Codice Civile art. 1754 - Mediatore.Mediatore. [I]. È mediatore colui che mette in relazione due o più parti [1321] per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza (1). (1) V. artt. 2 1 e 8 l. 3 febbraio 1989, n. 39. InquadramentoIl codice civile, a differenza di quanto avviene per gli altri contratti tipici, non fornisce la nozione della mediazione bensì quella del mediatore. La spiegazione risiede nel fatto che il legislatore non ha inteso qualificare come contrattuale la fattispecie lasciando così aperto il problema: la natura contrattuale o non contrattuale della mediazione è, difatti, assai discussa sia in dottrina che in giurisprudenza. Negli ultimi anni sembra aver riscosso un discreto successo una tesi intermedia, che vede, accanto ad una mediazione contrattuale che scaturisce da un incarico, una mediazione «non contrattuale» che nasce dal mero contatto diretto del mediatore con le parti (Cass. II, n. 12961/2014). Costituisce principio pacifico in giurisprudenza che, fini della configurabilità del rapporto di mediazione, non è necessaria l'esistenza di un preventivo conferimento di incarico per la ricerca di un acquirente o di un venditore, ma è sufficiente che la parte abbia accettato l'attività del mediatore avvantaggiandosene (Cass. II, n. 11656/2018; Cass. II, n. 25851/2014). La l. n. 39/1989 (recante «modifiche ed integrazioni alla l. n. 253/1958, concernente la disciplina della professione di mediatore») ha profondamente inciso in materia in quanto, attraverso l'istituzione di un ruolo degli agenti di affari in mediazione e l'elevazione dell'effettiva iscrizione allo stesso a requisito essenziale ed inderogabile sia per l'esercizio dell'attività (ancorché esercitata in modo occasionale e discontinuo) che per il sorgere del diritto alla provvigione, ha trasformato la mediazione da attività libera ad attività riservata e non delegabile (Luminoso, in Tr. C. M., 2006, 4) oltre ad aver inciso sui presupposti applicativi della disciplina codicistica (Guidotti, 2004, 928). Le Sezioni Unite, componendo il corrispondente contrasto, hanno ritenuto configurabile, accanto alla mediazione ordinaria, una mediazione negoziale cd. atipica, fondata su un contratto a prestazioni corrispettive, con riguardo anche ad una soltanto delle parti interessate (cd. mediazione unilaterale), sussistente allorquando, volendo concludere un singolo affare, una parte incarichi altri di svolgere un'attività intesa alla ricerca di una persona interessata alla relativa conclusione a determinate, prestabilite condizioni (Cass. S.U., n. 19161/2017). Natura giuridicaAd avviso di una parte della dottrina (Chito, 581; Marini, in Comm. S., 1992, 28; Stolfi, in Comm. S. B., 1970, 22) la mediazione avrebbe natura contrattuale: il consenso espresso si avrebbe allorché le parti conferiscono preventivamente l'incarico al mediatore, quello tacito allorché la parte si avvale consapevolmente dell'attività del mediatore. All'interno di tale orientamento la dottrina è divisa tra chi attribuisce al contratto natura plurilaterale (Ferrara, Gli imprenditori e le società, Milano, 1962, 136) e chi (Azzolina, in Tr. Vas., 1955, 32; Stolfi, in Comm. S. B., 1970, 16) ritiene sufficiente l'accordo del mediatore con una sola delle parti intermediate (contratto c.d. unilaterale). Anche secondo la giurisprudenza tradizionale la mediazione avrebbe natura contrattuale in quanto il rapporto di mediazione sorgerebbe sempre dall'incontro della volontà del mediatore con quella degli intermediari, indipendentemente da un accordo espresso o tacito delle parti essendo sufficiente un comportamento concludente delle stesse (Cass. civ. III, n. 18514/2009; Cass. civ. II, n. 5777/2006; Cass. civ. S.U., n. 6217/2006, in cui, sia pure ai fini del riconoscimento della giurisdizione del giudice italiano, si afferma la natura di credito pecuniario, di