Decreto legislativo - 18/04/2016 - n. 50 art. 6 - (Appalti nei settori speciali e concessioni aggiudicati ad una joint- venture o ad un ente aggiudicatore facente parte di una joint venture) 1(Appalti nei settori speciali e concessioni aggiudicati ad una joint- venture o ad un ente aggiudicatore facente parte di una joint venture)1 [1. In deroga all'articolo 5, a condizione che la joint venture sia stata costituita per le attività oggetto dell'appalto o della concessione per un periodo di almeno tre anni e che l'atto costitutivo preveda che gli enti aggiudicatori che la compongono ne faranno parte almeno per un periodo di pari durata, il codice non si applica agli appalti nei settori speciali e alle concessioni aggiudicate da: a) una joint venture, ovvero una associazione o consorzio o una impresa comune aventi personalità giuridica composti esclusivamente da più enti aggiudicatori, per svolgere un'attività ai sensi degli articoli da 115 a 121 e di cui all'allegato II con un'impresa collegata a uno di tali enti aggiudicatori 2; b) un ente aggiudicatore alla joint venture di cui fa parte. 2. Gli enti aggiudicatori notificano alla Commissione europea, su richiesta, le seguenti informazioni relative alle imprese di cui all'articolo 3 comma 1, lettera z), secondo periodo, e alle joint venture di cui al comma 1 3: a) i nomi delle imprese o delle joint venture interessate; b) la natura e il valore degli appalti e delle concessioni considerati; c) gli elementi che la Commissione europea richiede per provare che le relazioni tra l'ente aggiudicatore e l'impresa o la joint venture cui gli appalti o le concessioni sono aggiudicati, soddisfano i requisiti di cui al presente articolo e all'articolo 7 4.] [1] Articolo abrogato dall'articolo 226, comma 1, del D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, con efficacia a decorrere dal 1° luglio 2023, come stabilito dall'articolo 229, comma 2. Per le disposizioni transitorie vedi l'articolo 225 D.Lgs. 36/2023 medesimo. [2] Così rettificato con Comunicato 15 luglio 2016 (in Gazz. Uff., 15 luglio 2016, n. 164). [3] Così rettificato con Comunicato 15 luglio 2016 (in Gazz. Uff., 15 luglio 2016, n. 164). [4] Così rettificato con Comunicato 15 luglio 2016 (in Gazz. Uff., 15 luglio 2016, n. 164). InquadramentoIn materia di public procurement, il sistema di regole delineato dalle direttive Europee e dalla normativa nazionale di recepimento non trova applicazione all'intera gamma dei rapporti negoziali di diritto pubblico. L'area di operatività del Codice, di per sé già limitata a determinati modelli di contratti passivi (ossia ai contratti produttivi di una spesa per la parte contrattuale pubblicistica, sub specie di contratti aventi a oggetto la realizzazione di lavori od opere, nonché l'approvvigionamento di servizi o forniture), risulta infatti circoscritta tanto sul piano oggettivo, quanto su quello soggettivo. La ratio sottesa a tali esclusioni (vedi commento all'art. 4) è rintracciabile sia nella cura di determinati interessi, diversi da settore in settore, la cui soddisfazione è ritenuta prevalente rispetto all'esigenza posta a base della contrattualistica pubblica (la tutela del mercato), sia nella peculiarità di talune categorie contrattuali. In simili casi deve comunque essere garantito il rispetto dei principi di carattere generale (diretti ad assicurare la tutela della concorrenza) previsti dagli art. 4 e 30 del Codice, espressione dei principi generali dell'azione amministrativa implicitamente previsti dall'art. 97 della Costituzione. Sul punto, l'Adunanza Plenaria ha avuto modo di precisare che rientrano nella nozione di contratti esclusi, per i quali trovano applicazione i principi dei Trattati Europei a tutela della concorrenza, i soli contratti «nominati» dal Codice (al solo fine di escluderli dal proprio ambito d'applicazione) e non anche i cc.dd. «contratti estranei» ovvero non menzionati del tutto. Le disposizioni che derogano alla disciplina dell'evidenza pubblica, in quanto aventi carattere eccezionale, sono da considerarsi di stretta interpretazione quanto al loro raggio d'azione e comportano la necessità di una rigorosa valutazione circa la ricorrenza dei presupposti che le giustificano. Alla luce di ciò, emerge un dato fondamentale: l'ambito delle deroghe