. 1690/2006). Gli oneri probatori dell'eccipienteLa parte che ha proposto l'eccezione deve semplicemente allegare l'inadempimento della controparte a sostegno del suo rifiuto di adempiere, mentre sarà la controparte a dover dimostrare il proprio adempimento per confutare l'eccezione, in applicazione dei principi negativa non sunt probanda e di vicinitas della prova. L'opponibilità dell'eccezione di inadempimento può essere pattiziamente esclusa (Persico, cit., 217; contra Bigliazzi Geri, cit., 347). L'eccezione di inadempimento può costituire oggetto di rinuncia tacita, come accade qualora la parte adempia nonostante la consapevolezza della possibilità di sollevare l'exceptio. È parimenti ammissibile la rinuncia agli effetti dell'eccezione, che si realizza quando, dopo aver utilizzato il rimedio di autotutela, la parte, sebbene persista l'atteggiamento negativo dell'altra, adempia ugualmente la propria prestazione (Bigliazzi Geri, cit., 347). Secondo l'ormai costante giurisprudenza di legittimità, il debitore convenuto per l'adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno, ove si avvalga dell'eccezione di inadempimento, dovrà limitarsi ad allegare l'altrui inadempimento, mentre sarà il creditore agente a dover dimostrare il proprio adempimento ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell'obbligazione (Cass. VI-III, n. 3587/2021; Cass. VI-I, n. 25584/2018; Cass. II, n. 23759/2016; Cass. III, n. 3373/2010; Cass. I, n. 13674/2006; Cass.S.U., n. 13533/2001). Anche quando sia eccepito l'inesatto adempimento, è sufficiente che l'eccipiente alleghi l'inesattezza della prestazione, gravando sulla controparte l'onere della prova contraria (Cass. II, n. 9439/2008). Nei contratti di durata, chi agisce per l'adempimento deve dimostrare di avere eseguito la sua prestazione per tutto il tempo relativamente al quale il corrispettivo è domandato (Cass. I, n. 689/1971). In applicazione di tale ultimo principio, la dottrina rileva che, quand'anche non abbia proposto la relativa eccezione, il convenuto non può essere condannato se non risulta che l'attore abbia adempiuto (Sacco, De Nova, cit., 528) L'ambito applicativoLa norma in esame si riferisce espressamente ai contratti a prestazioni corrispettive. In proposito, si è, ad es., precisato, in materia di contratto d'opera intellettuale, che il rimedio contrattuale dell'eccezione di inadempimento è legittimamente esperibile dal professionista nel caso in cui il cliente non abbia assolto l'obbligo di anticipare le spese occorrenti per il compimento dell'opera ex art. 2234 c.c., purché la sospensione della prestazione avvenga secondo buona fede, cioè non sia attuata in modo tale da determinare al cliente un pregiudizio irreparabile, dovendo a tal fine aversi riguardo alla tempestività della contestazione dell'inadempimento dal professionista al cliente, idonea a consentire a quest'ultimo di assumere le iniziative opportune per salvaguardare l'interesse o l'utilità perseguita con l'attuazione del contratto (Cass. III, n. 26973/2017). In tema di contratto d'opera implicante la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, l'art. 2236 c.c. limita ai soli casi di dolo o colpa grave l'esperibilità dell'azione di risarcimento dei danni ad opera del committente, non anche la proponibilità dell'eccezione d'inadempimento nei confronti del prestatore di lavoro professionale che chieda il pagamento del compenso asseritamente maturato (Cass. I, n. 34341/2024). L'eccezione in esame è stata, altresì, ritenuta invocabile, sia pure entro certi limiti, da parte del notaio che non abbia percepito il compenso per l'attività svolta o il rimborso delle spese sostenute (Cass. III, n. 904/2013), nonché da parte del cliente nei confronti dell'avvocato che abbia violato l'obbligo di diligenza professionale, purché la negligenza sia idonea ad incidere