origine contrattuale, della provvigione). In tale ottica, in virtù del disposto dell'art. art. 1755, la conclusione dell'affare, avvenuta in conseguenza dell'opera spiegata dal mediatore, viene qualificata quale condicio iuris sospensiva dell'efficacia del negozio, con la conseguenza che, una volta verificatasi, gli effetti dello stesso opereranno ex tunc, retroagendo al momento della sua conclusione (Cass. III, n. 2631/1982). Altri autori (Cataudella, 1) ed alcune pronunce di legittimità (Cass. III, n. 11384/1991) si sono, invece, schierati per la tesi della natura non contrattuale della fattispecie ritenendo che l'attività di «messa in relazione» delle parti ai fini della conclusione di un affare andrebbe qualificata come attività giuridica in senso stretto fonte di obbligazione delle parti ex art. 1173. Secondo tale impostazione, l'attività del mediatore non è una attività contrattualmente dovuta, bensì disciplinata autonomamente dalla legge, atteso che il rapporto (mediazione tipica) sussiste — indipendentemente sia dal preventivo accordo delle parti sulla persona del mediatore, sia del previo conferimento dell'incarico — in virtù dell'effettiva interposizione del mediatore e dalla conclusione del contratto, che deve essere il risultato della sua autonoma attività, di cui le parti beneficiano, a prescindere da ogni elemento di natura negoziale tra parti e mediatore. Un orientamento minoritario ha inoltre sostenuto che l'istituto della mediazione — nell'ipotesi in cui le parti profittino consapevolmente dei risultati dell'attività posta in essere dal mediatore senza preventivo incarico — possa essere riportato alla categoria dei rapporti contrattuali di fatto in quanto la legge ricollega alla fattispecie concreta gli stessi effetti contrattuali che deriverebbero da un valido accordo del mediatore con ciascuna delle parti (Giordano, 214; Cass. III, n. 25851/2014). Si osserva all'uopo che il diritto del mediatore al compenso viene ricollegato all'utilità dell'opera da lui svolta nel favorire la conclusione dell'affare, inteso come fatto generatore del vincolo obbligatorio, non già alle forme giuridiche mediante le quali l'affare medesimo sia stato concluso, né alla circostanza che la formalizzazione finale coincida in tutto e per tutto con le modalità di gestione del rapporto nella fase delle trattative. In altri termini, la realizzazione del risultato economico perseguito dalle parti prevale su ogni altra considerazione, qualora il suddetto risultato sia stato raggiunto per effetto dell'intervento del mediatore. Sicché il diritto al compenso spetta a quest'ultimo quali che siano le modalità formali con cui l'affare si realizzi; e finanche se le parti originarie sostituiscano altri a sé nell'intestazione giuridica del bene (Cass. VI, n. 4758/2012; Cass. III, n. 12527/2010). Negli ultimi anni sembra aver riscosso un discreto successo una tesi intermedia, che vede, accanto ad una mediazione contrattuale che scaturisce da un incarico, una mediazione «non contrattuale» che nasce dal mero contatto diretto del mediatore con le parti (Cass. II, n. 12961/2014). La mediazione atipica ed il mandatoLa giurisprudenza di legittimità che aderisce alla tesi intermedia evidenzia che, oltre alla mediazione c.d. ordinaria o tipica di cui all'art. 1754, consistente in un attività giuridica in senso stretto, è configurabile una mediazione negoziale c.d. «atipica», fondata su un contratto a prestazioni corrispettive, con riguardo anche ad una soltanto delle parti interessate (c.d. «mediazione unilaterale»), la quale ricorre nel caso in cui una parte, volendo concludere un affare, incarica altri di svolgere un'attività intesa alla ricerca di una persona interessata alla conclusione del medesimo affare a determinate, prestabilite condizioni (Cass. III, n. 24333/2008). Va, peraltro, chiarito che la distinzione