Codice Civile art. 1329 - Proposta irrevocabile.Proposta irrevocabile. [I]. Se il proponente si è obbligato a mantenere ferma la proposta per un certo tempo [1183 1, 1326 2, 1331 2], la revoca è senza effetto [1887]. [II]. Nell'ipotesi prevista dal comma precedente, la morte o la sopravvenuta incapacità del proponente non toglie efficacia alla proposta, salvo che la natura dell'affare o altre circostanze escludano tale efficacia. InquadramentoL'art. 1329 c.c. disciplina un particolare procedimento di formazione del contratto, basato su di una proposta (cd. ferma o irrevocabile) destinata a mantenersi stabile per il tempo fissato dal proponente: l'oblato può, cioè, accettarla (e nel caso revocare la propria accettazione) o meno entro il termine fissato dal proponente che, invece, resta vincolato ad essa per il tempo che egli stesso ha fissato, senza possibilità di sua ritrattazione. L'utilità di un simile schema è chiara ictu oculi: concedere all'oblato un lasso di tempo entro cui decidere se concludere o meno l'affare, evitando che i termini della proposta possano essere, medio tempore, modificati dal proponente. In proposito va subito evidenziato, come d'altronde chiarito a commento dell'art. 1326 c.c., che la proposta «ordinaria» cessa di avere efficacia, tra l'altro, se l'accettazione perviene a conoscenza del proponente oltre il termine da lui stabilito, ovvero quello necessario secondo la natura degli affari o gli usi (art. 1326, comma 2 c.c.), salvo che il proponente ritenga efficace l'accettazione tardiva (ed in tal caso deve darne immediatamente avviso all'altra parte, ex art. 1326, comma 3 c.c.), nonché per sua revoca (cfr. art. 1328, comma 1 c.c.), salvo i casi di proposta irrevocabile. Le due ipotesi vanno, in realtà, collegate tra loro giacché, il termine di efficacia di una proposta contrattuale va distinto da quello di irrevocabilità della proposta stessa, l'uno avendo la funzione di stabilire il lasso di tempo entro il quale deve pervenire al proponente la relativa accettazione, l'altro essendo diretto a fissare i limiti di durata di quell'ulteriore e specifica manifestazione di volontà necessaria affinché una semplice proposta contrattuale acquisti anche il suddetto eccezionale carattere dell'irrevocabilità; con la duplice conseguenza di una possibile diversità di ampiezza dei due termini e dell'insufficienza della sola indicazione del termine ai fini dell'acquisizione dell'irrevocabilità (Cass. II, n. 18001/2010) La natura giuridica della proposta irrevocabileLa proposta irrevocabile (e, per effetto dell'equiparazione normativa compiuta, quoad effectum, dall'art. 1331 c.c., la concessione di un'opzione) deve contenere, secondo lo schema ordinario ex art. 1326 c.c., tutti gli elementi essenziali del contratto da concludere, sì da consentire la conclusione del contratto nel momento e per effetto dell'adesione ad opera dell'oblato. Nei medesimi termini si esprime la giurisprudenza di legittimità, la quale osserva come tanto la proposta irrevocabile (art. 1329 c.c.) quanto la dichiarazione resa vincolante per una delle parti da un patto di opzione (art. 1331 c.c.) debbono contenere tutti gli elementi essenziali del contratto da concludere in modo da consentire la conclusione di tale contratto nel momento e per effetto della adesione dell'altra parte, senza necessità di ulteriori pattuizioni assumendo, in mancanza, carattere di mero accordo preparatorio destinato ad inserirsi nell'iter formativo del futuro contratto con l'effetto di fissarne solo gli elementi già concordati (nella specie, la proposta di compravendita di un immobile aveva riservato ad un successivo accordo le modalità di pagamento del prezzo già stabilito) (Cass. III, n. 10777/1993. Conf. Cass. n. 18201/2004). Di recente, nello stesso senso, Cass. II, n. 9694/2023: la proposta irrevocabile deve contenere tutti gli elementi essenziali del contratto da concludere, in modo che, con l'adesione della parte destinataria, sia possibile stipulare il detto negozio, senza la necessità di un'ulteriore pattuizione. In caso contrario, invece, essa