Codice Civile art. 1355 - Condizione meramente potestativa.

Gian Andrea Chiesi
aggiornata da Nicola Rumìne

Condizione meramente potestativa.

[I]. È nulla l'alienazione di un diritto o l'assunzione di un obbligo subordinata a una condizione sospensiva che la faccia dipendere dalla mera volontà dell'alienante o, rispettivamente, da quella del debitore [645].

Inquadramento

L'avvenimento futuro ed incerto condizionante l'efficacia del contratto può essere indipendente dalla volontà delle parti (cd. condizione casuale) ovvero, al contrario, può dipendere dalla volontà di una di esse (cd. condizione potestativa): se, rispetto a quest'ultima categoria, si ritengono valide ed efficaci a) la condizione sospensiva potestativa — dipendente, cioè, dal futuro comportamento volontario di una delle parti — ovvero b) la condizione mista — dipendente tanto dalla volontà delle parti, quanto da un elemento casuale (quale potrebbe essere l'intervento di un terzo) — è invece c) nullo il contratto con condizione sospensiva meramente potestativa — consistente, cioè, nel mero arbitrio di una delle parti.

Il fondamento della previsione va rinvenuto nella considerazione per cui, diversamente opinando, una parte sostanzialmente resterebbe in balia dell'arbitrio dell'altro contraente, mancando la volontà attuale di disporre di un diritto o di assumere un'obbligazione. In ciò, peraltro, va ravvisata la differenza rispetto alla condizione sospensiva potestativa «semplice», laddove la volontà di disporre del diritto c'è, è attuale, ma è, per l'appunto, condizionata.

Chiarisce in proposito Cass. III, n. 18239/2014 che la condizione è «meramente potestativa» quando consiste in un fatto volontario il cui compimento o la cui omissione non dipende da seri o apprezzabili motivi, ma dal mero arbitrio della parte, svincolato da qualsiasi razionale valutazione di opportunità e convenienza, sì da manifestare l'assenza di una seria volontà della parte di ritenersi vincolata dal contratto, mentre si qualifica «potestativa» quando l'evento dedotto in condizione è collegato a valutazioni di interesse e di convenienza e si presenta come alternativa capace di soddisfare anche l'interesse proprio del contraente, soprattutto se la decisione è affidata al concorso di fattori estrinseci, idonei ad influire sulla determinazione della volontà, pur se la relativa valutazione è rimessa all'esclusivo apprezzamento dell'interessato.

La norma trova applicazione non solo quando l'assunzione di un'obbligazione sia rimessa alla mera volontà del debitore, ma anche quando l'efficacia globale di un negozio a prestazioni corrispettive dipenda unicamente dalla mera volontà della parte che ne tragga il vantaggio principale (Pelosi, 296).

Conforme è la posizione della giurisprudenza di legittimità che ha affermato che la disciplina dell'art. 1355 trova applicazione anche nell'ipotesi in cui l'efficacia globale di un contratto a prestazioni corrispettive dipenda esclusivamente dalla mera volontà della parte che ne tragga il vantaggio principale (Cass. n. 5099/1988)

Condizione potestativa e meramente potestativa

La condizione potestativa si distingue in condizione potestativa semplice e condizione meramente potestativa: nel primo caso, l'evento futuro ed incerto consiste in una dichiarazione di volontà che è il risultato complesso di una serie di motivi, rappresentanti molteplici ed apprezzabili interessi; nel secondo, si tratta di una semplice dichiarazione di volontà o di un fatto tale che si possa compiere o non compiere indifferentemente, senza che vi siano seri motivi per compierlo od ometterlo. Sotto altro profilo, mentre nella condizione potestativa rilevano a criteri obiettivi, quali le regole di comune correttezza, equità o ragionevolezza, comunque controllabili dall'altra parte e ai quali la parte deve adeguarsi, essi difettano, al contrario, nella condizione meramente potestativa, laddove l'evento futuro ed incerto consiste in un puro e semplice fatto volontario di una parte.

In dottrina sono stati elaborati, altresì, ulteriori criteri discretivi: a) secondo taluni, la condizione meramente potestativa attribuisce alla parte un diretto potere sull'efficacia o sull'inefficacia del contratto mentre la condizione potestativa semplice tutela l'interesse della parte a decidere una propria azione e non l'interesse a decidere in ordine al contratto (Maiorca, 298); b) secondo altri, la distinzione andrebbe incentrata, piuttosto, sull'inerenza degli interessi cui la volontà della parte si riferisce, se essi attengano, cioè, al piano interno o esterno al contratto, nel primo caso ricorrendo una condizione meramente potestativa, nel secondo una condizione potestativa semplice (Pelosi, 288).

