Codice Civile art. 1926 - Cambiamento di professione dell'assicurato.

Caterina Costabile

Cambiamento di professione dell'assicurato.

[I]. I cambiamenti di professione o di attività dell'assicurato non fanno cessare gli effetti dell'assicurazione, qualora non aggravino il rischio in modo tale che, se il nuovo stato di cose fosse esistito al tempo del contratto, l'assicuratore non avrebbe consentito l'assicurazione [1898].

[II]. Qualora i cambiamenti siano di tale natura che, se il nuovo stato di cose fosse esistito al tempo del contratto, l'assicuratore avrebbe consentito l'assicurazione per un premio più elevato, il pagamento della somma assicurata è ridotto in proporzione del minor premio convenuto in confronto di quello che sarebbe stato stabilito.

[III]. Se l'assicurato dà notizia dei suddetti cambiamenti all'assicuratore, questi, entro quindici giorni, deve dichiarare se intende far cessare gli effetti del contratto ovvero ridurre la somma assicurata o elevare il premio.

[IV]. Se l'assicuratore dichiara di voler modificare il contratto in uno dei due sensi su indicati, l'assicurato, entro quindici giorni successivi, deve dichiarare se intende accettare la proposta.

[V]. Se l'assicurato dichiara di non accettare, il contratto è risoluto, salvo il diritto dell'assicuratore al premio relativo al periodo di assicurazione in corso e salvo il diritto dell'assicurato al riscatto. Il silenzio dell'assicurato vale come adesione alla proposta dell'assicuratore.

[VI]. Le comunicazioni e dichiarazioni previste dai commi precedenti possono farsi anche mediante raccomandata [1932; 187 trans.].

Inquadramento

Il legislatore disciplina all'art. 1926 l'aggravamento del rischio con esclusivo riferimento ai cambiamenti di professione o di attività dell'assicurato, circostanza che ha portato la dottrina a ritenere non applicabile l'art. 1898 alle assicurazioni sulla vita posto che, alla luce della norma in esame, risulterebbero irrilevanti le altre possibili cause di aggravamento del rischio che rimarrebbero, dunque, a carico dell'assicuratore (Buttaro, 638; Gasperoni, 9; La Torre, 393; Salandra, in Comm. S.B., 1966, 419).

Secondo parte della dottrina, i termini «professione» ed «attività» sono adoperati dalla norma in commento in un'accezione lata e si riferiscono non solo all'attività retribuita dell'assicurato bensì ad ogni sua occupazione, hobby, abitudine, comprese le attività svolte a mero fine di diporto o di svago (Salandra, in Comm. S.B., 1966, 419).

Altri ritengono che la norma faccia esclusivo riferimento alle attività retribuite esercitate dall'assicurato — vale a dire alle sue fonti abituali o saltuarie di reddito — sottolineando, altresì, che costituisce causa di aggravamento solo il cambiamento di professione e non anche l'esercizio di essa in condizioni di maggiore pericolo (Buttaro, ult. cit.).

Per le comunicazioni del contraente e dell'assicuratore non è prevista una forma particolare: l'art. 1926, ult. co., dispone che esse possono farsi anche mediante raccomandata, ammettendo così la validità di forme diverse e meno solenni (Salandra, in Comm. S.B., 1966, 421).

L'art. 1926, poiché richiamato dall'art. 1932 c.c., risulta derogabile solo a favore dell'assicurato, con conseguente invalidità delle clausole di polizza che prevedono la decadenza dell'assicurato da ogni diritto quando il rischio sarebbe stato assicurato con un premio più alto, o prescrivano per le comunicazioni determinate forme a pena di nullità (Salandra, in Comm. S.B., 1966, 421).

Ambito di applicazione

La norma in commento si applica alle sole ipotesi in cui sia assicurato il rischio morte (assicurazioni per il caso di morte; assicurazioni miste) e risulta, invece, inapplicabile alle assicurazioni per il caso di vita.

Ciò si giustifica in considerazione della peculiarità del rischio di sopravvivenza, che si differenzia da qualsiasi altro tipo di rischio assicurabile per la natura favorevole dell'evento e la pratica impossibilità dei soggetti che partecipano al rapporto assicurativo di incidere su di esso, nonché per l'ininfluenza, ai fini del calcolo del premio, delle circostanze ad esso relative (Buttaro, 638; Donati, 636; Gasperoni, 9; Salandra, in Comm. S.B., 1966, 419)

La giurisprudenza ha rilevato che l'assimilazione in via analogica tra l'assicurazione volontaria contro gli infortuni e l'assicurazione sulla vita non può essere totale e assoluta, in quanto il rischio coperto dalla prima forma di assicurazione, per la sua peculiarità, può riguardare soltanto l'espletamento di una specifica attività professionale e non qualunque evento generico che incida sulla vita dell'assicurato.