in questione incide sul solo profilo della fonte (e della fase genetica) del rapporto mediatorio ma non sulla disciplina di esso, in quanto in ogni caso i compiti e gli obblighi (compresi quelli informativi) gravanti sul mediatore non subiscono modifica alcuna, così come in ogni caso l'obbligo di corrispondere la provvigione graverà non solo sul soggetto che ha conferito l'incarico ma anche sull'altro soggetto che ha accettato l'affare, alla sola condizione che abbia percepito ed accettato l'intervento del mediatore (Cass. III, n. 8374/2009). Tale impostazione è stata recentemente fatta propria anche dalle Sezioni Unite che hanno evidenziato che la mediazione atipica ricorre nel caso in cui una parte, volendo concludere un singolo affare, incarichi altri di svolgere un'attività intesa alla ricerca di una persona interessata alla conclusione del medesimo affare a determinate, prestabilite condizioni (Cass. S.U., n. 19161/2017). In dottrina è stato evidenziato che l'attività del mediatore può essere svolta anche sulla base di un contratto di mandato (Rolfi, 87; Sesti, 2289). Accanto, infatti, all'ipotesi delineata dall'art. 1754, i disposti di cui agli artt. 1756 e 1761, supportano l'eventuale configurazione di un vero e proprio rapporto di mandato ex art. 1703. Ne deriva, come spesso avviene nella prassi (e come è facile rinvenire nei contratti standard di mediazione immobiliare, ove appunto si indica, nella maggior parte dei casi, un mandato o un incarico a vendere o ad acquistare beni immobili), che il mediatore in molti casi agisca non sulla base di un comportamento di mera messa in contatto tra due o più soggetti per la conclusione di un affare (attività giuridica in senso stretto che prescinde da un sottostante titolo giuridico) ma proprio perché «incaricato» da una o più parti ai fini della conclusione dell'affare (generalmente in ordine all'acquisto o alla vendita di un immobile): in tal caso risulta evidente che l'attività del mediatore — mandatario è conseguenziale all'adempimento di un obbligo di tipo contrattuale. Tale diversa, duplice qualificazione giuridica dell'attività del mediatore si rinviene, al di là di detta prassi e da un punto di vista formale, non solo, nell'ambito della disciplina codicistica della mediazione, all'art. 1756 (diritto al rimborso delle spese nei confronti della persona per «incarico» della quale sono state eseguite, anche se l'affare non è concluso) e all'art. 1761 (incarico al mediatore da una delle parti di rappresentarla negli atti relativi all'esecuzione del contratto concluso con il suo intervento), ma anche nella l. 3 febbraio 1989, n. 39 istitutiva del ruolo professionale degli agenti di affari in mediazione; in quest'ultima, in particolare, rilevano l'art. 2, comma 2 (che prevede la distinzione del ruolo dei mediatori in tre sezioni, una delle quali relativa agli agenti muniti di mandato), l'art. 2, comma 4 (che stabilisce che l'iscrizione a ruolo va richiesta, tra l'altro, da coloro che svolgono l'attività di mediazione «su mandato a titolo oneroso»), l'art. 5, comma 4 (che prevede l'obbligo di deposito, presso la Commissione che provvede alle iscrizioni nel ruolo, dei moduli o formulari di cui il mediatore si avvale per l'esercizio della propria attività). Del resto, come già detto, è la stessa giurisprudenza della Corte a prospettare la possibilità che tra mediatore ed una delle parti intercorra un rapporto di tipo contrattuale, salvo poi a verificare la compatibilità di questo con la mediazione con senso tipico. Il requisito della professionalitàLa l. n. 39/1989 ha trasformato la mediazione da attività libera ad attività riservata e non delegabile (Luminoso, in Tr. C. M., 2006, 4). Attività riservata perché appannaggio dei soli iscritti all'albo e non delegabile per il carattere strettamente personale e per il grado di professionalità richiesto nell'operazione da porre in atto nei confronti e per conto delle parti. La verifica del requisito della professionalità del mediatore costituisce, difatti, la ragione sostanziale connessa all'obbligo di iscrizione introdotto dall'art. 6 l. n. 39/1989. L'iscrizione è una garanzia di preparazione del mediatore e di assoggettamento a specifiche regole di condotta professionale, e costituisce una forma di tutela dei soggetti che vengono ad avvalersi dell'attività mediatoria (Rolfi, 97).
