Codice Civile art. 1428 - Rilevanza dell'errore.InquadramentoL'errore che cade sugli elementi del contratto determina la divergenza tra il significato oggettivo dell'atto ed il significato a esso attribuito dalla parte per ignoranza della realtà materiale o del senso delle parole usate, per inesatta trasmissione della dichiarazione e così via (Bianca, 608) Presupposti generaliAi fini dell'annullamento del contratto per errore è necessario accertare, da un lato, se la parte caduta in errore si sia indotta alla stipula del contratto in base ad una distorta rappresentazione della realtà, determinante ai fini della conclusione del negozio, e, dall'altro, se con l'uso della normale diligenza l'altro contraente avrebbe potuto rendersi conto dell'altrui errore, non essendo richiesto che l'errore sia stato riconosciuto in concreto, bensì l'astratta possibilità di tale riconoscimento, in una persona di media avvedutezza (Cass. II, n. 24738/2017). Pertanto, l'effetto invalidante dell'errore è subordinato, prima ancora che alla sua essenzialità o riconoscibilità, alla circostanza (della cui prova è onerata la parte che deduce il vizio del consenso) che la volontà sia stata manifestata in presenza di tale falsa rappresentazione (Cass. III, n. 21074/2009). L'ordinamento giuridico non prevede, quale ulteriore requisito dell'errore rilevante ai fini dell'annullamento del contratto, che esso sia scusabile: ne deriva che la presunzione di conoscenza delle norme giuridiche non esclude la rilevanza dell'errore dipendente da ignoranza o falsa conoscenza di una norma, né tale presunzione vale di per sé ad escludere a priori la riconoscibilità di un errore siffatto (Galgano, 283). In altri termini l'errore è rilevante anche se inescusabile, purché sia obiettivamente percepibile a protezione dell'affidamento incolpevole altrui (Mirabelli, 546). Tuttavia, nell'ipotesi di errore bilaterale, che ricorre quando esso sia comune a entrambe le parti, il contratto è annullabile a prescindere dall'esistenza del requisito della riconoscibilità, poiché in tal caso non è applicabile il principio dell'affidamento, avendo ciascuno dei contraenti dato causa all'invalidità del negozio (v., tra le altre, Cass. VI, n. 20974/2011). Occorre poi distinguere tra errore vizio, che incide sulla formazione della volontà, ed errore ostativo, disciplinato dall'art. 1433 c.c., che determina una divergenza tra volontà e dichiarazione (Cass. n. 1547/1967). La disciplina dell'errore come vizio del consenso si applica anche agli atti negoziali unilaterali inter vivos aventi contenuto patrimoniale entro i limiti di compatibilità ex art. 1324 c.c. (Pietrobon, 7). Casistica Nel caso in cui le parti di un contratto per sua natura commutativo, nell'esplicazione della loro autonomia privata, esplicitamente o implicitamente abbiano convenuto l'unilaterale o reciproca assunzione di un prefigurato rischio futuro, estraneo al tipo negoziale prescelto, e tale da modificarlo e renderlo, per tale aspetto, aleatorio, non può escludersi l'annullabilità del contratto per errore, da ritenersi astrattamente ravvisabile ogni qual volta il processo formativo della volontà risulti viziato da una falsa rappresentazione della realtà circa i presupposti del contratto in relazione agli elementi in base ai quali ha luogo la valutazione del rischio contrattuale, la cui inesatta percezione può essere ritenuta determinante ai fini della formazione del consenso, restando esclusa, invece, l'annullabilità del negozio, qualora l'errore ricada sull'alea, cioè sulla probabilità di verificazione dell'evento destinato ad incidere sull'equilibrio contrattuale, atteso che, nel primo caso, l'errore si ripercuote sulla causa del negozio o sul suo contenuto, mentre nel secondo caso non dà luogo ad una inesatta percezione della realtà, ma ad un difetto di previsione incidente, al più, sui motivi del negozio (Cass. I, n. 12453/2018). In tema di vendita immobiliare, la falsa rappresentazione della realtà circa la potenzialità edificatoria di un terreno può integrare l'ipotesi normativa dell'errore di fatto su una qualità dell'oggetto ove le parti abbiano concluso il contratto ignorando la vera natura del bene; nel caso in cui, invece, sia stata garantita la destinazione edificatoria del suolo, la fattispecie può essere ricondotta nell'ambito della garanzia prevista dall'art. 1489 c.c. in materia di cosa gravata da oneri non apparenti (cfr. Cass. II, n. 27916/2017, la quale ha anche precisato che, invece, le eventuali diverse determinazioni delle competenti autorità in materia urbanistica possono poi determinare, in applicazione dell'istituto della presupposizione, la risoluzione del contratto di compravendita di un immobile che le parti abbiano concluso nel comune presupposto della sua edificabilità, sempreché tale fatto