Codice Civile art. 1742 - Nozione.Nozione. [I]. Col contratto di agenzia una parte assume stabilmente l'incarico di promuovere, per conto dell'altra, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata (1). [II]. Il contratto deve essere provato per iscritto. Ciascuna parte ha diritto di ottenere dall'altra un documento dalla stessa sottoscritto che riproduca il contenuto del contratto e delle clausole aggiuntive. Tale diritto è irrinunciabile (2). (1) Per il divieto di stipulare contratti di agenzia da parte di chi non è iscritto nell'apposito ruolo, v. art. 9 l. 3 maggio 1985, n. 204. (2) Comma dapprima inserito dall'art. 1 d.lg. 10 settembre 1991, n. 303 e poi così sostituito dall'art. 1 d.lg. 15 febbraio 1999, n. 65. Il comma era così formulato; «Ciascuna parte ha il diritto di ottenere dall'altra una copia del contratto dalla stessa sottoscritto». InquadramentoIl contratto soddisfa l'interesse di una parte (agente) ad ottenere una retribuzione e della controparte (preponente) di poter concludere contratti, generalmente di tipo commerciale, su un vasto territorio non personalmente ma per il tramite di terzi. L'obbligo della forma scritta ad probationem è volto, soprattutto, ad agevolare la prova dell'esistenza del contratto ed anche a garantire agli stipulanti di conoscere al meglio le reciproche obbligazioni. Caratteri del contratto di agenziaI caratteri che connotano il rapporto di agenzia sono la continuità e la stabilità dell'attività dell'agente di promuovere la conclusione di contratti per conto del preponente nell'ambito di una determinata sfera territoriale, realizzando in tal modo con quest'ultimo una non episodica collaborazione professionale autonoma con risultato a proprio rischio e con l'obbligo naturale di osservare le norme di correttezza e lealtà, nonché le istruzioni ricevute dal preponente medesimo. Caratteri distintivi del contratto di agenzia sono l'obbligo dell'agente di svolgere attività continuativa e stabile per promuovere, nell'ambito di una determinata sfera territoriale, la conclusione di contratti per conto del preponente, realizzando in tal modo con quest'ultimo una collaborazione professionale autonoma non episodica, con risultato a proprio rischio, e con l'obbligo naturale di osservare, oltre alle norme di correttezza e di lealtà, le istruzioni ricevute dal preponente medesimo; il procacciamento di affari, invece, consiste nella più limitata attività di chi, solo di propria iniziativa, senza vincolo di stabilità ed in via del tutto episodica, raccoglie occasionalmente le ordinazioni dei clienti, trasmettendole all'imprenditore da cui ha ricevuto l'incarico di procurare tali commissioni. Ne consegue che qualora sia dedotto un rapporto di procacciamento d'affari, oggetto della prova non è un contratto ma il fatto dell'intermediazione espletata, per ciascuno dei contratti stipulati nell'interesse dell'imprenditore da cui ha ricevuto l'incarico, per il quale non è prevista alcun necessaria prova documentale (Cass. n. 1263/2025).
In giurisprudenza si è rilevato che l'elemento essenziale e caratterizzante del rapporto di agenzia si sostanzia nella realizzazione da parte dell'agente di un'attività economica organizzata, rivolta ad un risultato di lavoro che questi svolge autonomamente nell'interesse, per conto ed eventualmente anche in nome del preponente cui compete il limitato potere di impartire all'agente istruzioni generali di massima, oltre il diritto di pretendere ogni informazione utile per la valutazione della convenienza dei singoli affari, ricadendo il rischio economico e giuridico dell'attività suddetta esclusivamente sull'agente medesimo e differenziandosi perciò tale rapporto da quello di lavoro subordinato, del quale è elemento essenziale la prestazione di energie lavorative con soggezione al potere direttivo del datore di lavoro e nell'ambito di un'organizzazione di cui il rischio e il risultato fanno capo esclusivamente a quest'ultimo, con conseguente irrilevanza, ai fini della riconduzione di una determinata fattispecie all'uno o all'altro tipo rapporto, di elementi marginali quali l'orario di lavoro e l'appartenenza dei mezzi o strumenti