Decreto Legge - 24/08/2021 - n. 118 art. 12 - Conservazione degli effetti 1Conservazione degli effetti1 [1. Gli atti autorizzati dal tribunale ai sensi dell'articolo 10 conservano i propri effetti se successivamente intervengono un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato, un concordato preventivo omologato, il fallimento, la liquidazione coatta amministrativa, l'amministrazione straordinaria o il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all'articolo 18. 2. Non sono soggetti all'azione revocatoria di cui all'articolo 67, secondo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere dall'imprenditore nel periodo successivo alla accettazione dell'incarico da parte dell'esperto, purché coerenti con l'andamento e lo stato delle trattative e con le prospettive di risanamento esistenti al momento in cui sono stati compiuti. 3. Gli atti di straordinaria amministrazione e i pagamenti effettuati nel periodo successivo alla accettazione dell'incarico da parte dell'esperto sono in ogni caso soggetti alle azioni di cui agli articoli 66 e 67 del regio decreto n. 267 del 1942, se, in relazione ad essi, l'esperto ha iscritto il proprio dissenso nel registro delle imprese ai sensi dell'articolo 9, comma 4, o se il tribunale ha rigettato la richiesta di autorizzazione presentata ai sensi dell'articolo 10. 4. Nelle ipotesi disciplinate dai commi 1, 2 e 3 resta ferma la responsabilità dell'imprenditore per gli atti compiuti. 5. Le disposizioni di cui agli articoli 216, terzo comma, e 217 del regio decreto n. 267 del 1942 non si applicano ai pagamenti e alle operazioni compiuti nel periodo successivo alla accettazione dell'incarico da parte dell'esperto in coerenza con l'andamento delle trattative e nella prospettiva di risanamento dell'impresa valutata dall'esperto ai sensi dell'articolo 5, comma 5, nonché ai pagamenti e alle operazioni autorizzati dal tribunale a norma dell'articolo 10.] [1] Articolo abrogato dall'articolo 46, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83. InquadramentoIl d.l. n. 118/2021 dedica gran parte delle sue norme alla disciplina delle trattative che costituiscono l'essenza stessa della composizione negoziata. Questa disciplina individua la tipologia degli atti che nel corso dei contatti tra le parti l'imprenditore può compiere, le forme di tutela che egli può invocare e le garanzie che difendono i creditori per la conservazione dei loro diritti. In quanto relazioni aventi la specifica finalità di consentire di raggiungere un assetto di rapporti di natura contrattuale, è evidente che le trattative non possano protrarsi a piacimento dell'imprenditore che le ha sollecitate o, comunque, per un periodo di tempo indeterminato. L'ordinamento favorisce la certezza e la definitività delle situazioni giuridicamente rilevanti e non può ammettere che istituti predisposti anche in vista di interessi più generali si trasformino in strumenti maliziosi per la cattiva fede di chi è ammesso a usufruirne. All'imprenditore è riconosciuta la facoltà di ottenere misure protettive e misure cautelari, di compiere atti di amministrazione straordinaria, di eseguire pagamenti e contrarre finanziamenti, sia pure a determinate condizioni e con l'autorizzazione del tribunale. Sarebbero sufficienti le dilazioni pretestuose da parte sua per trascinare nel tempo trattative non seriamente volute e con la conseguenza di rendere impossibili le azioni esecutive nei suoi confronti. In qualche modo il rapporto negoziale tra le parti deve giungere ad un esito, qualunque esso sia. E i provvedimenti ottenuti dall'imprenditore devono, per questa ragione, avere un'efficacia limitata nel tempo o comunque essere soggetti ad un evento di controllo che non consenta l'ulteriore e inutile protrazione della loro durata. Questa è la ratio dell'art. 12: stabilire con normativa generale la durata temporale di conservazione degli effetti per gli atti compiuti nel corso delle trattative. Gli atti autorizzati dal tribunaleL'art. 12, primo comma, d.l. 118/2021 rinvia senza specificazioni al