Codice Civile art. 1330 - Morte o incapacità dell'imprenditore.

Gian Andrea Chiesi

Morte o incapacità dell'imprenditore.

[I]. La proposta o l'accettazione, quando è fatta dall'imprenditore [2082] nell'esercizio della sua impresa, non perde efficacia se l'imprenditore muore o diviene incapace [1425] prima della conclusione del contratto, salvo che si tratti di piccoli imprenditori [2083] o che diversamente risulti dalla natura dell'affare o da altre circostanze.

Inquadramento

Proposta ed accettazione generalmente perdono la propria efficacia in conseguenza della morte o dell'incapacità del proponente o dell'accettante che sopraggiungano prima della conclusione del contratto (cfr. art. 1326 c.c.), in applicazione del principio per cui i soggetti che prendono parte al procedimento di formazione di un negozio giuridico devono esistere ad avere piena capacità anche nel momento in cui il negozio si perfeziona (Mirabelli, 78): la previsione in esame, al contrario, dispone, in deroga al principio generale di cui si è detto, che, ove provenga dall'imprenditore (che non sia, però, «piccolo»: cfr. l'art. 2083 c.c.) nell'esercizio dell'impresa, la proposta, nonostante la morte o la sopravvenuta incapacità del proponente e pur non essendo di per sé irrevocabile, non perde la propria efficacia. Tale persistenza di efficacia si spiega, comunemente, con l'esigenza di conferire stabilità e certezza alle contrattazioni nei traffici commerciali.

Ragioni di certezza e stabilità delle contrattazioni relative ai traffici commerciali giustificano tale deroga, anche in considerazione della natura dell'impresa, quale attività economica organizzata che, quando non presenta i caratteri della piccola impresa, tende ad oggettivarsi e, quindi, a staccarsi dalla persona dell'imprenditore, diventando insensibile alle vicende (come appunto la morte o l'incapacità) che lo colpiscono personalmente (Bianca, 242)

Gli «elementi» costitutivi della fattispecie: a) la nozione di imprenditore

Stante l'evidenziata ratio della previsione, che fonda — come detto — sulla «ordinaria» insensibilità della proposta alle vicende sopravvenute che interessino il proponente, perché legata, più che alla sua figura, all'organizzazione dell'attività economica, non è sufficiente, al fine di garantire la sopravvivenza della proposta agli eventi «morte» ed «incapacità», la mera qualità di «imprenditore» del proponente medesimo, occorrendo anzitutto, piuttosto, che a) la proposta si riferisca ad un affare che riguarda l'attività di impresa, b) provenga da un imprenditore che non sia «piccolo» (secondo quanto previsto dall'art. 2083 c.c.).

Ne consegue che le proposte provenienti dal piccolo imprenditore ovvero dall'imprenditore, ma afferenti a rapporti di carattere personale esulano dall'ambito di operatività della previsione in commento per tornare ad esser soggette al principio della loro caducazione per morte o incapacità del proponente.

La soluzione è pacificamente sostenuta anche in dottrina, ove si evidenzia che, poiché la legge, per stabilire se la proposta conservi o meno la sua efficacia, impone di tener conto anche della natura dell'affare e delle altre circostanze e prevede espressamente, altresì, la inapplicabilità della regola della sopravvivenza ove si tratti di piccolo imprenditore, anche le dimensioni ed il tipo di impresa esercitato influiscono sulla possibilità di considerare la proposta come soggetta o meno a caducazione a seguito delle vicende che colpiscono la persona dell'imprenditore-proponente (Scognamiglio, 139). Nel medesimo senso si è sostenuto che, affinché la norma possa trovare applicazione, occorrono l'elemento soggettivo della qualità di imprenditore del proponente o dell'accettante e l'elemento oggettivo del riferimento della proposta o dell'accettazione ad un affare che riguardi l'attività dell'impresa (Mirabelli, 79).

La norma si applica invece nel caso di impresa agricola.

Segue. b) la morte o l'incapacità

Mentre per il concetto di «morte» appare utile il richiamo all'art. 1 della l. n. 578/1993 (per cui «la morte si identifica con la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo»), quanto alla nozione di incapacità, la Relazione del Guardasigilli al Re chiarisce (n. 609) che la disposizione fa riferimento all'incapacità legale ex art. 1425 c.c.

Se è pacificamente escluso che la norma possa essere interpretata estensivamente, fino a ricomprendervi l'incapacità del fallito, regolata dalla l. fallimentare con norma speciale, si è invece posto il problema della riconducibilità o meno, alla disciplina in esame, delle ipotesi di incapacità naturale ex art. 428 c.c.

La dottrina prevalente è però orientata a risolvere la questione in senso negativo, sulla base del duplice rilievo per cui non solo il legislatore attribuisce a tale tipo di incapacità una limitata sfera di operatività, ma l'art. 428 c.c., diversamente dall'art. 1425, non sancisce una qualità giuridica oggettivamente rilevabile e destinata a durare quanto, piuttosto, uno stato soggettivo relativo al momento in cui il contratto è stato concluso (Sacco, 216, Scognamiglio, 138).

Segue. c) la natura dell'affare e le altre circostanze.

La natura dell'affare rileva nel senso che la proposta o l'accettazione devono ritenersi caducate, in conseguenza degli eventi indicati dalla norma, allorché la persona del proponente assuma un peso decisivo nell'attuazione del contratto (è il caso dei contratti intuitus persone); quanto, invece, alla valutazione delle «altre circostanze» rientra in essa, nella maggioranza dei casi, il contenuto stesso della proposta (Mirabelli, 80) o i caratteri dimensionali o la tipologia di impresa esercitata (Scognamiglio, 139)

Successione nell'accettazione

È poi controversa l'applicabilità della norma in questione alle ipotesi in cui l'imprenditore morto o divenuto incapace rivesta la posizione di oblato.

La risposta offerta in dottrina è in senso favorevole ad una tale soluzione (consistente, dunque, nel riconoscimento della successione nella titolarità del diritto di porre in essere la dichiarazione di accettazione), da un lato non riscontrandosi motivazioni per inibire all'erede dell'oblato, che continua l'impresa, di accettare la proposta, e dall'altro permanendo in capo all'originario proponente, che non abbia più interesse a concludere il contratto proposto all'imprenditore deceduto o divenuto incapace, il diritto di revocare la propria proposta (Scognamiglio, 140)

Altri casi di successione nella proposta e nell'accettazione.

Soprattutto in dottrina si è indugiato nell'esame di casi assimilabili — ma non del tutto sovrapponibili — a quello disciplinato dall'art. 1330 c.c.

Così, si è ritenuta ammissibile la successione nella dichiarazione di proposta emessa dall'imprenditore, ma non ancora pervenuta a conoscenza della controparte al momento della morte o della sopravvenienza dell'incapacità del proponente (Scognamiglio, 140).

Del pari si ritiene che la successione nella proposta o nell'accettazione contrattuale può verificarsi in caso di successione nell'impresa per atto tra vivi, a seguito di alienazione o di costituzione di usufrutto, come evincibile dall'art. 2558 c.c. (Scognamiglio, 139. Contra, però, Mirabelli, 79 che, muovendo dalla considerazione per cui l'art. 1330 c.c., stabilendo una deroga al principio generale dell'intrasmissibilità della proposta, deve considerarsi norma di carattere eccezionale, non sarebbe suscettibile di applicazione analogica).

In senso sfavorevole ad un'applicazione analogica della norma, in virtù del suo carattere eccezionale, si pone anche la giurisprudenza di legittimità (Cass. II, n. 1118/1954)..

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