di produzione all'una o all'altra delle parti contraenti (Cass. n. 7087/2002). Nel contratto di agenzia la prestazione dell'agente consiste in atti di contenuto vario e non predeterminato che tendono tutti alla promozione della conclusione di contratti in una zona determinata per conto del preponente, quali il compito di propaganda, la predisposizione dei contratti, la ricezione e la trasmissione delle proposte al preponente per l'accettazione; l'attività tipica dell'agente di commercio non richiede, quindi, necessariamente la ricerca del cliente ed è sempre riconducibile alla prestazione dedotta nel contratto di agenzia anche quando il cliente, da cui proviene la proposta di contratto trasmessa dall'agente, non sia stato direttamente ricercato da quest'ultimo ma risulti acquisito su indicazioni del preponente (o in qualsiasi altro modo), purché sussista nesso di causalità tra l'opera promozionale svolta dall'agente nei confronti del cliente e la conclusione dell'affare cui si riferisce la richiesta di provvigione. In ogni caso, perché possa configurarsi un contratto di agenzia non occorre che l'agente abbia la possibilità di fissare prezzi e sconti e comunque quella di modulare le condizioni del servizio alle peculiari esigenze dei clienti del servizio stesso, potendo la standardizzazione delle condizioni di vendita rendere preminente l'azione di propaganda rispetto a quella di preparazione e allestimento del contratto (Cass. n. 6482/2004, in applicazione di tali principi, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva escluso la sussistenza di un contratto di agenzia tra la Hertz, società avente quale attività il servizio di autonoleggio su tutto il territorio nazionale, e i soggetti da essa incaricati della vendita del servizio stesso, attribuendo rilievo a circostanze, quali la predisposizione delle tariffe e la individuazione dei requisiti previsti agli utenti del servizio da parte della società, di per sé non indispensabili per la configurazione di un rapporto di agenzia, ed escludendo invece, senza logica e congrua motivazione, un collegamento diretto tra la conclusione dei contratti e il complesso dell'opera svolta dagli incaricati, omettendo altresì di considerare se questi avessero o meno svolto un'azione efficiente nella promozione e incremento degli affari della società). Peraltro, l'attività di promozione della conclusione di contratti per conto del preponente, che costituisce l'obbligazione tipica dell'agente, non può consistere in una mera attività di propaganda, da cui possa solo indirettamente derivare un incremento delle vendite, ma deve consistere nell'attività di convincimento del potenziale cliente ad effettuare delle ordinazioni dei prodotti del preponente, atteso che è proprio con riguardo a questo risultato che viene attribuito all'agente il compenso, consistente nella provvigione sui contratti conclusi per suo tramite ed andati a buon fine. Va conseguentemente escluso il diritto alle provvigioni ove i prodotti della preponente vengano offerti a enti e soggetti pubblici, nella specie, strutture ospedaliere o aziende sanitarie pubbliche, non essendo ipotizzabile un convincimento ad ordinare il prodotto, ma mera propaganda, atteso il vincolo delle procedure amministrative di evidenza pubblica in materia di conclusione di contratti (Cass. n. 18686/2008). In ogni caso, ai fini della qualificabilità di un rapporto come contratto di agenzia, ai sensi dell'art. 1742, non incidono le particolari modalità di acquisizione della clientela da parte dell'agente, potendo questi provvedere a contattare i potenziali clienti sia con la loro ricerca attiva attraverso visite personali sia a mezzo delle reti telefoniche o telematiche, ed anche mediante la gestione di un punto vendita delle merci del preponente, in quanto anche attraverso la vendita può esser diffusa la conoscenza del produttore e dei suoi prodotti, dandosi impulso ed incremento al relativo commercio (Cass. n. 11794/2000, nel caso di specie, la S.C. ha confermato la decisione del giudice di merito, che aveva ritenuto sussistente un rapporto di agenzia tra il soggetto incaricato di gestire lo spaccio di un