dettato dell'art. 10 per l'individuazione degli atti autorizzati dal tribunale suscettibili di conservare i propri effetti subordinatamente al verificarsi di precisi eventi. La norma richiamata ha un contenuto complesso in quanto disciplina situazioni molto diverse tra loro, circostanza che richiede qualche precisazione ad opera dell'interprete. L'art. 10 consente all'imprenditore di ottenere dal tribunale l'autorizzazione a compiere alcuni atti di rilievo per la vita dell'impresa nonché di ottenere la rinegoziazione dei contratti ad esecuzione continuata o periodica ovvero ad esecuzione differita. Si tratta di due situazioni diverse, soltanto l'una delle quali riferibile ad una vera e propria preventiva autorizzazione giudiziale ma disciplinate unitariamente per quanto riguarda le modalità dell'istanza e del procedimento. La prima situazione (atti da autorizzare) comprende fattispecie tra loro non omogenee. Per un verso essa è riferita a finanziamenti in favore dell'impresa, di varia concessione. Per altro aspetto si risolve nella possibilità per l'imprenditore di trasferire l'azienda con esonero per il cessionario dalla responsabilità per i debiti aziendali risultanti dai libri contabili. Finanziamenti e trasferimento sono soggetti al controllo del tribunale, che ne verifica la funzionalità rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori. Per la rinegoziazione dei contratti, invece, l'intervento del tribunale è previsto per superare il dissenso di uno o più dei creditori. In questo caso il tribunale non autorizza la nuova determinazione del contenuto contrattuale ma ridetermina direttamente le condizioni dei contratti in essere, secondo equità, per il periodo strettamente necessario e come misura indispensabile ad assicurare la continuità dell'impresa. La diversità delle due dette situazioni impone di attribuire al rinvio operato dall'art. 12, primo comma, al precedente art. 10 un contenuto riferito ai soli atti che richiedono il nulla osta giudiziale secondo il disposto del suo primo comma, lettere a), b), c) e d). Esso non riguarda invece la rideterminazione dei contratti ad esecuzione continuata o periodica o differita, per i quali l'autorizzazione preventiva non è richiesta. Del resto non avrebbe senso legare questa rideterminazione ad un momento di esaurimento successivo quando già nel suo provvedimento di modifica del contenuto negoziale il tribunale ne deve fissare il termine di durata. Dunque, la regola disposta dalla norma in esame vale per i finanziamenti ottenuti dall'imprenditore, dai soci o da società del gruppo nonché per il trasferimento dell'azienda: questi atti, quando autorizzati dal tribunale, conservano i propri effetti se successivamente interviene un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato, un concordato preventivo omologato, il fallimento, la liquidazione coatta amministrativa, l'amministrazione straordinaria o il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all'art. 18 d.l. 118/2021. Per l'interprete sorge il problema di stabilire il senso da assegnare alla “conservazione degli effetti” subordinata ad eventi costituiti dall'essere divenute operative le citate misure di risanamento dell'impresa, dalla dichiarazione di fallimento e dalle altre procedure concorsuali speciali. L'esito delle misure di risanamento, la dichiarazione di fallimento e le procedure concorsuali, amministrativa e straordinaria, hanno in comune una circostanza fattuale: essi costituiscono momenti precisi nel tempo a cui ricondurre con definitività la cessazione delle trattative per la composizione negoziata. Con questi eventi si esaurisce lo spazio lasciato alle intese libere tra le parti. Intervengono modelli legali di procedura cui compete di regolare i dissesti imprenditoriali secondo regole stabilite per l'ordine e la ritualità delle soluzioni. Se si comprendono la ratio della normativa e le sue finalità non è altrettanto agevole scendere dal suo dettato al piano dell'applicazione concreta. Ad esempio, una volta avvenuto il trasferimento dell'azienda