- prevede, al comma 1, che presso ciascuna camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura è istituito un ruolo degli agenti di affari in mediazione, nel quale devono iscriversi coloro che svolgono o intendono svolgere l'attività di mediazione, anche se esercitata in modo discontinuo o occasionale; - stabilisce, al comma 2, che il ruolo è distinto in tre sezioni: una per gli agenti immobiliari, una per gli agenti merceologici ed una per gli agenti muniti di mandato a titolo oneroso, salvo ulteriori distinzioni in relazione a specifiche attività di mediazione da stabilire con il regolamento di cui all'art. 11; - detta, al comma 3, i requisiti per l'iscrizione nel detto ruolo; - prescrive, al comma 4, che l'iscrizione al ruolo debba essere richiesta anche se l'attività viene esercitata in modo occasionale o discontinuo, da coloro che svolgono, su mandato a titolo oneroso, attività per la conclusione di affari relativi ad immobili od aziende. Ai sensi dell'art. 6 di tale legge, poi, hanno diritto alla provvigione soltanto coloro che sono iscritti nei ruoli. Il sistema previsto dalla l. n. 39/1989, è stato modificato dal d.lgs. 26 marzo 2010, n. 59, il quale, all'art. 73, sotto la rubrica «Attività di intermediazione commerciale e di affari»: - ha previsto, al comma 1, la soppressione del ruolo di cui alla l. n. 39/1989, art. 2, (comma 1); - ha disposto che le attività disciplinate da tale legge siano soggette a segnalazione certificata di inizio di attività, da presentare alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura per il tramite dello sportello unico del comune competente per territorio ai sensi della l. n. 241/1990, art. 19, corredata delle autocertificazioni e delle certificazioni attestanti il possesso dei requisiti prescritti (comma 2); - ha stabilito che la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura verifichi il possesso dei requisiti e iscriva i relativi dati nel registro delle imprese, se l'attività è svolta in forma di impresa, oppure nel repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA) previsto dall'art. 8 l. n. 580/1993,, e dall'art. 9, d.P.R. n. 581/1995, e successive modificazioni, assegnando ad essi la qualifica di intermediario per le diverse tipologie di attività, distintamente previste dalla l. n. 39/1989 (comma 3); - ha escluso l'applicabilità della nuova disciplina alle attività di agente d'affari non rientranti tra quelle disciplinate dalla l. n. 39/1989 (comma 4); - ha disposto che le iscrizioni da esso previste per i soggetti diversi dalle imprese, siano effettuate in una apposita sezione del REA e abbiano effetto dichiarativo del possesso dei requisiti abilitanti all'esercizio della relativa attività professionale (comma 5); - ha stabilito che, ad ogni effetto di legge, i richiami al ruolo contenuti nella l. n. 39/1989, si intendono riferiti alle iscrizioni previste dal presente articolo nel registro delle imprese o nel repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA). La S.C. ha chiarito che il d.lgs. n. 59/2010, non ha fatto venire meno la preclusione alla corresponsione del corrispettivo per effetto della mancata iscrizione del mediatore al ruolo. Si è infatti affermato che l'art. 73 citato ha soppresso il ruolo dei mediatori, previsto dalla l. n. 39/1989, art. 2, ma non ha abrogato quest'ultima legge, prescrivendo invece che