sugli interessi del cliente stesso (Cass. II, n. 25894/2016). Nella vendita, il compratore può sollevare l'eccezione di inadempimento, ai sensi dell'art. 1460 c.c., non solo quando venga completamente a mancare la prestazione della controparte, ma anche nel caso in cui dall'inesatto adempimento del venditore derivi l'inidoneità della cosa venduta all'uso cui è destinata, purché il rifiuto di pagamento del prezzo risulti giustificato dall'oggettiva proporzione dei rispettivi inadempimenti, riguardato con riferimento al complessivo equilibrio sinallagmatico del contratto ed all'obbligo di comportarsi secondo buona fede (Cass. II, n. 14986/2021). In tema di preliminare di vendita, ai fini dell'accoglimento della domanda ex art. 2932 c.c., il promissario acquirente è inadempiente se non offre il versamento del prezzo e non può ottenere il trasferimento del diritto, ove la controparte sollevi l'eccezione di cui all'art. 1460 c.c. (Cass. II, n. 27342/2018). In particolare, in tema di contratto preliminare di compravendita immobiliare, la mancata consegna o il mancato rilascio del certificato di abitabilità (o agibilità) ovvero l'insussistenza delle condizioni perché tale certificato venga rilasciato, non incidono sul piano della validità del contratto, ma integrano un inadempimento del venditore per consegna di aliud pro alio, adducibile da parte del compratore in via di eccezione, ai sensi dell'art. 1460 c.c., o come fonte di pretesa risarcitoria per la ridotta commerciabilità del bene, salvo che quest'ultimo non abbia espressamente rinunciato al requisito dell'abitabilità o comunque esonerato il venditore dall'obbligo di ottenere la relativa licenza (Cass. VI-II, n. 10655/2020; Cass. II, n. 23265/2019); il promissario acquirente che sia stato diffidato a concludere il contratto definitivo entro un determinato termine, ha l'onere di eccepire, ex art. 1460 c.c., l'inadempimento del promittente venditore in relazione all'obbligo di produrre il certificato di agibilità dell'immobile prima che quest'ultimo, scaduto il termine fissato nella diffida, receda dal contratto preliminare, con la conseguenza che, qualora non proponga tale eccezione, non può più addurre in giudizio l'inadempimento come causa di illegittimità del recesso nel frattempo esercitato dalla controparte (Cass. II, n. 26690/2023). La disposizione in commento è oggetto di frequente applicazione anche con riguardo alle eccezioni sollevate nell'ambito del rapporto di lavoro (Cass. sez. lav., n. 15676/2023; Cass. sez. lav., n. 7566/2020 ; Cass. sez. lav., n. 12777/2019; Cass. sez. lav. n. 434/2019; Cass. sez. lav., n. 20745/2018; Cass. sez. lav., n. 12094/2018; Cass. sez. lav., n. 18178/2017; Cass. sez. lav., n. 3959/2016; Cass. sez. lav., n. 4474/2015; contra Cass. sez. lav., n. 11408/2018). Si ritiene, invece, che l'istituto non sia applicabile nei contratti associativi (Grasso, 133). In senso contrario alcuni autori ritengono che l'eccezione possa essere sollevata anche nei contratti plurilaterali con comunione di scopo, a fronte dell'inadempimento di una prestazione essenziale, in ragione di un'applicazione analogica, giustificata dal riconoscimento del più intenso rimedio della risoluzione, ai sensi dell'art. 1459 c.c. (Bianca, 1994, 331; Persico, cit., 61). In dottrina, così come in giurisprudenza, si registra comunque una tendenza ad allargare l'ambito operativo della disposizione, facendo riferimento, anziché alla nozione di corrispettività, al concetto di interdipendenza delle prestazioni (Bigliazzi Geri, cit., 21), in modo da poter essere sollevata nei rapporti tra loro collegati. Così, essa può riguardare anche le obbligazioni nascenti da una pronuncia giudiziale di nullità, annullamento e risoluzione, poiché sull'esercizio del potere di autotutela non rileva la fonte delle obbligazioni, purché tra loro corrispettive