con l'autorizzazione del tribunale, sembra assai difficile negare ad esso effetti di conservazione e imporre un ritorno al passato se l'imprenditore non chiede la ristrutturazione dei suoi debiti o non fallisce. Ugualmente, se i finanziamenti ottenuti sono stati spesi, sarà ben difficile effettuarne una restituzione o dichiararli come mai avvenuti. In proposito una disposizione di significato palese è contenuta nel comma quarto dell'art. 12. Esso dispone che resta ferma la responsabilità dell'imprenditore per gli atti compiuti. In questo senso va inteso il vero significato della conservazione degli atti autorizzati. Il fatto che in origine gli atti in questione fossero stati consentiti dal tribunale non vale ad esimere l'imprenditore dalle sue responsabilità, se all'autorizzazione non segue, poi, l'accordo di ristrutturazione dei debiti o il concordato preventivo omologato o il fallimento o la liquidazione coatta amministrativa o l'amministrazione straordinaria o il concordato semplificato per liquidazione del patrimonio. Gli atti non soggetti a revocatoria
Il secondo comma della norma in esame rinvia all’art. 67, secondo comma, l. fall. per indicare in tal modo gli atti posti in essere dall’imprenditore nel corso delle trattative per la composizione negoziata della crisi che sono assoggettabili all’azione revocatoria (fallimentare). La disposizione richiamata dichiara la revocabilità dei pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, degli atti a titolo oneroso e di quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti a due condizioni: che il curatore provi che l’altra parte conosceva lo stato di insolvenza del debitore e che gli atti siano stati compiuti nei sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento. Ad essi l’art. 12 aggiunge le garanzie costituite dall’imprenditore. Anche in questo caso il difficile distacco del legislatore dall’inaffondabile legge fallimentare rende difficile per l’interprete afferrare il senso compiuto di un rinvio ad una disposizione dettata per la procedura concorsuale quando essa venga riferita alla composizione negoziata. Ciò che sembra certo è che il richiamo alla norma fallimentare è servito a far individuare la tipologia degli atti che l’art. 12 dichiara non soggetti all’azione revocatoria, senza che occorrano le condizioni di esenzione particolari disposte nell’ambito della procedura concorsuale. Soltanto questo è l’elemento che si desume come utile risultato del meccanismo di rinvio. Anche nell’ambito della composizione negoziata, per verità, debbono sussistere requisiti cui è subordinata l’esenzione dalla revocatoria ma essi sono diversi da quelli pretesi dall’art. 67 e sono destinati a sostituirli. Infatti, come vuole l’art. 12: nell’ambito della composizione negoziata i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti non sono revocabili se sono stati posti in essere in periodo successivo all’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto e se coerenti con l’andamento e lo stato delle trattative nonché con le prospettive di risanamento esistenti al momento in cui sono stati compiuti. La sussistenza dei requisiti è verificata nel contesto delle opposizioni e delle altre possibili azioni esercitate dai creditori. L’avvenuta nomina dell’esperto, con la sua accettazione, lascia presumere che quegli atti siano stati compiuti con la sua conoscenza, se non con il suo assenso o consiglio. Resta comunque ferma la responsabilità dell’imprenditore per gli atti compiuti. Gli atti di straordinaria amministrazione e i pagamentiGli atti di straordinaria amministrazione e i pagamenti effettuati nel periodo successivo all'accettazione dell'incarico da parte dell'esperto sono soggetti alle azioni di revoca di cui agli artt. 66 e 67 l. fall. In proposito devono sussistere precisi presupposti. Gli atti che eccedono l'amministrazione ordinaria devono essere comunicati all'esperto dall'imprenditore prima del loro compimento (art. 10). L'esperto che ritiene l'atto suscettibile di arrecare pregiudizio ai creditori, alle