Da ciò consegue che l'art. 1926 non può trovare applicazione nell'assicurazione volontaria contro gli infortuni tutte le volte che il rischio coperto non riguardi una qualunque generica attività lavorativa e professionale, bensì quella specifica, espletata dall'assicurato all'atto della sottoscrizione della polizza, poiché in tal caso, se l'infortunio si realizza nel corso di una diversa attività lavorativa, non si tratta di una mera variazione quantitativa del rischio assicurato, che possa legittimare l'eventuale recesso dell'assicuratore dal rapporto assicurativo per aggravamento del rischio ma della realizzazione di un rischio ontologicamente diverso rispetto a quello assicurato (Cass. I, n. 6205/1979).

Anche la dottrina maggioritaria si esprime in senso conforme alla giurisprudenza (Donati, ult. cit.; contra Salandra, in Comm. S.B., 1966, 421).

Le conseguenze della modificazione del rischio

L'art. 1926 disciplina gli oneri che derivano all'assicurato dall'aggravamento del rischio e gli effetti che ne conseguono.

La norma distingue due ipotesi: quella dell'aggravamento del rischio tale che l'assicuratore non avrebbe consentito l'assicurazione, se il nuovo stato di cose fosse esistito al momento della conclusione del contratto, e quella dell'aggravamento del rischio tale che l'assicuratore avrebbe chiesto un premio più elevato.

Nella prima ipotesi gli effetti dell'assicurazione cessano dal momento dell'aggravamento: a partire da questo momento il rischio non è più sopportato dall'assicuratore, per cui in caso di decesso dell'assicurato egli non sarà tenuto al pagamento dell'indennità assicurativa, bensì, sussistendone i presupposti, del solo valore di riscatto o di riduzione (Gasperoni, ult. cit.; Salandra, in Comm. S.B. 1966, 420).

Nella seconda ipotesi, se l'assicurato dà notizia all'assicuratore di cambiamenti tali da determinare la richiesta di un premio più elevato, questi entro i successivi quindici giorni deve dichiarare la propria intenzione di fare cessare gli effetti del contratto ovvero di ridurre la somma assicurata o elevare il premio.

L'inutile decorso del termine fa ritenere che l'assicuratore reputa irrilevante, ai fini del rischio, il cambiamento di professione o di attività, con la conseguenza che il rapporto contrattuale prosegue immutato (Salandra, ult. cit.), come ovviamente in ipotesi di dichiarazione espressa in tal senso.

Qualora l'assicuratore dichiari nel predetto termine di voler recedere, il contratto si scioglie automaticamente nel momento in cui all'assicurato perviene la dichiarazione di recesso.

Nelle altre due ipotesi, che comportano una modificazione del contratto, è necessaria una manifestazione di volontà del contraente al quale è concesso un ulteriore termine di quindici giorni — decorrente dalla ricezione della comunicazione dell'assicuratore — per dichiarare se accetta o meno la proposta dell'assicuratore.

Se il contraente dichiara di non accettare il contratto è risolto automaticamente, salvo il diritto dell'assicuratore al premio in corso e quello dell'assicurato all'eventuale valore di riscatto.

Se il contraente nulla risponde, il suo silenzio deve interpretarsi come adesione alla proposta (La Torre, 395).

L'ultimo comma dell'art. 1926 prevede che le comunicazioni e le dichiarazioni possono farsi anche mediante raccomandata, in tal modo ammettendo la validità di forme diverse (Salandra, in Comm. S.B., 1966, 421).

Va evidenziato che la norma non pone a carico dell'assicurato né del contraente — a differenza dell'art. 1898 c.c. — l'onere di dare avviso all'assicuratore dei mutamenti che aggravano il rischio: pertanto, qualora l'assicuratore abbia conoscenza dell'aggravamento aliunde, egli può provvedere senza limitazioni temporali alle comunicazioni di cui al terzo comma e, in caso di verificazione del sinistro, sollevare le eccezioni di cui ai primi due commi.

Nell'ipotesi di diminuzione del rischio, non regolata in maniera specifica, trova applicazione l'art. 1897 c.c.: di conseguenza l'assicuratore, ricevuta la comunicazione dell'avvenuta diminuzione, può pretendere il minor premio o esercitare la facoltà di recesso, salva la corresponsione dell'eventuale valore di riscatto.

Bibliografia

Buttaro, voce Assicurazione sulla vita, in Enc. dir., III, Milano, 1958; Donati, Trattato del diritto delle assicurazioni private, Milano, III, 1956; Donati, Volpe Putzolu, Manuale di Diritto delle Assicurazioni, Milano, 2002; Gasperoni, Assicurazione sulla vita, in Enc. giur., III, 1988; La Torre, Le Assicurazioni, Milano, 2007; Polotti di Zumaglia, Vita (assicurazione sulla), in Dig. comm., XVI, Torino, 1999; Rossetti, Il Diritto delle Assicurazioni, III, L'assicurazione sulla vita, Padova, 2013.

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