alla disciplina dettata dal Codice, salvo poche eccezioni, trova applicazione verso tutti gli enti aggiudicatori, indipendentemente dalla loro qualificazione giuridica. Ambito soggettivo e oggettivo di applicazione della deroga.L'art. 6 detta la disciplina degli affidamenti aggiudicati nei settori speciali da una joint venture composta esclusivamente da più enti aggiudicatori per svolgere una delle attività oggetto dell'affidamento insieme ad un'impresa collegata ad uno di tali enti aggiudicatori oppure, in forma inversa, da un ente aggiudicatore alla joint venture di cui fa parte. Non si tratta di una novità assoluta, posto che il Considerando n. 32 della precedente direttiva n. 2004/17/CE già evidenziava la necessità di introdurre un gruppo appropriato di disposizioni per regolamentare tale fattispecie. In particolare, il comma 1 esclude dall'applicazione del nuovo codice tali tipologie di affidamento ‒ con ciò derogando all'art. 5 del Decreto stesso ‒ a condizione che la joint venture sia costituita per le attività del medesimo art. 5 per un periodo di almeno tre anni e che l'atto costitutivo preveda l'obbligo per gli Enti che lo compongono di continuare a farne parte per tale durata minima. Il comma 2 prescrive l'osservanza di una serie di adempimenti informativi (identico obbligo è ribadito dall'art. 114, comma 5, del Codice) da parte degli enti aggiudicatori nei confronti della Commissione UE, su richiesta della stessa, al fine di verificare che le relazioni tra l'Ente aggiudicatore e l'impresa o la joint venture soddisfino i requisiti sopra indicati nonché quelli in tema di affidamenti ad imprese collegate. L'istituto delle joint venture inteso come accordo ha, in linea generale, un duplice significato: a) accordo di cooperazione tra imprese che però non assume i caratteri di un'impresa a sé, b) accordo di cooperazione tra imprese da cui scaturisce una distinta organizzazione (Zito, 83). La disciplina del codice, tuttavia, si riferisce solo all''accordo di joint venture da cui scaturisca una nuova ed autonoma organizzazione. Da un punto di vista funzionale, la joint venture deve essere costituita per svolgere le attività oggetto dell'appalto o della concessione per un periodo di almeno tre anni e deve risultare dall'atto costitutivo che gli enti aggiudicatori che la compongono siano vincolati a farne parte almeno per un periodo di tempo di uguale misura. Si tratta di disposizioni da qualificare necessariamente come norme imperative e dunque non derogabili dall'autonomia negoziale delle parti. A differenza di quanto previsto nel d.lgs. n. 163/2006, è pacifico che la joint venture comprenda solo enti aggiudicatori e che essa debba svolgere esclusivamente attività nei settori esclusi (Zito, 83). A livello generale, la joint venture è un accordo di collaborazione tra due o più imprese, che – di norma – è volto a definire e costituire un nuovo soggetto giuridicamente indipendente dalle imprese di origine. Obiettivo fondamentale di tale accordo è quello di realizzare un progetto comune di natura industriale o commerciale e che vede l'utilizzo sinergico di risorse apportate da ciascuna singola impresa partecipante, ma anche un'equa suddivisione dei rischi legati all'investimento stesso, ovvero un'equa ripartizione delle possibili perdite o utili. La norma introduce, quindi, un regime speciale per le concessioni e gli appalti aggiudicati nei settori speciali, da una joint venture ovvero da un ente aggiudicatore che fa parte di una joint venture costituita per almeno tre anni. La norma in commento sostituisce il previgente art. 218 del d.lgs. n. 163/2006, il quale – nel prevedere esplicitamente l'ammissibilità degli affidamenti in house agli appalti stipulati da un ente aggiudicatore con un'impresa collegata – aveva codificato una vera e propria deroga (eccezionale) al generale principio di obbligatorietà di esperimento una procedura ad evidenza pubblica. Si ritiene che l'espressione joint venture contenuta nella disposizione de qua sia nella sostanza sovrapponibile a quella di «associazione o consorzio o da una impresa comune aventi personalità giuridica, composti esclusivamente da più enti aggiudicatori». Inoltre, non si tratta di una deroga totale all'applicazione del Codice, bensì di una deroga parziale limitata