l'attività sia soggetta a dichiarazione di inizio di attività, da presentare alla Camera di commercio territorialmente competente, la quale, previa verifica dei requisiti autocertificati, iscrive i mediatori nel registro delle imprese, se esercitano l'attività in forma di impresa, e, altrimenti, nel repertorio delle notizie economiche e amministrative assegnando la qualifica di intermediario per le diverse tipologie di attività previste dalla l. n. 39/1989. Ne consegue che la l. n. 39/1989, art. 6, secondo cui «hanno diritto alla provvigione soltanto coloro che sono iscritti nei ruoli», va interpretata nel senso che, anche per i rapporti di mediazione sottoposti alla normativa prevista dal d.lgs. n. 59/2010, hanno diritto alla provvigione solo i mediatori che siano iscritti nei registri delle imprese o nei repertori tenuti dalla camera di commercio (Cass. III, n. 762/2014; Cass. III, n. 10125/2011; Cass. III, n. 16147/2010). Mancata iscrizione all'albo La giurisprudenza ha chiarito che dalla mancata iscrizione non deriva la nullità del contratto di mediazione, perché la violazione di una norma imperativa, ancorché sanzionata penalmente, non dà luogo necessariamente alla nullità del contratto, dato che l'art. 1418, con l'inciso «salvo che la legge disponga diversamente», impone all'interprete di accertare, se anche in caso di inosservanza del precetto, il legislatore abbia previsto la validità del contratto, predisponendo un meccanismo idoneo a realizzare gli effetti voluti dalla norma. Il contratto di mediazione, pertanto, in assenza di iscrizione all'albo, non è viziato da nullità, comportando quella violazione solo la non insorgenza del diritto alla provvigione e l'applicazione della sanzione amministrativa ovvero, in caso di recidiva, l'applicazione della pena prevista per l'esercizio abusivo della professione (Cass. III, n. 5473/2011). I giudici di legittimità hanno recentemente precisato che, ove l'iscrizione all'albo dei mediatori professionali sia intervenuta dopo l'inizio dell'attività, il mediatore ha diritto al compenso solo dal momento dell'iscrizione e, pertanto, è tenuto a restituire l'acconto percepito quando ancora non possedeva la qualifica, non potendo la sopravvenienza della stessa nel corso del rapporto, né l'unitarietà del compenso spettante al mediatore, legittimare ex post un pagamento non consentito dalla legge al momento della sua effettuazione (Cass. II, 1735/2016). L'imparzialitàSecondo l'impostazione tradizionale recepita dalla giurisprudenza la figura del mediatore è caratterizzata dalla necessaria imparzialità, intesa come «assenza di ogni vincolo di mandato, di prestazione d'opera, di preposizione institoria e di qualsiasi altro rapporto che renda riferibile al dominus l'attività dell'intermediario» (Cass. II, n. 4429/2009). Da tale presupposto alcune pronunce di legittimità hanno fatto discendere l'affermazione per cui non sarebbe configurabile mediazione nel caso di incarico unilaterale, dovendosi in tal caso inquadrare la fattispecie nell'ambito del mandato (Cass. III, n. 16382/2009) o nell'ambito del contratto atipico di procacciamento d'affari (Cass. III, n. 26370/2016). La S.C. ha, peraltro, chiarito che il requisito dell'imparzialità non può ritenersi escluso per il solo fatto dell'esistenza di un rapporto di parentela fra il mediatore ed una delle parti messa in relazione per la conclusione dell'affare (Cass. III, n. 23842/2008; Cass. II, n. 5845/1997). Una parte della dottrina più recente critica tale ricostruzione evidenziando che l'imparzialità costituisce un modello di comportamento che deve seguire il mediatore nell'esercizio della sua attività e, quindi, riflette un connotato che non può essere inquadrato tra gli elementi costitutivi della fattispecie (Guidotti, 2005, 184; Rolfi, 87). La messa in relazione delle partiIl rapporto di mediazione si