assumerà carattere di mero accordo preparatorio, che è soltanto una parte dell'intero iter formativo del futuro contratto, nel quale confluiranno comunque gli elementi già concordati con la proposta. Quanto alla natura giuridica della proposta ex art. 1329 c.c., molto si è discusso, in dottrina come in giurisprudenza. Secondo l'opinione dominante in dottrina, la proposta irrevocabile condivide, della proposta «ordinaria», la natura di atto prenegoziale, caratterizzato dalla peculiarità che essa sopravvive sia alla volontà del proponente di porla nel nulla sia — a determinate condizioni (cfr. art. 1329, comma 2 c.c.) alla scomparsa o alla sopravvenuta incapacità di questo. La soluzione, però, non è condivisa da quegli autori che ritengono essersi in presenza di un negozio giuridico in senso proprio (Santoro Passarelli, 210), né da quelli che qualificano la clausola di irrevocabilità alla stregua di un autonomo negozio unilaterale di rinunzia al potere di revoca normalmente spettante al proponente (Tamburrino, 26). In quest'ultimo solco pare dunque porsi la giurisprudenza di legittimità, la quale, evidenziato come l'effetto dell'irrevocabilità della proposta contrattuale consista nella temporanea privazione degli effetti di una eventuale revoca disposta dal proponente, allo scopo di accordare uno spatium deliberandi maggiore al destinatario per l'accettazione, chiarisce che, in simile ipotesi, accanto alla proposta si colloca un atto (negoziale) che pone a carico dell'offerente un vincolo impegnativo di per sé, sebbene inidoneo a mutare la natura della proposta medesima (Cass. II, 18001/2010; Cass. n. 1427/1953). Non mancano, però, anche orientamenti diversi, che collocano la proposta irrevocabile nel diverso — seppur collegato — ambito applicativo dell'opzione: il mancato esercizio, entro la scadenza del termine all'uopo fissato, della facoltà di accettare l'altrui proposta irrevocabile, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 1331 c.c. — si legge in Cass. II, n. 15411/2013 — facendo venir meno la soggezione dell'offerente al diritto potestativo del contraente cui è stata concessa l'opzione, libera definitivamente il primo, con la conseguenza che la manifestazione della volontà del secondo di aderire all'offerta, se sopravviene tardivamente, equivale ad una nuova proposta che non vincola l'originario offerente se non in caso di accettazione da parte del medesimo. La diversità tra proposta irrevocabile ed opzione è tuttavia chiaramente delineata da Cass. II, n. 3339/1987, la quale specifica che l'opzione, a differenza della proposta irrevocabile, ha natura di negozio giuridico bilaterale: mentre nella proposta irrevocabile vi è una parte che avanza una proposta contrattuale ed unilateralmente si impegna a mantenerla ferma per un certo tempo, nell'opzione vi sono due parti che convengono che una di essa resti vincolata dalla propria dichiarazione mentre l'altra resta libera di accettarla o meno; in entrambi i casi, vi è una proposta contrattuale irrevocabile ma, mentre nel primo l'irrevocabilità dipende esclusivamente dalla volontà, dall'impegno unilaterale del proponente, nel secondo la irrevocabilità dipende da una convenzione tra le parti, la cui volontà devono quindi essere espresse ed incontrarsi. La proposta irrevocabile in linea di massima differisce, inoltre, anche dalla prelazione. Mentre l'opzione si sostanzia in una convenzione in base alla quale una delle parti si obbliga a rimanere vincolata alla propria dichiarazione ed all'altra è conferita la facoltà di accettarla o meno, nella prelazione si realizza un contratto preliminare unilaterale, in forza del quale un parte ha diritto di essere preferita ad altri, a parità di condizioni, qualora il promittente si induca alla conclusione di un determinato contratto: sicché, nel primo caso, il patto di opzione — parificato nel regime normativo, ex artt. 1331 e 1329 alla proposta irrevocabile — vincola immediatamente ed incondizionatamente lo stipulante allo adempimento, purché il promissario eserciti il diritto potestativo di accettare