alla parte III relativa ai contratti pubblici di lavori, servizi e forniture nei settori speciali (Giustiniani). La possibilità di deroga, proprio in virtù dell'eccezionalità della norma, è stata limitata al caso in cui si configurasse il c.d. rapporto di immedesimazione tra ente affidante ed ente affidatario (Parere sulla Normativa ANAC del 26 settembre 2013 - rif. AG 30/13). Fattispecie che, nella previgente disciplina, si è concretizzata solamente in caso di sussistenza di un rapporto di collegamento tra gli enti (secondo le condizioni mutuate dall'art. 3, comma 28, del d.lgs. n. 163/2006 e quando il fatturato dell'ente affidatario fosse stato realizzato per 1'80% nei confronti dell'ente affidante). Problemi attuali: i caratteri del meccanismo derogatorio.L'art. 6 condiziona la possibilità di esclusione dall'applicabilità del Codice e di deroga al precedente art. 5 alle modalità costitutive della joint venture. L'esclusione, inoltre, deve interessare appalti nei settori speciali o concessioni con un ulteriore requisito, il contratto in questione deve essere aggiudicato da una joint venture, ovvero una associazione o consorzio o una impresa comune aventi personalità giuridica composti esclusivamente da più enti aggiudicatari, per svolgere un'attività ai sensi degli artt. da 115 a 121 di cui all'allegato II con un'impresa collegata a uno di tali enti aggiudicatari (lett. a), oppure da un ente aggiudicatore alla joint venture di cui fa parte (lett. b). Il comma 2 dell'art. 6 determina l'obbligo, fondamentale in materia di trasparenza, e le modalità di notifica alla Commissione Europea delle informazioni riguardante le imprese collegate secondo la definizione data dall'art. 3, comma 1, lett. z), con richiamo esplicito al secondo periodo: «[...] Nel caso di enti cui non si applica il predetto decreto legislativo, per «impresa collegata» si intende, anche alternativamente, qualsiasi impresa: 1) su cui l'ente aggiudicatore possa esercitare, direttamente o indirettamente, un'influenza dominante; oppure che possa esercitare un'influenza dominante sull'ente aggiudicatore; 2) che, come l'ente aggiudicatore, sia soggetta all'influenza dominante di un'altra impresa in virtù di rapporti di proprietà, di partecipazione finanziaria ovvero di norme interne». L'obbligo di comunicazione, il quale nasce «su richiesta» della Commissione riguarda i nomi delle imprese o delle joint venture interessate, nonché la natura e il valore degli appalti e delle concessioni considerati. La ratio della disposizione è connessa alla necessità di acquisire chiaramente ogni informazione circa le relazioni tra l'ente aggiudicatore e l'impresa o la joint venture cui gli appalti o le concessioni sono aggiudicati. In tale modo vengono fissati una serie di requisiti non solo formali, ma sufficienti a garantire la trasparenza delle operazioni e ad evitare, quindi, ogni forma indebita di commistione. Non deve peraltro stupire l'inserimento strutturale di una norma del genere in prossimità delle enunciazioni definitorie e della parte dedicata ai principi generali. Ciò in ragione del fatto che la particolare disciplina della joint venture nell'ambito di alcune situazioni patologiche, come il fallimento o anche una semplice procedura esecutiva, appaiono suscettibili di riverberare pesantemente i loro effetti sulla esecuzione dei contratti. L'art. 6 rappresenta una ipotesi di esclusione, la cui ratio si rintraccia, in particolare, nella modalità di gestione, che implica un'esternalizzazione solo formale (l'affidamento ad una persona giuridica diversa dal soggetto aggiudicatore), ma non sostanziale. Tanto che il legislatore ha avvertito l'esigenza di derogare espressamente all'art. 5 per disciplinare le esclusioni previste dagli artt. 6 e 7 (che altrimenti sarebbero state soggette ai medesimi limiti previsti per l'affidamento in house). Infatti, la joint venture tra enti aggiudicatori è una modalità organizzativa di quegli enti per la gestione di un'attività. Da ciò consegue quando la joint venture affida un contratto ad un'impresa collegata ad uno degli enti aggiudicatori partner della joint venture o quando l'ente aggiudicatore lo affida alla joint venture di cui fa parte o ad una sua impresa collegata, l'affidamento può essere diretto. In questo modo, tali