fonda sull'espletamento di una precisa prestazione realizzata dal mediatore, consistente nel rendere possibile con il suo intervento l'avvicinamento delle parti interessate alla conclusione dell'affare. La dottrina ritiene che l'espressione «mettere in relazione» debba essere interpretata estensivamente fino a ricomprendere qualsiasi attività che presenti una efficienza causale, sia pure insieme ad altri fattori, rispetto alla conclusione dell'affare tra due o più parti (Minasi, 45). Anche la giurisprudenza adotta una interpretazione estensiva della locuzione facendo applicazione del principio della efficienza causale (Cass. III, n. 12527/2010) ed evidenziando che per attività di mediazione deve intendersi, non solo il materiale contatto tra il mediatore e l'acquirente, ma anche tutta l'attività che precede e segue la visita dell'immobile (reperimento dell'altro cliente, ricezione dell'incarico, assunzione di informazioni, organizzazione della struttura di intermediazione) e che, tramite il complesso di attività, pone fruttuosamente in contatto l'aspirante acquirente con il venditore (Cass. VI, n. 1915/2015). In una recente pronuncia la S.C. ha, ad esempio, dato rilievo causale all'intervento del mediatore che aveva posto in relazione i contraenti e fatto visitare l'immobile agli interessati i quali, dopo alcuni mesi dalla visita ed una volta rifiutata un prima offerta di acquisto, avevano collocato dei bigliettini nelle cassette postali di tutti i condomini così da riaprire le trattative e giungere all'acquisto dell'unità immobiliare, sia pure per un prezzo inferiore a quello inizialmente richiesto (Cass. II, n. 11443/2022). Il procacciatore di affariIl mediatore si distingue dal procacciatore di affari per il rapporto di collaborazione che caratterizza il procacciatore di affari ed invece è assente, secondo l'espresso dettato normativo, nella mediazione (Cass. II, n. 26370/2016). Il procacciatore di affari, anche senza carattere di stabilità, agisce difatti nell'esclusivo interesse del preponente, solitamente imprenditore, raccogliendo proposte di contratto ovvero ordinazioni presso terzi e trasmettendogliele (Cass. III, n. 12694/2010). Era sorto in giurisprudenza un contrasto in ordine alla applicabilità ai procacciatori di affari (o rientranti nella categoria dei mediatori atipici) della disciplina di cui alla l. n. 39/1989 e di quella ricavabile dal d.lgs. n. 59/2010 (c.d. decreto Bersani-bis). Secondo un primo orientamento la predetta disciplina non poteva essere applicata alla mediazione atipica, con particolar riferimento al procacciamento di affari, per la ontologica differenza tra le due figure, rinvenuta nella posizione di terzietà che assume il mediatore c.d. tipico, a differenza del rapporto che collega il procacciatore al cliente o preponente (Cass. III, n. 7332/2009). Secondo un'altra impostazione, invece, nonostante la diversità tra le due figure, sarebbe pur sempre identificabile un nucleo comune alle stesse rappresentato dalla interposizione tra più soggetti al fine di metterli in contatto per la conclusione di un affare, tale dunque da spiegare la applicabilità della sanzione della perdita al diritto alla provvigione (Cass. III, n. 762/2014). La questione è stata risolta dalle Sezioni Unite privilegiando il secondo orientamento (Cass. S.U., n. 19161/2017). Le S.U. hanno invero evidenziato che l'art. 2, comma 4 l. n. 39/1989 stabilisce che l'iscrizione al ruolo deve essere richiesta anche se l'attività viene esercitata in modo occasionale o discontinuo da coloro che svolgono, su mandato a titolo oneroso, attività per la conclusione di affari relativi ad immobili o ad aziende. E poiché nella nozione di mandato a titolo oneroso deve ritenersi rientri anche l'incarico conferito ad un soggetto o ad un'impresa finalizzato alla ricerca di altri soggetti interessati alla conclusione