l'offerta; nella prelazione, al contrario, non sorge alcun obbligo immediato a carico del promittente, il quale è libero anche di non stipulare il contratto cui si riferisce la prelazione, obbligandosi solo a preferire, ove esso venga concluso, il promissario (Cass. III, n. 402/1982). Tuttavia, pur tenendo conto delle differenze appena evidenziate, si riconduce alla proposta irrevocabile il diritto di prelazione nei rapporti fra coeredi, previsto dall'art 732 c.c. per la durata dello stato di comunione ereditaria, in quanto la proposta di alienazione che il coerede, che intenda alienare a terzi la propria quota indivisa dei beni ereditari, deve notificare agli altri coeredi è irrevocabile per il periodo legale di due mesi, durante il quale i coeredi destinatari della proposta medesima hanno il diritto di accettarla (Cass. II, n. 3557/1975). È infine comunemente escluso che la clausola contenente la proposta irrevocabile rientri tra quelle cd. vessatorie: essa è, pertanto, valida anche se inserita in un modulo di commissione firmato in calce (Cass. II, n. 3781/1974): Ove, tuttavia, l'irrevocabilità venga pattuita per un termine tale da comportare per il proponente limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni alla controparte, si ritiene che essa vada ricondotta nell'ambito della previsione di cui all'art 1341, comma 2 c.c., con conseguente sua inefficacia in difetto di specifica approvazione per iscritto (Cass. III, n. 4319/1976). Tale principio è stato confermato da Cass. II, n. 6639/2012, la quale ha chiarito che, in tema di clausole vessatorie nel contratto tra professionista e consumatore, la previsione dell'art. 33, comma 2, lett. e) d.lgs. n. 206/2005 — diretta a sanzionare la lesione inferta all'equilibrio negoziale che si concretizza nel trattenimento di una somma di denaro ricevuta prima dell'esecuzione delle prestazioni contrattuali, qualora non si ponga a carico dell'accipiens un obbligo restitutorio e un ulteriore obbligo sanzionatorio qualora sia egli stesso a non concludere o a recedere — è applicabile in presenza non solo di un contratto già concluso ed impegnativo per entrambi i contraenti, ma anche di un negozio preparatorio vincolante per il consumatore, quale quello discendente da una proposta irrevocabile, tutte le volte che il consumatore stesso — nel versare, contestualmente all'impegno assunto, una somma di denaro destinata ad essere incamerata dal beneficiario in caso di mancata sottoscrizione del successivo preliminare «chiuso» o del definitivo da parte del proponente — abbia aderito ad un testo, contenente la detta clausola vessatoria, predisposto o, comunque, utilizzato dal professionista oblato. La «scelta» dell'irrevocabilità della proposta L'irrevocabilità può dipendere da una scelta del proponente — e, in tal caso, la volontà di mantenere ferma la proposta può manifestarsi in qualunque modo adeguato allo scopo, tenuto conto della natura dell'affare e delle altre circostanze concomitanti — ovvero dalla legge — come nel caso disciplinato dall'art. 1887 c.c. (per cui la proposta di assicurazione rivolta per iscritto all'assicuratore rimane ferma per 15 giorni o, qualora occorra una visita medica, per 30 giorni) o dall'art. 782 c.c. (alla cui stregua è irrevocabile, per il periodo di un anno dalla data della comunicazione, la proposta di donazione fatta ad una persona giuridica dopo che al donante è stata notificata la domanda diretta ad ottenere dall'autorità competente l'autorizzazione ad accettarla). Relativamente alla prima ipotesi (per così dire, convenzionale), la formulazione della clausola di irrevocabilità può essere varia, ma deve contenere l'espressa menzione dell'impegno del proponente di mantenere ferma la proposta stessa per un determinato periodo di tempo e, pertanto, in difetto dell'assunzione di tale obbligo, l'irrevocabilità non può essere desunta dalle peculiarità dell'affare né dal comportamento del proponente; né è sufficiente a rendere irrevocabile la proposta la mera apposizione di un termine. A tale ultimo proposito, cfr. Cass. II, n. 6386/2005, per cui