Codice Civile art. 1764 - Sanzioni.Sanzioni. [I]. Il mediatore che non adempie gli obblighi imposti dall'articolo 1760 è punito con l'ammenda (1) da 5 euro a 516 euro [26 c.p.]. [II]. Nei casi più gravi può essere aggiunta la sospensione dalla professione fino a sei mesi [35 c.p.]. [III]. Alle stesse pene è soggetto il mediatore che presta la sua attività nell'interesse di persona notoriamente insolvente o della quale conosce lo stato d'incapacità (2). (1) Ora sanzione amministrativa, ai sensi dell'art. 32 l. 24 novembre 1981, n. 689. (2) V. art. 5 2 r.d. 16 marzo 1942, n. 267. InquadramentoIn base alla l. n. 689/1981, la violazione di cui al comma 1 non costituisce più reato, ed è soggetta alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma corrispondente a quella in La dottrina riconduce la disposizione ad una precisa finalità sanzionatoria, ovvero dall'intento di punire il mediatore che dolosamente o con grave negligenza pone in serio pericolo l'interesse di una delle parti. L'ultimo comma della disposizione in esame presidia un interesse di stampo pubblicistico: quello della collettività ad evitare che soggetti inaffidabili, possano, per il tramite di mediatori, continuare ad inquinare il mercato: il bene tutelato è, dunque, da identificare nella certezza, sicurezza e speditezza dei traffici di cui i mediatori costituiscono uno dei perni e, dunque, anche il veicolo più adatto, da un lato, per garantirli, dall'altro, per contribuire ad esporli a pericolo. Ambito di applicazioneLa disposizione, come evidenziato dalla dottrina (Cataudella, 173), malgrado l'esplicito richiamo all'art. 1760 contenuto nel primo comma, trova applicazione nei confronti di tutti i mediatori e non solo di quelli in affari su merci o titoli (mediatori professionali). La formulazione letterale della norma e la stessa ratio legis, considerata anche l'avvenuta parificazione tra mediatore professionale e non professionale ad opera della l. n. 39/1989, non ne legittimano difatti una interpretazione restrittiva. Con riguardo allo stato di insolvenza la norma si ritiene che la norma trovi applicazione sia quando il mediatore conosca effettivamente tale situazione in cui versa la parte, sia quando egli avrebbe dovuto conoscere lo stato di insolvenza, che non viene riferito in senso tecnico alla sussistenza dei presupposti per la dichiarazione di fallimento ma a una qualsiasi situazione di impotenza economica (Carraro, 185). La previsione in esame presidia un interesse di stampo pubblicistico: quello della collettività ad evitare che soggetti inaffidabili, possano, per il tramite di mediatori, continuare ad inquinare il mercato: il bene tutelato è, dunque, da identificare nella certezza, sicurezza e speditezza dei traffici di cui i mediatori costituiscono uno dei perni e, dunque, anche il veicolo più adatto, da un lato, per garantirli, dall'altro, per contribuire ad esporli a pericolo. La ratio della norma spiega perché è l'attività in sé ad essere impedita e perché, in coerenza col suo fine pubblicistico, la pena non è di stampo privato. Il comportamento del mediatore che sia il tramite dell'agire economico di una persona notoriamente insolvente rappresenta, difatti, un attentato a quel bene collettivo e giustifica, di per sé, la sanzione dell'art. 1764, comma 3 c.c. BibliografiaCarraro, La mediazione, Padova, 1960; Cataudella, Mediazione, in Enc. giur., XIX, Roma, 1990; Giordano, Struttura essenziale della mediazione, in Riv. dir. comm. 1957, I, 214; Guidotti, Ancora in tema di mediazione, in Giur. comm., 2005, 2, 176; Guidotti, La mediazione, in Contr. impr. 2004, 927; Minasi, Mediazione, in Enc. dir., XXVI, Milano, 1976; Rolfi, Il mediatore ed il diritto alla provvigione, in Giur. mer. 2011, 1, 85; Sesti, Responsabilità aquiliana del mediatore-mandatario nei confronti del soggetto promissario acquirente del bene, in Resp. civ. e prev., 2009, 11, 2286. |