consorzio agrario ed il consorzio stesso). Pertanto, i caratteri distintivi del contratto di agenzia sono la continuità e la stabilità dell'attività dell'agente di promuovere la conclusione dei contratti per conto del preponente nell'ambito di una determinata sfera territoriale, realizzando in tal modo con quest'ultimo una non episodica collaborazione professionale autonoma con risultato a proprio rischio e con l'obbligo naturale di osservare, oltre alle norme di correttezza e di lealtà, le istruzioni ricevute dal preponente medesimo; invece, il rapporto di procacciatore d'affari si concreta nella più limitata attività di chi, senza vincolo di stabilità ed in via del tutto episodica, raccoglie le ordinazioni dei clienti, trasmettendole all'imprenditore da cui ha ricevuto l'incarico di procurare tali commissioni; mentre la prestazione dell'agente è stabile, avendo egli l'obbligo di svolgere l'attività di promozione dei contratti, la prestazione del procacciatore è occasionale, nel senso che dipende esclusivamente dalla sua iniziativa (Cass. n. 448/2018; Cass. n. 13629/2005; Cass. n. 18736/2003). Quanto, poi, al requisito della continuità delle prestazioni, la sussistenza dello stesso non è dirimente ai fini della qualificazione del rapporto quale di agenzia, tenuto conto delle differenze tra il requisito della continuità e quello della stabilità, per come rilevate dalla Corte di Cassazione (Cass. n. 7799/1998: “[omissis...] il carattere della continuità va però tenuto distinto da quello della stabilità (che si verifica quando la prestazione si ripete periodicamente nel tempo, non soltanto di fatto, ma anche in osservanza di un impegno contrattuale, come nel caso del rapporto di agenzia, prevedente l'obbligo di svolgere un'attività di promozione dei contratti), con la conseguenze che l'attività del procacciatore d'affari, pur non corrispondendo ad una «necessita» giuridica, ma dipendendo esclusivamente dall'iniziativa del procacciatore e non potendo perciò, in tal senso, qualificarsi come «stabile», può tuttavia di fatto svolgersi periodicamente nel tempo e presentare perciò il carattere della continuità richiesto dal citato art. 409 n. 3 ai fini della individuazione del giudice competente e del rito applicabile alle relative controversie”). Elemento comune tra il mediatore ed il procacciatore d'affari è l'attività di intermediazione volta a favorire la conclusione di un affare tra terzi, con applicazione delle stesse disposizioni in materia di provvigione. Il distinguo è però che il mediatore è un soggetto terzo ed imparziale rispetto alle parti; l'intermediato invece opera alle dipendenze e nell'esclusivo interesse di una delle parti (App. Ancona, 17 gennaio 2023, n. 128). Differenze con altre fattispecie negozialiIn tema di attività svolte fuori dall'azienda, gli elementi fondamentali che distinguono il rapporto di lavoro subordinato del rappresentante o viaggiatore di commercio (o piazzista) dal rapporto di lavoro autonomo di rappresentanza ad agenzia (e simili) sono costituiti dall'obbligo di visitare quotidianamente le zone stabilite dall'imprenditore, dalla mancanza di un apprezzabile margine di scelta della clientela, dall'itinerario prestabilito dall'imprenditore stesso, dal rischio a carico del datore di lavoro, dalla mancanza di un proprio ufficio o di una propria organizzazione e dall'uso di quella del datore di lavoro, nonché dalla prestazione esclusiva, o almeno prevalente, della propria attività lavorativa alle dipendenze dell'imprenditore, dovendosi, per contro, escludere che l'esistenza d'istruzioni e l'obbligo correlativo di assecondarle costituisca, di per sé, un elemento decisivo per la qualificazione del rapporto che riguardi un lavoratore la cui attività si svolga in modo autonomo nei confronti della ditta preponente (Cass. n. 16603/2009: nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva affermato la natura subordinata del rapporto di lavoro, poiché il lavoratore era obbligato a svolgere l'attività senza usufruire di libertà nella scelta degli itinerari e nell'organizzazione del suo tempo di lavoro, con turni di riposo predeterminati ed obbligo di avvertire in caso