Codice Civile art. 1519 - Restituzione di cose non pagate.

Cesare Taraschi

Restituzione di cose non pagate.

[I]. Se la vendita è stata fatta senza dilazione per il pagamento del prezzo, il venditore, in mancanza di pagamento, può riprendere il possesso delle cose vendute, finché queste si trovano presso il compratore, purché la domanda sia proposta entro quindici giorni dalla consegna e le cose si trovino nello stato in cui erano al tempo della consegna stessa (1).

[II]. Il diritto di riprendere il possesso delle cose non si può esercitare in pregiudizio dei privilegi previsti dagli articoli 2764 e 2765, salvo che si provi che il creditore, al tempo della introduzione di esse nella casa o nel fondo locato ovvero nel fondo concesso a mezzadria o a colonia, conosceva che il prezzo era ancora dovuto.

[III]. La disposizione del comma precedente si applica anche a favore dei creditori del compratore che abbiano sequestrato o pignorato le cose, a meno che si provi che essi, al momento del sequestro o del pignoramento, conoscevano che il prezzo era ancora dovuto.

(1) V. art. 75 r.d. 16 marzo 1942, n. 267.

Inquadramento

La norma in esame autorizza l'alienante a riprendere il possesso delle cose vendute per ripristinare lo status quo ante e, quindi, ad opporre l'eccezione di inadempimento (Carpino, 304; Greco, Cottino, 407).

Si tratta, secondo parte della dottrina, di una speciale azione possessoria, che mira ad esercitare quel diritto di ritenzione che, in generale, deve ritenersi configurabile nei confronti del compratore e dei suoi aventi causa fino al pagamento del prezzo (Bianca, 1088).

Il rimedio è applicabile anche alla vendita di cose da trasportare, dove il venditore può rientrare nel possesso delle cose mediante contrordine al vettore, ai sensi dell'art. 1685 c.c. (Carpino, 305; Greco, Cottino, 411; contra Rubino, 984, secondo cui il contrordine impegnerebbe il vettore, ma sarebbe illegittimo nei confronti del compratore, fermo restando che il venditore potrebbe comunque legittimare a posteriori il già avvenuto recupero delle cose nel caso in cui il compratore agisse per inadempimento, opponendo in via d'eccezione il suo diritto alla restituzione).

Presupposti

I presupposti del rimedio in esame consistono:

a) nell'assenza di dilazione per il pagamento del prezzo. Al riguardo si discute se il rimedio sia esperibile qualora il compratore sia decaduto dal beneficio del termine ai sensi dell'art. 1186 c.c. (in senso favorevole, Cass. n. 2458/1954);

b) che la cosa si trovi nella disponibilità materiale (possesso o detenzione) del compratore e che non si sia perduto il possesso o la detenzione della stessa, tranne il caso in cui la detenzione del terzo avvenga per conto del compratore (Carpino, 305; Greco, Cottino, 409);

c) che il bene conservi la sua identità economico-giuridica; su di essa non incidono eventuali danneggiamenti o deterioramenti, mentre sono ostativi la commistione, la specificazione e l'unione di cui agli artt. 939 e 940 c.c. (salvo, in quest'ultimo caso, che la separazione sia possibile senza notevole deterioramento);

d) che la domanda giudiziale venga proposta entro il termine di decadenza di quindici giorni dalla consegna (Mirabelli, 160; Carpino, 305).

In giurisprudenza si è precisato che la domanda con la quale il venditore fa valere il proprio diritto alla restituzione delle cose postula una volontà diretta al mantenimento in vita del contratto, mediante una riacquisizione del possesso (non della proprietà) di quanto alienato, che serva a stimolare l'adempimento del compratore ed a garantire le ragioni creditorie del venditore stesso. In detta domanda, pertanto, non è ravvisabile un'implicita richiesta di pronuncia dichiarativa o costitutiva della risoluzione del contratto per inadempimento (Cass. I, n. 4432/1977).

Pertanto, l'azione di ripresa del possesso (la quale può essere rafforzata cautelarmente da una domanda di sequestro) non è sufficiente a produrre l'effetto risolutivo, che necessita di un'apposita domanda nello stesso processo o separatamente, e lascia impregiudicata per il venditore la scelta fra l'azione di adempimento e quella di risoluzione ex art. 1453 c.c. (Greco, Cottino, 410).

Posizione dei terzi

Il diritto del venditore alla restituzione delle cose non pagate che si trovano presso il compratore è di regola opponibile ai terzi, siano gli stessi di buona o di mala fede.

La tutela del venditore si arresta, invece, di fronte ai diritti dei terzi relativamente ai crediti assistiti dal privilegio di cui agli artt. 2764-2765 c.c., nonché di quelli che abbiano sottoposto a sequestro o a pignoramento le cose, salvo che si provi la mala fede dei creditori, ossia la consapevolezza di questi di intervenire su un bene non ancora pagato (Bocchini, 237).

Tranne che nelle ipotesi del comma 2 e comma 3 della norma in commento, il venditore che agisca in risoluzione è protetto, diversamente dalla regola generale della retroattività cd. obbligatoria (art. 1458, comma 2 c.c.), anche nei confronti dei diritti acquistati dai terzi, pur se di buona fede (Carpino, 305; Greco, Cottino, 410).

Fallimento del compratore

In caso di fallimento del compratore, trova applicazione, secondo la dottrina, esclusivamente la disciplina contenuta nell'art. 75 r.d. n. 267/1942, purché la cosa: a) sia spedita al compratore prima della dichiarazione di fallimento; b) non sia pervenuta a costui nel luogo di destinazione; c) nessun terzo abbia nel frattempo acquistato diritti sulla cosa (Carpino, 305; Greco, Cottino, 412; Bianca, 1115).

Tuttavia, la giurisprudenza ritiene che la facoltà di cui all'art. 1519 c.c. possa essere esercitata anche dopo la dichiarazione di fallimento del compratore, purché il venditore dimostri la conoscenza da parte dei creditori del compratore, al momento della dichiarazione di fallimento, del mancato pagamento del prezzo (Cass. I, n. 2336/1975).

Bibliografia

Bianca, La vendita e la permuta, in Tr. Vas., 1993; Bocchini, La vendita di cose mobili, in Tr. Res., 2000; Bonfante, Il contratto di vendita, in Tr. Galgano, 1991; Carpino, La vendita, in Tr. Res., 1984; Greco, Cottino, Vendita, in Comm. Scialoja-Branca, 1981; Luminoso, I contratti tipici e atipici, Milano, 1995; Mirabelli, Della vendita, in Comm. UTET, 1991; Rubino, La compravendita, in Tr. Cicu-Messineo, 1971

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