trattative o alle prospettive di risanamento, segnala il proprio dissenso all'imprenditore; se l'atto è ugualmente eseguito, l'esperto può far constare la sua contrarietà mediante l'iscrizione del dissenso nel registro delle imprese; se l'atto pregiudica effettivamente gli interessi dei creditori l'iscrizione è obbligatoria. L'iscrizione del dissenso separa le posizioni dell'imprenditore e dell'esperto. La responsabilità per il compimento dell'atto eccedente è circoscritta alla figura dell'imprenditore, che assume il rischio della sua condotta contraria al consiglio dell'esperto. L'iscrizione nel registro della contrarietà manifestata dall'esperto è l'unica condizione richiesta dall'art. 12 per la revocabilità degli atti di amministrazione straordinaria. Analogamente è disposto per quanto concerne i pagamenti. Deve trattarsi di quei pagamenti in ordine ai quali la loro effettuazione non è legittimata espressamente da una disposizione normativa. Non è questo ad esempio il caso dei debiti che per l'imprenditore sorgono dalla persistenza dei rapporti di lavoro con i collaboratori e i dipendenti. La regola così posta è applicabile anche per il caso in cui sono compiuti dall'imprenditore atti che avrebbero dovuto essere preventivamente autorizzati e che sono stati posti in essere nonostante l'avvenuto diniego dell'autorizzazione. Resta comunque ferma la responsabilità dell'imprenditore per gli atti compiuti. La responsabilità penaleAlcuni dei comportamenti assunti dall'imprenditore nel corso delle trattative o in adempimento degli accordi in quella sede convenuti possono avere rilievo penale e configurare fattispecie di reato se confrontate con le norme specifiche dettate dalla legge fallimentare. In particolare, l'imprenditore può compiere pagamenti o simulare titoli di prelazione allo scopo di favorire taluno dei creditori, con danno di altri; e questa condotta essergli di conseguenza addebitata quale riconducibile all'illecito previsto e punito dall'art. 216, terzo comma, r.d. 276/1942. Più ampiamente, alcune condotte possono essere valutate come fonti di responsabilità ai sensi dell'art. 217 stesso decreto, che punisce, tra l'altro, l'aver effettuato spese personali eccessive, l'aver consumato notevole parte del patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti o, ancora, nell'avere omesso di chiedere per tempo il proprio fallimento. L'ultimo comma dell'art. 5 dichiara non applicabili le due norme citate ai pagamenti e alle operazioni compiute nel periodo successivo all'accettazione dell'incarico da parte dell'esperto, se si rivelano coerenti con l'andamento delle trattative e nella prospettiva di risanamento dell'impresa o se si tratta di atti che erano stati autorizzati dal tribunale a norma dell'art. 10. La coerenza con l'andamento delle trattative, nella prospettiva di un risanamento, deve risultare dalla valutazione dell'esperto compiuta ai sensi dell'art. 5, comma 5, d.l. 118/2021. Il richiamo a questa disposizione non ha ad oggetto la necessità di una vera e propria relazione scritta, come in altre occasioni è richiesto a dimostrazione del fondamento delle istanze formulate e della probabilità di conseguire i risultati favorevoli prospettati. Nel caso della composizione negoziata la valutazione risulta da una serie di circostanze concomitanti. Subito dopo aver accettato l'incarico, l'esperto procede a sentire le parti e ad assumere le prime, sommarie informazioni offerte da esse, dall'organo di controllo e dalla documentazione esibita. Soltanto se ravvisa concrete prospettive di risanamento egli procede alle trattative. Elementi di valutazione possono pertanto essere desunti dal fatto che alle trattative sia stato dato avvio, che esse abbiano proceduto e che nel loro contesto i pagamenti e le altre operazioni hanno avuto una collocazione precisa e una definita utilità. Nel caso di contestazioni, un apprezzamento può essere chiesto allo stesso esperto o, se è stato nominato, all'ausiliare ex art. 68c.p.c. che il tribunale può nominare per averne il soccorso tecnico. |