o, in senso più ampio, interdipendenti (Bianc a, 1994, 333; Bigliazzi Geri, cit., 336; Realmonte, cit., 226). L'eccezione è legittimamente opponibile anche nei contratti bilaterali imperfetti (mandato, mutuo, deposito, ecc.), anche a titolo gratuito, qualora l'obbligato principale abbia diritto alla corresponsione dei mezzi necessari per l'esecuzione del contratto (Bianca, 1994, 332). Nell'ipotesi di obbligazioni soggettivamente complesse, siano esse parziarie o solidali, la legittimazione deve essere riconosciuta a ciascun concreditore-condebitore verso ciascun condebitore-concreditore. Sono altresì legittimati a sollevare l'eccezione di inadempimento gli eredi delle parti, il cessionario del contratto, il promittente nei confronti del terzo per l'ipotesi di inadempimento dello stipulante (Bigliazzi Geri, cit., 344; Realmonte, cit., 236).
In giurisprudenza si sostiene che l'eccezione può operare anche con riguardo ad inadempienze inerenti a rapporti sostanzialmente diversi, purché le parti nell'esercizio del loro potere di autonomia abbiano voluto tali rapporti come funzionalmente e teleologicamente collegati tra loro e posti in rapporto di reciproca interdipendenza, onde tale principio non risulta applicabile a rapporti che siano indipendenti l'uno dall'altro (Cass. sez. lav., n. 18487/2008; Cass. sez. lav., n. 5938/2006; Cass. sez. lav., n. 8467/2003): pertanto, il mancato pagamento del corrispettivo relativo a un contratto di somministrazione di energia elettrica non abilita il fornitore a sospendere - ex art. 1565 c.c., norma che costituisce specificazione della generale eccezione di inadempimento - l'esecuzione di un distinto contratto, successivamente stipulato con lo stesso cliente, non potendosi configurare un collegamento negoziale tra rapporti i cui effetti si producono in periodi cronologicamente successivi (Cass. III, n. 21070/2024). Nella vendita a consegne ripartite, ed ove la prestazione sia economicamente scindibile, l'eccezione d'inadempimento può paralizzare la richiesta della controprestazione relativa alla parte della prestazione non eseguita, ma non quella riguardante la porzione di prestazione già eseguita, che non sia stata restituita né offerta in restituzione (Cass. II, n. 9311/2017; Cass. II, n. 11469/1991). Invece, l'eccezione non può essere invocata nei contratti di società (Cass. II, n. 12487/1995; Cass. I, n. 5180/1993; ma vedi Cass. I, n. 26222/2014, in ordine alle società cooperative), con riguardo al regolamento di condominio, sia pure di natura contrattuale (Cass. II, n. 977/2000), nonché nei rapporti tra condominio e singoli condomini (Cass. II, n. 10816/2009; Cass.S.U., n. 10492/1996; contra Cass. II, n. 10723/1993). L'eccezione, infine, può essere sollevata anche nei rapporti con la P.A. (Cass. I, n. 5232/1985; Cass. II, n. 1308/1983; cfr. anche Cass.,S.U., n. 27170/2006). BibliografiaAuletta, La risoluzione per inadempimento, Milano, 1942; Belfiore, voce Risoluzione del contratto per inadempimento, in Enc. dir., Milano, 1988; Bianca, Diritto civile, V, La responsabilità, Milano, 1994; Bianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, Diritto civile, 1.2, Fatti e atti giuridici, Torino, 1990; Boselli, voce Eccessiva onerosità, in Nss. D.I., Torino, 1960; Busnelli, voce Clausola risolutiva espressa, in Enc. dir., Milano, 1960; Dalmartello, voce Risoluzione del contratto, in Nss. D.I., Torino, 1969; Grasso, Eccezione di inadempimento e risoluzione del contratto, Napoli, 1973; Mirabelli, in Comm. UTET, 1984; Mosco, La risoluzione del contratto per inadempimento, Napoli, 1950; Natoli, voce Diffida ad adempiere, in Enc. dir., Milano, 1964; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, rist. 1989; Smiroldo, Profili della risoluzione per inadempimento, Milano, 1982; Tartaglia, voce Onerosità eccessiva, in Enc. dir., Milano, 1980 |