di assenza, e restava assoggettato ad un sistema di penetranti controlli, restando invece privo di rilievo che l'esito degli stessi non avesse dato luogo a contestazioni). Pertanto, l'elemento distintivo tra il rapporto di agenzia e il rapporto di lavoro subordinato va individuato nella circostanza che il primo ha per oggetto lo svolgimento a favore del preponente di un'attività economica esercitata in forma imprenditoriale, con organizzazione di mezzi e assunzione del rischio da parte dell'agente, che si manifesta nell'autonomia nella scelta dei tempi e dei modi della stessa, pur nel rispetto — secondo il disposto dall'art. 1746 c.c. — delle istruzioni ricevute dal preponente, mentre oggetto del secondo è la prestazione, in regime di subordinazione, di energie lavorative, il cui risultato rientra esclusivamente nella sfera giuridica dell'imprenditore, che sopporta il rischio dell'attività svolta (Cass. n. 9696/2009: nella specie, la S.C. ha ritenuto che la Corte territoriale avesse fatto corretta applicazione di tale principio, escludendo la sussistenza di un rapporto di subordinazione atteso che, da un lato, svolgendo l'interessato attività di propagandista o promotore per la vendita di apparecchiature didattiche per la scuola e le università, i suoi orari dovevano necessariamente coincidere con quelli di apertura di tali istituzioni e non costituivano un indice decisivo, mentre, dall'altro, il medesimo si era più volte qualificato, nel corso del rapporto, come agente e non dipendente, il suo contratto era stato concluso per sostituire un altro precedente agente e non aveva alcun obbligo di giustificare le proprie assenze). Mentre l'agente è colui che assume stabilmente l'incarico di promuovere per conto dell'altra (preponente o mandante) la conclusione di contratti in una zona determinata (art. 1742 c.c.), il procacciatore d'affari è colui che raccoglie le ordinazioni dei clienti, trasmettendole alla ditta da cui ha ricevuto l'incarico di procacciare tali commissioni, senza vincolo di stabilità (a differenza dell'agente) e in via del tutto occasionale anche se, poi, per la disciplina del rapporto può farsi ricorso analogico alla normativa concernente il contratto di agenzia (Cass. n. 1078/1999: nella specie, il giudice di merito aveva qualificato quello dedotto in giudizio come rapporto di agenzia, in contrasto con la qualificazione contenuta nella lettera di incarico e al fine di stabilire se il rapporto era ancora in essere al momento della promozione di un determinato affare, perché detto rapporto era stato preordinato alla promozione di una serie indeterminata di possibili affari e non si limitava invece a contemplare occasionali e libere iniziative dell'incaricato). In altri termini, il rapporto dì procacciatore d'affari si concreta nella più limitata attività di chi, senza vincolo di stabilità ed in via del tutto episodica, raccoglie le ordinazioni dei clienti, trasmettendole all'imprenditore da cui ha ricevuto l'incarico di procurare tali commissioni. In conseguenza mentre la prestazione dell'agente è stabile, avendo egli l'obbligo di promuovere i contratti, la prestazione del procacciatore è occasionale, nel senso che dipende esplosivamente dalla sua iniziativa. La concessione di vendita, appunto, è un contratto atipico, non inquadrabile tra quelli di scambio con prestazioni periodiche, avente natura di contratto normativo, dal quale deriva l'obbligo per il concessionario sia di promuovere la formazione di singoli contratti di compravendita, sia di concludere contratti di puro trasferimento dei prodotti, che gli vengono forniti, mediante la stipulazione a condizioni predeterminate nell'accordo iniziale. Tale contratto differisce da quello di agenzia perché in esso la collaborazione tra concedente e concessionario, pur prevista, non assurge ad elemento determinante (Cass. n. 4948/2017; Cass. n. 3990/2010; Cass. n. 20106/2009; Cass. n. 6819/1994). La concessione di vendita presuppone, quindi, la conclusione di atti negoziali successivi; l'esecuzione di tale contratto si sostanzierebbe nell'obbligo di stipulare nuovi contratti. Gli agenti imprenditori possono avvalersi dell'operato