Cass. II, n. 11774/2007 chiarisce che la condizione è «meramente potestativa» quando consiste in un fatto volontario il cui compimento o la cui omissione non dipende da seri o apprezzabili motivi, ma dal mero arbitrio della parte, mentre si qualifica «potestativa» quando la volontà del debitore dipende da un complesso di motivi connessi ad apprezzabili interessi che, pur essendo rimessi all'esclusiva valutazione di una parte, agiscano sulla sua volontà determinandola in un certo senso. In senso del tutto analogo Cass. III, n. 728/2006 chiarisce che la condizione è meramente potestativa, con conseguente sanzione di nullità ex art. 1355 c.c., quando l'efficacia del negozio è collegata non già ad una ponderata valutazione di seri od apprezzabili motivi e delinei un'alternativa capace di soddisfare anche l'interesse del soggetto obbligato — sicché l'evento dedotto dipende anche dal concorso di fattori estrinseci che possono influire sulla determinazione della volontà pur se la relativa valutazione è attribuita all'esclusivo apprezzamento dell'interessato —, ma è viceversa rimessa al suo mero arbitrio, così da presentarsi come effettiva negazione di ogni vincolo obbligatorio.

In caso di condizione sospensiva potestativa semplice l'adempimento della condotta determinativa del fatto è elemento costitutivo della fattispecie negoziale attributiva del diritto, con la conseguenza che l'onere di provare l'avveramento dell'evento condizionante grava su colui che intende far valere quel diritto (Cass. n. 25597/2016).

La casistica giurisprudenziale è varia. A titolo esemplificativo, si è detto che: 1) la clausola apposta ad un preliminare di vendita, la quale preveda la risoluzione del rapporto per il caso in cui venga a mancare, entro un termine prefissato, la stipulazione per atto pubblico del contratto definitivo, costituisce non una condizione sospensiva meramente potestativa, dipendente dall'arbitrio del debitore e tale da rendere nulla l'obbligazione, ma una condizione risolutiva potestativa semplice, in quanto ricollegabile a un fatto volontario connesso a seri ed apprezzabili motivi, e pertanto è compatibile con la promessa di vendita e non ne invalida le relative obbligazioni (Cass. II, n. 126/1978); 2) del pari, la clausola che prevede la risoluzione del preliminare di vendita immobiliare in caso di mancata approvazione del progetto di lottizzazione deve essere qualificata come condizione risolutiva e non come condizione potestativa unilaterale, poiché non implica il riconoscimento di un diritto potestativo in capo al contraente (Cass. II, n. 9550/2018); 3) ove le parti subordinino gli effetti di un contratto preliminare di compravendita immobiliare alla condizione che il promissario acquirente ottenga da un istituto bancario un mutuo per potere pagare in tutto o in parte il prezzo stabilito, tale condizione è qualificabile come «mista», dipendendo la concessione del mutuo anche dal comportamento del promissario acquirente nell'approntare la pratica (Cass. II, n. 22046/2018); 4) in tema di rimborso delle spese straordinarie sostenute per il figlio minore, la condizione del «previo accordo» tra i genitori divorziati non può essere qualificata come meramente potestativa, non essendo rimessa al mero arbitrio della parte in cui favore è predisposta, ma ad essa deve riconoscersi natura giuridica di condizione potestativa semplice o impropria (Cass. VI-1, n. 25698/2017); 5) in tema di contratto di agenzia, la clausola contrattuale che prevede la facoltà della società mandante di tenere l'agente vincolato al divieto di concorrenza nei suoi confronti ed il correlato obbligo della medesima società di corrispondere un corrispettivo in caso di esercizio di tale facoltà, non integra una condizione meramente potestativa, in quanto l'efficacia dell'obbligazione non dipende dalla volontà dello stesso debitore, ossia dell'agente sul quale grava l'obbligo di non-concorrenza, bensì da quella della parte creditrice, ovvero della casa mandante, sicché tale patto non rientra nella previsione di nullità di cui all'art. 1355 c.c., ma va qualificato come patto di opzione ex art. 1331 c.c. (Cass. sez. lav., n. 17770/2016); 6) la clausola contrattuale con la quale il sorgere del diritto al compenso da parte del professionista incaricato del progetto di un'opera viene condizionato all'ottenimento del finanziamento per l'opera progettata non è configurabile come condizione meramente potestativa, come tale nulla, atteso che, se è vero che il verificarsi di essa dipende dalla volontà e dall'attività di una sola delle parti, è anche vero che tale accadimento non è indifferente per la parte in questione, alla stregua di un mero si voluero, non potendosi dubitare della piena funzionalità della pattuizione ad uno specifico interesse dedotto come tale nel contratto e perciò oggetto del medesimo (Cass. I, n. 20444/2009); 7) configura una condizione potestativa semplice nella clausola che subordina il pagamento del compenso pattuito per la redazione del progetto di un edificio all'acquisto, da parte del committente, dell'area sulla quale avrebbe dovuto essere eseguita l'opera (Cass. II, n. 1747/1980); 8) si ha una condizione potestativa semplice o impropria, ove sia prevista la clausola con la quale una parte (nella specie società di professionisti forensi organizzati in studio di consulenza ed assistenza legale), obbligata contro pagamento di un premio annuale a prestare all'altra assistenza e consulenza tecnica legale nelle controversie di responsabilità civile, riservi al proprio giudizio insindacabile la valutazione della procedibilità o defendibilità della causa, giacché il giudizio dell'obbligato è pur sempre in relazione ad obbiettive circostanze di fatto e ragioni di legge, la valutazione delle quali, intesa ad una giusta e ragionevole delimitazione del rischio e degli obblighi relativi, non può non obbedire anch'essa al principio della buona fede (Cass. III, n. 2570/1954); 9) la clausola che, all'interno di un contratto preliminare di cessione di azienda, sottoponga il contratto alla condizione risolutiva rappresentata dal mancato conseguimento da parte del promittente acquirente del titolo di studio necessario ai fini della sua iscrizione al Registro esercenti attività commerciali, non costituisce una condizione meramente potestativa, in quanto il suo avverarsi o meno non dipende esclusivamente dalla volontaria presentazione del candidato agli esami, ma anche dal giudizio della commissione esaminatrice, ed in ogni caso, essendo la clausola strutturata come condizione risolutiva, non potrebbe discenderne alcuna nullità, essendo essa nullità prevista dalla legge per la sola condizione meramente potestativa sospensiva (Cass. III, n. 2497/2004).