di un determinato affare, anche i procacciatori di affari, che su incarico di una parte svolgano l'attività di intermediazione per la conclusione di un affare concernente beni immobili o aziende, devono essere iscritti nel ruolo di cui alla l. n. 39/1989, con la conseguenza che la mancata iscrizione esclude il diritto alla provvigione. I giudici di legittimità hanno, inoltre, rimarcato che l'attività occasionale svolta dal mediatore tipico o atipico che si riferisca alla intermediazione in affari concernenti beni mobili non richiede l'iscrizione di cui alla l. n. 89/1989, art. 2, (e ora al d.lgs. n. 59/2010, art. 73). Differenze rispetto ad altre figure giuridicheLa differenza tra la mediazione e l'agenzia, consiste nel fatto che l'incarico di mediazione riguarda un singolo affare, mentre l'incarico di agenzia riguarda un numero indefinito di prestazioni della stessa specie da svolgere in una determinata zona, derivando dalla stabilità dell'incarico nell'ambito di tale zona l'esclusiva a vantaggio dell'agente e l'obbligo del preponente di corrispondere le provvigioni anche per gli affari da lui conclusi direttamente, mentre il compenso del mediatore spetta solo quando l'affare è concluso per effetto del suo intervento (Cass. III, n. 9547/2009; Cass. lav., n. 1916 /1993). Inoltre, mentre il mediatore agisce in posizione di terzietà rispetto alle parti che mette in contatto, l'agente di commercio svolge una collaborazione abituale e professionale (Cass. III, n. 13636/2004). La S.C. ha, peraltro, ritenuto che non costituisce mediazione tipica né atipica l'attività di mera assistenza e consulenza finalizzata alla preparazione ed alla presentazione di una domanda rivolta alla concessione di finanziamenti pubblici, dovendo invece essere qualificata come prestazione d'opera professionale (Cass. III, n. 24118/2013). L'attività del mandatario è caratterizzata dal compimento di atti giuridici, diversamente da quella del mediatore che consiste in una cooperazione materiale (Azzolina, in Tr. Vas., 1955, 179). Inoltre, il mediatore si connota per la sua posizione di imparzialità nei confronti delle parti rispetto al mandatario che, assume, nei confronti del mandante, l'obbligo del compimento degli atti giuridici necessari per l'espletamento dell'incarico e matura il diritto al compenso indipendentemente dal risultato raggiunto (Cass. III, n. 7251/2005). È stato all'uopo evidenziato che per stabilire se un contratto abbia natura di mandato o di mediazione non è sufficiente fare riferimento all'esistenza o meno di un potere di rappresentanza in capo alla persona incaricata del compimento dell'affare (in quanto anche il mediatore può assumere la rappresentanza dell'intermediato), né è sufficiente avere riguardo all'oggetto dell'incarico (potendo la mediazione essere preordinata alla stipula di qualsiasi contratto, ivi compresi quelli di finanziamento), occorrendo, invece avere riguardo alla natura vincolante o meno dell'incarico, in quanto mentre il mandatario ha l'obbligo di eseguirlo, il mediatore ha la mera facoltà di attivarsi per mettere in relazione le parti (Cass. III, n. 24333/2008). BibliografiaCarraro, La mediazione, Padova, 1960; Cataudella, Mediazione, in Enc. giur., XIX, Roma, 1990; Chito, In tema di contratto di mediazione, in Giur.it 1991, I, 1, 581; Ferrara, Gli imprenditori e le società, Milano, 1962; Giordano, Struttura essenziale della mediazione, in Riv. dir. comm., 1957, I, 214; Guidotti, Ancora in tema di mediazione, in Giur. comm., 2005, 2, 176; Guidotti, La mediazione, in Contr. impr., 2004, 927; Minasi, Mediazione, in Enc. dir., XXVI, Milano, 1976; Rolfi, Il mediatore ed il diritto alla provvigione, in Giur. mer. 2011, 1, 85; Sesti, Responsabilità aquiliana del mediatore-mandatario nei confronti del soggetto promissario acquirente del bene, in Resp. civ. e prev. 2009, 11, 2286. |