di subagenti, cui rimane estranea l'impresa assicuratrice. Il subagente assume lo stabile incarico di promuovere la conclusione di contratti di assicurazione nella zona affidata all'agente o in ambito più ristretto. Il contratto di agenzia assicurativa va tenuto distinto da quello di subagenzia in quanto in quest'ultimo si promuove la conclusione dei contratti di assicurazione solo per conto dell'agente e non per conto di un'impresa assicuratrice. I contratti di agenzia e subagenzia, pur avendo sostanzialmente un identico contenuto, si differenziano nettamente con riguardo alla persona del preponente che nel contratto di agenzia è l'impresa, mentre in quello di subagenzia è l'agente (Cass. n. 3545/1999). La subagenzia, quindi, costituisce un caso particolare di contratto derivato (subcontratto), unilateralmente funzionalmente collegato al contratto principale di agenzia, che ne è il necessario presupposto e ad esso si applica la disciplina del contratto principale, nei limiti consentiti o imposti dal collegamento funzionale. La disciplina del rapporto di subagenzia è quindi sottoposta alla normativa in materia di agenzia di cui agli artt. 1742-1753 c.c. (Cass. n. 5795/1994). Proprio perché il rapporto intercorre solo tra il preponente agente ed il subagente, è esclusa dalla dottrina (ed il principio va condiviso) l'applicazione delle norme relative all'esercizio del potere rappresentativo con efficacia nei confronti dell'impresa assicuratrice (artt. 1745 e 1903 c.c.), a meno che quest'ultima non attribuisca tali poteri direttamente al subagente. A norma dell'art. 1744 c.c. l'agente non ha facoltà di riscuotere crediti del preponente, salvo che non gli sia attribuita tale specifica facoltà. L'agente indicatario non è un rappresentante del preponente, in quanto riceve in nome proprio il pagamento, anche se per conto del preponente, a cui poi è tenuto a corrispondere la somma (Cass. n. 568/1983; Cass. n. 469/2003; Cass. n. 7033/1999): in altri termini è assimilabile ad un mandatario ad esigere. Quanto detto per il rapporto di agenzia vale anche per il rapporto di subagenzia. In questo caso il subagente, poiché ha rapporti solo con l'agente subpreponente, solo da questi può aver ricevuto la facoltà di riscuotere, i crediti, potendo, quindi agire o come indicatario o come rappresentante dello stesso, e mai come rappresentante del (primo) preponente (salvo che quest'ultimo non gli abbia conferito un autonomo e diretto potere rappresentativo). Pertanto, l'agente ha semplicemente la mansione di trovare i clienti, promuovendo il perfezionamento di contratti. Il mandatario deve invece stipularli direttamente (Mirabelli, 1997). L'attività di merchandising è la pratica di utilizzare un «brand» o l'immagine di un prodotto noto per venderne un altro, ovvero consiste nell'insieme di attività e di azioni aventi lo scopo di promuovere la vendita di una determinata linea di prodotti, o anche di un solo prodotto, una volta che lo stesso sia stato inserito nell'assortimento di un altro punto vendita. Si tratta dunque di attività ben distinte dal contratto di agenzia e dunque, salva diversa pattuizione (nella specie neppure dedotta), da remunerarsi separatamente. La Corte di Cassazione (Cass. n. 6896/2004; Cass. n. 8409/1998) ha già osservato che il merchandising è un contratto avente ad oggetto la esposizione di prodotti negli spazi e sugli appositi banchi di vendita di un grande magazzino o centro commerciale, al fine di rendere i prodotti stessi più appetibili per i consumatori, ad opera di una impresa specializzata nella promozione commerciale (cosiddetta «agenzia»), su incarico di una impresa che fornisce i prodotti al grande magazzino o al centro commerciale. Stante l'autonomia dei rapporti, non può dunque ritenersi che tale specifica attività possa considerarsi in via generale ricompresa nell'attività dell'agente e remunerata, salvo specifiche diverse pattuizioni, attraverso le provvigioni percepite da quest'ultimo (Cass. n. 1998/2017). I caratteri distintivi del contratto di agenzia sono la continuità e la stabilità dell'attività dell'agente di promuovere la conclusione di contratti in una zona