la previsione di un termine per l'accettazione della proposta, non costituisce manifestazione inequivoca della volontà di tenere ferma quella stessa proposta. Il termine di efficacia di una proposta contrattuale, infatti, va distinto da quello di irrevocabilità della proposta stessa, il primo avendo la funzione di stabilire il lasso di tempo entro cui quale deve pervenire al proponente l'accettazione dell'oblato, il secondo essendo inteso a fissare i limiti di durata di quell'ulteriore e specifica manifestazione di volontà, necessaria perché una semplice proposta contrattuale acquisti anche il carattere eccezionale dell'irrevocabilità, con la duplice conseguenza di una possibile diversità di ampiezza dei due termini e della insufficienza, ai fini di siffatta acquisizione, della sola indicazione del primo (Cass. II, n. 41/1990). Ciò non significa, però, che si debba propendere per soluzioni troppo formalistiche, nel senso che la volontà di mantenere ferma la proposta può comunque manifestarsi in qualunque modo adeguato allo scopo (Scognamiglio, 132). Non può sottacersi, infine, che la dottrina tradizionalmente contrappone alla revoca della proposta il suo «ritiro»: mentre la prima è successiva alla ricezione della proposta da parte del destinatario, il ritiro riguarda la diversa ipotesi in cui la proposta viene meno prima che l'oblato abbia avuto conoscenza della proposta medesima (Carresi, 759; Ravazzoni, 190; Galgano, 137); sicché il ritiro precede la ricezione della proposta da parte del destinatario di questa, avvertendolo di non tenere in alcun conto la proposta che successivamente riceverà, con l'evidente utilità pratica di caducare gli effetti di una proposta che, per volontà del proponente, sarebbe altrimenti irrevocabile ex art. 1329 c.c. Il termine di irrevocabilità Come anticipato, la formulazione della clausola di irrevocabilità può essere varia, ma deve contenere l'espressa menzione dell'impegno del proponente di mantenere ferma la proposta stessa per un determinato periodo di tempo, in mancanza di tale termine dovendosi la proposta considerare pura e semplice (Mirabelli, 76). Il termine, peraltro, va fissato dal proponente nel medesimo documento contenente la proposta o con altro atto nella forma richiesta dalla natura del contratto (Cass. II, n. 5910/1983). Conforme, in giurisprudenza, Cass. II, n. 20583/2014 per la quale l'elemento normativamente richiesto dall'art. 1329 c.c. per attribuire alla proposta il predicato della irrevocabilità è, per l'appunto, la determinazione del tempo «fino alla consumazione del quale il proponente è obbligato a mantenere ferma la proposta» (per il leading case sul tema si rinvia a Cass. S.U., n. 2103/1975). In mancanza di tale espressa indicazione, devono negarsi tanto l'irrevocabilità della proposta, quanto la sopravvivenza di essa alle cause di estinzione (Cass. II, n. 5910/1983). La soluzione non è, tuttavia, pacifica né scontata. Secondo un primo orientamento, infatti, la mancata indicazione del termine costituirebbe una causa di nullità della proposta (Benedetti, 157) mentre, per altri autori, in mancanza della fissazione di un termine, la proposta resterebbe irrevocabile fino alla scadenza del termine all'uopo fissato dal giudice (Gabrielli, 216). Una teoria mediana ritiene, ancora, che il legislatore, pur non imponendo la previsione espressa di un termine di irrevocabilità della proposta, comunque richiede che il proponente stabilisca il criterio in base al quale dovrebbe essere predeterminata la durata del proprio vincolo, riferendosi a circostanze di fatto oppure a dati normativi (Maiorca, 157) mentre, secondo un ulteriore orientamento, qualora il termine di irrevocabilità non sia indicato dal proponente, esso si determina in forza del termine ordinariamente necessario secondo la natura dell'affare o gli usi, ex art. 1326, comma 2 c.c. (Scognamiglio, 134; Sacco, 224). Del pari, in giurisprudenza, si è ritenuto che, allorché manchi il termine determinato dal proponente, la proposta dovrebbe ritenersi irrevocabile nei limiti del termine ex art. 1326, comma 2 