Codice Civile art. 1370 - Interpretazione contro l'autore della clausola.InquadramentoI criteri di interpretazione previsti dal codice civile sono di duplice natura, nel senso che un primo gruppo di norme (artt. 1362-1365 c.c.) regola l'interpretazione soggettiva (o storica), diretta ad accertare la comune intenzione delle parti mentre un secondo gruppo (artt. 1366-1371 c.c.) disciplina l'interpretazione oggettiva, la quale si propone di dare al contratto (o a sue singole clausole) il significato meglio rispondente ai valori di obiettiva ragionevolezza, equità e funzionalità, alla quale si fa ricorso quando la comune intenzione dei contraenti, pur dopo l'applicazione dei criteri appartenenti al primo gruppo, resta oscura o di dubbio significato. L'art. 1370 c.c. si occupa dell'interpretazione da fornire alle clausole facenti parti di condizioni generali di contratto inserite nei contratti per adesione (cfr. gli artt. 1341 e 1342 c.c.), stabilendo la regola della interpretatio contra stipulatorem (o proferentem): il fondamento della previsione è di carattere meramente equitativo, volendosi accordare protezione al contraente che, in posizione di svantaggio, si è trovato a contrattare alla luce di un regolamento contrattuale già predisposto dalla controparte Natura dell'interpretazione ex art. 1370 c.c.È pacifico che la norma disciplini uno dei criteri dell'interpretazione oggettiva in quanto tale il ricorso ad esso è sussidiario rispetto a quelli che lo precedono. La scelta da parte del giudice del merito del mezzo ermeneutico più idoneo all'accertamento della comune intenzione dei contraenti — si legge in Cass. III, n. 12721/2007 — non è sindacabile in sede di legittimità qualora sia stato rispettato il principio del «gradualismo», secondo il quale deve farsi ricorso ai criteri interpretativi sussidiari, come l' interpretatio contra stipulatorem, solo quando risulti non appagante il ricorso ai criteri di cui agli artt. 1362 — 1365 c.c., ed il giudice fornisca compiuta ed articolata motivazione della ritenuta equivocità ed insufficienza del dato letterale. Allo stesso modo si è pronunziata Cass. III, n. 11278/2005, per cui il ricorso al criterio dettato dall'art. 1370 c.c. è solo sussidiario, dovendo essere adottato dall'interprete soltanto se, dopo aver fatto uso dei canoni ermeneutici principali della letteralità e sistematicità, rimanga dubbio il significato delle clausole. È altrettanto pacifico, poi, che la norma si riferisce unicamente all'interpretazione delle clausole inserite nelle condizioni generali di contratto ovvero in moduli o formulari predisposti da uno solo dei contraenti e destinati a valere per una pluralità indeterminata di rapporti (Carresi, 546; Mirabelli, 272): si tratta, dunque, di una regola ermeneutica valevole solo per la cd. contrattazione di serie (Oppo, 102; Carresi, 546). Nel medesimo senso si pone la giurisprudenza di legittimità: Cass. III, n. 8411/2003 chiarisce, infatti, che, in tema di interpretazione del contratto, qualora, dopo aver fatto uso dei canoni ermeneutici principali della letteralità e sistematicità, rimanga dubbio il significato delle clausole, può farsi ricorso al criterio dettato dall'art. 1370 c.c. secondo il quale la clausola di dubbia interpretazione deve essere interpretata contro l'autore di essa, a tal fine occorrendo non solo che uno dei due contraenti abbia predisposto l'intero testo del contratto al quale l'altra parte abbia prestato adesione, ma anche che lo schema negoziale sia precostituito e le condizioni generali siano predisposte mediante moduli e formulari, allo scopo di poter essere utilizzate in una serie indefinita di rapporti. Il principio della interpretazione delle clausole contrattuali contro l'autore delle stesse, sancito dall'art. 1370 c.c., non vale nell'ipotesi di contratti stipulati individualmente, ma solo in quella di contratto concluso mediante adesione a condizioni generali, moduli o formulari, predisposti da uno dei contraenti e da sottoporre ad una pluralità di eventuali controparti (Cass. III, n. 3392/2001). Di recente Cass. III, n. 18320/2023. Si veda ancora Trib. Vicenza I, n. 286/2025: “Nell'interpretazione del contratto (…), che va redatto in modo chiaro e comprensibile, il giudice non può attribuire a clausole polisenso uno specifico significato, pur teoricamente non incompatibile con la loro lettera, senza prima ricorrere all'ausilio di tutti gli altri criteri di ermeneutica previsti dagli artt. 1362 ss. c.c. e, in particolare, a quello dell'interpretazione contro il predisponente di cui all'art. 1370 c.c.”