non abbia costituito oggetto di espressa regolamentazione e chiarito che in nessun caso sono applicabili alla fattispecie gli artt. 1490 e 1492 c.c., relativi ai vizi redibitori, che attengono esclusivamente alla materialità del bene venduto). In tema di intermediazione finanziaria, è irrilevante, ai fini della prova dell'errore invocato dal cliente sulla natura o sull'oggetto del contratto, l'inosservanza, da parte della banca, del dovere di consegnare la copia della documentazione contrattuale, incidendo il menzionato vizio sul momento genetico del rapporto e riguardando, invece, l'adempimento del suddetto dovere la fase successiva alla formazione del contratto (Cass. I, n. 21600/2013) Errore nelle dichiarazioni fiscaliLa dichiarazione fiscale del contribuente affetta da errore, sia di fatto che di diritto, è sempre emendabile quando possa derivarne l'assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi più gravosi di quelli che sarebbero dovuti. Nondimeno, nelle parti in cui la dichiarazione contiene eventuali dichiarazioni di volontà (ad esempio, la scelta di un regime sostitutivo di imposta), le stesse saranno revocabili solo in presenza dei presupposti di cui agli artt. 1427 e ss. c.c. Pertanto, qualora il contribuente intenda far valere, in sede di impugnazione avverso un atto impositivo, l'errore commesso nella compilazione della dichiarazione dei redditi, che sia relativo all'indicazione di dati riferibili non già ad esternazioni di scienza e di giudizio ma ad espressione di volontà negoziale, lo stesso è onerato di fornire la prova della rilevanza dell'errore con riguardo ad entrambi i requisiti della essenzialità e della obiettiva riconoscibilità (da valutarsi secondo la diligenza propria che deve essere richiesta agli uffici accertatori: Cass. sez. trib., n. 7294/2012). In materia di plusvalenze, l'imposta sostitutiva ex art. 7 d.lgs. n. 448/2001, in quanto frutto di una libera scelta del contribuente, il quale opta per la rideterminazione del valore del bene, con conseguente versamento del dovuto nella prospettiva di un risparmio in caso di futura cessione, non rientra tra le dichiarazioni di scienza suscettibili di essere corrette in caso di errore, bensì tra le manifestazioni di volontà irretrattabili, salvo il caso di errore obiettivamente riconoscibile ed essenziale ai sensi dell'art. 1428 c.c., non sussistendo, pertanto, i presupposti per il ricorso alla procedura del rimborso ex art. 38 d.P.R. n. 602/1973 (Cass. sez. trib., n. 19215/2017). In tema di dichiarazione dei redditi, le manifestazioni di volontà ivi contenute, a cui il legislatore subordina la concessione di un beneficio fiscale, hanno il valore di atto negoziale, come tale irretrattabile anche in caso di errore, salvo che il contribuente non ne dimostri, secondo la disciplina generale dei vizi della volontà di cui agli artt. 1427 e ss. c.c., l'essenzialità ed obiettiva riconoscibilità da parte dell'Amministrazione finanziaria (Cass. VI, n. 20208/2015). In questa prospettiva si è più di recente evidenziato che, ove la legge subordini la concessione di un beneficio fiscale ad una precisa manifestazione di volontà del contribuente da compiersi attraverso la compilazione di un modulo, detta dichiarazione assume il valore di atto negoziale, come tale irretrattabile anche in caso di errore (in quanto recante indicazioni volte a mutare la base imponibile e quindi inidonee a costituire oggetto di un mero errore formale), salvo che il contribuente dimostri che lo stesso fosse conosciuto o conoscibile da parte dell'Amministrazione (Cass. VI, n. 14859/2018). Il credito d'imposta di cui all'art. 11 l. n. 449/1997 deve essere indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione relativa al periodo di imposta nel corso del quale il beneficio è accordato: tale indicazione costituisce una dichiarazione di volontà sicché, in caso di omissione, non opera il principio della generale emendabilità delle dichiarazioni fiscali, salvo che il contribuente dimostri l'essenzialità ed obiettiva riconoscibilità dell'errore, ai sensi degli artt. 1427 e ss. c.c. (Cass. sez. trib., n. 610/2018).. BibliografiaBarcellona, voce Errore (dir. priv.), in Enc. dir., Milano, 1966; Bianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, Diritto civile, 1.1. e 1.2, Fatti e atti giuridici, Torino, 1990; Fedele, L'invalidità del negozio giuridico di diritto privato, Torino, 1983; Messineo, voce Annullabilità e annullamento (dir. priv.), in Enc. dir., Milano, 1958; Pietrobon, voce Errore (dir. civ.), in Enc. giur., Roma, 1988; Prosperetti, Contributo alla teoria dell'annullabilità del negozio giuridico, Milano, 1983; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, rist. 1989; Tommasini, voce Annullabilità e annullamento (dir. priv.), in Enc. giur., Roma, 1988. |