c.c. ovvero che il termine potrebbe essere determinato dal giudice, in applicazione analogica dell'art. 1183 c.c. (Cass. II, n. 2671/1974). Contra, però, Cass. II, n. 3339/1987, cit., per cui per ritenere il carattere irrevocabile della proposta, non può farsi ricorso ad altri meccanismi di determinazione del termine predisposti nel codice civile come, ad esempio, quello dettato in materia di opzione dall'art. 1331, comma 2 c.c. non richiamabile analogicamente, data la sua natura di eccezione al principio generale di revocabilità della proposta o come quello previsto dall'art. 1183 c.c. che, regolando il tempo dell'adempimento, concerne già la fase di formazione del contratto, ma la sua esecuzione ovvero, ancora, quello contemplato dall'art. 1326, comma 2 c.c. che, facendo riferimento al «termine ordinariamente necessario secondo la natura dell'affare o secondo gli usi» e riferendosi alla accettazione, riguarda l'oblato e non già il proponente (cfr. anche Cass. S.U., n. 2103/1975, cit.) La cessazione di efficacia della proposta irrevocabileLa proposta irrevocabile cessa di avere effetti: 1) ove scada il termine entro cui il proponente si è impegnato a tenere ferma la proposta senza alcuna accettazione dell'oblato; 2) se l'oblato rifiuta la proposta (in termini, Cass. III, n. 1512/1965); 3) se l'oblato non esprima un'accettazione pienamente conforme alla proposta e, secondo lo schema dell'art. 1326, comma 5 c.c. proponga modifiche o aggiunte, sì da pervenire, in sostanza, alla formulazione di una nuova proposta (cfr. anche Cass. I, n. 2488/1968). La prima ipotesi è certamente quella più complessa da esaminare, giacché essa pone non solo (e non tanto) il problema dello spirare della condizione di irrevocabilità della proposta, ma anche (e, piuttosto) il problema della persistente efficacia di quest'ultima come proposta «semplice», in quanto tale revocabile. Si ritiene, in dottrina, che la scadenza del termine di irrevocabilità sia compatibile con la persistente efficacia della proposta semplice, ove sussista un interesse del proponente a mantenerla in vita (Scognamiglio, 137). La medesima soluzione è accolta dalla giurisprudenza di legittimità, la quale precisa che l'irrevocabilità costituisce una qualità intrinseca della proposta stessa, che permane fino a quando, con la scadenza del termine, viene automaticamente a caducarsi, senza che occorra una qualsiasi sua revoca, salva una diversa volontà del proponente cui, nell'ambito della autonomia privata, non può negarsi il potere di dar vita ad una proposta irrevocabile ma scindibile da tale sua qualità e quindi capace di sopravvivere, una volta scaduto il termine, come semplice proposta revocabile ex art. 1328 c.c., nei limiti di tempo di cui all'art. 1326, comma 2 c.c. (Cass. II, n. 9229/1991) La morte e la sopravvenuta incapacità del proponenteL'art. 1329, comma 2 c.c. dispone che, in conseguenza della sua irrevocabilità, la proposta rimane efficace anche qualora sopravvenga la morte o l'incapacità del proponente, salvo che la natura dell'affare o altre circostanze ne escludano l'efficacia: conseguentemente, l'oblato può comunque manifestare la propria volontà di accettare la proposta nei confronti degli eredi o del rappresentante legale dell'incapace, mentre il richiamo alla natura dell'affare ha la funzione di evitare la persistente efficacia di proposte aventi ad oggetto contratti personali, ossia connotati dall'intuitus personae (Scognamiglio, 132). Si è però osservato, in giurisprudenza, che, essendo la proposta priva di termine revocabile senza limiti, il fatto che il proponente dichiari la sua proposta come valida pur dopo la sua morte e vincolante per gli eredi, si risolve in un'enunciazione che per questi ultimi è vuota di conseguenze, diversamente dal caso di proposta munita di termine di efficacia o fatta nell'esercizio del commercio, ove il vincolo di irrevocabilità, che l'ordinamento riconnette a dette circostanze, realizza un quid capace di essere oggetto di successione (Cass. I, n. 827/1965).. 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