. La disposizione prevede che, ove vi sia dubbio sul significato da attribuire alla clausola, essa deve essere interpretata contra stipulatorem, ossia a favore della parte che non l'ha predisposta. Il concetto è stato ripreso dall'art. 35, comma 2 d.lgs. n. 209/2005 (cd. codice del consumo), avuto riguardo ai contratti conclusi tra professionista e consumatore (cd. B2C), laddove è previsto che, nel caso di dubbio sul senso di una clausola, prevale l'interpretazione più favorevole al consumatore Benché il principio sia stato dettato quale regola ermeneutica, si ritiene che esso persegua anche a) una funzione preventiva, consistente nell'indurre il predisponente ad evitare ambiguità nel testo del contratto — sicché si ritiene il predisponente sin dall'origine è gravato da un vero e proprio onere di clare loqui (Carresi, 545) — nonché b) una finalità di protezione del contraente più debole nell'ambito della contrattazione standardizzata, assicurando l'uso di un linguaggio chiaro, pena l'interpretazione meno favorevole al predisponente (Bianca, 413). Le conclusioni che precedono si trovano affermate anche in giurisprudenza da Cass. III, n. 3817/1979 secondo la quale l'art. 1370 c.c.si ispira al principio della tutela del contraente più debole Ambito di applicabilità della previsioneÈ chiaro che il campo privilegiato di applicazione della norma è quello delle condizioni generali e particolari dei contratti di assicurazione. È dunque stato chiarito (Cass. III, n. 866/2008) che le clausole di polizza, che delimitino il rischio assicurato, ove inserite in condizioni generali su modulo predisposto dall'assicuratore, sono soggette al criterio ermeneutico posto dall'art. 1370 c.c., e, pertanto, nel dubbio, devono essere intese in senso sfavorevole all'assicuratore medesimo (nella specie, con riguardo ad un contratto di assicurazione dai rischi di infortunio e malattia, il quale escludeva la copertura per cure dentarie, protesi dentarie e paradentopatie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata con cui era stato negato l'indennizzo per un intervento di chirurgia implantare, resosi necessario in conseguenza di un trauma contusivo all'apparato dentario riportato dal ricorrente a seguito di una caduta, per inadeguatezza dell'indagine sulla volontà dei contraenti secondo le regole fissate dagli artt. 1362 e ss. c.c. e in particolare del criterio di cui al cit. art. 1370 c.c., ritenendo, peraltro, la S.C. pure insufficiente la disamina, operata dai giudici di merito, delle clausole contrattuali in base alla quale non era stato tenuto conto della ratio della detta esclusione e della possibilità di considerare o meno operante la stessa indipendentemente dalla causa che aveva reso necessarie le cure e protesi dentarie). Nel medesimo senso Cass. III, n. 9786/1998 per cui la clausola di polizza, inserita nelle condizioni generali di contratto predisposte dall'assicuratore, che preveda la decadenza dell'assicurato dal diritto di indennizzo per il caso in cui ometta di comunicare la stipulazione di altro contratto di assicurazione per il medesimo rischio, ma non consenta di stabilire se le parti abbiano inteso rifarsi al principio di cui all'art. 1910, comma 2 c.c., circa la perdita dell'indennizzo per la sola ipotesi di omissione dolosa, ovvero derogare a tale norma, prescindendo dal dolo, resta soggetta al criterio ermeneutico fissato dall'art. 1370 c.c., con conseguente soluzione del dubbio interpretativo in senso sfavorevole all'autore della clausola medesima. Si è infine chiarito (Cass. III, n. 19140/2005) che la presenza, nel modulo, dell'approvazione specifica di una clausola vessatoria, regolarmente sottoscritta, e nel contempo di una clausola di richiamo dell'operatività di condizioni particolari, indicate nel libretto accluso alla polizza (contenente sia le condizioni denominate generali che quelle denominate particolari), fra le quali ultime vi sia una clausola derogatoria di esclusione dell'operatività della previsione della clausola vessatoria compresa fra le condizioni generali, determina una situazione di contrasto fra due clausole che dà luogo ad una questione interpretativa che non può essere risolta affermando che la volontà contrattuale effettiva delle parti è stata quella di volere l'operatività della clausola vessatoria e non di quella derogatoria di esclusione della sua operatività per il fatto che la specifica approvazione della prima evidenzia una maggiore attenzione del contraente debole all'atto di prestare il consenso, atteso che siffatto criterio interpretativo non risponde ad alcuno dei principi dettati per l'interpretazione dei contratti; viceversa si deve procedere alla risoluzione della situazione di contrasto in primo luogo con l'applicazione del criterio di cui all'art. 1370 c.c., giacché essa dà luogo ad un dubbio interpretativo circa le clausole del contratto concluso mediante modulo o formulario. Si è altresì chiarito che il criterio ermeneutico in questione è applicabile anche agli atti negoziali unilaterali (Cass. III, n. 12721/2007. Contra, però, Cass. I, n. 3755/1983), nonché agli atti di ultima volontà (Cass. II, n. 3099/2005), mentre il principio non trova applicazione in relazione al contratto aziendale — che, pur se limitatamente ad una sola azienda, ha la natura e l'efficacia del contratto collettivo — riferendosi l'art. 1370 c.c. a particolari ipotesi di contratti, nei quali la predisposizione delle clausole è opera di una sola delle parti (Cass. sez. lav., n. 4549/1983).. BibliografiaBianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Carresi, Accertamento e interpretazione del contratto, in Contr. e impr.1989, 920 ss.; Casella, Il contratto e l'interpretazione, Milano, 1961; Casella, voce «Negozio giuridico (interpretazione del)» in Enc. dir., XXVIII, Milano, 1978, 24 ss.; Cataudella, I contratti. 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