esclusioni facilitano la gestione di attività strumentali all'interno di gruppi industriali. Anche in questi casi, dunque, il soggetto aggiudicatore può affidare in via diretta il contratto. L'art. 6 del d.lgs. n. 50/2016 prevede tuttavia una forma di «controllo» ulteriore rispetto a quello garantito dall'obbligo di pubblicazione (applicabile a tutti gli affidamenti diretti). Gli affidamenti diretti ex art. 6 può infatti essere oggetto di indagine da parte della Commissione. In particolare, la Commissione può richiedere: i nomi delle imprese collegate o delle joint venture affidatarie, la natura e il valore dei contratti, nonché gli elementi per stabilire la sussistenza delle condizioni stabilite dall'art. 6 per l'affidamento diretto. Questioni applicative1) Quali dubbi operativi pone l'interpretazione dell'articolo 6? Tali previsione si espone ad alcuni dubbi. Il primo emerge dal confronto con le esclusioni dettate dall'art. 218 del d.lgs. n. 163/2006. Ai sensi di quest'ultima disposizione, infatti, erano esclusi dall'applicazione del Codice (e, per quanto si è detto, erano sottratti all'obbligo di gara) anche gli appalti nei settori speciali affidati da un'associazione o consorzio o da un'impresa comune aventi personalità giuridica, composti esclusivamente da più enti aggiudicatori, per svolgere attività nei settori speciali, a uno di tali enti aggiudicatori. Tale esclusione non è stata ripresa dal d.lgs. n. 50/2016, ma pare ragionevole concludere che anche questi contratti possano essere affidati in via diretta. Argomentando per analogia con gli affidamenti in house, infatti, se affidamenti in house e affidamenti alla joint venture condividono la ratio (l'assenza di esternalizzazione), non si vede perché l'affidamento «inverso» sia escluso in caso di in house, ma non in caso di joint venture (argomento analogico in senso stretto). Inoltre, se la joint venture nei settori esclusi può affidare in via diretta un contratto ad un'impresa collegata agli enti aggiudicatori che la compongono, a fortiori può affidarlo in via diretta a tali enti aggiudicatori. Il secondo dubbio, invece, deriva dal fatto che i contratti nei settori speciali affidati da una joint venture, composta esclusivamente da enti aggiudicatori per svolgere attività nei settori speciali, a un'impresa collegata ad uno degli enti aggiudicatori sono esclusi dall'art 6, a condizione che la joint venture sia stata costituita appositamente per prestare l'attività oggetto del contratto, per una durata almeno triennale e l'atto costitutivo obblighi gli enti aggiudicatori che ne facciano parte a rimanere partner per almeno tre anni. I presupposti stabiliti dall'art. 6 per l'affidamento diretto riguardano la relazione tra joint venture e enti aggiudicatori che la compongono. La formulazione dell'art. 6 potrebbe essere materialmente errata (ancorché non sia stata corretta né dall'avviso di rettifica pubblicato il 15 luglio 2016, né dal decreto correttivo), poiché sembra insensato subordinare a condizioni riguardanti la relazione tra joint venture e ente aggiudicatore l'affidamento diretto di un contratto da parte della joint venture all'impresa collegata all'ente aggiudicatore. Sicché si può ritenere che l'esclusione intendesse riguardare i contratti nei settori speciali affidati dalla joint venture ad uno degli enti aggiudicatori che la compongono (come era previsto dall'art. 218, comma 4, d.lgs. n. 163/2006): i presupposti previsti dall'art. 6 risulterebbero pertinenti al rapporto giuridico in virtù del quale il contratto viene affidato in via diretta. Ciò, inoltre, si tradurrebbe in un altro argomento a favore della precedente conclusione: anche i contratti affidati dalla joint venture nei settori speciali all'ente aggiudicatore che la compone sono esclusi dall'ambito di applicazione del Codice dei contratti. Assumendo quantomeno l'intenzionalità nell'enunciazione delle disposizioni (minimo canone di «imputabilità» di un enunciato ad un parlante, anche se si tratta di un legislatore distratto), bisogna invece concludere che i presupposti previsti dagli artt. 6 si sommino per legittimare gli affidamenti della joint venture nei settori speciali ad imprese collegate ad uno degli enti aggiudicatori. Tale impostazione potrebbe avere una sua razionalità. L'affidamento