Posta la premessa e le precisazioni che precedono, ove la condizione meramente potestativa sia sospensiva, l'art. 1355 c.c. sanziona con la nullità l'alienazione del diritto o l'assunzione di un obbligo.

Secondo la recente Cass. III, n. 6535/2024 è ammissibile la condizione di adempimento apposta a un contratto, la quale non è meramente potestativa, dato che la scelta di adempiere (o meno) non dipende dal mero arbitrio del debitore, ma è l'esito di una ponderazione di vantaggi e svantaggi, subordina l'efficacia del contratto a un evento incerto (l'adempimento, inteso come fatto, non già quale obbligo), atteso che la parte obbligata ad adempiere potrebbe comunque decidere di restare inadempiente, e non incide sul momento programmatico del contratto ma su quello esecutivo, giacché il negozio, perfezionato ed efficace nel suo contenuto, è soggetto a condizione solo rispetto alla sua esecuzione. Nello stesso senso Cass. I, n. 23028/2023.

La ratio di tale disciplina è stata rinvenuta nella considerazione per cui un impegno dell'alienante o del debitore condizionato al si volam è come se non esistesse, come se non fosse mai stato preso, mancando la volontà attuale di disporre di un diritto ovvero di assumere un obbligo (Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, 763): la condizione invalida vizia, dunque, l'intero negozio (vitiatur et vitiat) (Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, 763). Altra dottrina ha invece ritenuto che, riguardando la sanzione della nullità, l'alienazione del diritto o l'assunzione dell'obbligo, essa non si estenderebbe all'intero contratto (vitiatir sed non vitiat), che potrà pertanto conservare la propria efficacia ex art. 1419 c.c., a condizione che esso però contenga altre disposizioni, ultronee rispetto all'alienazione del diritto o all'assunzione dell'obbligo (Maiorca, 304).

Segue. La condizione risolutiva meramente potestativa

Argomentando a contrario dal testo dell'art. 1355 c.c. si deve affermare la validità della condizione risolutiva meramente potestativa, giacché una clausola di tal fatta conferisce ad una delle parti una facoltà di recesso unilaterale ex art. 1373 c.c. ovvero di scioglimento del contratto per mutuo consenso anticipato. Tale conclusione trova conforto tanto in dottrina quanto in giurisprudenza.

