Codice Civile art. 1485 - Chiamata in causa del venditore.

Cesare Taraschi

Chiamata in causa del venditore.

[I]. Il compratore convenuto da un terzo che pretende di avere diritti sulla cosa venduta, deve chiamare in causa il venditore [106, 269 c.p.c.]. Qualora non lo faccia e sia condannato con sentenza passata in giudicato, perde il diritto alla garanzia, se il venditore prova che esistevano ragioni sufficienti per far respingere la domanda.

[II]. Il compratore che ha spontaneamente riconosciuto il diritto del terzo perde il diritto alla garanzia, se non prova che non esistevano ragioni sufficienti per impedire l'evizione [1489].

Inquadramento

La chiamata in causa del venditore (la cui richiesta va avanzata nella comparsa di risposta tempestivamente depositata ex artt. 167 e 269 c.p.c.) costituisce un onere e non un obbligo per l'acquirente-convenuto e si pone come il mezzo per conseguire il vantaggio di un'immediata condanna del venditore alla garanzia per evizione, o, quanto meno, di un assoggettamento del venditore al giudizio instaurato dal terzo (Cass. II, n. 3749/1975). In tal caso, l'accoglimento dell'azione di garanzia rimane comunque subordinato all'accertamento del diritto del terzo, tant'è che il giudice potrebbe, per ragioni di economia processuale, disporre la separazione delle due cause, decidendo solo la causa principale (Cass. II, n. 2714/1996).

Il venditore ha, comunque, diritto ad intervenire volontariamente in tutto il corso del giudizio, anche in secondo grado, e può proporre opposizione di terzo alla sentenza ex art. 404 c.p.c. (Cass. III, n. 604/1968).

Inoltre, il venditore, una volta chiamato in causa, diviene parte in giudizio, con tutti i relativi poteri e doveri, fra cui quello di impugnare la decisione emessa in ordine al rapporto tra il terzo e il compratore, ancorché questi vi abbia fatto acquiescenza (Cass. III, n. 4805/1982).

Secondo la dottrina, dalla norma in esame si desume che il momento consumativo dell'evizione è il passaggio in giudicato della sentenza che decide la causa tra il compratore ed il terzo (Russo, 53). Se il terzo fa valere la sua pretesa in via riconvenzionale, il compratore-attore, che abbia esperito azione di rivendica e si sia visto opporre dal convenuto un'affermazione contraria circa la proprietà della cosa, può chiedere di essere autorizzato alla chiamata in causa del venditore (Rubino, 660), ai sensi dell'art. 183, comma 5 c.p.c.

Inoltre, presupposto processuale per l'onere della chiamata è l'instaurazione del giudizio con il terzo, sicché non sussisterebbe alcun onere qualora il fatto evizionale si consumasse, ad es., attraverso atti amministrativi (Bianca, 855; lo stesso Autore, per l'ipotesi di espropriazione forzata, osserva che il compratore può opporsi all'esecuzione e chiamare in causa il venditore; secondo Rubino, 671, il venditore deve essere ammesso a provare che esistevano ragioni sufficienti a far revocare o annullare l'atto con apposito ricorso nella espropriazione per pubblica utilità); secondo altri, invece, l'onere della denunzia al venditore spetterebbe al compratore anche in questi casi (De Martini, 1062).

Si ritiene, altresì, che sul venditore gravi un obbligo di assistenza a favore del compratore, che cesserebbe trascorso un decennio dal giorno della compravendita (Russo, 167).

Qualora il compratore, oltre a chiamare in causa il venditore per la denuncia della lite, proponga contro di lui, nel medesimo processo, anche l'azione di garanzia, fra la causa principale e quella di garanzia (propria) si instaura un vincolo di mera dipendenza ma non di inscindibilità, con la conseguenza che i rispettivi giudizi ben possono proseguire distintamente o essere decisi separatamente, facendo venir meno il nesso di dipendenza (Cass. II, n. 9910/2009).

Mancata chiamata in causa

Qualora il compratore non ottemperi all'onere della chiamata in causa e venga accertato il diritto del terzo, il venditore può evitare la garanzia per evizione dimostrando in successivo giudizio l'infondatezza della domanda del terzo, ossia l'insussistenza di un suo inadempimento cui collegare la perdita del compratore (Bianca, 856).

Secondo la tesi prevalente, il venditore è esentato dalla garanzia se prova che il compratore avrebbe potuto sollevare eccezioni di ogni genere, sia sostanziali che processuali, per paralizzare l'avversa pretesa, purché si tratti di eccezioni con effetti definitivi, ossia impeditivi (es. eccezione di prescrizione) della riproposizione della domanda di rivendica da parte del terzo (Greco-Cottino, 210; Rubino, 657; contra Bianca, 857, secondo il quale dovrebbe riconoscersi che le «ragioni sufficienti» coincidono con le sole eccezioni di merito).