determinata per conto del preponente (art. 1742 c.c.), realizzando in tal modo con quest'ultimo una non episodica collaborazione professionale autonoma, con risultato a proprio rischio e con l'obbligo naturale di osservare, oltre alle norme di correttezza e di lealtà, le istruzioni ricevute dal preponente medesimo; invece il rapporto del procacciatore d'affari si concreta nella più limitata attività di chi, senza vincolo di stabilità ed in via del tutto episodica, raccoglie le ordinazioni dei clienti, trasmettendole all'imprenditore da cui ha ricevuto l'incarico di procurare tali commissioni; mentre la prestazione dell'agente è stabile, avendo egli l'obbligo di svolgere l'attività di promozione dei contratti, la prestazione del procacciatore è occasionale nel senso che dipende esclusivamente dalla sua iniziativa (Cass. n. 19828/2013; Cass. n. 13629/2005). Ne consegue che il rapporto di agenzia e il rapporto di procacciamento di affari non si distinguono solo per il carattere stabile del primo e facoltativo del secondo, ma anche perché il rapporto di procacciamento d'affari è episodico, ovvero limitato a singoli affari determinati, è occasionale, ovvero di durata limitata nel tempo ed ha ad oggetto la mera segnalazione di clienti o sporadica raccolta di ordini e non l'attività promozionale stabile di conclusione di contratti. Anche nella fattispecie opera tale distinzione. E difatti, il d.lgs. n. 58/1998, — Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, prevede che i promotori finanziari (rinominati consulenti finanziari abilitati all'offerta fuori sede dopo la riforma operata con dall'art. 1, comma 39 l. n. 208/2015) possono assumere la veste di dipendenti, agenti o mandatari (articolo, da ultimo modificato dal d.lgs. n. 129/2017, per l'applicabilità di tale ultima disposizione, v. art. 10, d.lgs. n. 129/2017). In merito agli elementi che identificano il contratto di agenzia, differenziandolo dal mandato, si è affermato che, diversamente dal mandatario, il quale compie atti giuridici per conto del mandante, l'agente si limita verso corrispettivo, a promuovere la conclusione di affari tra preponente e terzi nell'ambito di una zona determinata, salvo che, come previsto dall'art. 1752 c.c., gli sia stato attribuito anche il potere di stipulare i contratti in rappresentanza di colui che gli ha affidato l'incarico: in relazione a questa possibilità la riconduzione del rapporto all'uno o all'altro schema va operata avendo riguardo ad altri criteri, tratti dalla disciplina positiva, e, principalmente a quello della stabilità la quale è caratteristica del rapporto di agenzia e comporta che l'incarico sia stato dato per una serie indefinita di affari (Cass. n. 10265/1998; Cass. n. 2675/1967; Cass. n. 3890/1969; Cass. n. 2011/1974; Cass.n. 4942/1985). Si aggiunge che mentre nel mandato l'incarico può essere relativo al compimento di una serie indeterminata di atti giuridici, l'incarico relativo alla promozione della conclusione di affari costituisce la causa tipica del contratto di agenzia, sicché solo l'attività promozionale compiuta con le caratteristiche del procacciamento d'affari può rientrare nello schema del mandato, diversamente dovendo ritenersi sussistente un contratto di agenzia. Pertanto, non è ostativo alla configurazione del rapporto di agenzia il solo fatto che il promotore finanziario sia dipendenti a tempo indeterminato dell'istituto di credito. Ciò in quanto, in primo luogo, il diritto di esclusiva del preponente di cui all'art. 1743 c.c. non preclude all'agente di svolgere qualsivoglia altra attività, ma solo di assumere l'incarico di svolgere nella stessa zona e per lo stesso ramo gli affari di più imprese in concorrenza tra loro; inoltre, secondo la disciplina legale dettata dal d.lgs. n. 58/1998 citato, art. 31, comma 2 l'attività di promotore finanziario è svolta esclusivamente nell'interesse di un solo soggetto, sicché nel caso la contemporanea sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato non poteva escludere il cd. vincolo di monomandato a favore della società preponente per lo stesso «ramo» di strumenti finanziari e servizi di investimento (Cass. n. 