Dalla circostanza che la norma disciplina espressamente la sola ipotesi in cui sia apposta una condizione meramente potestativa di natura sospensiva, si desume — a contrario — che la condizione meramente potestativa invalida il negozio cui inerisce soltanto quando ha effetto sospensivo, ma non anche quando ha effetto risolutivo (Falzea, 8). Ed infatti, in simile evenienza il negozio produce immediatamente i suoi effetti, i quali potranno essere caducati per accordo tra le parti in ragione della mera volontà espressa da una di esse, in maniera non dissimile rispetto a) a quanto avviene in ipotesi di clausola attributiva della facoltà di recesso unilaterale — sempre ammissibile, salvo che non sia incompatibile con la causa del contratto (Bianca, 701; Mirabelli, 237) ovvero b) a quanto avviene nel caso di mutuo consenso, benché anticipato (Messineo, 178).

Una dottrina minoritaria, cionondimeno, sostiene che la condizione risolutiva meramente potestativa sarebbe nulla, ma senza che tale invalidità si trasmetta all'intero negozio che, dunque, non ne sarebbe inficiato (Rescigno, 796).

Cass. II, n. 9840/1999 conferma che la condizione potestativa risolutiva non rientra nella previsione di nullità di cui all'art. 1355 c.c. il quale commina la nullità della condizione meramente potestativa sospensiva; e nel medesimo senso si è pronunziata anche, più recentemente, Cass. II, n. 9879/2018 la quale non solo ha ritenuto che la costituzione di una servitù volontaria ben può essere subordinata a condizione risolutiva, che non è incompatibile con la costituzione di una servitù poiché non incide sul requisito della permanenza, connaturale al contenuto reale dell'asservimento tra due fondi, ma si risolve in un modo convenzionale di estinzione della servitù stessa, ma nella medesima occasione ha altresì chiarito che tale condizione è valida anche se meramente potestativa, in quanto l'art. 1355 c.c. limita la nullità, nell'ambito delle condizioni meramente potestative, a quelle sospensive. In particolare, si è detto che la clausola che accordi ad entrambi i contraenti di una compravendita il potere di far venir meno gli effetti del contratto non può essere ricondotta nell'ambito del patto di riscatto, contemplato dall'art. 1500 con riferimento soltanto al venditore, ma può integrare, sulla base dell'individuazione dell'effettiva volontà degli stipulanti, una condizione risolutiva potestativa (non rientrante nella previsione di nullità di cui all'art. 1355 c.c., inerente alla condizione meramente potestativa di tipo sospensivo), ovvero un patto di recesso ai sensi dell'art. 1373 c.c., considerando che il primo comma di tale ultima norma, ove esclude il recesso dopo l'esecuzione del contratto, è suscettibile di deroga convenzionale (Cass. II, n. 812/1992)..

Bibliografia

Barbero, Condizione, in Nss. D.I., Torino, 1957; Besozzi, Presupposti applicativi della finzione di avveramento della condizione, in Contratti, 2003, 1096; Bianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, Diritto civile, 1.2, Fatti e atti giuridici, Torino, 1990; Cataudella, I contratti. Parte generale, Torino, 2014; Falzea, voce Condizione (diritto civile), in Enc. giur., Roma, 1988; Ferrara, La condizione potestativa, in Riv. dir. comm, 1931, 565; Galgano, Diritto civile e commerciale, II, 1, Padova, 1993; Maiorca, voce Condizione, in Dig. civ., 1988; Marchetti, Lineamenti evolutivi della potestatività condizionale: dal contratto allo “smart contract”, in Riv. dir. civ., 2022, I, 96 ss.;  Messineo, Il contratto in genere, Milano, 1968; Micari, Pendenza della condizione e finzione di avveramento. in Giust. civ., 2004, I, 2793; Orlando, Condizione «casuale» e «mista»: gli equivoci della giurisprudenza, in Contratti, 2013, 991; Osti, voce Contratto, in Nss. D.I., Torino, 1959; Pelosi, La proprietà risolubile nella teoria del negozio condizionato, Milano, 1975; Rescigno, voce Condizione, in Enc. dir., Milano, 1961; Sacco, De Nova, in Tr. Res., 1999, 148; Stanzione, Condizioni meramente potestative e situazioni creditorie, in Rass. dir. civ., 1981, 732; Santoro-Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, rist. 1985; Tatarano, «Incertezza», autonomia privata e modello condizionale, Napoli, 1976.

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