La garanzia non viene meno quando le ragioni indicate dal venditore come sufficienti a respingere la domanda del terzo sono le stesse già inutilmente (perché disattese dal giudice) proposte dal compratore in giudizio contro il terzo (Bianca, 858).

In senso contrario, la giurisprudenza ha sostenuto che il compratore, il quale non abbia chiamato nel giudizio di evizione il venditore, perde il diritto di garanzia se il venditore dimostri, nel successivo giudizio, che sussistevano ragioni oggettivamente sufficienti per far respingere la domanda dell'evincente, siano state o meno tali ragioni opposte dal compratore al terzo (Cass. I, n. 988/1964).

La garanzia deve, invece, escludersi qualora il compratore non abbia prodotto in giudizio prove decisive di cui disponeva il venditore (Bianca, 859).

Si discute se il compratore perda la garanzia quando non abbia fatto valere l'acquisto quale possessore di buona fede ex art. 1153 c.c. In proposito, si è ritenuto che la garanzia non possa venir meno per la ragione che l'acquisto di buona fede non attribuisce al compratore una posizione certa (Bianca, 860, il quale sottolinea la differente soluzione che va accolta per l'ipotesi di usucapione, quando cioè il titolo sia opponibile al terzo in base ad elementi obiettivi; contra Rubino, 660).

In giurisprudenza si è ritenuto che l'acquirente di un bene immobile posseduto illegittimamente da un terzo il quale ne rifiuti il rilascio, nel promuovere l'azione di rivendica ben può chiamare in giudizio il venditore suo dante causa per eventuale garanzia nel caso in cui le pretese del possessore si rivelino fondate (Cass. II, n. 6255/1991).

In tema di riscatto agrario, nel caso di opposizione del terzo acquirente alle pretese del riscattante, il risarcimento del danno spettante al detto acquirente nei confronti del venditore, a seguito dell'accoglimento della domanda di riscatto, si estende all'arco di tempo intercorrente fra il suo acquisto e la decisione definitiva sul riscatto, sempre che la sua opposizione sia giustificata, come, ad es., per l'incertezza sull'esistenza nel riscattante dei requisiti richiesti dalla legge per l'esercizio del riscatto, in conseguenza del comportamento del venditore del fondo (Cass. III, n. 341/1988).

Il riconoscimento spontaneo

Nell'ipotesi contemplata dal comma 2 della norma in esame, il diritto del terzo viene accertato, in via giudiziale o stragiudiziale, attraverso il riconoscimento della pretesa da parte del compratore. Questa circostanza non fa venir meno la garanzia per evizione qualora il compratore provi la fondatezza della pretesa del terzo evincente (Bianca, 862 ss.).

Secondo la giurisprudenza, il riconoscimento non richiede particolari forme e può avvenire anche in via transattiva (Cass. I, n. 184/1997; Cass. I, n. 164/1967).

Tuttavia, la sola proposizione della domanda giudiziale di garanzia non implica necessariamente il riconoscimento del diritto del terzo (Rubino, 660).

L'onere della prova gravante sul compratore può ritenersi assolto quando si dimostri che il diritto del terzo risultava obiettivamente certo (Cass. II, n. 12834/1992) oppure quando risulti che il venditore non aveva sollevato alcuna contestazione sul buon diritto vantato dal terzo (Cass. I, n. 184/1997).

Bibliografia

Bianca, La vendita e la permuta, in Trattato Vassalli, 1993; Bonfante, Il contratto di vendita, in Tr. Galgano, 1991; Branca, Sub art. 1103, in Comm. S.B., 1965; Capozzi, Dei singoli contratti, I, Milano, 1988; De Martini, voce Evizione, in Novissimo Digesto Italiano, 1957; Greco, Cottino, Vendita, in Comm. S.B., 1981; Luminoso, La compravendita, Torino, 2011; Macario, voce Vendita, Profili generali, in Enc. giur., 1994; Mengoni, Profili di una revisione della teoria sulla garanzia per i vizi nella vendita, in Studi in onore di De Gregorio, Città di Castello, 1955; Mirabelli, Della vendita, in Comm. UTET, 1991; Rizzieri, La vendita obbligatoria, Milano, 2000; Rubino, La compravendita, in Tr. Cicu-Messineo, 1971; Russo, L'evizione, in Comm. S., 2015

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