2828/2016). La proposizione della domanda di pagamento delle provvigioni relative ad un rapporto di agenzia, riguardando un diritto il cui fatto costitutivo è rappresentato non dal rapporto predetto (che, di per sé, è solo il presupposto della nascita del credito azionato), ma dalla conclusione di affari tra preponente e clienti per il tramite dell'agente, esige che siano indicati, con elementi sufficienti a consentirne l'identificazione, i contratti conclusi per il tramite dell'agente (Cass., n. 23345/2024, nella specie, la S.C. ha affermato l'insufficienza, ai fini della prova del diritto alla provvigione, della determina amministrativa di assegnazione al preponente dei lotti di fornitura di presidi medici, in difetto della prova dell'utilità ed essenzialità dell'attività prestata dall'agente e della successiva conclusione dei contratti ad essi relativi). Forma del contratto di agenziaIl contratto di agenzia deve essere provato per iscritto, ai sensi dell'art. 1742, comma 2, come modificato dal d.lgs. n. 303/1991, sicché è inammissibile la prova testimoniale (salvo che per dimostrare la perdita incolpevole del documento) e quella per presunzioni (Cass. n. 5165/2015: nella specie, la S.C., in applicazione dell'enunciato principio, ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso che la prova del contratto di agenzia potesse ricavarsi dai documenti comprovanti l'effettuazione delle prestazioni riconducibili al rapporto). La forma del contratto di agenzia, essendo prevista da una fonte negoziale, deve ritenersi prescritta ad probationem con la conseguenza che, in mancanza di essa, è valida l'esecuzione volontaria del contratto, la conferma di esso e la sua ricognizione volontaria, come pure la possibilità di ricorrere alla confessione ed al giuramento, dovendosi escludere unicamente la possibilità della prova testimoniale (salvo che per dimostrare la perdita incolpevole del documento) e di quella per presunzioni. Ove, peraltro, risulti documentata per iscritto l'esistenza del contratto, è ammissibile il ricorso alla prova orale (o per prestazioni) al fine di dimostrare quale sia stata la comune intenzione della parte mediante un'interpretazione del contratto non limitata al senso strettamente letterale delle parole (Cass. n. 1824/2013). Responsabilità dell'agenteIn tema di contratto di agenzia, l'obbligo dell'agente di promuovere la conclusione dei contratti per conto del proponente, da adempiersi, conformemente ai criteri di cui all'art. 1176, usando la diligenza del buon padre di famiglia, con riguardo alla natura dell'attività esercitata, si concreta in una regolare, stabile e continua attività di visita e contatto con la clientela, con la conseguenza che ove non abbia svolto tale attività l'agente deve considerarsi inadempiente anche se abbia procurato saltuariamente la conclusione di contratti di notevole entità e perfino se abbia raggiunto il volume minimo di affari convenzionalmente stabilito, qualora il preponente dimostri che la produzione di affari avrebbe potuto essere maggiore (Cass. n. 10130/1995). BibliografiaBaldi Il diritto della distribuzione commerciale nell'Europa comunitaria, Padova, 1984; Baldi, Venezia, Il contratto di agenzia. La concessione di vendita. Il franchising, Milano, 2015; Bavetta, Mandato (negozio giuridico) (dir. priv.), in Enc. dir., XXV, Milano, 1975; Bile, Il mandato, la commissione, la spedizione, Roma, 1961; Campagna, La posizione del mandatario nel mandato ad acquistare beni mobili, in Riv. dir. civ., 1974, I, 7 ss.; Ferri, Manuale di diritto commerciale, Torino, 1976; Formiggini, Commissione, in Enc. dir., VII, Milano, 1960; Minervini, Commissione, in N.ss. Dig. it., III, Torino, 1967; Natoli, La rappresentanza, Milano, 1977; Pardolesi, I contratti di distribuzione, Napoli, 1979; Pugliatti, Studi sulla rappresentanza, Milano, 1965; Romano, Vendita. Contratto estimatorio, Milano, 1961; Rotondi, Il contratto d'agenzia e rappresentanza, Milano, 1979; Rotondi, Rotondi, L'agenzia nella giurisprudenza, Milano, 2004; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1997; Saracini, Toffoletto, Il contratto di agenzia, artt. 1742-1753, Milano, 2014. |