Codice Civile art. 1371 - Regole finali (1).

Gian Andrea Chiesi
aggiornato da Nicola Rumìne

Regole finali (1).

[I]. Qualora, nonostante l'applicazione delle norme contenute in questo capo [1362 ss.], il contratto rimanga oscuro, esso deve essere inteso nel senso meno gravoso per l'obbligato [1184, 1286], se è a titolo gratuito, e nel senso che realizzi l'equo contemperamento degli interessi delle parti [1374], se è a titolo oneroso.

(1) L'art. 3 d.lg.lt. 14 settembre 1944, n. 287, ha abrogato l'originario comma 2 che recitava: «La comune intenzione delle parti deve essere interpretata nel senso più conforme ai principi dell'ordine corporativo».

Inquadramento

I criteri di interpretazione previsti dal codice civile sono di duplice natura, nel senso che un primo gruppo di norme (artt. 1362-1365 c.c.) regola l'interpretazione soggettiva (o storica), diretta ad accertare la comune intenzione delle parti mentre un secondo gruppo (artt. 1366-1371 c.c.) disciplina l'interpretazione oggettiva, la quale si propone di dare al contratto (o a sue singole clausole) il significato meglio rispondente ai valori di obiettiva ragionevolezza, equità e funzionalità, alla quale si fa ricorso quando la comune intenzione dei contraenti, pur dopo l'applicazione dei criteri appartenenti al primo gruppo, resta oscura o di dubbio significato.

L'art. 1371 c.c. detta due regole di chiusura, cui ricorrere allorché mediante l'applicazione delle precedenti non si sia riuscito a dare un senso al contratto o a sue specifiche clausole, per salvare l'uno o le altre dalla sanzione della nullità: nei contratti a titolo gratuito prevale il favor debitoris, giacché l'impegno assunto dall'obbligato non comporta alcun corrispondente sacrificio della controparte, mentre il principio diametralmente opposto va osservato nel caso di contratti a titolo oneroso, laddove vantaggi e svantaggi vanno distribuiti tra le parti

Natura dell'interpretazione ex art. 1371 c.c.

La previsione contiene le regole residuali da applicare per il caso in cui, nonostante il ricorso a tutti i criteri ermeneuti indicati dalle norme che la precedono (e, dunque, malgrado il ricorso l'applicazione di tutti i criteri interpretativi, sia soggettivi sia oggettivi), il testo contrattuale rimanga oscuro. Si tratta, dunque di un criterio evidentemente sussidiario, una sorta di extrema ratio cui ricorrere, fondata sulla distinzione tra contratti a titolo gratuito e contratti a titolo oneroso.

Tale ricostruzione è accolta da Cass. I, n. 26626/2008 per cui la disposizione di cui all'art. 1371 c.c., che impone di interpretare il contratto nel senso meno gravoso per l'obbligato, se è a titolo gratuito, e nel senso che esso realizzi l'equo contemperamento degli interessi delle parti, se è a titolo oneroso, ha carattere espressamente supplementare, ed è quindi applicabile solo nel caso in cui, malgrado il ricorso a tutti gli altri criteri previsti dagli artt. 1362 e ss. c.c., la volontà delle parti rimanga dubbia. . Di recente Cass. III, n. 35565/2023, con riferimento al contratto di comodato.

Come per il criterio dell'interpretatio contra stipulatorem (art. 1370 c.c.) il riferimento, per i contratti a titolo gratuito, al senso meno gravoso per l'obbligato è chiaramente ispirato al criterio del favor debitoris: il concetto di minore onerosità per l'obbligato implica, infatti, un contemperamento dell'interesse del creditore ad avere il massimo risultato utile con quello dell'obbligato a subire il minore sacrificio possibile, privilegiandosi la posizione dell'obbligato, non trovando il sacrificio economico della prestazione rispondenza in un corrispettivo (Bianca, 414). Quanto, poi, alla definizione del perimetro dei contratti a titolo gratuito, con tale locuzione deve intendersi ogni contratto in cui siano carenti elementi di corrispettività e in particolare i contratti con obbligazioni a carico del solo proponente.

Avuto riguardo, invece, ai contratti a titolo oneroso, si richiede una lettura del contratto che realizzi l'equo contemperamento degli interessi delle parti, per tali intendendosi quelli ricompresi nell'economia del contratto, quale espressione sintetica dei diritti e degli obblighi, dei vantaggi e dei sacrifici, degli oneri e dei rischi che, al di là di quanto sancito nelle singole clausole, la conclusione del contratto ha reso materia di aspettativa dei contraenti (Besone, Roppo, 248). Il bilanciamento deve tenere conto della proporzione e reciprocità degli interessi coinvolti, escludendo l'applicazione del favor debitoris , criterio al quale l'interprete avrebbe dovuto attenersi in ossequio alle regole in tema di onere della prova, qualora non fosse esistito il principio di cui all'art. 1371 c.c. (Carresi, 538).