all'impresa collegata ad un ente aggiudicatore che compone la joint venture si fonda infatti sia sulla relazione fra joint venture ed ente aggiudicatore, sia sulla relazione fra ente aggiudicatore e impresa collegata. In questo quadro, non tutte le joint venture fra enti aggiudicatori nei settori speciali possono affidare contratti a imprese collegate a tali enti aggiudicatori e non tutte le imprese collegate agli enti aggiudicatori possono ricevere affidamenti diretti da quelle joint venture: solo se la joint venture presenta quei caratteri minimi di stabilità del rapporto tra gli enti aggiudicatori e di esclusività dell'oggetto (previsti dall'art. 6) il contratto può essere affidato in via diretta. In caso di joint venture meno «stabili» fra enti aggiudicatori o di imprese collegate a tali enti che esercitino in proporzione maggiore attività di libero mercato, l'affidamento diretto sarà impedito: verrebbe infatti meno il collegamento fra joint venture, ente aggiudicatore e impresa collegata che permette di concludere per l'assenza di esternalizzazione (dal punto di vista sostanziale) (Follieri). Si rappresenta che il meccanismo derogatorio, in costanza della previgente disciplina, non operava per ulteriori affidamenti per l'esecuzione dei servizi e/o lavori affidati a sua volta dall'impresa collegata. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, l'impresa collegata è tenuta a sua volta alla selezione dei terzi affidatari nel rispetto delle norme dell'evidenza pubblica, in quanto, per il solo fatto di essere stata assegnataria diretta dei servizi e lavori dal soggetto aggiudicatore in assenza di gara, ha assunto essa stessa la funzione di ente aggiudicatore. BibliografiaAstone, Il diritto comunitario degli appalti pubblici ed il codice dei contratti, in Saitta (a cura di), Il d.lgs. n. 50 del 2016 dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. Commentario sistematico, Padova, 2008; Astone, I contratti pubblici, in Fracchia (a cura di), Manuale di diritto pubblico, Napoli, 2014; Baldi, Contratti esclusi in tutto o in parte dall'ambito di applicazione del codice, in Urb. app., 2006, 774; Chiti, I diritto amministrativo Europeo, Milano, 2007; Clarich, Manuale di diritto amministrativo, Bologna, 2017; De Nictolis, Manuale dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, Roma, 2010; Follieri, Contratti esclusi, Clarich (a cura di), Commentario al Codice dei Contratti Pubblici, Torino, 2019; D'Ottavi, I principi relativi all'affidamento dei contratti esclusi, in Caringella, Giustiniani, Mantini, I contratti pubblici, Roma, 2021; Gamberini, Giustiniani, Lezioni di diritto dei contratti pubblici, Roma, 2017; Marchianò, La regolamentazione della domanda pubblica alla luce della legge delega di recepimento delle nuove direttive: il ruolo dell'amministrazioneRiv. it. dir. pubbl. com. 2016; Massera, Simoncini, Fondamenti dei contratti pubblici in Italia, Report annuale 2011 - Italia, in Ius publicum, 2011; Mazzilli, Mari, Chieppa, I contratti esclusi dall'applicazione del codice dei contratti pubblici, in Sandulli, De Nictolis, Garofoli (diretto da), Trattato sui contratti pubblici, vol. 1, I Principi generali. I contratti pubblici. I soggetti, Milano, 2008; Meale, I contratti esclusi dall'ambito di applicazione del d.lgs. n. 50/2016 dei contratti pubblici, in Urb. app., 2016; Pajno, La nuova disciplina dei contratti pubblici tra esigenze di semplificazione, rilancio dell'economia e contrasto alla corruzione, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2015; Sticchi Damiani, I contratti esclusi (art. 4-18), in Corradino, Sticchi Damiani (a cura di), I nuovi contratti pubblici, Milano, 2017; Torchia, La nuova direttiva Europea in materia di appalti, servizi e forniture nei settori ordinari, in Dir. amm., 2015; Viola, Forme contrattuali non regolate in tutto o in parte dal codice, in Caringella, Giustiniani, Mantini, I contratti pubblici, Roma, 2021; Zito, Commenti agli artt. 6 e 7 del Codice dei contratti pubblici, in G.M. Esposito, a cura di, Codice dei Contratti Pubblici. Commentario di dottrina e giurisprudenza, Zito, Commenti agli artt. 6 e 7 del Codice dei contratti pubblici, in Esposito, a cura di, Codice dei Contratti Pubblici. Commentario di dottrina e giurisprudenza, 2017. |