Codice Civile art. 1735 - Commissionario contraente in proprio.Commissionario contraente in proprio. [I]. Nella commissione di compera o di vendita di titoli, divise o merci aventi un prezzo corrente che risulti nei modi indicati dal terzo comma dell'articolo 1515, se il committente non ha diversamente disposto, il commissionario può fornire al prezzo suddetto le cose che deve comprare, o può acquistare per sé le cose che deve vendere, salvo, in ogni caso, il suo diritto alla provvigione [1395 1]. [II]. Anche quando il committente ha fissato il prezzo, il commissionario che acquista per sé non può praticare un prezzo inferiore a quello corrente nel giorno in cui compie l'operazione, se questo è superiore al prezzo fissato dal committente; e il commissionario che fornisce le cose che deve comprare non può praticare un prezzo superiore a quello corrente, se questo è inferiore al prezzo fissato dal committente. InquadramentoLa norma costituisce applicazione particolare della regola di cui all'art. 1395 c.c., ai sensi del quale è ammesso il contratto del rappresentante con sé stesso se il suo contenuto è stato predeterminato dal rappresentato, poiché ciò esclude un conflitto di interessi. In ogni caso, il commissionario deve comportarsi in modo da non ledere gli interessi del rappresentato. Prova dell'ordine di borsaLa prova dell'ordine di borsa — che può validamente essere impartito in forma verbale, non essendo richiesta la forma scritta — non può essere desunta dal fissato bollato, il quale esaurisce i suoi effetti ai fini tributari, con la conseguenza che tale documento, atteso il suo significato meramente indiziario, non dispensa l'ordinante dall'onere di provare il conferimento dell'ordine ed il suo preteso contenuto (Cass. n. 157/1995: “l'ordine di borsa non richiede la forma scritta e può, quindi, essere validamente impartito in forma verbale e che la prova dell'ordine e del suo contenuto non può essere desunta dal fissato bollato, che esaurisce i suoi effetti ai fini tributari (in arg. v. Cass. n. 575/1982; Cass. n. 2337/1986; Cass. n. 10365/1990), con la conseguenza che tale documento, atteso il suo significato meramente indiziario, non dispensa l'ordinante dall'onere della prova che l'ordine, e con il contenuto preteso, sia stato impartito; e, poiché, nel caso concreto, il ricorrente si era limitato ad invocare il contenuto del fissato bollato, la Corte d'appello ha esattamente ritenuto non assolto quell'onere, cui il ricorrente era tenuto, specialmente di fronte alle precise allegazioni della banca”). Al fine di stabilire se un istituto di credito, nell'acquisto di titoli azionari effettuato dal cliente, abbia la veste di venditore, ovvero di commissionario, il contenuto dei patti orali prevale sulle enunciazioni eventualmente difformi riportate nei «fissati bollati». A sostegno di detto principio, che si pone in adesione ad un consolidato orientamento giurisprudenziale (Cass. n. 2337/1986; Cass. n. 575/1982; Cass. n. 3727/1969; Cass. n. 600/1967), è stato osservato che gli usi borsistici relegano la redazione di detti documenti (al pari della compilazione del cosiddetto foglietto provvisorio) ad adempimento di natura esclusivamente fiscale, senza alcun riflesso tanto sul perfezionamento del rapporto, quanto sulla prova di esso, e che tali usi sono legittimi, anche con riguardo al corollario del valore prioritario dei fatti non scritti, perché sia il contratto di borsa, quale compravendita che si perfeziona con effetti obbligatori indipendentemente dalla successiva consegna delle azioni e dalle operazioni occorrenti per il «transfert» (Cass. n. 2557/1981), sia il mandato a concluderlo, non sono soggetti a forma scritta, né ad substantiam, né ad probationem. Non può invocarsi, come precedente contrario, Cass. n. 3514/1972, con cui la Corte di legittimità ha definito il fissato bollato quale scrittura privata, ai sensi ed agli effetti dell'art. 2702 c.c. Questo rilievo, infatti, attiene alla natura del documento, ed evidenzia l'incontestabilità della sua provenienza dal sottoscrittore, secondo le previsioni della citata norma, ma non interferisce sul diverso problema dell'incidenza delle dichiarazioni in esso contenute, in sede di ricostruzione dell'effettiva volontà negoziale dei contraenti (Cass. n. 10365/1990). In altri termini i «fissati bollati», riproducendo per iscritto la volontà negoziale dei contraenti, fanno prova, fino a querela di falso, pure con riguardo dell'identificazione delle parti della compravendita (ovvero, in caso di commissione, con riguardo al subingresso del commissionario quale contraente in proprio); valorizza dati estrinseci, privi di effettivo significato probatorio in ordine ai rapporti intercorsi (come la mancata contestazione dell'estratto conto). Acquisto di titoli azionariNel caso di acquisto di titoli azionari da parte del cliente di una banca, ed al fine di stabilire se quest'ultima abbia assunto la veste di venditrice, ovvero di commissionaria del cliente medesimo, deve riconoscersi prevalenza ai patti orali, rispetto alle enunciazioni eventualmente difformi riportate sui «fissati bollati», dato che gli usi borsistici contemplano la redazione di detti documenti (al pari dei «foglietti provvisori») come adempimento meramente fiscale, e che la relativa previsione non si pone in contrasto con norme di legge, non essendo assoggettati a forma scritta (ad substantiam o ad probationem) né il contratto di borsa, quale compravendita perfezionantesi con effetti obbligatori indipendentemente dalla successiva consegna delle azioni e delle operazioni occorrenti per il «transfert», né il mandato a concluderlo (La prova dell'ordine di borsa — che può validamente essere impartito in forma verbale, non essendo richiesta la forma scritta — non può essere desunta dal fissato bollato, il quale esaurisce i suoi effetti ai fini tributari, con la conseguenza che tale documento, atteso il suo significato meramente indiziario, non dispensa l'ordinante dall'onere di provare il conferimento dell'ordine ed il suo preteso contenuto (Cass. n. 157/1995). In materia di operazioni su titoli, quotati in borsa ed acquistati o riportati a prezzo corrente determinato, non è configurabile alcun conflitto di interessi nel contratto posto in essere da una società controllante della stessa commissionaria, mancando la possibilità di una divergenza tra il prezzo pattuito e quello di mercato (Cass. n. 4820/1980). BibliografiaBaldi, Venezia, Il contratto di agenzia. La concessione di vendita. Il franchising, Milano, 2015; Bavetta, Mandato (negozio giuridico) (dir. priv.), in Enc. dir., XXV, Milano, 1975; Bile, Il mandato, la commissione, la spedizione, Roma, 1961; Campagna, La posizione del mandatario nel mandato ad acquistare beni mobili, in Riv. dir. civ., 1974, I, 7 ss.; Ferri, Manuale di diritto commerciale, Torino, 1976; Formiggini, Commissione, in Enc. dir., VII, Milano, 1960; Minervini, Commissione, in N.ss. Dig. it., III, Torino, 1967; Natoli, La rappresentanza, Milano, 1977; Pugliatti, Studi sulla rappresentanza, Milano, 1965; Romano, Vendita. Contratto estimatorio, Milano, 1961; Rotondi, Rotondi, L'agenzia nella giurisprudenza, Milano, 2004; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1997; Saracini, Toffoletto, Il contratto di agenzia, artt. 1742-1753, Milano, 2014. |