Quanto, infine, al rapporto tra l'art. 1371 c.c. e le altre norme di interpretazione oggettiva, in dottrina si è osservato che: a) rispetto alla clausola generale di buona fede interpretativa esplicitata dall'art. 1366 c.c., secondo taluni la distinzione riposerebbe sulla natura quantitativa del giudizio del favor debitoris o di equo contemperamento ovvero sulla natura qualitativa del giudizio secondo correttezza; secondo altri, al contrario, le «regole finali» ex art. 1371 c.c. definisco un assetto di interessi secondo parametri generali, che non sempre riflettono espressamente il tipo di affare concluso dai contraenti, mentre l'interpretazione secondo lealtà e chiarezza è volta alla determinazione del significato del contratto nella sua particolarità e concretezza (Costanza, 67); b) rispetto al criterio che fonda sul ricorso agli usi interpretativiex art. 1368 c.c., si ritiene che, ove il riferimento alle pratiche degli affari nel settore imprenditoriale di cui al comma 2 sia insufficiente, l'applicazione delle regole interpretative finali prevarrebbe sul riferimento alle pratiche del luogo di formazione del contratto di cui al comma 1 (Oppo, 103).

Ambito di applicabilità della previsione

Si esclude che il criterio residuale in esame si applichi alle transazioni, ai contratti aleatori — nei limiti delle implicazioni e conseguenze che derivano dall'assunzione di un rischio straordinario sulla prestazione — e ai contratti di lavoro subordinato (Casella, 203).

Quanto, invece, alla fideiussione, posta la applicabilità della norma, il criterio ermeneutico da applicare in concreto dipende dalla circostanza che essa sia prestata a titolo oneroso o gratuito (Carresi, in Tr. C.M., 1987, 535).

Il criterio della minore onerosità per l'obbligato, sancito dall'art. 1371 c.c., non trova applicazione neppure nell'interpretazione del testamento non essendo ipotizzabile un conflitto di interessi tra i soggetti — il de cuius, da un lato e l'erede o il legatario, dall'altro — del rapporto successorio (Cass. II, n. 4373/2002). Contra, però, Cass. II, n. 3099/2005, per cui la norma riguarderebbe anche gli atti di ultima volontà, nel senso della prevalenza dell'erede sul legatario, nel caso di dubbio sull'interpretazione del testamento.

Identica la posizione, sul punto, della dottrina, per la quale il criterio ermeneutico residuale fissato dall'art. 1371 c.c. si applica anche agli atti mortis causa, nel senso che il dubbio sulla portata delle norme testamentarie va risolto a favore dell'erede anziché del legatario (Oppo, 129).

Bibliografia

Bianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Carresi, Accertamento e interpretazione del contratto, in Contr. e impr. 1989, 920 ss.; Casella, Il contratto e l'interpretazione, Milano, 1961; Casella, voce «Negozio giuridico (interpretazione del)» in Enc. dir., XXVIII, Milano, 1978, 24 ss.; Cataudella, I contratti. Parte generale, Torino, 2014; Costanza, Profili dell'interpretazione del contratto secondo buona fede, Milano, 1989; Galgano, Diritto civile e commerciale, II, 1, Padova, 1993; Grassetti, Interpretazione dei negozi giuridici inter vivos e mortis causa, in Nss. D.I., Torino, 1965; Irti, Principi e problemi di interpretazione contrattuale, in Riv. trim. dir. e proc. civ. 1999, 1146 ss.; Liotta, Interpretazione del contratto e comportamento complessivo delle parti, in Riv. trim. dir. e proc. civ. 1977, 969 ss.; Messineo, Contratto, in Enc. dir., Milano, 1961; Mosco, Principi sull'interpretazione dei negozi giuridici, Napoli 1952; Oppo, Profili dell'interpretazione oggettiva del negozio giuridico, Bologna, 1943; Pinelli, «In claris non fit interpretatio»: un brocardo che non trova asilo nel nostro ordinamento giuridico, in Giur. it., 1994, I, 1163 ss.; Rizzo, Interpretazione del contratto e relatività delle sue regole, Napoli, 1985; Sacco, Il contratto, in Trattato di diritto civile, diretto da Sacco, II, Torino, 2004, 376 ss.; Sacco, L'interpretazione, in Tr. Res.10, 1982, 421 ss.; Santoro-Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1985; Scognamiglio C., Interpretazione del contratto e interessi dei contraenti, Padova, 1992; Ziccardi, voce «Interpretazione del negozio giuridico», in Enc. giur. Treccani, XVII, Roma, 1989, 4.

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